5 Capitolo
Richiudo con un tonfo la porta alle mie spalle, scivolo lentamente verso il pavimento e chiudo gli occhi.
Il cuore mi batte a un ritmo forsennato, sono
bagnata fradicia e tremo come una foglia.
Da quando Tyler mi ha allontanata é passata più o meno un'ora, durante la quale ho avuto come unico obiettivo quello di tornare a casa indenne e il più velocemente possibile.
Mi porto una mano al petto.
Il ricordo della stretta di Tyler mi fa tremare dalla paura.
I denti mi battono fortissimo e ho vere e proprie fitte di dolore sparse in diverse parti del corpo.
Non riesco a credere che Tyler mi abbia aggredita.
Non riesco nemmeno a credere d'essere salva.
È una fortuna che i miei genitori non siano a casa, non saprei neanche cosa raccontare loro.
Ma questo lo devo al temporale; quando a Onir piove è difficile camminare per le strade e i miei genitori, insieme a mia sorella saranno rimasti bloccati al laboratorio.
Da dietro le portafinestre continuo a sentire lo sbatacchiare della pioggia.
Rimango così, accovacciata sul pavimento freddo non so per quanto, fino a quando un ringhio basso non mi costringe a scattare sull'attenti.
Apro gli occhi e inizio a sudare freddo, mentre il respiro mi si fa più corto.
A fatica riesco a mettere a fuoco i contorni della stanza.
Passo lo sguardo sul tavolo, sulla credenza, sulla cassapanca in legno di abete e poi mi blocco quando intravedo una sagoma.
"Sei un'impudente," una voce fin troppo famigliare mi raggiunge facendomi fermare il cuore.
Orrel
Gli occhi mi diventano lucidi. Per qualche secondo ho temuto potesse essere Tyler, un selvaggio, qualsiasi altra creatura.
Lo vedo avvicinarsi lentamente e accovacciarsi al mio fianco. Non ci vuole molta perspicacia per capire che é visibilmente arrabbiato.
"Che... ci fai qui?" la voce indipendentemente dalla mia volontà mi esce roca e malferna.
Non mi aspettavo di vederlo. E se da una parte sono sollevata di non essere più sola, dall'altra non riesco a non esserne intimorita.
Prima di riuscire a reagire in qualche modo vengo afferrata per la vita e costretta a rialzarmi con poca grazia.
Tremo e sento le gambe malferme.
Probabilmente stramazzerei al pavimento se non continuasse a sostenermi.
Invece di mostrarmi impaurita come dovrei, con le poche forze rimaste inizio a rassettarni i capelli appiccicati al viso a causa della pioggia.
"Che fai mi segui?" cerco di apparire disinvolta, ma la verità è che la
vicinanza di Orrel ha sempre uno strano effetto su di me.
Sorride sarcastico. So che riesce a percepire la mia insicurezza, ma non fa niente per rassicurarmi. "Salvaguardo ciò che è mio!" risponde gelido scandagliandomi dalla testa ai piedi.
Mi impietrisco e cerco di non deviare il suo sguardo, benché il cuore abbia iniziato a battermi a un ritmo esagitato.
È la prima volta che si rivolge a me in questi termini.
Sua
"Io non sono tua!" mi indispettisco.
Orrel fa un altro ghigno e come la volta precedente sfiora con la mano la mia guancia. "Oh sì che lo sei," dice con fin troppa enfasi senza accennare a discostarsi "lo dice un contratto," i suoi occhi sembrano volermi fulminare.
"E se non volessi?" Mi mordo la lingua, ma ormai le parole sono uscite fuori.
Sono impensabili perfino alle mie orecchie, abituata da anni a sentirle comunque.
Tutta Onir sa che gli appartengo, indipendentemente da come andranno le cose.
Orrel non risponde, si limita a scandagliare il mio corpo dalla testa ai piedi.
Arrossisco seduta stante, il vestito si è appiccicato alla pelle e mi sento quasi nuda ai suoi occhi.
Per difendermi incrocio le braccia al petto, essendo un vampiro, nonostante la stanza sia male illuminata, la sua vista aguzza gli permette di cogliere ogni dettaglio del mio fisico.
"Devi cambiarti," dice prendendomi improvvisamente per mano "andiamo nella tua stanza."
Mi inizia a trascinare con foga.
Quando giungiamo davanti la porta, la apre e mi costringe ancora a seguirlo al suo interno.
Accende qualche candela e poi indica il maser posto sul letto.
"Cambiati," mi dice sbrigativo.
Avvampo, ma questa volta non ho problemi a far uscire le parole, non balbettò e men che meno sono intimidita.
"Scordatelo!"
"Spogliati!" ripete avvicinandosi.
Deglutisco. Per quanto sembri improbabile so che il suo è un'ordine.
Orrel non fa richieste; è un principe scontroso, capace solo di comandare.
Vengo attraversata da un fiotto di rabbia. "Non se ne parla."
Vedo la mascella di Orrel serrarsi.
"Fallo!" intima ancora.
Scuoto il capo. "Non intendo ubbidire. Esci da questa stanza e lo farò da sola."
"Mi costringi a fare a modo mio."
Non aggiunge altro ed è talmente veloce che non ho nemmeno il tempo di fiatare.
In pochi secondi mi è addosso.
Slaccia il mantello e lo lascia scivolare ai miei piedi e poi attirandomi contro di sé, inizia ad allentare le stringhe del maser.
"Sei un prepotente, " lo insulto dimenandomi.
"Mai quanto Tyler Loockwood," ribatte continuando ad allentare le stringhe.
Sgrano gli occhi perché evidente che sappia quello che è accaduto.
Vengo attraversata da un brivido.
Anche il vestito si affloscia ai miei piedi
"Non deve più accadere," soffia pianissimo al mio orecchio, tenendomi ferma e riferendosi indubbiamente a Tyler.
Il mio respiro si fa più corto.
Sono nuda fra le sue braccia, visibilmente provata.
Dovrei tremare dalla paura, e ne ho. Invece, mi ritrovo a pensare al suo corpo al contatto col mio, al suo calore, ai miei seni schiacciati dal suo torace...
"Orrel..."
"Intendo impugnare il diritto di convivenza forzatum," dice facendomi girare la testa.
Perdo la facoltà di parlare quando mi sospinge contro la parete alle mie spalle e come la volta precedente sfiora la mia bocca senza alcuna delicatezza, solo per farmi capire che sono sua.
Angolo autrice:
Bene! Sembra che Alisha si sia messa in un bel guaio.
Che cosa sarà il diritto di convivenza forzatum?
Che ne pensate della piega che sta prendendo la storia?
Ditemi le vostre impressioni.
Cinzia 😘
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