Capitolo 7
"Mamma, come sei riuscita ad andare avanti nonostante tutto?" Le chiedo perché io non trovo via d'uscita.
"Io non posso dirtelo. Spetta al tempo e all'esperienze che devi vivere. Non capiresti se te lo dicessi." Mi risponde e so che quello che ha detto è vero. Più che altro perché mi fido di lei e perché le credo.
"Mamma, vuoi ancora che ti dica quello che è successo oggi?"
"Devi dirmelo quando sei pronta, quando senti che è la cosa giusta, non devi dirlo perché te lo sto chiedendo io. Capisci ciò che sto cercando di dirti?"
"Forse. Vuoi farmi comprendere che ognuno di noi ha i suoi tempi."
Io ho sempre avuto i miei tempi. Sono sempre stata la ragazza che analizzava tutto, punto per punto, e non mi buttavo per caso. Anche ora, non mi precipito nelle cose perché non le conosco. Devo capirle.
Anche per quanto riguarda me.. ci sono delle cose che ancora non comprendo, ma se so una cosa è che quando tutti mi descrivevano, erano prevedibili, nessuno sapeva di me e di come ero fatta. Nulla.
E so anche un'altra cosa: sto conservando la parte migliore di me per mostrarla a qualcuno che la meriti veramente.
È importante e nessuno lo comprende... nessuno comprende che bisogna avere cura di se stessi, che la vita è breve e che non bisogna sprecarla...
-Ma se tu sei la prima che la sprechi!- si mette in mezzo il mio subconscio.
-Come scusa?-
-La vita è breve e allora perché non ti concedi un sorriso?-
-Credi che non lo sappia? Credi che non stia soffrendo a causa della mia incapacità di sorridere? Perché ormai mi sembra una cosa impossibile sorridere e se succede, succede solo con mia madre. Non credi che anch'io voglia sorridere, ridere e lasciarmi tutto alle spalle, eh? Non credi che io voglia essere felice?
Beh, se non lo sai, è ora che tu ne venga a conoscenza: io voglio sorridere, voglio essere felice, vorrei potermi lasciare tutto alle spalle, ma non riesco a capacitarmi di quello che lui ci ha fatto. Mi ha fatto male al cuore e questo è troppo per un adolescente quale ero. Perché ora sto cercando di superarlo, lasciarmelo alle spalle, ma è complicato. E so che la vita è piena di ostacoli, problemi da risolvere, situazioni difficili, peggiori delle mie, ma io non sono forte. Posso sembrarlo, ma non lo sono.-
Silenzio. Assoluto silenzio. Ha capito che era troppo.
"Certo tesoro!" Mi dice e si volta. "Ti senti bene?" Continua lei, guardandomi preoccupata.
"Non è niente. Andiamo?"
Le chiedo. Vorrei restare sempre qui, ma credo che sia ora di andare.
"Sei sicura?"
"Sicura." Mi volto verso di lei e le offro un sorriso rassicurativo.
"Allora ok, andiamo." Mi guarda e mi sorride.
Dopo due minuti circa, le dico: "Grazie mamma."
"Di cosa? Di esserci? Io volevo sempre qualcuno che ci fosse per me, poi è venuto lui ed è sembrato che tutto andasse bene. Ma poi il finale sai com'é e io non ti lascio. Scordatelo."
"Lo so il finale e vorrei non averlo mai vissuto."
La guardo e lei mi abbraccia con l'amore, con la comprensione che solo lei sa darmi. Lei e solo lei è la persona più bella che io ho al mondo.
Mamma non parla più e dopo dieci minuti arriviamo a casa. Sono le 21.30 e decido di uscire di nuovo, ma girare un po' questa piccola località.
"Ciao mamma, vado in giro!"
"Certo tesoro! Ciao!" Mi dà un bacio sulla guancia ed entra in casa.
Mi giro e, dopo una piccola passeggiata, mi addentro in questa località per l'ennesima volta, ma ora voglio vederla di notte, con le sue vie illuminate dai lampioni, con la musica che si diffonde nell'aria... voglio vederla diversa.
Sento l'odore del mare nell'aria ma più mi avvicino ad uno stand dove fanno le crêp e più sento l'odore dell'impasto della crêp cotto.
