Capitolo 15

*Se ti mettessi un vestito sarebbe meglio*

Chissà dove ha intenzione di portarmi. Poi chissà perché sarebbe meglio un vestito...

-Forse perché vuole vederti con un vestito?- Mi domanda ironicamente la voce del subconscio. Però ha ragione.

*Sarebbe meglio per te o per il luogo dove mi porterai?*

Gli mando questo messaggio, sapendo già la risposta la quale so che lui non dirà.

*Sarà meglio.*

Leggo il messaggio e decido di non rispondere. Devo comprare un vestito per stasera visto che li ho lasciati tutti a casa e quello che ho non è di certo per una serata fuori. Meglio evitare di fare figure.
Scendo le scale e mamma va a farsi la doccia, intanto rileggo i messaggi di Rebecca.

*Tesoro, volete venire da me? Così facciamo anche un giro.*

*Dimmi se non ti va bene! Ok?*

E allora io rispondo: *Per me è perfetto! A tra poco!*

Dopo ciò mi rendo conto che sono le 14:40, così esco e mi siedo sulla poltrona sotto la veranda per continuare a leggere il libro "Il bambino che imparò a colorare il buio"

《Ogni giorno ti vengono consegnate ventiquattro ore d'oro;
sono tra le poche cose che,
su questa terra,
ti sono date gratuitamente.
Se anche possedessi montagne di denaro,
non potresti comprare neanche un'ora aggiuntiva.
Che cosa farai con questo tesoro inestimabile?
Rammenta, devi usarle,
poiché ti vengono concesse una sola volta.
E, se le sprechi,
non potrai recuperarle.
L'importanza di una vita felice non può essere esagerata.
Pensa a ogni singolo giorno come una cosa senza prezzo.
Se ne prendi una serie e li metti tutti in fila,
otterrai un anno;
se raggruppi più anni,
avrai un'intera esistenza,
fatta di amore, felicità, onestà, speranza e sogni.》

È questo quello che leggo su questo libro che, nonostante sia stato letto molte volte, finisce sempre sotto i miei occhi, venendo riletto di nuovo.

Questo passo è uno di quelli che mi fa capire quanto io stia sprecando la mia esistenza in modo infelice.
Quanto posso amare e odiare questa vita che mi ha dato prima felicità e innocenza, poi tristezza e solitudine?
Sento che tutto questo mi farà del male, mi logorerà dentro e avrò il rimorso di questi tempi negli anni futuri.
Avrò questo dolore, sentirò la sua pesantezza nel mio cuore per molto tempo, col tempo questo dolore diverrà talmente grande che non vedrò quasi più la differenza.

Io non sono come gli altri: se per loro la felicità è la luce per me è il buio, così come il buio che per me è la luce. Dipende poi, almeno credo...
Il bene, l'affetto mi fanno paura. Solo quello di mia madre e di Rebecca mi ristora e mi asserena l'anima. So che di loro posso fidarmi ciecamente.

Il mio flusso di pensieri mi fa perdere la cognizione del tempo, infatti non mi rendo conto che sono già le 14:55.

"Mamma!" La richiamo, sperando che mi senta.

"Si, tesoro?"

"Hai finito? No, perchè un altro po' e siamo in perfetto ritardo!"

Sento dei rumori di passi, così mi volto e vedo mia madre con dei bellissimi jeans blu scuro, una camicetta gialla, sandali e capelli a boccoli.

"Elena Ryan, lo sai che sei proprio figa?" Dico io, facendo ridere entrambe.

Nella vita la madre ti capita e basta. A me è capitata lei è ne sono più che fiera.
Con i suoi capelli biondo rame, quegli occhi verdi come la foresta e quel fisico perfetto che si ritrova è perfetta.

"Grazie tesoro, piuttosto parliamo si te, ragazza sexy..." Contrabbatte lei con un sorriso grande stampato sulle labbra.

"Mica vuoi gareggiare a chi dice aggettivi migliori all'altra sulla sua bellezza? Non abbiamo tempo, sai com'è, Rebecca ci aspetta, donna figa!" La informo io e non facendocela più, scoppio a ridere.

