Capitolo 4 - Lui

Non riesco a crederci: l'ho baciata.

Per tutta la notte non ho fatto altro che rivivere quel bacio, ma nelle mie fantasie lei non scappava via, restava con me. È stata una decisione avventata, lo ammetto, ma non mi aspettavo che se ne andasse. Quando l'ho guardata negli occhi mi sembrava di aver letto lo stesso desiderio che sentivo io. Persino quando Eddie ci ha interrotti, mi è sembrata delusa. E invece mi sono immaginato tutto. Questo è quello che merito per essermi illuso come un bambino. Chi voglio prendere in giro? Rimarrò solo per sempre. Questo mi è sempre stato bene, ma con lei speravo che le cose potessero andare diversamente. Aggiustarsi, persino.

Seb entra nella mia stanza ma non fa casino come sempre: ieri sera ha capito che non ero dell'umore adatto.

«Vuoi dirmi che succede? È la prima volta che ti vedo così e francamente mi sto preoccupando».

«Ieri sera ho baciato Kris», rotola fuori dalla mia bocca senza che io me ne renda conto.

«Tu cosa?! Ma è meraviglioso! Allora perché hai quel muso lungo da quando siamo andati via dal Queen?» Si siede sul mio letto costringendomi a fargli spazio.

«È scappata via prima che potessi dire qualunque cosa. Non so perché, ma ci sono rimasto piuttosto male. Voglio dire, non baciavo una ragazza da un po' di tempo ormai, ma non credo di aver fatto così schifo». Sospiro.

«In effetti di solito le ragazze scappano via da me, non da te. È molto strano. Perché non vai a parlarle?»

«Non so, non credo voglia vedermi... e poi non saprei cosa dirle».

«Non ci credo, hai paura di lei!». Sorride sornione. «Be', io vado al conservatorio. Dai retta a me e parlale».

«Vaffanculo, Seb». Gli lancio un cuscino addosso mentre lo guardo uscire. Forse però ha ragione: ho paura di Kris. Potrebbe prendere le distanze da me definitivamente e l'idea di starle lontano non mi piace.

Vago per casa riflettendo sul fatto che non so proprio come comportarmi, non ho mai avuto questi problemi: di solito frequento una ragazza chiarendo dal principio che non voglio una relazione seria, e dopo essere andati a letto ognuno va per la sua strada. Non ho mai voluto storie impegnative o durature perché so che prima o poi tutti mi abbandoneranno, in un modo o nell'altro.

Ma stavolta è diverso. Mi ero illuso che Kris avrebbe potuto "aggiustarmi", rendermi come tutti gli altri. Evidentemente, avere una vita normale non è nel mio destino.

Il suono del campanello interrompe i miei pensieri. Quando apro la porta, trovo un biglietto sullo zerbino. Lo guardo perplesso, c'è scritto solo il mio nome all'esterno, e leggendolo la mia perplessità aumenta sempre più.

Adam, non ci conosciamo ancora e per il momento non posso svelarti chi sono. Ti basti sapere che ero amico di tuo padre e che voglio aiutarti, ma non voglio metterti in pericolo. Loro ti stanno cercando. Non abbiamo molto tempo, hai quasi venticinque anni e la tua vita sta per cambiare per sempre. Meriti di sapere il motivo, prima che tutto inizi. Spero di riuscirci in tempo. So che adesso non capisci le mie parole, ma se i sintomi dovessero manifestarsi, vai al bar vicino al liceo e di' il tuo nome al barista; lui ti darà tutte le istruzioni. Ti prego, fallo solo se inizi a sentirti strano. A presto.

Che cosa sta succedendo?

Chi è questo tizio, adesso?

Forse quando mi sentivo osservato o seguito per strada non era solo la mia immaginazione. Un amico di mio padre... Non capisco e la cosa mi preoccupa sul serio. Spero sia uno scherzo di qualche idiota, ma il presentimento che qualcosa di oscuro stia per accadere mi perseguita per tutta la giornata.

✽✽✽

Sono le due e non ho sonno. Sono seduto in camera davanti al pc e provo a scrivere qualcosa, ma le parole di quello strano biglietto mi ronzano in testa e mi impediscono di rilassarmi. Mi serve un po' d'aria. Con passo felpato per non svegliare Seb, attraverso la cucina ed esco.

