Capitolo 9

"Allora, come stai?" Mi chiede Rebecca, riportandomi agli anni in cui ero più piccola, dove sognavo di diventare scrittrice. Gli anni in cui ho fatto conoscenza con la mia amata maschera.
"L'amata maschera è sempre lì. Credo che da allora non se ne sia mai andata. Ci sono stati motivi per farla rimanere, ma non per farla andare via." Rispondo io, fissando un punto indefinito della strada.

"Come ti capisco..."

"E tu? Come stai?"

"Io ho imparato ed accettato il convivere con dolore e vuoto quando vengono... e forse non avrei dovuto."

"Sì, non avresti dovuto, ma la vita la viviamo noi, quindi questo è solo parte di quelle che chiamiamo 《esperienze》."

"Già." Mi risponde lei, allora capisco che il discorso è finito qui. Decido di cambiare discorso.

"Che hai fatto in tutti questi anni?"

"Io? Ho finito le superiori, ho iniziato l'università... cose che ti ho già detto."

"Sì, ma è bello detto a voce. A parte che devo ancora autoconvincermi che sei qui."

"Viva le sorprese! Non te l'aspettavi, eh?"

"No, per niente."

Scoppiamo entrambe a ridere, alzo lo sguardo e mi fermo immediatamente. No vabbè... perchè è qui?
Mi vede, mi fa un piccolo sorriso, ma non si avvicina. Menomale!

"Hey, tutto bene?" Mi chiede Rebecca.

"Sì sì, tutto bene..." Rispondo io di rimando, fissandolo ancora.
"Prima che andiamo nel tuo appartamento, vogliamo andare in una libreria? Prima che ti incontrassi era quello il mio obiettivo." Continuo.

"Ovvio! Andiamo." Accetta lei e tiro un sospiro di sollievo.
Dopo quello che ho gli ho detto, non potevo affrontarlo. Non potevo affrontarlo con quei suoi occhi verdi che mi fanno perdere la cognizione di tutto e quindi della ragione. Poi, se fosse venuto c'era Rebecca e, una volta andatosene, lei mi avrebbe posto domande su domande alle quali non ho proprio voglia di rispondere.

-Non hai voglia di rispondere, o cerchi di negare l'evidenza?- mi domanda il subconscio. Mi sta facendo arrabbiare. Possibile che debba sopportarlo fino alla morte?

Finalmente arriviamo alla libreria, entriamo e vediamo tantissimi libri. Questo è il mio mondo! Anzi, mio e di Rebecca.
Adoro i libri, li amo e grazie ad essi ho imparato tantissime cose su di me.
Dopo svariate ricerche, scegliamo "I passi dell'amore" e "Mille splendidi soli", due libri totalmente diversi, che però narrano storie stupende.

"Ok, ora che abbiamo comprato i libri, direi che possiamo andare a casa." Mi dice Rebecca e io annuisco, guardandola e sfoggiando uno dei miei rari sorrisi veri.

Siamo arrivate ed entrate dentro vedo un appartamento bellissimo. Appena entro, c'è un piccolo corridoio con due aperture sulla destra. Entrando in una delle due vedo una libreria con tanti libri. Affianco, una finestra con delle tendine bianche, a destra c'è un mobile che ha sopra una TV e al centro della stanza un piccolo tavolino, di fronte un divano di pelle color fango.
Ancora meravigliata, scorgo il muro fatto di pietre e dico a Rebecca che le cose di cui sono certa sono: 1) tutti quei libri li ha aggiunti lei; 2) ha fatto una buona e bella scelta.

Andiamo poi in cucina. Vi sono i fornelli i quali sotto hanno un forno, a destra un frigorifero abbastanza grande per una persona, sopra dei mobili bianchi e a sinistra un lavello, appoggiato ad un muretto di mattoncini rossi. Sopra il lavello, continuano i mobili fino ad arrivare alla finestra.

