Capitolo 20 - Lui

I tried to be perfect, but nothing was worth it

Sum41

Ci ho provato. Ce l'ho davvero messa tutta per starle lontano e non rovinarle più la vita, ma non ce l'ho fatta. Durante il viaggio in moto verso una meta indefinita, l'unica immagine che avevo davanti era il suo viso. E la notte era peggio, perché la sua voce popolava i miei sogni.

Seb mi ha avvertito che sarebbe tornata a casa, e non appena ho letto il messaggio ho fatto inversione. Ho bisogno di vederla. So che ci sarà anche il suo ex, perciò ho scelto di venire durante la notte.

Spengo il motore e parcheggio accanto all'auto di Seb. Subito la porta si apre e mio fratello mi corre incontro, per poi saltarmi addosso. «Lo sapevo!», esclama felice.

«Cos'è che sapevi?»

«Che saresti tornato, me lo sentivo! Non riuscivo a dormire, così ho lasciato la porta aperta; Alice mi ha preso per pazzo, ma invece avevo pienamente ragione!».

Cerco di frenare il suo entusiasmo, ma quando parte in quarta nessuno riesce a fermarlo. «Voglio solo assicurarmi che stia bene», gli spiego. «Non voglio che mi veda nessuno, neanche lei».

Il suo viso si rabbuia. «La prenderà malissimo quando saprà che non hai voluto svegliarla».

«Non deve saperlo, ti prego, Seb. Lui è ancora qui?»

«Sì», afferma spazientito. «Ma è andato a dormire a casa nostra insieme a Kathy; sembra che Kris non abbia voluto farlo rimanere».

Chiudo gli occhi per un istante, sollevato dalle sue parole. Non so se avrei sopportato di vederla di nuovo tra le sue braccia. Mi domando come mai non lo abbia fatto restare. Forse potrei... No, non devo cambiare idea. Mi assicurerò che stia bene e poi andrò via, come avevo deciso. «Voglio solo darle un'occhiata».

«Alice mi ucciderà domani, ma d'accordo, entra». Seb mi dà una pacca sulla spalla e torna dalla sua ragazza.

Mi muovo in questo corridoio così familiare cercando di non fare rumore. La sua stanza è avvolta nel buio, solo qualche striscia di luce proveniente dai lampioni in strada penetra attraverso le imposte della finestra. Riesco a malapena a distinguerla tra le coperte e l'enorme peluche al quale dorme abbracciata. Tutti i miei piani di darle un'occhiata e andare via vanno in fumo.

Mi appoggio allo stipite della porta e inizio a singhiozzare, grato di vederla respirare da sola. Mi tappo la bocca con la mano, ma lei si sveglia.

«Alice, sei tu?», mormora accendendo la luce.

Vorrei scappare via ma le mie gambe sono paralizzate e non riesco a fermare i singhiozzi. Con la coda dell'occhio la vedo pizzicarsi il braccio, incredula, e spostare le coperte.

«Non... non volevo svegliarti», dico tra i singhiozzi. «Volevo solo assicurarmi che stessi bene».

Si avvicina lentamente e non appena mi sfiora il viso sento il mio corpo tremare. Il contatto con la sua pelle è così confortevole... non voglio mai più privarmene. Come ho potuto starle lontano? Mi aggrappo a lei e la stringo, e lei appoggia la testa sulla mia spalla.

«So che mi odi per quello che ti ho fatto», sussurro quando riesco a calmarmi, «ma non riuscivo più a stare lontano da te».

«Odiarti?», mi chiede stupita. «Come potrei mai odiarti?».

Passo il dito sulla cicatrice sul suo collo, segno indelebile che è stato tutto reale. «Io continuo a vederti in quel letto di ospedale, quando non eravamo sicuri che ce l'avresti fatta, e non posso smettere di odiarmi».

Mi prende la testa tra le mani e punta quegli occhi verdi, quegli occhi che ho continuato a sognare tutte le notti, dritti nei miei.

«Non-è-stata-colpa-tua», scandisce. «L'unica colpa che hai è quella di essere andato via, ma adesso sei qui, è questo che conta».