"Ok, ok... diamoci un taglio." Concorda, insieme ci dirigiamo da Rebecca e dopo un circa dieci minuti siamo di fronte la sua porta.

Busso e dico:"Rebecca!"

"Sì tesoro, vengo!" Mi sento rispondere dall'altro lato e, quando la porta viene aperta, mi ritrovo una Rebecca vestita di un abito di cotone bianco che arriva al ginocchio, ad esprimere felicità e spensieratezza.

Ma la cosa bella è che invece di salutare me, saluta mia madre. Di questo però ne ero sicura e sono felicissima del loro rapporto: non potrei chiedere niente che non mi renda più felice per la loro felicità.. se loro sono felici, in qualche modo lo sono anch'io.

-Alt, alt! E per te? Per te cosa desideri?- Mi interrompe il subconscio.

Eh già... per me cosa desidero? Voglio il bene, la felicità per gli altri, ma riuscirò mai a capire cosa voglio per me stessa? No, ma intanto voglio desiderare e rendere felici le persone intorno a me, che non sono molte.

Rebecca mi saluta dopo aver intrattenuto una conversazione che so continuerà nel pomeriggio e così, felici e spensierate, ci avviamo verso un qualche centro commerciale per passare un bellissimo pomeriggio.

* * *

"Ragazze, ma non credete sia un po' troppo questo vestito?" Chiedo io a mia madre e Rebecca, indicando l'abito rosso fuoco con i tacchi neri.

Sì, ho detto loro dell'appuntamento di stasera e ora stiamo cercando un abito da indossare.

"Credimi, sarai figa così" Mi rassicura mia madre, ma mentre lo dice, si volta ed io insieme a lei. Vediamo un vestito stupendo: è di cotone, di colore rosa antico, non quel rosa infantile, aspro e brutto alla vista, ma quel colore che ho sempre amato per la sua delicatezza. L'abito ha in  più una collana di perle attaccata e in abbinamento, ci sono dei tacchi neri.
Io e mia madre ci guardiamo e praticamente corriamo per vedere da vicino quel vestito che diventerà argomento di discussione tra noi due, ma in modo positivo.

"Mamma, non sperarci. È mio." Le dico con tono e sguardo alquanto seri.

Mi guarda e dopo un po' si arrende, dicendo:"Ok, ok. Solo perché ti serve per stasera. Dopo sai che fine farà."

"Si, sì. Ce li presteremo. Intanto me lo tengo io." La guardo con un sorrisino beffardo.

Annuisce, prendiamo il vestito e mi reco nel camerino per provarlo.

Esco dopo qualche minuto e sento un applaudire di mani.

"Hey ragazze, cos'è 'sta cosa dell'applauso?" Chiedo io. In realtà non mi sono ancora vista, può essere che...

"Ma ti sei vista? Ci stai d'incanto, Anna!" Mi informa Rebecca, indicando lo specchio dietro di me.
Mi giro e mi guardo per tantissimo tempo, osservando ogni minimo particolare di questo vestito di cui mi sono innamorata a prima vista.
Alzo lo sguardo e ritrovo quello di mia madre con gli occhi lucidi, abbracciata a Rebecca, entrambe con un sorriso splendido sulle labbra.

Mi giro e dò ad entrambe un abbraccio, assieme ad un bacio.

"Ok, è questo. Andiamo a pagare." Dico, recandomi verso i camerini per togliere il vestito.

Esco vestita degli indumenti di prima e paghiamo i vari capi che abbiamo preso, tra cui l'abito per stasera.

Usciamo, mettiamo le buste degli acquisti in macchina e ci dirigiamo al molo a piedi.

"Allora Anna, raccontaci un po' di questo Marco." Mi chiede Rebecca, per accontentare sia la sua curiosità che quella di mia madre.

"Che posso dirvi... é un bel ragazzo, di quelli che potresti considerare o fighi, ma gentili o fighi e pieni di sé. E..."

"E tu lo consideri l'uno o l'altro?" Mi interrompe Rebecca, curiosa più che mai.

Come lo considero?

-Non serve lo scienziato per rispondere a questa domanda, guarda.- Ironizza il subconscio.