"Cosa vuoi da bere?" Mi chiede Rebecca, interrompendo quello che era il mio scrutare ogni particolare di questa casa.

"Dell'acqua va benissimo!" Le dico.

Mi porge il bicchiere con l'acqua e inizio a sorseggiarla.

"Mi devi far vedere la camera da letto e il bagno, sai?" Le chiedo in modo curioso.

"Certo, vieni!" Mi dice lei, appoggio il bicchiere sul tavolo al centro della stanza e mi porta in una camera da letto che è immensa.
Al centro c'è un letto di una piazza e mezza che ha a destra un comodino di legno, di fronte il letto c'è un comò con sopra una specchiera e alla sua sinistra una porta finestra e un bellissimo balcone. Alla sinistra del letto, invece, c'è una porta ed entrando scopro che è il bagno: è fatto tutto di piastrelle  e c'è l'arredamento del bagno. Come nella camera da letto, c' è una specchiera che però ora è sopra il lavandino.

"Stupenda questa casa!" Dico stupita, aprendo la porta finestra e uscendo sul balcone: si sente l'odore del sodio, del mare ed è stupendo. Solo un'altro odore e bellissimo come quello del mare: l'odore dei libri.
Ci sediamo sul balcone, Rebecca va a prendere qualcosa da mangiare e intanto io mi godo il panorama. È stupendo: si vede il mare, si vede Long Beach dall'alto e mi meraviglio della bellezza di questa località, dove tutto è stupendo.
Sento Rebecca arrivare, così mi volto verso di lei, l'aiuto a sistemare una piccola tavola all'aperto, dove appoggiamo gli stuzzichini e mi pone la domanda che più di tutte volevo evitare.

"Cos'hanno combinato questi tuoi occhi azzurri?"

"Ehm... é un po' complicatuccia la cosa..."

"Mi sforzeró di capire..."

"Ok... Ehm...in pratica, arrivata qui mi sono scontrata con un ragazzo per ben due volte. Quando mi ci sono scontrata la seconda volta abbiamo iniziato a conoscerci così il giorno successivo, visto che abitiamo praticamente a 50 m distanti, lo invito a sedersi sulle poltrone  a dondolo..." Mi fermo per un attimo e stringo i pugni. Non vorrei ricordare quei secondi che hanno rovinato tutto. Eppure non dovrei, dovrei continuare a essere la fredda e apatica ragazza, ma non ci riesco.

"Non dirmi!" Dice lei, quasi urlando.

Decido di ignorarla, continuando il racconto:
"Quel pomeriggio, cioè ieri, ha tentato di baciarmi, però non gliel'ho permesso. Quindi abbiamo litigato. Ehm... ieri sera sono uscita per farmi un giro in questa località, lui mi ha vista, così siamo andati al parco, dove non abbiamo fatto praticamente nulla. Stamattina, invece, prima di uscire, gli ho parlato in modo freddo, come al solito e prima, quando mi hai chiesto se stessi bene, l'ho visto, perciò ho smesso di ridere. Questo è tutto. Questo è il casino." Dico io, facendo scorrere mentalmente tutti questi avvenimenti.
Rebecca mi guarda con un sorrisino e allora decido subito di intervenire.

"Non farti film mentali o cose simili. Non ho intenzione di innamorarmi, o peggio, di soffrire. Ho intenzione di stare con mia madre, con te e col mare."

Mi guarda ancora. La conosco bene e so che ora sta riflettendo su ciò che le ho detto e sta traendo le sue conclusioni. Spero che non sia la conclusione che penso.