Leggere gocce di pioggia mi bagnano il viso, ma queste non bastano a farmi desistere: mi piace camminare sotto la pioggia, la gente è al caldo dentro la propria casa e io sto qui al freddo, dove appartengo. A quest'ora della notte la città è ferma e mi godo il silenzio, cercando di zittire i miei pensieri. La pioggia inizia a essere più insistente e, dopo aver vagato per un po' senza meta, mi ritrovo davanti casa di Kris.

È una villetta in stile vittoriano, circondata da un bel portico. Le luci esterne sono tutte spente e le auto sono parcheggiate nel vialetto accanto all'entrata. Mi avvicino al lato sinistro della casa e la vedo attraverso una finestra: neanche lei riesce a dormire, proprio come me; è distesa davanti a un libro con una piccola luce a illuminarla, non riesco a distinguere il titolo ma spero sia quello che le ho regalato. Mi allontano per non farla spaventare, ma vorrei davvero parlarle. Basta, adesso le scrivo un messaggio: se mi manda a fare in culo me ne torno a casa.

Digito con mani tremanti.

Adam: Dormi?

L'attesa è snervante, vorrei spiarla per vedere la sua espressione nel leggere il mio nome sul display, ma mi trattengo. Il mio telefono squilla dopo pochi secondi.

Kris: Ehi, no, sono sveglia. Sto leggendo. Tu che fai?

Adam: Ho fatto una passeggiata sotto la pioggia perché non riuscivo a dormire.

Kris: Sei pazzo! Dove sei?

Adam: In realtà sono vicino casa tua, ti ho scritto per questo. Non voglio disturbarti ma vorrei parlarti di una cosa.

Passa un minuto e ancora nessuna risposta. Sono un coglione, ho forzato la mano.

Kris: Vieni, non vorrei ti venisse l'influenza e poi incolpassi me :-P Dimmi quando sei qui.

Cazzo, non me lo aspettavo. Faccio passare due minuti per non sembrare uno stalker, poi le dico che sono davanti alla sua porta. Non so ancora cosa le dirò, ma spero che vederla mi faccia sentire meglio almeno per un attimo. Seb aveva ragione, come sempre: sono terrorizzato all'idea di parlarle. Ma ho bisogno di vederla, anche se a un certo punto dovesse mandarmi via. Mi tormento le mani e sono quasi tentato di scappare. Ma poi apre la porta e mi lascia entrare con un sorriso timido. Indossa un pigiama intero a forma di mucca, con tanto di coda e cappuccio con la testa, e mentre la seguo mi sfugge una risata. La paura di prima è scomparsa come per magia.

«Non osare prendermi in giro, era l'unico pigiama pulito che avevo. Con questa pioggia fare la lavatrice è impossibile», dice imbronciata facendomi entrare nella sua camera.

«Sto zitto, promesso», le rispondo sfoderando il mio sguardo angelico.

«Ma sei bagnato fradicio! Ti prendo qualcosa di caldo, aspetta».

«Lo avevo detto che avrei avuto bisogno di te alle due di notte».

Tira fuori dall'armadio un asciugamano per tamponare i capelli grondanti e mi porge una felpa enorme. È una taglia XL e, al mio sguardo interrogativo, si giustifica con un timido: «A casa mi piace stare comoda».

«Grazie. Non volevo disturbarti a quest'ora». Mi sfilo la maglietta zuppa d'acqua e la vedo arrossire.

«Figurati, non stavo dormendo, te l'ho detto». Distoglie lo sguardo, si accorge che anche i miei jeans sono zuppi e mi allunga un pantalone di una tuta. «Vado a prendere qualcosa da bere, tu intanto cambiati», farfuglia uscendo dalla stanza.

La sua timidezza dovrebbe quantomeno spiazzarmi, invece mi fa sorridere. Mi domando che fine abbia fatto la mia, di timidezza: mi trovo a casa di una ragazza nel bel mezzo della notte e sento che finalmente i miei pensieri su quel biglietto mi stanno dando un po' di tregua.

