First book, first kiss.
Il mondo non ci merita. Andiamo a dormire.
Era sabato pomeriggio. Ero tornata da qualche ora a casa, finita la scuola, e dopo aver mangiato un panino, mi rintanai in camera mia.
Il weekend prima mi avevano pure tolto il gesso. Finalmente libera.
Quella camera era puro caos.
Da quando mamma se n'era andata, non mi importava più di tanto di come fosse la casa. E visto che non permettevo né a Gisele, né a mio padre di entrare, restava così, come la lasciavo.
Decisi di riordinare un po'. C'erano vestiti ovunque. Gli piegai e li riposi nella parte della armadio, in cui tenevo quelli indossati almeno una volta.
Su questo non sarei mai cambiata. Era inconcepibile per me che i vestiti usati per andare in autobus, o da qualunque altra parte, fossero insieme a quelli puliti e lavati.
Avevo qualche mania sull'igiene, e niente mi avrebbe fatto cambiare idea.
Presi le scarpe, e le rimisi nella scarpiera. Feci il letto e sistemai la mia scrivania, sommersa di mille fogli, libri, quaderni, involucri di merendine, e solo Dio sapeva cos'altro.
Rovistando tra quelle cartacce, mi ritrovai tra le mani un foglio del mio album da disegno.
Ricordai quel pezzo di carta, ricoperto per lo più di inchiostro blu.
Il progetto di fuga.
Ah, quanto avrei voluto fuggire lontano, dimenticando quei frammenti di passato troppo dolorosi per il mio cuore così fragile.
Rileggendo quegli scarabocchi, sorrisi.
Che mente assurda, la mia.
Avevo sempre avuto la brutta abitudine di pensare cose più grandi di me.
La semplicità non era mai stata il mio forte, fondamentalmente perché ero terrorizzata dall'idea di una vita troppo infelice.
Ma nonostante questa mia idea, le cose non andavano mai per il verso giusto.
Davanti a me una strada a senso unico, senza nessuna indicazione, senza nessun indizio. Ero abbandonata a me stessa, ed avrei dovuto scegliere se andare avanti per trovare il meglio, o fermarmi, rassegnandomi a questa vita che non sapevo vivere.
Misi il foglio nella tasca dei miei shorts, forse un po' troppo corti, e continuai a mettere a posto.
Si erano fatte le cinque del pomeriggio e così chiamai Olivier al telefono.
-"Ehi Anja"- rispose con un tono pacato e dolce.
-"Ciao Oliv, come stai?"-
-"Tutto bene, tu invece?"-
-"Sono qui tranquilla. Mi chiedevo se avessi voglia di venire a fare un giro da me, ho una cosa da mostrarti."- dissi, toccando con l'altra mano la tasca.
-"Ehm, sì certo, arrivo fra qualche minuto. Il tempo di cambiarmi ed arrivare."-
Chiudemmo la chiamata, e nel frattempo mi alzai dal letto su cui ero seduta.
Le lenzuola sapevano di pulito, ed avevano ancora la piegatura della stiratura.
La sensazione del letto pulito era una delle cose adoravo di più. Restituivano un senso di freschezza, di rinascita, che nessun'altra cosa mi donava.
Coi piedi scalzi, mi avvicinai alla mia libreria e cercai di prendere una scatola, troppo in alto per raggiungerla. In punta di piedi, riuscii a sfiorarla, e così cadde, con un rumore sordo.
Mi chinai e raccolsi il contenuto, che era fuori uscito con la caduta.
Tra le tante cianfrusaglie, c'era una foto di me in un negozio di libri.
Mio padre mi teneva in braccio, allungandomi verso uno scaffale, che all'epoca mi era ancora impossibile raggiunge.
Stavo prendendo un libro.
In quel momento mi vennero in mente tanti bei ricordi.
***
-"Cosa c'è scritto papà?"- chiesi con occhi speranzosi e affascinati da quell'insieme di parole, che per me erano solo simboli senza un senso.
-"Parla di questa lepre che sta facendo una gara contro una tartaruga. Lei è consapevole di essere più veloce, di avere un grande vantaggio rispetto all'avversaria, così si riposa nei pressi di un albero."- fece una pausa, allora io insistei: -"E poi? Chi vinse? Dai papà, dimmelo!!"- e lui rise, riprendendo: -"La tartaruga conosce la sua debolezza. È molto lenta. Ma le sfide si accettano sempre, perché la dignità personale non deve mai essere calpestata da nessuno."-
-"Cos'è la dignità, papà?"-
Rimase sorpreso da questa domanda fatta da una bimba di soli cinque anni, e cercando di trovare parole non troppo complesse, le rispose: -"La dignità è il rispetto che si ha di sé stessi. Se perdi quella, perdi parte di te stessa, e lasci che gli altri ne approfittino. Non lasciare mai che gli altri si prendano questa parte di te. Tu vali di più, Anja."- e mi diede un bacio sulla fronte.
