Capitolo 6 - Loro
A chiunque trovasse queste pagine
Il mio nome è Richard Wellington, lord di Kratas. È l'anno 1760 e vi affido il compito di salvare mio nipote Alec. Lasciate che vi spieghi: una notte di tanti anni fa, la donna che amavo mi sorprese nell'atto di tradirla con una servetta. Le causai un'indicibile sofferenza, ma altrettanta ne causò lei a me quando mi rivelò di essere una strega. Elizabeth maledisse me e tutta la mia stirpe.
«Tu e tutti i tuoi consanguinei maschi sarete dannati, vagherete sulla Terra per l'eternità e non avrete mai pace, vivrete di notte portando morte e distruzione nel mondo. L'unica cosa che vi terrà in vita sarà il sangue, unito allarabbia che vi spingerà a trasformare altri in esseri dannati come voi. La tua stirpe sarà maledetta per sempre».
Non chiusi occhio per tutta la notte, e il giorno dopo scoprii che il mio corpo stava cambiando: i miei occhi talvolta cambiavano colore, mandando scintille rosse, e quando mi tagliai radendomi, il sangue che uscì dal mio corpo era nero come la notte. Per settimane lottai contro l'oscurità che tentava di sopraffarmi, rinchiuso nelle segrete del mio castello, ma finalmente quella tortura finì: l'avevo sconfitta. I miei occhi da color del ghiaccio diventarono neri e mi accorsi che la luce del sole feriva la mia pelle, così strane voci iniziarono a correre nel castello. Qualche giorno dopo venne a trovarmi Silvie, la moglie di mio fratello Thomas. Portava in braccio un infante e stava scappando da suo marito. Mi raccontò di aver notato un comportamento strano in lui, era diventato aggressivo e si rifiutava di uscire di casa. Solo durante la notte spariva, per rientrare alle prime luci dell'alba, sempre ricoperto di sangue. Mio fratello non era riuscito a sconfiggere la maledizione come avevo fatto io, e aveva perso la coscienza. Rassicurai Silvie, la quale mi pregò di ospitare lei e Alec, il loro bambino, fin quando il marito non si fosse ripreso. Decisi di andare a parlare con Thomas e arrivai appena in tempo: era il crepuscolo e stava per uscire di casa. Lo tirai dentro e cercai di parlargli, ma non sembrava in grado di riconoscermi: i suoi occhi neri come i miei correvano veloci e l'unica parola che riusciva a biascicare era: «Sangue». Non trovai la forza di ucciderlo e di ciò mi pento ogni giorno della mia esistenza. Me ne andai e tornai al castello, cercando di trovare le parole per comunicare a Silvie che suo marito, così come era solita conoscerlo, non esisteva più. Le raccontai della maledizione e lei fu sconvolta da quella notizia, ma per il bene del bambino decise di rimanere insieme a me per cercare di proteggerlo.
Ho affermato che mi pento della decisione di non aver ucciso Thomas: il mio mancato coraggio ebbe infatti delle conseguenze. Dopo alcuni anni venni a conoscenza del fatto che altri individui come noi stavano distruggendo le città vicine, così iniziai a seguire quello che un tempo era mio fratello. Una notte vidi con i miei occhi come la maledizione, quell'oscurità distruttiva, poteva essere trasmessa ad altri con il sangue. Il rito consisteva nel far bere del sangue infetto alla persona prescelta e poi portarla alla morte. Il sangue che scorreva nelle nostre vene doveva essere molto forte, perché la persona si rialzava da terra animata da nuova vita; anche gli occhi della nuova creatura diventavano neri come i nostri e in poco tempo andava alla ricerca di qualcuno da dilaniare e prosciugare. Alcuni cittadini terrorizzati dai Succhiatori di sangue, così ci chiamavano, si riunirono e fondarono la setta dei Cacciatori, per sterminarci.
Intanto Alec cresceva sano e forte e non dava segni di squilibrio, perciò mi illusi che almeno per lui la salvezza fosse possibile. Quanto a me, il possesso della mia coscienza e la complicità della mia corte, che diffuse la storia che i miei occhi erano gravemente malati e non sopportavano la luce del sole, mi tennero lontano dai Cacciatori. Poco prima di compiere venticinque anni, Alec si innamorò di una ragazza. Fu allora che per me e sua madre iniziarono le preoccupazioni. Si era invaghito di lei e non prestava ascolto all'ordine di tenerla lontana che gli avevamo impartito. Fuggiva di nascosto e spariva per alcuni periodi, fin quando portò a casa la ragazza con un neonato. Ne era molto orgoglioso e disse di averlo chiamato Thomas in memoria di suo padre. Io e Silvie eravamo terrorizzati pensando a cosa sarebbe potuto diventare quel bambino, così fummo costretti a svelare tutto ad Alec, obbligandolo a fare uccidere il piccolo. Davanti a suo figlio e alla sua donna ci accusò di essere delle creature infernali che non riuscivano a essere felici per lui e tentò di aggredirmi. Quando si avvicinò a me notai che i suoi occhi color ghiaccio, tratto distintivo della nostra famiglia, avevano assunto una leggera sfumatura di rosso, e la sua voce era come posseduta da un demonio. A quella vista, la donna scappò con il piccolo e vani furono i tentativi di fermarla o ritrovarla. Rinchiusi Alec in un sotterraneo al quale solo io e Silvie avevamo accesso e fu in quelle stanze che avvenne la trasformazione. La sua sorte fu uguale a quella di suo padre. Perse la coscienza uccidendo la sua stessa madre.
