18 - Passo dopo passo
Beh, c'è un ponte e c'è un fiume che devo ancora attraversare
mentre cammino nel mio viaggio
oh, devo essermi perso
e c'è una strada che devo seguire un posto dove devo andare
beh, nessuno mi ha detto come arrivarci
ma quando sarò lì lo saprò
perchè lo sto facendo...*
Step by step_Whitney Houston
Ricordo ancora l'espressione sconcertata di Eileen quando bussai alla sua porta in quella fredda mattinata di gennaio di due anni fa...
§§§§
Arrivai a Milford Heaven la sera del dieci di gennaio, il tempo di riprendermi dalla "sciocchezza" fatta in un momento di estrema disperazione, la stessa "sciocchezza" che mi era costata il posto di lavoro. Ai giardini botanici non accettavano personale che tentava il suicidio nelle loro serre. Non incontrai più la ragazza dal cappotto bianco, anche se alcuni colleghi che erano venuti a trovarmi nell'appartamento sopra il The Cape Of Good Hope, mi dissero di averla vista aggirarsi nei pressi della serra dove lavoravo. Stesso cappotto bianco, i capelli intrecciati a fiocchi di neve.
Avrei dovuto ringraziarla?
Probabilmente sì, mi aveva salvato la vita, in un momento in cui la disperazione aveva avuto il sopravvento, mi aveva sostenuto e carezzato i capelli e la cicatrice che deturpava la mia guancia perdendosi nel fitto bosco della barba che ricopriva il mio volto. Avrei voluto conoscere il suo nome, ma a questo pensai in seguito, in quei giorni non avevo la forza per considerare altro che non fosse il mio personale dolore. Non c'era spazio per l'amicizia e per l'affetto e men che meno per l'amore... Tutti i miei sentimenti erano rinchiusi in uno scrigno di ghiaccio di cui avevo dimenticato la chiave in qualche angolo oscuro della mia mente. Avevo bisogno di un nuovo posto dove stare, un posto in cui riflettere sulle mie personali disgrazie e sulle mie colpe, un posto in cui isolarmi evitando il più possibile il contatto con altri esseri umani. Era un bisogno necessario, quello dell'isolamento, un modo come un altro per trovare un nuovo equilibrio e con esso, la forza di tirare avanti.
Su internet trovai l'annuncio per un appartamento in affitto, nella parte più a ovest del Galles, nella penisola di Sant'Ann, nei pressi del faro. Mi sembrava la sistemazione ideale, poche case, poche persone, il mare e le scogliere... alte scogliere. Telefonai subito ai proprietari che mi fissarono appuntamento per due giorni dopo.
Salutai Cinthia e Jimmy, ringraziandoli per il loro aiuto, avvisai Sean della mia nuova destinazione sorvolando un po' sulle motivazioni che mi avevano spinto a lasciare la città e presi il treno per Milford Heaven. Pernottai in città per una notte e il giorno dopo presi il pullman in direzione penisola di Sant'Ann.
Il capolinea era in mezzo al nulla e alla neve che scendeva fitta. L'autista mi disse che da lì alla mia destinazione mancava circa un chilometro di strada sterrata e ghiaccio e che avrei fatto bene a farmi venire a prendere.
"Grazie, preferisco camminare, lei m'indichi solo la direzione," risposi all'autista, che mi fissò con aria scettica.
"Vada sempre dritto, non può sbagliare." Disse gentile, aiutandomi a scendere giù i bagagli dal mezzo. Dopo circa trenta minuti di cammino tra la neve alta, vidi di fronte a me un piccolo nucleo di abitazioni e il faro in lontananza. Ero distrutto, sperai di non aver sbagliato direzione, il ginocchio mi faceva talmente male che dubitavo di poter fare un altro passo. Avrei dovuto ascoltare il consiglio dell'autista del pullman e farmi venire a prendere al capolinea...
Bussai.
Aprì una signora sulla sessantina dall'aria energica, capelli corti e grigi e occhi azzurrissimi.
"La signora McLaud?" chiesi speranzoso. La donna annuì scrutandomi con aria sospettosa.
