Capitolo 8 - Lei

Era uno strano modo di uccidermi, non a pezzi ma a briciole.

Emily Brontë

Mi hai usata.

Sì.

Mi sveglio all'improvviso con un urlo che mi muore in gola. Apro gli occhi e mi accorgo di essere nel mio letto, al sicuro. Con un brivido mi alzo e vado a fare una doccia per lavare via quell'incubo dalla mente.

È passato quasi un mese, ma ricordo ancora come il sole illuminava il volto di Adam che mi diceva addio e non posso fare a meno di pensare che ci si dovrebbe lasciare durante uno di quei giorni in cui piove e fa freddo, in modo che, quando scappi a casa dopo aver parlato per l'ultima volta con la persona a cui tieni, puoi sparire sotto il piumone con il rumore della pioggia che sovrasta tutto il resto.

Mi porterò dietro questa sensazione anche oggi, penso mentre l'acqua infiamma il mio corpo.

Sento il telefono squillare e, non so perché, chiudo di scatto l'acqua per rispondere, come se sapessi già che quella chiamata non può attendere.

«Ciao, mamma!».

«Kris, sono Kathy», dice mia cugina dall'altro capo del telefono. «Non voglio allarmarti, ma devi tornare a casa».

«Che succede? Mia madre sta bene?». La paura si fa strada nella mia mente.

«Ha avuto un incidente... Un'auto l'ha investita mentre attraversava la strada».

In un istante tutto il mio mondo si oscura.

Non mamma, prego, non mamma.

«Prendo il primo aereo», dico, e riattacco. Mi accascio e perdo la cognizione del tempo, la mia mente corre veloce, cercando, senza successo, di immaginare la mia vita senza di lei.

Ma cosa sto facendo?

La mamma è da sola in un letto d'ospedale e io me ne sto qui per terra. Corro in camera a vestirmi e, dopo aver buttato alla rinfusa alcune cose in valigia, scappo all'aeroporto.

✽✽✽

Dal cielo rivedo la mia città natale che si ingrandisce sempre di più. L'aereo sorvola gli Appennini, preparandosi per l'atterraggio verso l'aeroporto di Firenze. Non avrei mai immaginato di tornare qui così presto e soprattutto per un motivo del genere. Mia madre ha fatto lo stesso viaggio da bambina, quando i suoi genitori decisero di trasferirsi in Italia portando con loro lei e sua sorella. Chissà qual era il suo stato d'animo, se anche lei si sentiva smarrita come me. Ho vissuto in questo posto tutta la mia vita, ma adesso è come se fossi un'estranea. Forse è questo il mio destino: perdere tutte le persone a cui tengo, restare da sola. Mi sento ancora smarrita mentre cerco Kathy in mezzo alla folla degli arrivi. Mi abbraccia forte e senza parlare saliamo nella sua auto.

«Tesoro, mi dispiace...», mi sussurra appena attraversiamo il traffico prima di immetterci in autostrada.

«Dimmi solo che starà bene, ti prego».

Kathy distoglie lo sguardo mordendosi il labbro, come fa sempre quando deve dire qualcosa di difficile. Mi giro verso il finestrino e cerco di tenere a freno le lacrime, poi avviso Alice di essere atterrata.

L'ospedale si trova in centro, a pochi passi dalla cattedrale di Santa Maria del Fiore, perciò Kathy mi fa scendere davanti all'entrata e va a parcheggiare. Mi dirigo verso il pronto soccorso, dove si trova il reparto di medicina d'urgenza, e precipitandomi nel corridoio trovo la stanza in cui hanno sistemato mia madre. La vedo distesa sul letto, una flebo che le esce dal braccio e una sonda sotto il naso, e mi blocco sull'uscio della porta. Non l'ho mai vista così debole e indifesa, lei è sempre stata una forza della natura. Per questo adesso è ancora più difficile.

Mia zia mi viene incontro e mi stringe forte.

«Hai ancora un po' di tempo per salutarla», mi sussurra accarezzandomi un braccio. «E non preoccuparti per Lola, l'ho portata a casa mia e sarò felice di prendermene cura».

Tutta questa confusione mi ha impedito di pensare in modo razionale e avevo completamente dimenticato di non essere la sola ad avere bisogno di mia madre: la nostra cagnolina dipende da lei in tutto e per tutto. Trattengo a fatica un singhiozzo e mi volto ancora verso mia madre, che nel frattempo ha aperto gli occhi accorgendosi della mia presenza.