-"Quindi la tartaruga ci prova solo per dire che non si è arresa?"- la mia voce era così sottile e piccola.
-"Esatto. La lepre intanto continua a dormire beata, senza preoccuparsi. La sua presunzione è talmente alta, che rimane lì. La tartaruga corre e raggiunge il traguardo. Quando la dormigliona si sveglia, è delusa e allo stesso tempo imbarazzata. Chiede scusa all'altra e accetta la meritata sconfitta. Fine."-
-"Qual è la morale?"-
-"Non dubitare mai di te stessa, anche se ti diranno che non vali nulla. Gli altri cercano di spegnere la stella che è racchiusa in te, ma tu non permetterglielo mai. Capiranno a loro spese che errori fossero."-
***
-"Ehi piccola."- riconobbi la sua voce ed arrossii per quel nomignolo che mi dava ogni tanto.
-"Oliv!"- andai verso di lui, allungando le braccia attorno al suo collo per abbracciarlo.
Poggiò il suo casco nero sulla sedia e si tolse gli occhiali da sole. Si abbassò e raccolse le ultime cose, mettendole nella scatola.
-"Che cosa stavi combinando?"-
-"Ehm, nulla di importante. Stavo sistemando tutto il caos accumulato negli ultimi mesi. Siediti pure sul letto. Intanto vado a prendere da bere."-
Corsi in cucina, presi due bicchieri e ci versai dentro del the freddo fatto in casa.
Tornai nella mia stanza e ritrovai il mio amico con in mano la foto con mio padre. Evidentemente l'avevo appoggiata lì prima.
-"Che guardi?"- gli chiesi, facendo la finta tonta.
-"Mhm, nulla, ho trovato qui sul letto questa fotografia. Sei tu con tuo padre?"- mi chiese, anche lui facendo una domanda un po' retorica.
-"Sì, avevo cinque anni. Comprai il mio primo libro, nonostante non sapessi ancora leggere. Ho sempre amato l'impossibile, già da piccola, con le piccole cose."- risposi.
Allungai lo sguardo verso i miei scaffali pieni di libri, e notai che quel libro non c'era. Così mi venne un'idea, un pretesto per il mio piano.
-"Perché mi hai chiamato, An?"-
-"Semplice, ho avuto un'idea. O meglio, ho ritrovato un progetto, ed ora ho un motivo per attuarlo. Ma ho bisogno di te."-
-"Parla, ti ascolto."-
-"È un periodo molto particolare della mia vita. Tutto mi pesa. Sto per crollare. Ho bisogno di fuggire, di avventurarmi in un qualcosa che finora non ho mai fatto.
Non voglio fare la ribelle. Ho solo bisogno di scappare, anche se solo per un giorno."-
-"E cosa avresti in mente?"-
-"Non trovo più il mio primo libro, quello dell'immagine. Ricordo che qualche anno fa, regalai alla biblioteca di Avignone dei miei libri. Magari è ancora lì.
Saltiamo la scuola un giorno, lasciamo questa monotonia per chi la vuole."-
-"E a cosa servo io?"- chiese un po' perplesso.
-"Un buon avventuriero non viaggia mai da solo. Tu sarai il mio braccio destro. Ti preeego!"- mi avvicinai a lui, implorandolo.
Dopo avergli fatto gli occhi dolci, da cane bastonato, cedette, come sempre del resto. Probabilmente si era arreso alla mia mente folle.
-"Okay, okay. Hai vinto. Ti seguirò in questa pazzia. Anja, ne uscirò matto con te, questo è sicuro."-
Gli saltai addosso, entusiasta.
-"Grazie, grazie e grazie!"-
In quell'istante i nostri visi erano vicini. Troppo vicini.
Qualcosa mi pervase la pancia, come un vero e proprio tornado.
Lui mi sorrise, ed io pure.
Che cosa stava accadendo?
Ci stavamo per baciare?
Non avevo mai dato un bacio, nonostante avessi già 16 anni.
E se avessi sbagliato qualcosa? Se non lo avessi saputo fare?
Tutte quelle domande mi balzarono da una parte all'altra della mente.
Lo spazio attorno a noi si stava rimpicciolendo, come se fossimo in un'altra dimensione.
Ci avvicinammo ancora di più, ormai era questione di millimetri.
