Blue eyes.
Era il 22 aprile e indovinate cosa mi aspettava? Verifica di chimica e interrogazione di inglese.
La temperatura aveva raggiunto i 25°C e io non avevo studiato.
Erano le 8.00 del mattino e da quel momento iniziò il mio incubo.
Entrò la professoressa e mentre ci distribuiva le schede, disse le ultime parole famose prima di farci incominciare: -"Ragazzi, tranquilli, il test non è difficile se avete studiato. Buon lavoro."-
Ma il problema era proprio quello: non sapevo nulla.
Decisi di consegnare in bianco.
Al suono della campanella le mie compagne si consultarono tra di loro, ma io andai in bagno, evitandole.
Il bagno della nostra scuola sapeva di vecchio. Le pareti erano di ceramica, color verde acqua, e c'era un odore nauseabondo, dolciastro.
Ma nonostante ciò, in quel momento qualunque cosa mi sembrava molto più interessante rispetto ai miei compagni.
Iniziò la ricreazione, ed io mi affacciai alla finestra, rimanendo sola, mentre gli altri uscirono dalla classe per fare merenda.
Notai una farfalla che svolazzava da tutte le parti, con le ali gialle e le sfumature azzurre.
Era libera di andare ovunque. Non aveva vincoli. Con quelle sue ali leggere e leggiadre sarebbe potuta scappare da qualunque cosa.
Lei poteva, io no.
Ritornarono tutti in classe e incominciò la lezione di inglese.
Amavo l'inglese, era l'unica materia in cui mi sentivo realmente portata. Ma quella mattina nulla, nemmeno la mia amata professoressa, dal sorriso stampato sulla faccia, poteva rendere la giornata migliore.
Passarono ben dieci minuti dall'inizio dell'ora, ed io me ne stavo tranquilla a scarabocchiare sul mio quaderno.
Amavo disegnare. Era il mio unico modo per esprimere ciò che avevo dentro. La mia mano faceva da valvola di sfogo. La carta era il mio unico posto nel mondo, e la penna l'unica arma per salvarmi da tutto il male che mi cresceva accanto.
I miei pensieri vennero interrotti quando sentii il mio nome.
Era la prof di inglese. Sarei stata interrogata.
Mi avvicinai alla cattedra con passo lento e sguardo indifferente ma allo stesso tempo un po' preoccupato.
Osservai la professoressa: quel giorno indossava un vestito un po' troppo attillato, color rosso, quasi bordeaux, e un grande medaglione nero. Alle orecchie aveva degli orecchini lunghi, abbinati alla sua collana. Aveva le scarpe col tacco come suo solito. Poteva permettersi un abbigliamento del genere, il suo fisico era perfetto.
Mi sorrise, fiduciosa. Mi dispiaceva deluderla, anche perché conosceva il mio amore per quella lingua.
Notò la mia leggera preoccupazione e mi disse: -"Anja, allora oggi visto che abbiamo vari argomenti su cui poterti interrogare, lascio a te la possibilità di scegliere e illustrare alla classe su cosa ti sei preparata.-"
Cercai di dirle che non sapevo nulla, ma lei iniziò a farmi domande su Dorian Gray.
Avevo letto quel libro durante le vacanze di Natale, ma onestamente non l'avevo più ripreso in mano.
Adoravo Oscar Wilde, ma in quel momento ne avrei fatto volentieri a meno.
Dopo vari tentativi, si arrese e mi mandò al posto.
Mi avrebbe dato un'altra occasione per recuperare, ne ero certa.
Potevo permettermi di prendere un'insufficienza, e comunque l'avrei recuperata.
Ero sempre andata bene a scuola, ma tutta la finzione che mi circondava, si stava sgretolando su di me.
***
-"Come è andata oggi a scuola, pulcino mio?"- mi chiese mia madre. Aveva questa odiosa abitudine di chiamarmi con nomignoli troppi affettuosi ed imbarazzanti. Ma in fondo le volevo un gran bene.
Vivevamo sole, in un piccolo appartamento, insieme al mio gatto Pepe.
Mio padre aveva lasciato mia madre qualche anno prima, non per tradimento o cose del genere, mio padre era una brava persona, ma semplicemente non l'amava più come una volta.
Mia madre non la prese bene, ma ne uscì più forte di prima.
-"Non è stata una giornata particolare. Il solito."-
Mia madre mi conosceva bene, sapeva che stavo mentendo.