"Dovresti perdonarlo, sai? Cioè, è normale che abbia perso la ragione vedendo i tuoi occhi: sono stupendi. Da una parte lo dovresti perdonare, dall'altra ti capisco: si è lasciato troppo andare. Devi fargli capire come stanno le cose: se non hai intenzione di illuderlo, cerca di fargli comprendere come sei, non subito, ma sappi che se tra voi nasce qualcosa di forte, è destino che tu ti faccia capire. Lo so che è difficile, ma se lo vuoi, ce la puoi fare! E se invece inizi ad avere il dubbio che lui abbia intenzione di illuderti, di usarti o di farti del male, lasciati tutta questa storia alle spalle. Se ne sei sicura.
Questo è il consiglio che ti do."

Rifletto a fondo sulle sue parole, che si rivelano sempre utili, vere e giuste. Sinceramente non so come Rebecca faccia a comprendere tutto e subito; forse sono io che riflettendo troppo, mi disto da quello che è il fulcro principale della riflessione.

Ripenso al suo discorso e mi torna in mente la frase "Se credi che lui abbia intenzione di illuderti, di usati o di farti del male, lasciati questa storia alle spalle. Se ne sei sicura.". E se Marco avesse davvero intenzione di farmi del male? E se...

-E basta con questi "e se"! Non si risolve nulla grazie a loro, quindi cerca di convincerti che riflettere fa bene, ma farlo al fine di capire, non di imbrogliare i fili ancor di più!- mi interrompe il subconscio e ha ragione: devo capire, non crearmi problemi. 
Però è difficile...

"Grazie Rebecca! Mi serviva il tuo parere!"  Le dico e la abbraccio.

"A te!" Mi guarda con quei suoi occhi marroni, tendenti al verde scuro. Quegli occhi che mi hanno sempre dato supporto e coraggio. Quegli occhi che mi hanno vista piangere per il dolore, ridere per le cose divertenti, che mi hanno vista arrabbiata, triste, delusa, ma anche felice.

Passiamo il resto del pomeriggio sul balcone a leggere, a chiacchierare, a ridere come solo noi sappiamo fare. Prendo il cellulare e vedo che sono le 19:00. È tardi, perciò dico a Rebecca che è ora che io torni a casa.

"Grazie Anna per la bellissima giornata, è stata stupenda!" Mi dice lei e la abbraccio perché mi è mancata tantissimo.

"Grazie a te, Rebecca. Ci rivedremo, vero?" Chiedo, sperando in una risposta affermativa.

"Ma certo! Che razza di domanda è questa?" Mi chiede lei, ridendo e facendo ridere anche me.
Che bello ridere, fosse sempre presente questo stato di leggerezza!

"Ok, è un sì!" Dico e lei inizia a farmi il solletico. No! Adesso inizierò a ridere, anzi, a piangere! 

"Ok, ok! Ho capito la lezione! Ho capito! Adesso dammi una tregua!" Dico, affannando con le parole per la mancanza di aria.

"Ok, ma solo perché ti voglio viva..." Afferma lei, con un sorriso sghembo, ma dicendo la verità.

"Oh grazie di avermi concesso di questo onore!"

Scoppiamo a ridere entrambe, mentre ci dirigiamo in salotto e quindi verso la porta d'ingresso.

"Tesoro, ancora grazie per questo pomeriggio passato insieme!" Mi dice lei, con un sorriso bellissimo e splendente.

"Ma grazie a te per avermi ospitata!" La ringrazio, abbracciandola e dandole un bacio sulla guancia.

"Uh, figurati." Continua ad abbracciarmi e poi dice:
"Ok tesoro, allora ci sentiamo?"

"Ovvio! Mi è venuta quasi l'idea di vendicarmi, ma è meglio che vada, altrimenti mamma si preoccupa!"

"Oddio, come sta tua madre? Troppo tempo che non la sento!"

"Tutto bene!"

"Dai, vai. Altrimenti le fai prendere un'infarto!" Mi dice lei, con affetto.

"Certo! Vado! Ciao tesoro!"

"Ciao!" Mi saluta lei ed esco di casa, sorridendo e rendendomi conto che pomeriggi come questi mi mancavano: divertenti e bellissimi.

Mi mancava Rebecca.

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