-Da cosa lo comprendi?- Gli chiedo, anche se so la risposta.

Avergli dato non uno, ma ben due baci sulla guancia, uno sulle labbra, averlo abbracciato, avergli dato l'opportunità di potermi parlare sono cose più che sufficienti per comprendere che lo considero un ragazzo non solo "figo, ma gentile", ma anche quel ragazzo con cui, in qualche modo, ho anche avuto un rapporto.

-Ma se non ne hai mai avuti di rapporti con dei ragazzi.- Mi dice lui, quel subconscio che molto spesso mi ricorda ciò che posso e ciò che faccio per evitare tutti i rapporti possibili con dei ragazzi.
Ma con lui è diverso, tutto è stramaledettamente diverso.

Ho paura che io possa soffrire ancora e farmi del male.
Ho paura che questa sensazione di meraviglia possa causarmi altro dolore.
Ho paura, ho una tremenda paura che tutto questo possa ritorcersimi contro.
E non è la Provvida Sventura di Manzoni: soffrire per preparare colui che soffre a vivere un bene più grande.
In questo caso la Provvidenza non c'entra un tubo: è soltanto dolore su dolore che più diventa grande e più diventa incontenibile.

"E quindi?" Mi chiede mia madre, guardando Rebecca e entrambe avendo intuito la linea dei miei pensieri.

"E quindi ancora non so nulla con certezza. So soltanto che stasera ho un appuntamento con lui, che ora sono le 18:00 e che dobbiamo scappare a casa se voglio arrivarci in tempo a questo appuntamento." Rispondo io, sviando la risposta a tutt'altro argomento.

"Oh cavoli amari, ragazze muoviamoci altrimenti non riuscirò a farle il trucco che ho progettato." Dice Rebecca guardando mia madre in modo pauroso.

"Fate paura quando vi guardate così, sappiatelo." Confido loro con una voce tra la paura e l'eccessiva ironia.

"Si, sì." Rispondono in coro e dopo una bella mezz'oretta siamo a casa, pronte per dare vita a un'ora e mezza di benessere, convertendo mia madre e Rebecca da donne pacate e riservate a make-up artist esaltate ed emozionate.

Un'ora e mezza dopo sono lì, col trucco e parrucco fatto, con la pochette nera e l'adrenalina, la curiosità, la voglia di sapere come andrà a finire questa serata, la felicità e l'ansia.
Quell'ansia da tredicenni, quell'ansia che non ti aspetterei a 18 anni.
Quell'ansia che per tranquillizzarla diresti:
"Tranquilla, è solo un appuntamento."
Ma il punto è un altro: può sembrare una cosa da stupidi, da ingenui, da asociale (è quello che sono, alla fine), ma io non ho mai avuto un appuntamento del genere.

Primo appuntamento, bah...

-Sei al primo appuntamento!- Mi ripete il subconscio...

"Ok, puoi guardarti come Dio comanda, ora." Mi dicono Rebecca e mia madre.

Mi giro e vedo una me che non conoscevo: i capelli sono raccolti in una treccia laterale, dei boccoli sono presenti uno a destra, uno a sinistra, belli quel che basta per fare effetto.
Agli occhi un trucco leggero, ma che fa effetto e alle labbra un semplice gloss.

Mi sento diversa.. è strano come delle polveri, degli accorgimenti possano renderti diversa.

"Avete fatto un lavoro stupendo, ragazze!" Mi giro e le abbraccio.

"Hey, hey.. niente pianti, abbiamo bisogno di una bella ragazza non di occhi lucidi, quindi ora scendi giù in salotto e attendi Marco." Mi dice mia madre.

"Ok " Le guardo, sopratutto Rebecca, che sembra avere uno sguardo pensieroso ma, siccome credo sia una cosa leggera, non chiedo nulla. Dò un bacio ad entrambe sulla guancia e scendo giù, sedendomi sul divano.
Neanche mi metto seduta comodamente che suona il campanello. È lui.
Mi alzo, apro la porta, lo vedo e penso:"Cosa ho fatto per avere qui di fronte Dio?"

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