«Kris... sei qui», mormora, quasi senza voce. «Allora è vero, sta succedendo».

«Non dire così, mamma, non è vero, non puoi lasciarmi! Devi tornare con me a Kratas, avevi promesso di venire a trovarmi!».

Si rivolge per un attimo alle altre persone nella stanza, chiedendo di lasciarci da sole. «Piccola, non mi resta molto, ma prima devo dirti una cosa».

«Mamma, ti prego...».

«Dopo il mio funerale dovrai andare a casa, aprire la cassaforte ‒ troverai la chiave dietro il primo cassetto del mio comodino ‒ e leggere la lettera che ti ho lasciato».

«Non voglio nessuna lettera, voglio solo che tu stia bene».

«Sei stata la cosa più bella che mi sia capitata. Promettimi che non ti lascerai andare e che tornerai a Kratas. Qui non ti è rimasto più nulla, ormai, e quando ti telefonavo ti sentivo finalmente felice. Promettimi che...».

La sua voce si interrompe, gli occhi sbattono più volte come per un dolore improvviso e poi si chiudono per l'ultima volta. La mano che stringeva forte la mia, come per aggrapparsi alla vita, si affloscia e capisco che la mia mamma non c'è più. Allora la diga che teneva a freno le mie lacrime si rompe, si frantuma in mille piccoli pezzi e lascia scorrere tutto il mio dolore, un dolore così intenso da farmi perdere i sensi.

✽✽✽

Mi risveglio con un infermiere che mi punta una luce negli occhi per controllarmi le pupille e mi chiama per nome. Cerco di rialzarmi, ma mi tiene ferma per un braccio.

«Sto bene, voglio solo stare vicino a lei».

Mi risponde che adesso devono svolgere tutti gli accertamenti e che mi sarà possibile vederla domattina, prima del funerale. Vorrei gridare, non possono impedirmi di stare con mia madre, ma sento le forze che mi abbandonano. In silenzio mi faccio accompagnare a casa da Kathy.

«Ti aiuto a sistemare e poi prendiamo qualcosa da mangiare», mi dice slacciandosi la cintura.

«Scusa, Kathy, ma ho bisogno di stare un po' da sola. Ci vediamo domani». Le do un bacio e scendo dall'auto prima che possa replicare.

Il profumo di casa mi avvolge, quell'odore inconfondibile che sa di lei, e mi chiedo come ho fatto a lasciare questo posto, come ho potuto anche solo pensare di andarmene. Vago per la casa notando qualche spostamento, qualche mobile in più; apro il suo armadio e immergo la faccia nei suoi vestiti stringendomeli addosso, immaginando di avere qui la mia mamma. Una valigia è appoggiata in un angolo della sua stanza: era quasi pronta per venire a Kratas, ormai mancavano pochi giorni. Avevo davvero bisogno di lei, e adesso l'ho persa per sempre.

Il suono del campanello mi fa sussultare: sarà ancora Kathy, o magari qualche vicino che in questo momento non ho proprio voglia di vedere. Mi avvicino allo spioncino per controllare e mi sembra di avere un'allucinazione. Mi gira la testa. Apro la porta, Riccardo dice qualcosa ma io sono in un altro mondo.

«Cosa?», lo interrompo stordita.

«Sono venuto appena ho saputo... Pensavo che avessi bisogno di stare con qualcuno».

Quella voce, che per mesi mi ha tormentata nel sonno, ora è qui davanti a me. In un attimo mi ritrovo tra le sue braccia e tutto ritorna a galla: il dolore, le lacrime, la sua mancanza, i suoi baci. Tutte quelle volte, appena arrivata a Kratas, in cui ho sperato di rivederlo. Mi sento mancare.

Mi stacco da lui e gli faccio strada verso il salotto; devo sedermi, non riesco a gestire la confusione nella testa. Lo guardo, ancora stordita, sedersi accanto a me su quel divano dove tante volte siamo stati abbracciati. Non è cambiato di una virgola: i capelli biondi che gli ricadono sulla fronte, quegli occhi verdi come i miei che mi scrutano, che mi ricordano quei momenti in cui mi guardava come se non esistesse nient'altro. Mi chiedo per un attimo se guardi anche la sua nuova fidanzata in quel modo, ma non ho la forza di affrontare anche questo, adesso. Per fortuna, quel pensiero viene interrotto dalla sua voce.

«Cosa posso fare? Voglio starti vicino», mi dice, visibilmente preoccupato.