Appoggio la fronte alla sua e mi sento di nuovo a casa. La sento respirare a fatica e la sollevo per rimetterla a letto. Forse pensa che stia per andarmene, perché mi afferra il braccio.

«Non vado da nessuna parte», la tranquillizzo, «non più».

Mi fa posto e mi sdraio accanto a lei, passandole un braccio dietro la testa per attirarla più vicino a me. Il ricordo di come sia stato traumatico il risveglio le poche volte che abbiamo dormito insieme cerca di farsi strada nella mia mente, ma lo scaccio via.

«Come ti senti?», le chiedo preoccupato.

«Sto bene, non sono mai stata meglio», mi risponde. Ma c'è qualcosa che non va, la conosco fin troppo bene.

«Cosa c'è?».

Stringe le spalle e nasconde il viso nell'incavo del mio collo. Dio, come mi è mancata la sensazione del suo respiro sulla mia pelle. «Ho avuto paura di non rivederti mai più», sussurra.

«Erano questi i miei piani», le confesso. «Sparire dalla tua vita e non farti più soffrire. Ma dovevo accertarmi che stessi bene, prima di andarmene per sempre».

«Non farlo».

«Ho cambiato idea non appena ti ho vista», le dico accarezzandole i capelli. «Non posso separarmi da te».

Mi stringe più forte e sembra che si stia addormentando, quando ricomincia a parlare. «Mi dispiace per quello che hai visto durante la trasformazione».

Dannato Seb e la sua boccaccia, penso socchiudendo gli occhi.

«Non ti sei mai pentita di non essere rimasta lì con lui?», le chiedo, temendo la risposta.

«Nemmeno per un attimo. Lui c'era in un momento in cui avevo bisogno di avere qualcuno accanto, ma non c'è stato nulla tra di noi a parte un bacio. E ti assicuro che non ha significato nulla per me e che me ne sono pentita nell'istante stesso in cui accadeva. È successo in un momento in cui ero vulnerabile a causa della morte di mia madre». Abbassa lo sguardo, che si è fatto colpevole. «Mi spezza il cuore sapere che tu abbia pensato che non mi importava più di te».

«Avevi tutto il diritto di andare avanti con la tua vita, dopo il modo in cui ti avevo lasciata... e lo hai ancora adesso. So che lui è qui», mormoro tremando a quella prospettiva.

«Adam», sussurra prendendomi il viso tra le mani, «da quando ti ho incontrato, non è esistito nessun altro. Stasera ho detto a Riccardo di tornare a Firenze insieme a Kathy».

Non riesco più a trattenermi e la bacio. Cerco di infondere tutto l'amore che provo per lei, lei che mi ha salvato e non mi ha mai abbandonato. A fatica mi stacco da quel tocco e riprendo a guardarla negli occhi. Devo confessarle tutto, prima di poter ricominciare.

«Non riuscivo nemmeno a pronunciare il tuo nome», ammetto. «Anche solo pensarlo era doloroso. L'immagine del tuo viso mi tormentava giorno e notte, per questo in quella stanza di motel non volevo guardarti».

«Non sapevo cosa fare... non sapevo in che modo aiutarti».

«Mi hai salvato quasi a costo della tua stessa vita, capisci perché volevo starti lontano? Non potevo accettare il modo in cui ti eri ridotta a causa mia».

«Adesso promettimi che non te ne andrai mai più», mi chiede intrecciando le sue gambe alle mie.

«Me ne andrò solo quando sarai tu a dirmi di farlo. Fino ad allora sarò la tua ombra». E poi pronuncio per la prima volta le parole che temevo di non poterle mai dire: «Ti amo, Kris».

La sento tremare, e dopo un sospiro risponde: «Ti amo, Adam».

✽✽✽

È ormai l'alba e Kris respira sommessamente abbracciata a me. Non sono riuscito a dormire, mi sembra ancora un sogno averla vicino. Cerco di alzarmi senza svegliarla, ma appena si accorge che mi sto muovendo inizia a protestare e si aggrappa al mio braccio.