Mi avvicino e ordino una crêp con nutella.
Dopo due minuti la signora con i capelli biondi mi dà la crêp, le pago il dolce e mi augura buon appetito. Le sorrido e mi siedo su una panchina a mangiare.
Prendo un pezzo di quella crêp e il sapore della nutella, la sua dolcezza, mi riempe la bocca.
Se la gente fosse tutta come la nutella sarebbero fin troppo dolci. E no, troppa dolcezza fa venire il diabete, quindi meglio così.
Ad un certo punto sento toccarmi la spalla, mi giro e vedo Marco.
Ok, cosa ci fa qui?
"Ciao Anna."
"Ciao."
"Cosa fai?"
Lo guardo e gli indico il piatto che ho in mano.
Ma lui non guarda il piatto, guarda me.
Ok, forse ha dimenticato ciò che è successo oggi. Distolgo lo sguardo e guardo di fronte: vedo una signora e un signore che camminano e si tengono per mano.
Il destino fa brutti scherzi.
Cosa vuol dire?
"Ehm, senti, io dovrei andare." Dico. Non ho voglia di parlare con lui, di lui, di oggi.
-Dovrai farlo prima o poi.- mi dice il subconscio.
-Taci ora.- lo zittisco io.
Mi alzo, butto ciò che rimane della crêp, vale a dire tutta la crêp, in un cestino e mi incammino verso casa.
Ma il bello è che abitiamo vicino! Cioè, proprio é deciso che devo parlargli. E infatti sento dei passi dietro di me, mi volto e lo vedo.
"Cosa c'è?" Gli chiedo in modo tagliente, perché oggi sono stressata emotivamente e non posso sopportare altro, quindi spero per lui che se ne vada presto, prima che gliene canti altri di insulti.
"Vuoi venire a casa con me?" Mi chiede lui. Cosa?
"Eh?"
"Ti accompagno, ma tu vai a casa tua, io a casa mia."
"Chi ha detto che voglio tornare a casa?"
-Prima dici che devi andare e poi dici che non vuoi andare a casa? Sei anormale.- mi deride il subconscio.
Ok, è meglio che non gli rispondo.
A parte che sono appena uscita, ho buttato una crêp che non era stata mangiata quasi per niente e Marco vuole impormi di tornare a casa. Cose da matti.
Troppi pensieri...
"Allora non andiamo a casa... dove vuoi andare?" Mi chiede lui, guardandomi negli occhi.
"C'è un parco?" Chiedo, perché voglio tranquillità.
"Certo, vieni." Mi dice, inizia a camminare e lo seguo.
Arrivati ad una specie di cancello apriamo, ma non ci fermiamo e andiamo più in là, dove si trova una fontana.
Ha un leone in mezzo e dalla testa esce dell'acqua che percorre tutto il corpo dell'animale, fino ad arrivare al fondo della fontana.
È davvero bella e mi ritornano in mente le persone e le sue passioni.
Ognuno si esprime attraverso modi differenti, ama cose differenti e probabilmente colui che ha costruito questa fontana amava fare cose del genere.
"Sediamoci." Mi dice Marco e, mentre lui si siede sulla panchina, io mi siedo accanto a lui, ma sull'erba. Non so perché l'ho fatto, probabilmente meglio evitare quasiasi cosa. Non voglio che accada qualcos'altro.
Mi giro e lo vedo fissarmi con uno sguardo tra l'offeso e l'arrabbiato.
"Anna."
"No Marco, meglio salvare il salvabile."
"Ok."
Continua a guardarmi e allora decido di guardare la fontana. E credo che resto ad osservarla per la seguente ora e mezza, senza che nessuno dica nulla.
Tutto questo non ha senso: cioè la mattina litighiamo e ora non posso starmene qui, seduta con lui, come se niente fosse. Ora sento il bisogno di andare a casa, uscirò un'altra sera.
"Marco, io devo andare."
Mi guarda e vedendo che non si alza, lo faccio io e inizio ad andare verso l'uscita per il parco.
"Aspetta!"
"Cosa?"
"Lasciati accompagnare."
"Okay..."