«Io... non saprei neanche da dove iniziare. Non ho mai organizzato un funerale», rispondo accasciandomi sullo schienale. Mentre parlo non riesco a sostenere il suo sguardo, è davvero troppo per me.

Lui se ne accorge e mi prende una mano tra le sue. Poi mi abbraccia e mi sussurra all'orecchio: «Mi sei mancata. Sono felice che tu sia qui, anche se non lo sono affatto per le circostanze che ti ci hanno portata».

Non so cosa dire, la mia mente è annebbiata, il suo viso è troppo vicino al mio, quel viso tanto amato e tanto odiato allo stesso tempo. Credevo di essere riuscita a lasciarmi tutto alle spalle, ma averlo qui adesso fa crollare il muro che avevo eretto come fosse di pasta frolla. So che è sbagliato, ma adesso ho davvero bisogno di tutto questo.

Probabilmente intercetta i miei pensieri perché mi bacia all'improvviso, facendomi tornare indietro nel tempo. Le sue labbra mi vogliono, mi desiderano, le braccia mi stringono come per paura che io possa scappare e allora mi lascio andare a quel bacio, sentendomi di nuovo al sicuro. Alla fine ci stacchiamo e sembra che siano passate ore, o giorni, da quando le nostre labbra si sono ricongiunte. Crollo sul suo petto e quando finalmente il sonno giunge, le sue braccia mi stringono ancora.

✽✽✽

La luce dell'alba si fa strada tra gli spiragli degli infissi e mi sveglia. Apro gli occhi senza realizzare dove mi trovo e quando vedo Riccardo addormentato vicino a me tutto torna chiaro, fin troppo. Mi alzo cercando di non svegliarlo e vado alla finestra a osservare il sole salire nel cielo come se nulla fosse successo.

Tutto è normale nel mondo degli altri, allora perché non può esserlo anche nel mio? penso mentre sento due braccia che mi stringono da dietro e qualcuno che mi bacia le spalle. Chiudo gli occhi assaporando il contatto della pelle di Riccardo... è così calda.

«Andrà tutto bene, sarò accanto a te per tutto il tempo», mi sussurra stringendomi più forte.

Quando riesco ad allontanarmi dal suo tocco confortante, cerco il telefono in borsa per telefonare ad Alice, ma il disco che Adam mi ha regalato a Natale finisce non so come tra le mie mani. Apro la custodia e mi accorgo di un biglietto attaccato all'interno.

Per dimostrarti che sono sempre con te, anche quando non lo sai.

Adam.

Avevo aperto la custodia del cd per ascoltarlo qualche giorno prima che lui mi lasciasse, quindi deve aver nascosto il biglietto in quell'intervallo di tempo.

Un singhiozzo mi avverte che le lacrime stanno per tornare; proprio allora sento il respiro di Riccardo bloccarsi dietro di me e mi accorgo che anche lui ha letto le parole di Adam. Mi guarda ferito e sta per dirmi qualcosa, poi china la testa e tace.

«Non te ne faccio una colpa se sei andata avanti», riesce infine a mormorare. «Anch'io credevo di averlo fatto, ma quando ho saputo che eri tornata ho capito che stavo solo prendendo in giro me stesso».

«Tu mi hai costretta ad andare avanti. A ogni modo, stai per sposarti e io tornerò a Kratas dopo il funerale», gli rispondo, evitando il suo sguardo.

Fa per avvicinarsi, come se volesse dire qualcosa, ma il campanello ci fa tornare alla realtà: è Kathy, che alla vista di Riccardo con i capelli in disordine e la camicia sbottonata diventa di ghiaccio.

«Ho portato la colazione, ma non sapevo avessi visite».

Noto l'imbarazzo di Riccardo che, non appena mia cugina si dirige verso il tavolo, si riabbottona e si avvicina per darmi un bacio veloce. «Ci vediamo in chiesa», sussurra chiudendo la porta.

«Cosa ci faceva lui qui?», mi domanda appena rimaniamo da sole. «Non voglio impicciarmi, però non voglio vederti soffrire ancora per colpa sua».

Il dolore passato e quello presente fanno riemergere le lacrime, così chino la testa e assaggio il dolcetto portato da Kat.

«È venuto a vedere come stavo. Ricordo bene quello che mi ha fatto, avevo solo bisogno di un conforto».