"Lei è... " continuò, fissando da capo a piedi il mio aspetto stanco e affaticato.
"Mi scusi, non mi sono presentato, sono Daniel Landon, ci siamo sentiti due giorni fa per quell'appartamento..." sul suo volto apparve un piccolo sorriso che non raggiunse gli occhi, forse si aspettava un genere diverso di inquilino.
"Mi scusi lei, se l'ho fatta restare sulla porta, su, entri, si scaldi un poco." Disse facendosi da parte per lasciarmi passare. "Dov'è la sua auto?" chiese guardandosi attorno.
"Sono venuto con il pullman da Milford Heaven" risposi alzando le spalle e sistemando il pesante trolley vicino all'ingresso. Avevo davvero freddo e il tepore della casa fu molto rigenerante.
"Come le è venuto in mente con questo tempo di farsela a piedi dal capolinea! Venga, si avvicini al camino, starà gelando." Assecondai la sua richiesta perché era vero, stavo gelando. "Si tolga quel cappotto bagnato, forza, prima che le venga una polmonite!"
Non mi ero sbagliato, la signora McLaud era proprio energica come appariva e dubitavo seriamente che fosse una persona facile. Ero bravo a capire le persone, lo ero sempre stato, per questo nel lavoro riuscivo così bene; sapevo ciò che volevano e cosa ci si aspettasse da me, prima ancora che me lo dicessero. Peccato che questo talento non fossi riuscito ad applicarlo su me stesso o su coloro che mi erano più vicini.
"Vuole del te o qualcosa di più forte?" Le parole della signora McLaud mi fecero sobbalzare, tanto ero perso nei miei pensieri. Che tentazione l'idea di bere un buon whisky per scaldare corpo e anima.
"Del te caldo andrà più che bene!" risposi "Grazie, signora McLaud".
"Mi chiami pure Eileen" rispose con un bel sorriso che fece brillare i suoi occhi azzurri. "Quando avrà finito le mostrerò l'appartamento, così potrà cambiarsi e fare una doccia calda."
"Grazie, Eileen," risposi abbozzando un piccolo sorriso nascosto tra la barba e la tazza di te.
L'appartamento era piccolo, ma accogliente, tre stanze in tutto, ma non avevo bisogno di altro. La stanza che fungeva da soggiorno cucina, dava sull'ingresso della casa. Un piccolo balcone permetteva di affacciarsi dalla porta finestra e godere della vista del panorama pressoché pianeggiante e con pochi alberi spogli. Dalla stanza da letto si sentiva il rumore del mare e il panorama era davvero spettacolare, con il faro in lontananza e le scogliere su cui le onde sbattevano senza sosta. Un luogo perfetto per me.
"Quando si sarà sistemato, scenda pure, pranzeremo assieme alla mia famiglia e sistemeremo le faccende legate al contratto d'affitto. Per le 12.30 può andare bene?" Annuii. "La lascio, Daniel, ci vediamo tra un paio d'ore!" Quando la McLaud chiuse la porta mi concessi di guardarmi attorno con più attenzione; le foto sul sito di annunci non rendevano giustizia al luogo che era decisamente più bello di quanto mi aspettassi. Mi tolsi anfibi e calzini umidi e lasciai che i piedi venissero a contatto con quel parquet rustico con cui erano pavimentate le due stanze principali, mi diressi nella terza stanza, che immaginai fosse il bagno. Eileen aveva ragione, avevo proprio bisogno di una doccia bollente. La stanza era densa di vapore quando uscii dalla doccia, lo specchio sopra il lavandino era appannato come avrei voluto che restasse. Non amavo più guardarmi allo specchio come una volta, il mio corpo era diventato la cartina geografica delle mie colpe, ogni cicatrice uno squarcio al cuore e all'anima; anche la più fresca, quella che mi ero inferto volontariamente quando il dolore era diventato troppo per essere tenuto dentro. Decisi comunque di affrontarlo il mio volto segnato, dovevo accorciare la barba, pettinare i capelli, rendermi presentabile a coloro che sarebbero diventati i miei nuovi padroni di casa. Scesi di sotto all'ora convenuta, un maglione scuro a coprire il corpo ancora troppo magro, pantaloni di lana sulle gambe e ai piedi morbidi stivali di pelle, residui dell'abbigliamento che usavo a Londra.
