Capitolo 33
ANNA'S POV
Quando ho visto chi era l'uomo che tanto ha amato mia madre, per poco non veniva un colpo anche a me!
È l'uomo che, appena arrivata a Roma, mi ha salvata da un foro. Quel giorno gli ho risposto malissimo! Solo a pensarci, mi vergogno; spero che non se lo ricordi proprio quel giorno. Daniele si gira a guardarmi e io non posso che sorridergli timida. Poco dopo si volta di nuovo verso mia madre, così io mi allontano da loro, fermo i miei nonni e Rebecca per goderci la scena ed inizio a fare tantissime foto perché una scena come questa, un giorno, a qualcuno, smuoverebbe l'anima anche solo a vederla in foto. Intanto Rebecca fa un video della scena, anche se poi chiude il telefono, troppo catturata da mia madre e Daniele per stare veramente a filmare con concentrazione. Meglio vederla dal vivo la scena.
Chi è che si amerebbe anche dopo venticinque anni con la stessa intensità di un tempo?
Chi si guarderebbe in quel modo se non fosse innamorato?
Chi si bacerebbe in quel modo se non fosse innamorato?
Al giorno d'oggi chi è che si ama ancora in questo modo?
Il loro è il tipo d'amore che è troppo forte per essere calpestato, troppo bello per passare inosservato.
Intorno a mia madre e Daniele si è radunato un gruppo di persone e, tra sorrisetti ed applausi, i due sono costretti a staccarsi. Sentiamo un forte applauso e vari clacson suonare a festa.
L'amore vero è raro, ma quando lo si trova, bisogna tenerlo stretto.
Le persone di qui saranno anche un po' faccia tosta e strafottenti, ma, se c'è qualcosa per cui festeggiare, diventano come una grande famiglia.
Vedo mia madre e Daniele sorridere.
All'improvviso vediamo mia madre iniziare a correre. Va al Colosseo, ne sono più che certa. Va lì per piangere, ne sono sicura.
Quando sto per iniziare a rincorrerla, Daniele mi ferma.
"Perché..." Inizia a chiedere confuso, ma io, senza dargli alcuna risposta, mi faccio portare al Colosseo, alla "famosa" panchina. Sono sicura che è lì.
Mi volto, vedo gli occhi di Daniele farsi lucidi e, prima che possa scoppiare in un pianto liberatorio, appoggio le mani sulla parte alta della braccia e gli dico:
"Lo so, è la stessa situazione di tanto tempo fa al contrario, più o meno. Per favore, va' da lei e parlale. Ti ama. Io... non ho mai... visto mia madre così... emozionata, quindi ti prego: va' e parlale. Ti ama, la ami. Oggi è la vostra opportunità."
Tolgo le mani e lo spingo verso mia madre. Sta piangendo, sapevo che lo avrebbe fatto. Siamo troppo simili.
Piange perché non riesce a sopportare il peso delle emozioni soffocanti, opprimenti.
Si sono impossessate di lei e non sa come gestirle.
Mia mamma e Daniele sono unici: loro sono i protagonisti dell'amore che non si interessa del tempo.
Il loro è un amore raro.
Loro sono Daniele ed Elena.
DANIELE'S POV
Consigliato dalla ragazza che mi ha condotto qui, mi dirigo dalla mia piccola Elena.
Ancora non mi sembra vero. Dopo venticinque anni è qui ed è ancora più fantastica vestita delle sue sofferenze e dei suoi sbagli. Ma, nonostante tutto, è rimasta la mia piccola Elena. L'Elena forte, un po' orgogliosa, ma innamorata come io lo sono di lei.
Continuo a camminare ed oltrepasso Elena di pochi passi soltanto, però, perché mi prende per il polso esattamente come feci io tanto tempo fa. Mi mette a sedere sulla stessa panchina dell'altra volta e mi abbraccia. Piange sulla mia spalla e io non posso fare altro che accarezzarla. Accarezzare i suoi capelli, la sua schiena, la testa. Chiudo gli occhi ed è ora che mi sento a casa, il suo profumo è casa mia.
"Perdonami." Sussurra la sua voce ed io sospiro, le bacio delicatamente l'orecchio destro, per poi lasciare una scia di baci fino all'angolo di un occhio.
"Perdonami." Sussurra di nuovo e io lascio un'altra scia di piccoli baci dall'angolo dell'occhio destro fino all'angolo della bocca.
Mi mancava l'odore della sua pelle, la sua delicatezza anche nella forza.
"Perdonami." Sussurra per la terza volta ed allora le bacio la fronte, lasciando su di essa le mie labbra per un po' di tempo.
"Perdonami." Ripete lei e io le bacio le palpebre degli occhi.
"Voglio che tu la smetta." Le dico, prendendo le sue mani e baciandone il dorso.
"Dovresti urlarmi contro, ferirmi e invece perché sei così calmo?" Chiede lei e io non posso far altro che sorridere un sorriso vero, genuino, di quelli che non facevo da troppo tempo.