«Vado solo a prendere un bicchiere d'acqua», le dico posandole un bacio sulla fronte.

«Torna subito».

Attraverso il corridoio e vado verso la porta tentando di non fare rumore, ma un colpo di tosse mi fa fermare. È Alice: è seduta sul divano e ha le braccia conserte. Brutto segno.

«Giuro che non me ne sto andando», cerco di giustificarmi alzando le mani.

Si avvicina puntandomi un dito contro. «E allora perché stai sgattaiolando fuori?».

«Vieni con me». Le sorrido. «Ti faccio vedere una cosa».

Si avvolge in una coperta e usciamo sul porticato; la invito a sedersi accanto a me sui gradini.

«Cosa vuoi farmi vedere?», mi chiede impaziente.

«Questo», le rispondo alzando gli occhi. «È l'alba».

La sua espressione si addolcisce. «Ti è mancata la luce, non è vero?»

«Quasi quanto mi è mancata Kris», ammetto. «Hai passato tutto il tempo sul divano?», le chiedo ridendo per cambiare discorso.

«Dovevo assicurarmi che non te ne andassi di nascosto. Quando Seb mi ha detto che eri qui, per poco non venivo a prenderti a pugni». Scoppia a ridere, ma poi torna seria. «So di essere iperprotettiva quando si tratta di lei, ma non voglio mai più vederla soffrire in quel modo».

«Non lo permetterò».

«Perciò non te ne andrai, ho capito bene?»

«Mai più. Le ho fatto una promessa».

Mi passa un braccio dietro la schiena e mi dà qualche pacca. «Torno a letto. Vado a tranquillizzare Seb».

«Grazie per esserti presa cura di loro».

«Dovere». Sorride rientrando in casa.

Rimango a osservare il sole sorgere e illuminare a poco a poco la città. Fa ancora freddo, ma è una sensazione piacevole. Quando rientro in camera, trovo Kris vicino alla porta. È appoggiata alla scrivania e riprende fiato.

«Cosa ci fai in piedi?», le chiedo avvicinandomi.

«Volevo anch'io dell'acqua e...».

«Pensavi che me ne fossi andato, non è così?».

Annuisce evitando il mio sguardo e la stringo a me. «Alice mi ha beccato e mi ha fatto un discorsetto, prima di lasciarmi tornare da te».

Rilassa le spalle tese e le sfugge una risatina. «Ho l'impressione che ti terrà d'occhio per un bel po'».

«Me ne farò una ragione», replico prendendola in braccio e riportandola a letto. Mi sfilo la maglietta e mi stendo di nuovo accanto a lei. Noto con un sorriso che il cd che le ho regalato a Natale è sul comodino. «Pensavo lo avessi fatto a pezzi».

Mi guarda come se fossi pazzo. «L'ho ascoltato talmente tante volte che alcuni punti non si sentono più bene».

«Non ne avrai più bisogno: canterò per te ogni volta che vorrai».

Si accoccola soddisfatta tra le mie braccia e, un momento prima che si riaddormenti, le sussurro all'orecchio che la amo. Cedo infine al sonno, stringendola a me.

✽✽✽

Le sue mani tra i miei capelli mi svegliano qualche ora dopo e quando apro gli occhi la trovo a pochi centimetri dal mio viso, intenta a osservarmi.

«Buongiorno», mi sussurra.

Le rispondo con un bacio, tirandola con delicatezza sopra il mio petto nudo. «Voglio svegliarmi così tutte le mattine», affermo guardandola adorante. I capelli le ricadono sulle spalle, e mi stringe le braccia al collo.

«Affare fatto», risponde felice.

Continuo a baciarla fin quando un leggero bussare ci interrompe. Alice si affaccia nella stanza e si copre gli occhi con una mano.

«Alice!», esclama Kris imbarazzata, scoppiando a ridere.

«Giuro che non ho visto nulla! Non voglio interrompervi, ma la signorina qui presente deve mangiare e prendere le medicine».

«Agli ordini, capo!», dichiaro mentre Alice torna in camera sua con un sorriso.