Quelle parole mi riportano a Adam. Ricordo come tutte le preoccupazioni sparivano quando ero con lui. Finalmente non c'erano più pensieri negativi, ma solo la pace che mi trasmetteva stargli vicino. Il pensiero delle sue labbra fredde ma che non riuscivo a tenere lontane mi provoca un brivido. Poi, però, riemerge il momento in cui mi ha lasciata, il suo sguardo gelido e la sua voce tagliente che mi diceva di avermi usata, e lo scaccio via entrando in bagno. L'acqua bollente della doccia si confonde con le lacrime e, quando finalmente riesco a chiudere il rubinetto, la pelle delle mie mani è raggrinzita.

✽✽✽

Dopo aver tranquillizzato Alice e averle impedito di saltare sul primo aereo, sospiro e mi avvio insieme a Kathy verso la giornata più difficile della mia vita.

La bara di mogano è al centro della navata. Mi sento come in un brutto incubo, aspettando di svegliarmi da un momento all'altro. Credo che lo shock mi impedisca di realizzare quello che sta succedendo, perché in questo momento non sento assolutamente nulla.

La chiesa gremita di gente mi dà conferma di quanto mia madre fosse amata: tutte le panche sono occupate. Kathy è seduta alla mia sinistra, Riccardo sta alla mia destra e mi stringe la mano. I miei occhi sono asciutti mentre alcune persone si avvicinano per farmi le condoglianze; poi penso che l'unica persona che potrebbe farmi stare meglio non è più con me e le lacrime riprendono a scorrere.

Quando tutto finisce, un pensiero interrompe il mio dolore: la lettera. Chiedo a Riccardo di riportarmi a casa e, dopo averlo salutato con la promessa di vederci presto, scappo in camera da letto, stacco il cassetto dal comodino e afferro la chiave. Apro la cassaforte con mani tremanti.

Ciao piccolo amore,

ti sto scrivendo questa lettera dato che tu sei a scuola, per spiegarti quello che a voce non riuscirei mai a dirti. Ci vuole molta forza, perché se stai leggendo le mie parole significa che io non ci sono più. Sappi che sei stata amata dal primo momento in cui sei nata dentro me, dal primo giorno in cui ho saputo che non sarei mai più stata da sola perché ci saresti stata tu a dare una nuova gioia alle mie giornate. La vita ti metterà di fronte a tante difficoltà, ma dovrai tenere gli occhi bene aperti: il mondo non è il posto meraviglioso che tutti credono; per questo motivo voglio raccontarti quello che mi è successo.

Qualche anno fa in un locale incontrai un ragazzo, Leonard, e me ne innamorai perdutamente. Aveva un viso molto dolce, ma il suo corpo faceva accendere in me un allarme: la sua pelle era sempre fredda e di un bianco innaturale, e i suoi occhi a volte sembravano cambiare colore. Mi disse che portava delle lenti a contatto e decisi di credergli, mi ero innamorata ed ero molto ingenua all'epoca, mi fidavo delle persone e avevo fiducia nella vita che mi sorrideva... Un giorno mi accorsi che stava cambiando, sia fisicamente sia caratterialmente: aveva frequenti scatti d'ira ed era diventato sospettoso e guardingo, non si fidava più di nessuno, neanche di me. Quando gli comunicai di essere incinta di te, la sua collera arrivò al culmine, trasformando il suo volto. Allora la mia pazienza si esaurì e gli chiesi spiegazioni: disse di essere un vampiro. Mi sfuggì una risata isterica.

Ero incredula e gli chiesi se fosse per caso drogato o alcolizzato dato che ero certa che i vampiri non esistessero. Lui rispose che non stava mentendo, che anche lui lo sarebbe diventato e che aveva commesso un errore ad avvicinarsi a me perché tutti gli uomini della sua famiglia erano maledetti; perciò mi esortò a non tenere il bambino. Mi disse che esisteva una setta formata da cacciatori di vampiri che lo stava cercando per ucciderlo; erano rimasti in pochi ormai e i suoi simili si erano dati tutti alla fuga, ma alla fine erano stati uccisi. Naturalmente scappai via, le lacrime che rigavano il mio volto sembravano senza fine, niente riusciva a fermarle. Non puoi immaginare il mio sollievo quando dalla prima ecografia risultò che eri una femminuccia. Lui comunque sparì dalla mia vita, anche se qualche volta giurerei di averlo visto per strada mentre camminavo.

