Epilogo
Un anno dopo
«Buongiorno, amore».
Adam appoggia il vassoio con la colazione sul comodino e mi dà un bacio leggero sulla fronte, cercando di svegliarmi. Inizio a protestare sottovoce come al solito e cerco di tirarlo di nuovo a letto con me. «Torna qui e abbracciami», lo prego, ancora con gli occhi chiusi.
Lo sento ridere, ma so che non cederà. «Hai il turno di mattina oggi, mi hai detto tu di fare qualunque cosa per farti svegliare».
«Non ho voglia di alzarmi, sono troppo stanca».
Da qualche mese abbiamo preso in affitto una casetta tutta per noi. Ci siamo divertiti molto ad arredarla, riempiendola di libri e di musica, e Adam ha voluto a tutti i costi che ci fosse un caminetto, che adesso è diventato il posto preferito di entrambi.
Seb, invece, ha lasciato la casa che aveva affittato con Adam e si è trasferito con Alice nella nostra villetta vittoriana.
Non abbiamo saputo più nulla dei Cacciatori, dopo la morte di Edgar: quando Adam era ancora un vampiro ne ha uccisi parecchi e spero che non sia sopravvissuto nessuno di loro. Noi non parliamo mai di quel periodo, è troppo doloroso e riaprirebbe delle ferite che non si sono ancora cicatrizzate.
Finalmente si tuffa sotto le coperte e inizia a solleticarmi il collo con dei piccoli baci per farmi aprire gli occhi. A fatica li apro, e sono felice che lui sia la prima cosa che vedo al mattino e l'ultima prima di andare a dormire. Lo bacio e mi accoccolo sul suo petto.
«Ho preparato la colazione, ti darà energia», dice, e avvicina il vassoio. È stracolmo: ci sono uova, pane tostato, pancetta e un bel caffè bollente. Peccato che il mio stomaco, come ormai tutte le mattine da un paio di settimane, decida di rifiutare tutto. Al primo morso di pane devo correre in bagno a vomitare. Adam è subito dietro di me, mi tiene i capelli sollevati e appoggia una mano sulla mia fronte.
«Non voglio che tu mi veda così», sussurro quando i conati si fermano.
«Non pensarlo nemmeno», ribatte preoccupato, sedendosi per terra accanto a me. «Domattina ti accompagno a fare le analisi. Può essere che il tuo corpo non abbia ancora superato del tutto l'operazione dell'anno scorso».
Annuisco e abbasso lo sguardo. Odio sentirmi così: questa continua stanchezza e queste nausee che mi impediscono di mangiare mi stanno distruggendo. Mi sciacquo il viso e mi lascio abbracciare da Adam, che come sempre riesce a farmi sentire meglio.
✽✽✽
Il Queen è pieno di gente, San Valentino si avvicina e tutti sono intenti a fare acquisti. Nell'ultimo periodo sia la libreria sia il locale sono andati alla grande: adesso abbiamo concerti tutte le settimane e siamo sempre pieni.
«Stai bene?», mi chiede Alice.
«Mi serve solo un momento». Le sorrido appoggiandomi su una sedia, senza forze.
Il mio stato di salute inizia a preoccuparmi e sono in ansia per il risultato delle analisi, che dovrebbe arrivarmi oggi tramite e-mail. Finalmente sento vibrare il cellulare.
«Leggi i risultati con me, ti prego».
«Certo, tesoro. Andiamo in ufficio».
La seguo nella piccola stanza che usiamo come ufficio e le porgo il mio telefono. «Leggili tu per prima».
Il suo sguardo diventa incredulo e poi le lacrime iniziano a scendere sul suo viso.
«Alice, parla, ti prego!».
Sbatte gli occhi un paio di volte, come se non credesse a quello che vede, finché non rivela: «Sei incinta».
«Che cosa?!», esclamo afferrando il telefono.
Scorro l'e-mail e leggo quelle parole, sentendo i brividi che iniziano a scuotermi tutto il corpo: "Incinta di quattro settimane".
Alice si avvicina per abbracciarmi, ma mi scanso e mi prendo la testa tra le mani. Non ho mai desiderato particolarmente diventare madre, inoltre io e Adam avevamo escluso la possibilità; qualche volta abbiamo accennato all'adozione, ma il discorso è sempre rimasto in un angolo.
«Tesoro, calmati», cerca di tranquillizzarmi Alice. «Innanzitutto non è detto che sia un maschio, e anche se dovesse esserlo troveremo il modo di affrontare la cosa. Dopotutto non possiamo sapere se il sangue della strega non abbia salvato anche la discendenza di Adam».
«Come faccio a dirglielo? Dopo tutto quello che ha dovuto passare...».
«Vuoi che ti accompagni da lui?»
«Sì, Alice, ti prego».
Durante il viaggio in macchina rimango in silenzio, cercando di trovare le parole per dire al mio fidanzato che l'incubo che lo ha quasi distrutto non è finito. Entro in casa e lui come al solito viene ad accogliermi con un sorriso.
«Sei tornata prima!», esclama stringendomi.
«Non mi sentivo bene e mi sono fatta accompagnare da Alice».
«Vieni sul divano, accendo il fuoco».
Lo osservo trafficare al caminetto mentre mi avvolgo in una coperta.
«Sono stato contattato da un locale di Londra, ci ha offerto di fare qualche serata ma ho rifiutato», mi racconta venendo a sedersi vicino a me.
«Perché?»
«Non vado da nessuna parte se tu non puoi venire con me, lo sai».
«È una bella opportunità, non dovresti fartela scappare», commento, ma con poco entusiasmo.
«Ne riparleremo quando starai meglio».
Si accorge che la mia espressione si è fatta cupa e mi domanda: «Che succede, amore?».
Inizio a tremare. «Sono arrivati i risultati delle analisi».
«È per questo che sei triste?», dice preoccupato. «Non mi importa dei concerti, dimmi il risultato».
«Sono incinta», dico tutto d'un fiato.
Il suo viso è attraversato da un misto di emozioni: prima lo stupore, poi la consapevolezza e infine la paura.
«Non... No, non puoi... Non possiamo...», balbetta, scattando in piedi. «Ne sei sicura?», mi chiede poi, disorientato.
«Guarda tu stesso», rispondo passandogli il telefono.
Si butta di nuovo sul divano senza parlare e rimaniamo così, in silenzio e con il fantasma di tutto quello che abbiamo passato che si riaffaccia spaventoso nella nostra vita.
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