Mi siedo e mi guardo intorno: due pareti sono occupate dai libri invece sopra la testata del letto sono appese delle foto, la maggior parte delle quali ritraggono Kris in compagnia di Alice. Un enorme peluche è appoggiato sulla sedia davanti a una piccola scrivania. Sul comodino c'è il libro che le ho regalato, con un segnalibro all'interno.

Kris torna con in mano due birre, si siede vicino a me e stappa le bottiglie. Alcune ciocche rosse e ribelli le cadono sugli occhi e devo tenere a bada la mia mano, che vorrebbe spostargliele dietro le orecchie per sfiorarle il viso. Non riesco a capire cosa ci sia in lei che mi fa avere questi pensieri.

«Allora, di cosa volevi parlarmi?», mi chiede bevendo un sorso.

Mi schiarisco la voce e la mente, allontanando il pensiero di prenderle una mano, e le porgo il biglietto. «Stamattina ho trovato questo davanti alla porta. Non so che significa, ma mi ha parecchio turbato».

I suoi occhi corrono da un'estremità all'altra del foglio e l'espressione si fa sempre più aggrottata. Alza lo sguardo e i suoi occhi verdi sembrano preoccupati. «Non capisco, di che sintomi parla? E cosa succederà quando compirai venticinque anni?»

«Non ne ho idea». Sospiro. «Vorrei andare nel bar che mi ha indicato. Se non succederà nulla, come spero, lascerò perdere».

«Sono sicura che è solo uno stupido scherzo. In ogni caso cerca di fare attenzione: non vorrei che qualcuno possa approfittarsi di te o farti del male».

«Non era mia intenzione farti preoccupare; avevo solo bisogno di sentire un altro parere. Grazie, mi sento meglio adesso, mi sono tenuto questo peso addosso per tutto il giorno».

Sorseggiamo per un po' la birra in silenzio, ed è lei a spezzarlo all'improvviso. «Scusami per ieri sera, sono corsa via in quel modo... non dovevo. È che quel bacio mi ha spiazzata». Il suo viso è paonazzo e cerca di sorridere impacciata.

«Sono io che devo chiederti scusa... non avrei dovuto. Averti vicina in quel modo mi ha annebbiato la mente. In realtà spero che tu non sia scappata perché il mio bacio faceva schifo, ma se dovesse essere così, ti chiedo di nuovo scusa», provo a sdrammatizzare.

«Non per accrescere il tuo ego, ma il bacio è stato molto bello. Erano due anni che non mi avvicinavo così a qualcuno e... mi sono impaurita». Si passa una mano tra i capelli e la sua espressione si fa tormentata. «Cazzo, sei la prima persona che riesce a farmi sentire di nuovo qualcosa, anche se non capisco bene cosa, quando credevo di non volermi aprire a nessun altro. E non so se sono pronta a questo».

I suoi occhi sono velati da una tristezza che mi fa venire voglia di trovare l'individuo che l'ha ridotta così e prenderlo a pugni.

«Credo sia giunto il momento in cui anche tu mi racconti la tua storia triste, signorina», le dico con un sorriso.

Annuisce pensierosa e si mette più comoda: incrocia le gambe sul letto e, dopo un sospiro, inizia a raccontare. «La mia storia triste è niente paragonata alla tua, ovviamente, in quanto è originata da amore e delusione. Sono cresciuta con mia madre, mio padre è scappato prima che nascessi. Vivevamo a Firenze. I miei nonni erano di Kratas, ma poi decisero di voler vivere in Italia: si trasferirono, portando con sé mia madre e mia zia, e aprirono un'azienda vinicola. La mia vita scorreva normalmente e durante gli ultimi anni di scuola incontrai Riccardo, un ragazzo poco più grande di me che frequentava la mia compagnia di amici. L'intesa fu grande dal primo momento e io, che sognavo il grande amore, decisi di mettermi con lui». Si interrompe un momento, come per scacciare un brutto ricordo.

«Se non te la senti di continuare va bene, non preoccuparti. Mi rendo conto che rivangare il passato non è una cosa semplice», la rassicuro.