Mi guarda e iniziamo a camminare. Per il seguente quarto d'ora si crea un silenzio tombale, come un abisso che ci divide e nessuno dei due si azzarda a proferire parola.
Arrivata, guardo l'orologio e vedo che sono le 23.00. Tutto questo tempo senza far letteralmente nulla! Guardo Marco, lo ringrazio ed entro in casa. Non sopportavo tutta quella tensione creatasi a causa del casino di oggi.
Vedo che mamma è ancora qui in salotto, quando mi sente arrivare mi saluta e decidiamo di andare insieme a letto. Saluto mia mamma con un bacio, entro in bagno, faccio una doccia, lavo i denti, mi metto il pigiama e sprofondo nel letto. Vorrei tanto dormire, ma non ci riesco. Nei miei pensieri c'è solo Marco.
Penso a quello che è successo oggi e provo pena. Provo pena perché nessuno si sofferma mai a pensare a quello che fa e non ne comprendo il motivo.
Come si fa a non riflettere sulle cose? Non è difficile!
Ad un certo punto, mi ritorna in mente che lui abita qui ed io ho il suo numero. Se non fosse stato per il messaggio, adesso andremmo ancora d'accordo. Oppure per il tentato bacio.
Scendo dal letto e mi affaccio alla finestra, da dove si vede quella che suppongo sia la sua camera. C'è la luce accesa e noto Marco con il cellulare che gira e rigira tra le mani, come se fosse sovrappensiero.
A cosa starà pensando?
Spero che non mi noti.
-Hey, l'unico modo per non essere notata è andartene a letto e lasciarti questo giorno alle spalle.- mi consiglia il mio subconscio e per una volta concordo con lui.
Meglio che vada a letto e lasciare questo giorno al tempo, lasciare questo giorno e considerarlo uno dei tanti giorni che ci saranno in questa vita.
Dopo una mezz'oretta mi addormento, pensando a quella persona che mi sta sconvolgendo. Lui: Marco.
MARCO'S POV
È l'una e sono qui a torturarmi, ponendomi domande su domande.
Quanto posso essere stato scemo? Cioè, era affianco a me e io, non le ho detto niente! Mi sento un cretino allo stato puro.
La chiamo o non la chiamo? Se la chiamo cosa le dico? E se non la chiamo? Scommetto che farà ad entrambi bene se non la chiamo.
L'ho allontanata da me col mio comportamento da scemo, non le ho detto niente e non le ho chiesto scusa stasera e mi sento ancora più scemo.
E se le mandassi un messaggio?
Cosa le scrivo?
*Scusa, ho fatto un casino, cercherò il modo per farmi perdonare.*?
No, troppo stupido e poi sembra che non sia una cosa importante il suo perdono. Sì che è importante!
* Scusa per il casino che ho combinato. Come posso farmi perdonare?*
Sì, potrebbe andare, ma non le invierò nessun messaggio. Le ho inflitto già troppo male. L'ho offesa e non voglio più farlo.
Poso il cellulare sul materasso e vado a spegnere la luce. Guardo la finestra e mi vado ad affacciare. La casa di Anna ha tre finestre al piano di sopra, che vuol dire tre stanze.
In quella casa ci sono stato: sopra ci sono due camere da letto e un bagno a sinistra.
Osservo la finestra della camera che affaccia al giardino, quella a destra.
Suppongo che quella sia la camera della madre.
Quindi la camera di Anna è quella centrale.
Guardo la finestra centrale, quindi, e cerco un movimento, una luce, un qualcosa che possa farmi capire se è sveglia o meno, ma invano.
Nessun movimento, nessuna luce. NULLA.
-È l'una e mezza di mattina. Secondo te può mai essere sveglia una ragazza educata come lei a quest'ora?- mi chiede il subconscio. Quanto è odioso.
-No, non può essere sveglia lei a quest'ora. Contento?- chiedo al subconscio che non si zittisce mai.
-Si.-
Possibile che io stia parlando anzi, litigando, con me stesso?
Vabbè, è meglio che vada a letto perché lei non è sveglia e io sto impazzendo.
Faccio come ho pensato e mi stendo, sperando di addormentarmi. Tra i tanti pensieri, mi addormento, ma l'ultimo pensiero sono i suoi occhi azzurri.
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