"Buongiorno!" esordii un po' impacciato. Non ero più abituato a mangiare assieme a qualcuno. Ad accogliermi sei paia di occhi intenti a fissarmi e un buon profumo di zuppa e di arrosto di maiale. Sentii lo stomaco contorcersi.
Da quando non mangiavo un pasto decente?
"Buongiorno a lei, signor Landon!" Eileen mi venne incontro invitandomi ad accomodarmi a tavola .
"Mi chiami pure Daniel o Dan, se preferisce!" feci un piccolo sorriso e mi sedetti.
Il pranzo trascorse lieve, conobbi Alan McLaud, il marito di Eileen, un uomo di poche parole, ma dallo sguardo gentile e il loro figlio Thomas, un ragazzone non ancora trentenne, che lavorava in città nel pub di famiglia e all'occorrenza si occupava di trasportare le provviste per tutti i pochi abitanti di quella parte di penisola. Non chiesero molto di me e della mia vita privata, a parte i dati fondamentali per stilare il contratto di affitto, sapevano per esperienza che chi decideva di trasferirsi in quella parte sperduta del Galles, lo faceva per un buon motivo. Vedevano il mio tormento nei gesti, nel non incrociare mai il loro sguardo troppo a lungo, nel rifuggire i loro tentativi di avvicinarsi a me. Sentivano a pelle che avevo bisogno di stare lontano dal mondo e rispettarono questa mia decisione. Il pranzo si concluse nel giro di un'ora. Tommy (come lo chiamavano i suoi genitori) si congedò per rifugiarsi in camera a studiare, Alan si sedette accanto al camino sonnecchiando, Eileen invece mi porse la mia copia dei documenti e una generosa quantità di provviste.
"Il frigo è vuoto," si giustificò "non abbiamo inquilini da un po', questa stagione dell'anno è davvero complicata e lei, sicuramente non ha avuto il tempo di procurarsi nulla per la cena e per la colazione di domani." Mi sorrise bonaria, aveva già deciso che le stavo a genio. Ringraziai e feci per andarmene quando la mia attenzione fu attirata da un'orchidea morente sul davanzale della finestra.
"Potrei averla..." dissi indicandola "Dicono che sono bravo con i fiori, potrei salvarla!" Eileen me la porse con aria scettica.
"Dubito che lei possa fare qualcosa, ma se vuole provarci..."
Tre mesi dopo due piccoli rami erano spuntati e il mese dopo i boccioli cominciarono a punteggiare quei giovani tralci.
§§§§§
Un bussare concitato mi strappa via da ricordi ormai troppo lontani, con una tazza fumante di caffè americano tra le mani vado ad aprire. Il volto di Eileen appare sconvolto.
"Daniel, devi venire ad aiutarci, Tommy ha trovato il corpo di una donna sulla spiaggia qui sotto..."
Io sto facendo passo dopo passo, a poco alla volta
pietra dopo pietra, mattone dopo mattone
passo dopo passo, giorno dopo giorno, miglio dopo miglio
va' per la tua strada!
Step by step_Whitney Houston
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Rieccomi. Con questo capitolo il racconto del passato di Daniel e delle motivazioni che lo hanno spinto a Milford Heaven si può dire pressochè concluso, dal prossimo si passerà ad un nuovo capitolo della sua vita e a un ritmo leggermente differente. Ovviamente i riferimenti al passato saranno sempre presenti così come i suoi tormenti interiori, solo che ci saranno dei capitoli più discorsivi e diretti(almeno queste sono le mie intenzioni, ma come sempre saranno i personaggi a guidarmi nel racconto).
Per il resto spero che il capitolo vi sia piaciuto.
Per quanto riguarda la scelta musicale, devo dire che mi sono affidata più al significato del testo che al mio amore per questa canzone. So che per molti questa sarà un'eresia, ma io non amo molto Whitney Houston (soprattutto nei suoi brani più dance), ma questo brano ci stava proprio bene con il capitolo.
A presto!!!
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