«È tutto okay, fa ancora male parlarne ma dopo starò meglio, proprio come è successo a te», risponde con un sorriso. «Sarà stata la mia mancata esperienza in fatto di storie d'amore, ma gli ho dato tutta me stessa. All'epoca non mi rendevo conto che mi teneva in pugno con il suo carattere forte, e tutto quello che desideravo era renderlo felice. Un giorno, di punto in bianco, sparì dalla circolazione, non rispondeva alle mie chiamate e non si faceva trovare in giro. Quando finalmente riuscii a rintracciarlo, confessò che voleva chiudere la nostra storia perché non era più innamorato di me e che non aveva avuto il coraggio di dirmelo. Mi crollò il mondo addosso: per mesi mi chiusi dentro casa senza vedere nessuno, non dormivo e non mangiavo, mi ero ridotta a essere un fantasma. Finché trovai un annuncio su internet, "Cercasi commessa in libreria, orario full time", e decisi di venire qui a Kratas, mollando tutto da un giorno all'altro per provare a vivere nella terra d'origine della mia famiglia. Conosci il resto della storia».

«Merda... devi aver sofferto proprio tanto. È per questo che non ho mai voluto avvicinarmi a nessuno. La paura di un dolore così grande, oltre a quello legato alla mia famiglia, mi ha sempre spaventato».

«Eppure eccoti qui, nella mia stanza», ghigna.

«Che dire, mi hai stregato!», le dico con ironia. «Be', ora ti lascio riposare, torno a casa». Mi alzo dal letto, ma lei mi ferma toccandomi il braccio. Fisso la sua mano sulla pelle e accolgo il brivido piacevole che mi provoca.

«La pioggia è aumentata, non puoi tornare a piedi. E poi ormai siamo svegli, magari potresti restare fin quando non smetterà di piovere. Se ti va, è ovvio».

Passare del tempo da solo con lei? L'idea mi intimorisce un po' ma d'altra parte, dopo questa chiacchierata, farà bene a entrambi non stare da soli.

«Se proprio insisti...», dico altezzoso, e lei mi guarda sorridendo, con un sopracciglio alzato.

«Scegli un film, io prendo le birre».

«Altro alcol? Non vorrai approfittarti di me, vero?».

Mi tira un pugno ridendo e si alza. «Se svegliamo Alice ci uccide, sappilo!».

Mi chiudo la bocca con una cerniera immaginaria e mi alzo per cercare un film tra la pila di dvd sulla scrivania. Spostando un raccoglitore accanto alla tv mi trovo davanti una polaroid: è quella che ci hanno scattato ieri sera al suo compleanno... dio, com'è bella. Kris rientra in camera e si accorge della foto tra le mie mani.

«Scusa, l'ho vista spostando i dischi, non ho frugato tra la tua roba».

«Ma no, tranquillo. Me l'ha portata Alice stamattina, il ragazzo che ce l'ha scattata si era dimenticato di darmela».

«È molto bella».

«Lo penso anche io». Sembra che qualcosa in lei sia cambiato, ma non saprei dire cosa. «Allora, hai scelto il film?». Sistema un cuscino accanto al suo e si mette sotto le coperte.

«S-sì. Pensavo a Orgoglio e pregiudizio, tanto per non andare fuori tema», rispondo.

Il pensiero di stendermi accanto a lei mi mette a disagio. Mi torna in mente il bacio di ieri sera e ho paura di non riuscire a trattenermi dal rifarlo. È così seducente con i capelli sciolti e il suo calore mi attira come fa la luce con le falene. E poi non sono mai stato in un letto con una ragazza senza nemmeno sfiorarla. E se invece dovessi addormentarmi e russare? O se le sbavassi sul cuscino?

Cazzo, Adam, basta con questi pensieri.

Mi avvicino e mi metto sotto le coperte accanto a lei.

«Scommetto che sei innamorata di Mr Darcy», la prendo in giro.

Come risposta, mi fa una pernacchia e finisce la birra. Dopo un po' mi accorgo che si è addormentata e posso finalmente guardarla senza mettere entrambi in imbarazzo. Le sposto i capelli dal viso e le rimbocco per bene la coperta: la sua espressione pare rilassata, distesa, senza alcun tipo di preoccupazione. Mi addormento così, guardandola e sentendo il cuore martellarmi nel petto per la prima volta.

Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top