Capitolo 5

MARCO'S POV

"Anna, aspetta!" Grido a squarciagola.

"Cosa vuoi Marco? Cosa vuoi?" Mi chiede duramente. Non l'avevo mai vista così... così arrabbiata.

-Stupido, è da nemmeno un giorno che la conosci... È normale che sia arrabbiata dopo che tu hai provato a baciarla.- Mi sputa duramente il mio subconscio.
Lo ignoro e capisco che devo dirle perché ho provato a baciarla. Io lo so: sono i suoi occhi.

"Vorrei che tu mi lasciassi spiegare."

"Cosa, Marco? Cosa? Il fatto che tu abbia cercato di baciarmi? Oppure l'avermi presa per una scema ieri, quando mi sono scontrata con te? Cosa, Marco? Vuoi che ti lasci fare quello che vuoi tu, Marco? Io non mi fido di nessuno! Nemmeno della mia stessa ombra. Figuriamoci di uno con cui ho parlato, passeggiato e che ha cercato di baciarmi e del quale io non so niente! Il nome soltanto, nemmeno il cognome! Ah giusto, so qual è il tuo libro preferito.
Io non so niente di te, come tu non sai niente di me.
Non sono una marionetta con la quale fare i tuoi grandi numeri, Marco! Se è questo che tu vuoi fare con me, cercati qualcun'altra con cui giocare.
Io non sono una marionetta!" Mi dice con fiatone.

Non può avermi detto tranquillamente il fatto che lei sa quale sia il mio libro preferito: quello era il segreto della mia vita...

-Uno dei tanti; vorrai dire.- Mi dice il subconscio...

-Sì, uno dei tanti!- Gli rispondo mentalmente!

Possibile che sta lì, senza fare nulla?
L'unica cosa che fa è rompermi dal risveglio fino a quando non mi addormento! È stressante!

-Sai com'è, è il mio unico lavoro..." Continua.

Okay, lo stritolo fino a farlo diventare nulla...

-Sono solo nella tua testa, non puoi stritolarmi... Ti perseguito quanto ne ho voglia, se ne ho voglia e se ne vale la pena... Cioè sempre...-

Okay, lo lascio stare... non posso uscire pazzo per una voce che sta li a torturarmi sempre...

Guardo Anna e capisco perché le ho detto il mio libro preferito: i suoi occhi. Mi perseguitano, non mi lasciano in pace, ma sono bellissimi...
Sono come l'oceano: onda dopo onda ti travolgono. Lei mi travolge.

Guardo i suoi occhi addolorati, affranti e mi viene in mente l'ultima parte del suo discorso.

Io non voglio giocare con lei o con i suoi sentimenti, anche se aver provato a baciarla può indurre facilmente a quell'unica e plausibile conclusione.

Cosa voglio spiegarle?

"Vorrei che mi lasciassi spiegare perché ho provato a baciarti.
I tuoi occhi, Anna. Quando li guardo mi ci perdo, poi tu che mi fissavi rendevi le cose peggio e io ho perso la ragione." Dico sinceramente, anche se so che non mi crederà. Però devo tentare.

"Non cercare di dare la colpa a me!" Urla, avvicinandosi. Riesco a percepire l'aura di rabbia che la circonda. "Non cercare una scusa!"

Lo sapevo, era inevitabile. Se solo ci fosse qualcosa per farle cambiare idea... forse non posso, ma vorrei almeno sapere se crede veramente in quello che ha detto.

"Anna, guardami negli occhi e dimmi che sto cercando una scusa, se è quello che tu credi." Le chiedo.

I suoi occhi sono l'unica via di mezzo  che ho per capire quello che lei prova, l'unica porta per entrare e vedere cosa le passa per la testa.

Dopo un tempo che sembra infinito, alza la testa e due oceani mi si sprofondano dentro: vedo in lei un misto tra rabbia, tristezza e delusione, ma non so quale dei tre sentimenti mi faccia più male, o paura... non lo so, so soltanto che i sentimenti che lei prova mi fanno stare male, mi fanno sentire colpevole. In fondo è quello che sono.

"Non credo che tu stia cercando una scusa." Mi dice e va via.

Uscita da film, proprio... Sto qui, in mezzo alla strada, impalato, a guardare il nulla, ma a pensare al tutto e questo fa male, mi logora dentro.

Decido di andare al mare per rilassarmi, anche se so che ci saranno i bambini che equivale a grida; spero che quelli di oggi siano angeli, perché non sopporterei altre grida: ne ho sentite fin troppo oggi.

Quando arrivo alla spiaggia, vedo tantissimi ombrelloni e allora decido di andare in un punto isolato, senza troppa gente in giro.
Trovatone uno, mi tolgo la maglia, il pinocchietto e mi tuffo in mare, accogliendo la sensazione dell'acqua fredda sul corpo.
Decido di fare una bella nuotata fino agli scogli per rilassarmi, ma ad un certo punto mi rendo conto di essere già andato e tornato. Ma non mi sono calmato abbastanza.
Meglio una passeggiata. Mi vesto e inizio a camminare.

Mi sento stanco. Sono stanco. Stanco del mondo, stanco del fatto che non sappia gestire la mia vita nella quale, oltretutto, c'è poco e niente di vita, ma per il semplice fatto di vivere ringrazio Iddio.
Sono stanco di questo mondo perennemente egoista, delle persone anch'esse egoiste, che hanno un modo tutto loro di fare, di essere, di ragionare in modo contorto.
Sono stanco di tutto e di tutti, ma questa vita è fatta per essere vissuta, nonostante le difficoltà che questa ci impone.
Molte volte ho desiderato sparire, scappare da tutto ed andarmene lontano da qui, da questo posto e da questa gente.

Scappare dal mondo.

Ecco cosa desidero adesso: lasciare i miei problemi da risolvere a qualcun'altro. So che tutto questo è immensamente egoista da parte mia, ma è quello che ho sempre fatto in vita mia: scappare dalle situazioni e fregarmene sia dei problemi altrui, sia dei miei, talvolta.

Guardo l'orologio e noto che sono le 19.00.
Diamine, devo tornare immediatamente a casa!

Inizio ad incamminarmi verso casa e solo ora mi ricordo che la mia è accanto alla sua.

Devo correre il rischio. In questa mia vita ho corso solo rischi.
E a volte ne è valsa anche la pena.

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