Indosso la maglietta e prendo per mano Kris, che inizia a protestare. «Ti preferivo senza», scherza inarcando un sopracciglio.

«Non trattarmi come un oggetto», mi fingo imbronciato mentre ci avviamo verso la cucina e lei mi rivolge uno dei suoi sorrisi mozzafiato, facendomi pentire di ogni secondo che ho trascorso lontano da lei.

Mi siedo sul divano e, dopo aver preso dalla tavola un paio di pancake preparati da Alice, Kris viene a sedersi su di me, stendendo le gambe sulle mie. Ne ha già ingurgitato uno e, prima che io riesca a mangiare il mio, me lo ruba dalle mani e lo addenta.

«Ops, non volevo». Ride.

«Lo trovi divertente?», mi fingo offeso.

Lei annuisce e allora mi fiondo su di lei, spalmandole un po' di crema al cioccolato sul viso e poi provando a leccarla, tra le sue risate.

«Questo sì che è un buongiorno!», esclama Seb entrando. Si avvicina e ci stringe in uno dei suoi abbracci, prestando attenzione a Kris.

«Lasciali respirare, Seb», interviene Alice, venendo però ad aggiungersi all'abbraccio.

«Vi voglio bene», sussurra Kris, vicina alle lacrime.

«Basta piangere», dichiara Alice. «Da oggi in poi dovremo essere tutti felici!».

Kris si accoccola di nuovo tra le mie braccia e poco dopo qualcuno suona al campanello.

«Questi devono essere Andrew e Sophie», commenta Seb andando ad aprire. Ma non sono soli: Kathy e Riccardo sono con loro.

Lui si irrigidisce quando si accorge di me e rimane sulla soglia. Faccio un cenno a Kris, che ha gli occhi chiusi e la testa appoggiata al mio petto. Allora l'aiuto ad alzarsi e si avvia con passo incerto verso il suo ex, ma un giramento di testa la fa sbandare. Scatto per afferrarla prima che cada,battendo sul tempo Riccardo che si stava avvicinando.

«Vieni a sederti», la invito riaccompagnandola al divano.

Mi accorgo che Riccardo è uscito e decido di seguirlo, non prima di aver baciato sulla fronte Kris, che mi guarda confusa.

«E così sei tornato», osserva lui appoggiandosi alla ringhiera.

«Non potevo più stare lontano da lei. Mi dispiace per come sono andate le cose tra di voi».

«Non è vero, ma non fa niente. Se lei è felice, lo sono anche io».

«Credo che lo sia».

Rimaniamo così, in silenzio nell'aria del mattino.

«Perché non vieni a salutarla?», gli chiedo poi con tutta la forza di volontà che riesco a raccogliere.

«Non so se lei voglia vedermi».

«Sono sicuro di sì», dico aprendo la porta e tenendola aperta per farlo entrare.

Mi dirigo verso Andrew, che mi presenta Sophie, ma con la coda dell'occhio continuo a osservare Kris. Sta abbracciando sua cugina e quando si staccano si rivolge a Riccardo, gli dice qualcosa e lui annuisce. L'immagine di loro due abbracciati mi torna davanti, facendomi vacillare. Riesco a tenermi a bada e a non correre da lei fin quando Kathy si avvicina per salutare ognuno di noi.

«Trattala bene», mi intima, «altrimenti dovrai preoccuparti di me oltre che di Alice».

«Promesso», rispondo con un sorriso.

Faccio per avvicinarmi a Kris, ma Riccardo mi fa segno di aspettare. Le porge una mano aiutandola ad alzarsi e poi la stringe all'improvviso. Sento il sangue ribollirmi nelle vene, e mi avvicino a loro. Seb mi tiene per un braccio, avvertendo il pericolo. Quell'abbraccio sembra durare un secolo, non solo qualche secondo; quando alla fine si staccano, lei si gira verso di me e mi prende la mano, stringendomela. Li osserviamo uscire e finalmente posso rilassare le spalle.