«Edgar, abbiamo un problema».
Sbuffo e lancio un'occhiata torva a Chase, che ha fatto irruzione nel mio studio interrompendo la mia lettura. «Cosa c'è di così urgente? Avevo chiesto di non essere disturbato».
«Mi dispiace, capo, ma abbiamo davvero un problema per il quale ci serve il tuo aiuto».
Mi alzo scocciato dalla scrivania e mi volto verso la finestra. È una giornata nebbiosa, qui a Grasmere, e in questo periodo l'ultima cosa di cui ho bisogno sono i problemi. «Sentiamo, che succede?»
«La strega non riesce a liberare l'amuleto. Sostiene che è imprigionato dalla magia insieme al corpo del vampiro, perciò è impossibile impossessarsi dell'oggetto senza risvegliare anche lui».
«Cosa ne pensa Neil?»
«È certo che la strega stia dicendo la verità».
Mio figlio è la persona di cui mi fido più di chiunque altro; è dotato inoltre di uno strano gusto per la tortura, per cui sono sicuro che abbia fatto il possibile per assicurarsi che la strega non mentisse.
«Bene, lasciamola riposare per questa notte. Sto rileggendo il diario per capire se ci è sfuggito qualcosa, qualche indizio che ci aiuti a capire cosa fare».
«Vado ad avvertire Neil di interrompere le sue, ehm, domande e lasciar riposare la strega. A domani, Edgar».
Dovrò fare due chiacchiere con il ragazzo appena possibile, rifletto riprendendo la lettura.
Per anni sono andato alla ricerca di una cura a questa maledizione, e ho visto il Regno di Gran Bretagna popolarsi sempre più di Succhiatori di sangue e Cacciatori, mentre mio nipote giaceva nei sotterranei del castello, spaventandomi con le sue grida e il suo dolore quando diligentemente gli portavo il sangue di cui aveva bisogno per sopravvivere. Finché un giorno, finalmente, riuscii a rintracciare quella che un tempo era stata la mia compagna, la strega che aveva scagliato la maledizione. Elizabeth era molto invecchiata, contrariamente a me, costretto ormai a usare degli stratagemmi per ingannare la corte quelle poche volte che dovevo mostrarmi in pubblico. Quando mi vide, un sorriso increspò le sue labbra.
«Sapevo che mi stavi cercando e poiché la tua volontà è forte», disse riferendosi alla mia battaglia per superare la trasformazione, «ho deciso di esaudire il tuo desiderio».
Le chiesi perdono per averla tradita e le giurai che dopo di lei nessuna donna era riuscita a entrare nel mio cuore o nella mia alcova. Tuttavia capivo il dolore che aveva provato quella notte e la pregai in ginocchio di salvare almeno Alec, che era innocente. Non so se fu la vecchiaia o il fatto che provasse ancora dei sentimenti per me, fatto sta che il suo cuore ebbe un moto di compassione. «Mettilo al collo di tuo nipote», mi disse porgendomi un amuleto. «Questo gli ridarà la coscienza, aumentando al contempo i poteri. All'interno è custodito un segreto, ma dovrai trovare da solo il modo per svelarlo. In memoria del tempo passato insieme ti darò un ultimo consiglio: i Cacciatori sono sulle tue tracce. Prendi tuo nipote e scappa, se vuoi salvarlo». Dopo averla ringraziata, mi misi subito in viaggio. Appena arrivato al castello, consegnai l'amuleto ad Alec e lo osservai tornare il ragazzo di un tempo, persino i suoi occhi riacquistarono quel color ghiaccio che mai avrei pensato di rivedere. Pianse molto quando gli raccontai di come aveva ucciso sua madre, ma gli dissi che non avevamo tempo per pensare al passato: ci stavano cercando. Essendo già l'alba, lo lasciai nei sotterranei con la promessa di tornare a riprenderlo al crepuscolo per scappare. Fu l'ultima volta che vidi mio nipote vivo.
Corsi a preparare le mie cose e a riposare, ma un trambusto improvviso mi destò dal sonno intorno alla metà della mattina. Qualcuno aveva dato fuoco all'ala est del castello e tutta la servitù fuggiva impaurita. Il mio primo pensiero fu per Alec: dovevo farlo scappare da quella prigione. Purtroppo, però, la luce del sole mi impedì di muovermi. Attesi fremendo il tramonto per potermi dirigere nei sotterranei, dove trovai un'amara sorpresa: lui era sparito. Non poteva essere, pensavo, non adesso che avevo trovato un rimedio. Mi precipitai nel cortile, dove incontrai uno stalliere. Lo afferrai per le spalle e gli chiesi cosa fosse successo.