"Perché te ne sei andata?" Chiedo con la voce tremante e lo stomaco chiuso in una morsa, troppo frastornato dalla sua presenza e troppo addolorato dal ricordo di venticinque anni vissuti col ricordo di una persona, nella speranza che ella potesse ritornare.
"Ero in preda al dolore e così decisi di scappare da qui. Tutto mi ricordava Giulio e la sua passione per la storia. Ricordi, no?" Inizia lei ed io annuisco. Come non ricordare Giulio? Quel ragazzo era pieno di vitalità, di curiosità, socievole come nessuno e sempre sorridente.
"Volevo allontanarmi da Roma e cercare di dire la parole «fine» a tutto ciò che mi legava qui. Litigai con tutti e partii per l'America. Per vari anni sono stata a New York. Il primo anno ho lavorato in un bar e guadagnato dei soldi per pagare tutte le spese, il secondo anno ho incontrato un ragazzo e, dopo tre anni, ci siamo sposati, per poi andare a Santa Barbara. Nel primo anno di matrimonio ci fu la nascita di Anna, la ragazza che ti ha accompagnato qui.
E no, non arrabbiarti perché mi sono sposata. I primi anni sono stati felici, sì, ma successivamente lui iniziò a bere e a fumare... e... iniziò a... maltrattarci, urlarci contro e... procurarci lividi e ferite." Digrigno i denti per quello che mi ha detto, ma la sua mano si poggia sulla mia guancia e mi tranquillizzo immediatamente. Le fa male parlare di questo argomento, si vede, ma voglio riprenderlo più tardi perché ho bisogno di sapere.
"Continua." Le ordino con voce ferma, fredda. La sento spostarsi, sospirare, allontanarsi un po' da me e prendere i capelli con una mano, per poi lasciarli andare.
"Otto anni fa, io e quella persona ci siamo lasciati dopo un matrimonio durato dieci anni e mi sono trasferita in un'altra parte della città. Due settimane fa io ed Anna avevamo deciso di andare in una località balneare per passare l'estate. C'era stato detto che... quella persona era all'estero, invece ci aveva seguite a Long Beach.
Ero nel panico più totale e noi dovevamo seminarlo in qualche modo, capisci? Non sopporterei... vederlo, sentirlo parlare... ci ho fatto troppo male, ci ha lasciato ricordi, incubi e tanto terrore. Tutto questo, però, non ci ha mai lasciati. Tutto questo ci è rimasto nella memoria.
Io... sono tornata qui perché non voglio vederlo di nuovo. Anna non lo sopporterebbe e nemmeno io." Conclude lei ed io scatto in piedi, guardo intorno a me stesso nervosamente, addolorato e arrabbiato perché tutto questo non doveva accadere alla mia Elena.
"Perché hai permesso che ti accadesse, Elena?" Le chiedo, per poi sedermi e prendere la sua mano.
"Non l'ho permesso, è accaduto. A volte ci ritroviamo protagonisti di vicende che mai avremmo immaginato di vivere. A me è successo questo." Sussurra lei, tristemente. Non ho mai sentito il suo tono di voce così triste, spento. La mia Elena non deve soffrire più.
"Non devi soffrire più. Starai con me e non permetterò a niente e a nessuno di farti del male, lo prometto." Le dico, guardandola intensamente nei suoi occhi verdi, in quegli occhi che emanano forza, incredibile forza e orgoglio.
"Attento, le parole, dopo pronunciate, scatenano sogni irrimediabili. Non puoi proteggermi, comunque: sei sposato, avrai dei..." Inizia a dire, ma io poggio due dita sulle sue labbra, le fisso un po' e poi rivolgo lo sguardo sui suoi occhi.
"Nel caso in cui soffrirai, ci sarò io e le mie braccia sono pronte ad accoglierti e a proteggerti. Non ci siamo visti per venticinque anni, ma questo non vuol dire che io non sia innamorato più di te. In questi anni ho solo imparato ad amarti di più, Elena. Non sono sposato. Io aspettavo che tornassi ed ora che sei qui, non mi scappi più, lo prometto."
Guardò negli occhi la ragazza,
quelli verdi come il mare
poi all'improvviso uscì una
lacrima,
e lui credette di affogare.
Lucio Dalla
Non sia mai ch'io ponga impedimenti
all'unione di anime fedeli; Amore non è Amore
se muta quando scopre un mutamento
o tende a svanire quando l'altro s'allontana.
Oh no! Amore è un faro sempre fisso
che sovrasta la tempesta e non vacilla mai;
è la stella-guida di ogni sperduta barca,
il cui valore è sconosciuto, benché nota ladistanza.
Amore non è soggetto al Tempo, pur se rosee labbrae gote
dovran cadere sotto la sua curva lama;
Amore non muta in poche ore o settimane,
ma impavido resiste al giorno estremo del giudizio:
se questo è errore e mi sarà provato,
io non ho mai scritto, e nessuno ha mai amato.
William Shakespeare, Sonetto 116
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