Poi, qualche giorno fa, ha bussato alla nostra porta un uomo di nome Robert. Diceva di essere un amico di Leo e che lui era morto. Quando aveva capito di essere alle strette aveva chiesto a lui di cercarmi e dirmi cos'era successo. Ero molto confusa, Leonard era morto? Mi stavo quasi abituando a non averlo più vicino ma saperlo morto, sapere che non lo avrei mai più rivisto, quello riaprì la ferita. Mi raccontò che erano stati i Cacciatori, un'antica setta, a ucciderlo insieme a tutti quelli come lui. Pensai allora che fosse tutto vero. Mi spiegò anche che dopo la trasformazione solo i più forti riescono a mantenere la loro coscienza, invece tutti gli altri vengono sopraffatti dall'oscurità che abita in tutti i vampiri. Leonard era riuscito a sconfiggere l'oscurità, ma non voleva mettermi in pericolo quando i Cacciatori hanno iniziato a seguirlo. Non sapeva altro, e così andò via.

Ho deciso che ti darò questa lettera prima di morire, o la lascerò in un posto che ti farò sapere. Fin quando ci sarò io a vegliare su di te, non serve che tu conosca la paura. Ora che lo sai, se dovessi mai entrare in contatto con uno di loro ‒ e voglia il cielo che non succeda mai ‒ scappa il più lontano possibile. Fai attenzione e vivi una lunga e felice vita.

Ti amo,

Mamma

Solo alla fine della lettera mi accorgo che le lacrime stanno sgorgando dai miei occhi e che hanno inzuppato i fogli. Un vortice di emozioni mi stordisce: un vampiro? Ma che storia è mai questa? Non riesco a immaginare mia madre credere ai vampiri. Tutto ciò sembra davvero assurdo. E poi per quale motivo, tra tutte le cose che poteva dirmi prima di morire, ha scelto proprio di parlarmi di quella lettera?

Qualcosa scatta nella mia mente ma, per quanto io continui a rimuginarci sopra, continua a sfuggirmi.

Vado in camera a posare la lettera in borsa e per la seconda volta oggi mi imbatto nell'oggetto che mi fa gelare il sangue: il cd di Adam. Allora capisco.

La freddezza della sua pelle, gli scatti d'ira, il non fidarsi di nessuno, e poi gli occhi... Mi rendo conto con orrore di aver pensato che i suoi occhi cambiassero colore per un momento. Sono tutti sintomi riscontrati da mia madre in mio padre.

Afferro il cellulare e compongo il numero di Adam. Non mi importa quello che è successo, devo parlargli. Il suo cellulare risulta staccato, allora chiamo Alice.

«Ciao, piccola, come stai?».

La voce rassicurante della mia amica mi fa pensare che forse la mia immaginazione sta correndo troppo. «Non bene, ma non è per questo che ti ho telefonato. Hai visto Adam in questi giorni?», le chiedo angosciata.

Alice indugia un momento e quell'esitazione sembra durare un'eternità. «In realtà no», mi risponde poi, evasiva.

«Alice, è successo qualcosa, non è vero?», quasi urlo.

«Okay, cerca di calmarti». Sospira. «Seb è venuto a casa due giorni dopo che Adam è stato qui. Ha trovato un biglietto che diceva di non cercarlo; aveva scoperto qualcosa sul suo passato e doveva nascondersi. Non ti ho detto nulla per non farti preoccupare. Inoltre, Seb pensava che sarebbe tornato, ma ormai è passato quasi un mese e di lui non ci sono notizie».

Il mio corpo è scosso da tremiti. Alice è ancora in linea, ma non la sto ascoltando e, dopo un veloce «Scusa, devo andare», riattacco. Devo tornare a Kratas immediatamente, anche se andrò contro l'ultimo avvertimento di mia madre: Adam potrebbe essere in pericolo. Prendo le mie cose e chiamo un taxi che mi conduca all'aeroporto. Quando apro la porta per uscire di casa, trovo Riccardo con il dito sul campanello. Mi osserva con la valigia in mano e il suo viso si oscura.

«Volevi andare via senza salutarmi?», mi chiede con un mezzo sorriso che non arriva a coinvolgere gli occhi.

«Scusa, ma devo andare. Devo fare una cosa importante».

«Forse potrei venire con te», mi dice guardandomi negli occhi. «Non avrei mai dovuto lasciarti».

Quelle parole: le ho aspettate per due anni, sperando di sentirle ogni giorno da quando mi sono trasferita a Kratas. Ma arrivano tardi e credo che lui lo sappia. Ciò che è successo tra noi da quando sono tornata è stato come l'ultimo barlume di una luce che era già spenta, ora lo so.

«Mi dispiace», rispondo. Poi gli poso un bacio leggero sulla guancia e salgo sul taxi.

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