-"Sicura che vada tutto bene, fiorellino?"-
A quel punto mi alzai di scatto, rovesciando l'acqua, e le urlai contro: -"Smettila di chiamarmi con quei soprannomi ridicoli, come se fossi una bambina di due anni! Se ti dico che va tutto bene, è così! Perché devi farmi sempre tutte queste domande?! Magari se taglio corto, è perché non voglio parlarne con te! Te lo sei mai chiesta? No, perché devi fare la parte della migliore amica! Beh non lo sei!"-
Corsi in camera, e con la coda dell'occhio la vidi piangere.
Ero una persona orribile.
Aveva sempre fatto di tutto per me, ed io la ringraziavo così, facendo la strafottente, lunatica figlia che odiava la madre.
Ma io le volevo tanto bene.
Era l'unica persona che mi capiva al primo sguardo.
Non la meritavo.
Dopo aver studiato e fatto una bella doccia fresca, andai a letto.
Guardai il telefono e sul display comparve l'ora. Erano le 22.48.
Non riuscii a prendere sonno, così ascoltai una canzone per addormentarmi.
La musica mi faceva un strano effetto. Riusciva a trascinare con sé tutti i cattivi pensieri.
Scelsi una canzone tranquilla, forse un po' triste, ma ne avevo bisogno.
Presi le cuffie e avviai "Nobody's home", di Avril Lavigne.
Era la mia cantante preferita ai tempi delle medie. Ogni tanto faceva bene tornare indietro a spolverare i ricordi, e assaggiare un po' di passato.
I couldn't tell you
Why she felt that way
She felt it everyday
And I couldn't help her
I just watched her
Makes the same mistakes again.
Ho sempre fatto gli stessi errori di sempre, non sono mai riuscita a cambiare, forse perché ero un giocattolo rotto, destinato a restare tale.
What's wrong, what's wrong now?
Too many, too many problems.
Don't know where she belongs,
Where she belongs.
She wants to go home,
But nobody's home.
It's where she lies,
Broken inside.
Ero rotta dentro, ma nessuno lo notava.
With no place to go,
No place to go to dry her eyes.
Broken inside.
Open your eyes and look outside,
Find the reason why.
You've been rejected,
And now you can't find what you left behind.
Be strong, be strong now.
Too many, too many problems.
Don't know where she belongs,
Where she belongs.
Ma io ero molto più forte, o almeno credevo di esserlo.
Cercavo di non cadere mai di fronte agli altri, ma così, cadevo dentro.
Mi addormentai con la musica nelle orecchie in riproduzione casuale.
***
-"Oddio! L'autobus! Merda, lo perderò!"-
Uscii di casa infilandomi la scarpa e con una brioche in bocca.
Avevo la cartella aperta.
Il vento mi scompigliava i capelli, e mentre cercavo in tutto questo caos di non cadere e raggiungere la fermata, mi passò l'autobus davanti agli occhi.
Corsi, ma caddi dopo mezzo metro.
Mi ero slogata la caviglia, giusto per non farmi mancare nulla.
Sentii da dietro qualcuno che si avvicinò, mi girai e vidi Olivier.
Olivier era un mio compagno di classe, alto, biondo, occhi azzurri, con un sorriso molto bello, che affascina, ma non si era mai accorto di me fino a quando non caddi sui miei passi.
-"Tutto okay?"- mi porse una mano, ma io feci una smorfia per il dolore.
Si abbassò e mise il mio braccio attorno al suo collo e insieme ci alzammo.
-"Che combini? Non riesci a fare due metri fuori di casa che ti uccidi?"- sorrise, prendendomi in giro.
Non avevo mai guardato da vicino i suoi occhi.
Erano di un azzurro intenso, con delle pagliuzze dorate.
Mi incantai, e lui a un certo punto si schiarì la voce ed io mi ripresi da quei secondi imbarazzanti di puro stato confusionale.
-"Ero di fretta e sono inciampata sui miei passi. Sono un disastro."-
Risposi, un po' combattuta.
Mi riaccompagnò a casa, chiamai mia madre e poi gli dissi: -"Puoi pure andare, non serve che resti qui, ti annoierai."- anche se non stavo pensando mezza parola di quella frase.
-"Si, così appena esco ti ammazzi. Resto qui, così magari avremo anche modo di conoscerci meglio."- mi sorrise, arrossendo.
Nessuno si era mai preoccupato tanto per me.
Era piacevole essere al centro dei pensieri di qualcuno.
Forse, in fondo, non era tutto poi così male.
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Ciao sono Matilde, e finalmente ho pubblicato una storia.
Sono su Wattpad da quasi un anno, e finalmente ho deciso di cimentarmi in questa avventura, se possiamo dire così!
Questa sera la mia adorata app me ne ha combinate di tutte i colori, ma ce l'ho fatta!
Ecco qui il primo capitolo.
Votate se vi è piaciuto e commentate per sapere se vi piace.
Con affetto, Matilde ✨
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