Sentivo il suo respiro caldo, e tutto quel silenzio veniva contrastato dai nostri battiti accelerati.
Ero pronta? Avrei dato il mio primo bacio?
Dopo qualche eterno secondo, le nostre labbra si unirono.
E così iniziò un ballo passionale. Le nostre lingue si muovevano all'unisono.
Mi tirò a sé, prendendomi dai miei esili fianchi.
Misi le mie mani fra i suoi capelli biondi come l'oro.
Insieme ci spostammo, facendoci spazio sul mio letto, con le coperte stropicciate.
Ci sdraiammo uno sopra l'altro, presi dalla foga del momento.
Fu un bacio lunghissimo, come se dovesse compensare tutte le volte che avremmo voluto, ma non avevamo potuto.
Le sue mani vagavano lungo tutto il mio corpo, ed io lo lasciai fare, senza oppormi.
Mi sentii importante.
Mi sentii desiderata, come se fossi l'unica ragione per arrivare alla fine della giornata.
Mi sentii amata.
Era così strano? Forse, ma dovevo ammettere che mi piaceva essere apprezzata fino a quel punto.
Non avevo idea di quanto tempo fosse passato, ma non avrei mai voluto smettere.
Ci staccammo a fatica, e poi dopo uno sguardo sconvolto, ridemmo.
Era bellissimo. I suoi occhi mi stavano ipnotizzando.
Mi morsi il labbro.
-"Uao."- disse, rompendo il ghiaccio.
-"Già. Uao."- replicai io, mai stata più felice di così.
-"Beh.."- disse, per poi scoppiare in una fragorosa risata, imitandomi.
-"Grazie."-
-"È stato, beh, è stato fantastico."-
-"Sensazionale. Non avrei mai voluto smettere."-
-"Nessuno ha detto che non si possa ricominciare."-
-"Anja, rischio di non uscirne più."- sorrise. Sorrisi.
-"Oh, andiamo, non esagerare. Non sono nulla di che. Chissà quante ne avrai baciate prima di me. Non penso proprio di essere la migliore cosa che ti sia capitata."-
-"Anja."-
-"Sì?"-
-"Sei stato il mio primo bacio.."-
Rimasi senza fiato.
Sul serio lo aveva dato a me?
La ragazza tanto ignorata da tutti?
Era stato con molte ragazze, non ci avrei mai creduto se non me lo avesse detto lui.
-"Uao, ehm, Olivier, davvero non me lo sarei mai aspettata. Cioè perché, noi, tu, io.. Perché me?"-
Divenne rosso, di un rossore sincero.
-"Perché forse sei l'unica che io abbia mai amato veramente."-
Una lacrima mi rigò il viso.
Ma no, non era una di quelle tristi. Anzi, era la lacrima più bella di tutta la mia vita.
Spostò la sua mano dal mio fianco al mio viso e me lo asciugò.
Lo abbracciai forte e tra le mille gocce salate che stavano cadendo, bagnandomi il braccio, ridissi: -"Grazie.."-
-"Anja..?"-
-"Dimmi"- gli dissi, tornando a guardarlo negli occhi.
-"Posso farti una domanda?"-
Non capii il perché, ma mi si ghiacciò il cervello, e sentivo il cuore, pronto ad esplodere da un momento all'altro.
-"Certo, qualunque cosa."- risposi, balbettando.
-"Vuoi essere la mia ragazza?"-
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Ehilà bella gente!
Dopo una settimana piena di verifiche, interrogazioni, e chi ne ha più ne metta, eccomi qui col capitolo sei.
L'amore con me non funziona, quindi sfrutto i miei personaggi ahahaha.
Oltre agli scherzi, spero che il capitolo vi sia piaciuto.
Ora inizierà l'avventura.
Pronti? Io per nulla ahaha.
Questo libro è una scoperta pure per me, perché parto con un'idea, e finisco con l'opposto.
Ma menti disagiate a parte, lasciate una stellina che fa sempre piacere, nel caso in cui lo vogliate, e un commento per farmi sapere se sto combinando un altro dei miei disastri, o se per una volta tanto stessi riuscendo a compiere qualcosa di carino.
Detto ciò, vado a finire di fare l'ammalata.
La febbre mi perseguita.
Ciao a tutte/i!
Un bacio.
Matilde ✨✨✨
Ps. Mi sono dimenticata di ringraziare una delle persone più importanti: Mine1509
Grazie di tutto, sei la mia luce.
Leggete le sue storie, meritano tantissimo. Aiutiamola in questo suo piccolo grande sogno.
Ciao!
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