«Sono venuti a prendere il mostro, signore. Lo hanno portato via e se ne sono andati dopo aver appiccato il fuoco».
Alec, ti troverò, giurai a me stesso scappando.
«Fine della storia. Che fregatura», rifletto ad alta voce.
Che senso ha scrivere un diario chiedendo di salvare suo nipote se poi non spiega come farlo? mi chiedo frustrato.
Quando cinquant'anni fa mio padre, che dio lo abbia in gloria, era riuscito a trovare quella tomba senza nome in una cripta nella chiesa di una cittadina a est, nei pressi di Norwich, tutti eravamo titubanti. Fino a qualche settimana fa, quando un nostro sottoposto ci ha informato che uno strano taccuino di pelle dall'aria antica era stato ritrovato a seguito della ristrutturazione della chiesa. Avevo esultato leggendo l'incipit di quello che si era rivelato essere un diario, ma il mio entusiasmo è appena scemato davanti alla mancanza di informazioni.
«Dannazione!», impreco chiudendolo con forza.
Ma finalmente la fortuna sembra tornare a sorridermi: i miei occhi si posano su una strana piega laterale e mi accorgo che la copertina posteriore sembra essere stata aperta e poi ricucita. Prendo il coltellino svizzero che porto sempre in tasca e lentamente apro quella fessura. Il mio cuore perde un colpo quando vedo un foglietto ripiegato, nascosto con cura in quella tasca. Lo sfilo e inizio a leggere.
Il mio tempo su questa terra è quasi finito, sento il fiato dei Cacciatori sul collo. Ne ho uccisi tanti e alla fine ho trovato l'anello debole, colui che mi ha rivelato ciò che ne hanno fatto di Alec: non sono riusciti a ucciderlo, perciò una strega ha immobilizzato il suo corpo con un incantesimo, impedendogli di muoversi, e lo hanno sepolto vivo. Credo di essere vicino al suo corpo, ma sono certo che il destino non mi darà la possibilità di salvarlo. Lascerò questo diario in un posto sicuro, sperando che qualcuno che non sia un Cacciatore un giorno trovi Alec e lo risvegli. Se i Cacciatori continueranno a ucciderci, presto la razza dei Succhiatori di sangue sarà estinta e tutti i miei sforzi saranno stati vani, ma io rivelerò su queste pagine il mio segreto: solo il sangue di un nostro consanguineo potrà risvegliare mio nipote.
Post Scriptum: Alec, se mai leggerai queste mie parole, perdonami per non averti saputo proteggere.
Questo cambia tutto, penso esultando e fiondandomi al telefono. «Neil, ho bisogno di parlarti. Adesso».
«Veramente stavo andando via, papà».
«Ti aspetto nel mio studio», gli intimo, e riattacco.
Dieci minuti dopo, Neil ed io siamo seduti davanti a una bottiglia di scotch; lo aggiorno su quanto ho scoperto leggendo la parte nascosta del diario.
«La ricerca del ragazzo deve concludersi subito», spiego a mio figlio. «Trovarlo è diventato vitale: dobbiamo fare in modo che non gli capiti nulla».
Mi osserva pensieroso, come se volesse dirmi qualcosa, ma non avesse ancora capito come esprimersi. «Cosa ti fa pensare che lo troveremo adesso? Potrebbe essere ovunque, sono anni che gli diamo la caccia».
«Dobbiamo trovarlo, non abbiamo scelta. È l'ultimo della sua specie e se gli dovesse accadere qualcosa potremo dire addio all'amuleto e a ciò che porta con sé. Ancora non riesco a capire come abbia fatto a fuggire dall'orfanotrofio».
Questa situazione non mi piace. Sono abituato ad avere tutto sotto controllo, e adesso che sono a un passo dalla vittoria sono costretto ad aspettare. Ormai noi Cacciatori non abbiamo più ragione di esistere, avendo quasi portato a termine il nostro compito, ma quest'ultima sfida è troppo importante.
«Informerò le altre famiglie dei nuovi sviluppi, così da intensificare le ricerche. Adesso, se non hai obiezioni, andrei a dormire... Torturare quella strega mi ha distrutto». Fa per alzarsi, ma lo trattengo.
«A proposito della strega. Sai che io non ho nessuna obiezione per quello che fai, ma cerca di non vantartene in giro».
«Cosa vuoi dire?»
«Tua madre è preoccupata per il tuo comportamento e ormai tutti nel nostro ambiente sono a conoscenza del tuo lato violento. Facciamo parte di un'antica casata e custodiamo molti segreti, quindi cerca di non farci scoprire».
«È tutto?»
«È tutto».
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