Mi siedo di nuovo sul divano e Kris viene a mettersi accanto a me. «Grazie», mi sussurra.

Con delicatezza, le sollevo il mento con la mano, per costringerla a guardarmi negli occhi. «Farei qualsiasi cosa per te», le dico accarezzandole il viso. «Morirei dentro ma mi farei persino da parte, se questo ti rendesse felice».

«Non farlo mai», mi implora avvicinando le labbra alle mie.

«Mai», la rassicuro baciandola.

✽✽✽

«Voglio fare un brindisi!», esclamo ad alta voce per farli stare in silenzio.

Siamo a tavola, anche Andrew e Sophie hanno pranzato con noi, e adesso Seb sta raccontando per l'ennesima volta di come ci siamo conosciuti. Kris è seduta accanto a me e non mi lascia la mano neanche per un secondo: come me ha paura che tutto questo non sia reale.

«Non ti ho mai visto così socievole», mi prende in giro Alice, scatenando le risate di tutti.

«Insomma, fate silenzio oppure no?». Rido.

Prendono tutti in mano il bicchiere e lo sollevano nella mia direzione.

Faccio un respiro profondo e dichiaro: «Ad Alec, per non dimenticare quello che ha fatto per noi e soprattutto per me».

Con un filo di voce, tutti ripetono «Ad Alec» e fanno tintinnare i bicchieri prima di bere.

Kris mi sorride grata e giocherella con una ciocca dei miei capelli sfuggita all'elastico.

Dopo aver finito il dolce, Alice va al Queen insieme a Sophie, che si è offerta di darle una mano fin quando Kris non si sarà ripresa del tutto. Andrew e Seb decidono di andare a fare un giro, ma sospetto che lo facciano per lasciare me e Kris un po' da soli.

Seb si avvicina ad abbracciarmi prima di uscire. «Divertitevi. Mi ringrazierai più tardi», sussurra con un ghigno.

«Sei un idiota». Rido e gli tiro un pugno leggero sulla spalla.

Torno da Kris, che intanto si è sistemata nel suo posto preferito: il divano davanti al caminetto. Mi rifugio con il viso nell'incavo del suo collo e mi lascio inebriare dal suo profumo.

«Mi fai il solletico!». Ridacchia, ma non si sposta.

Continuo a posarle dei piccoli baci sul collo fino ad arrivare alle labbra. «Ti amo, ti amo, ti amo...».

«Mi sono mancati questi occhi di ghiaccio», mormora tra un bacio e l'altro.

«Sono soltanto i miei occhi a esserti mancati?»

«Ogni cosa. La tua voce, le tue mani su di me, il sorriso che fai solo quando guardi me, il fremito che sento sulla pelle quando è a contatto con la tua... ogni cosa», ripete arrossendo.

La bacio con più passione adesso, come se lei fosse acqua fresca che mi dona sollievo dopo una sbornia. Il suo respiro diventa più pesante e cerca di sollevarmi la maglietta, ma la fermo.

«Sei sicura?», le chiedo apprensivo. «Non vorrei che ti affaticassi».

«Ho bisogno di te», sussurra solo, e mi basta.

La sollevo tra le braccia continuando a baciarla e la porto nella sua camera. Mi torna in mente la prima volta in cui sono entrato qui dentro: era notte, lei indossava quello strambo pigiama e il solo starle vicino mi faceva sentire bene. C'era ancora tanto imbarazzo tra noi, ma credo che sia stato quello il momento in cui ho capito di essere innamorato di lei. Sembra trascorsa un'eternità. Mi svesto velocemente e mi fiondo sotto le coperte insieme a lei, ammirando la sua pelle nuda. La accarezzo, iniziando dalle gambe morbide, passando le dita sulla cicatrice all'addome fino ad arrivare al seno, e la sento spingere contro di me; mi vuole allo stesso modo in cui la voglio io, abbiamo bisogno di sentirci. Entro piano dentro di lei, gustando il momento e sentendo i suoi sospiri leggeri.

Ora che siamo finalmente insieme, mi sembra di essere di nuovo completo. Le sue mani non mi lasciano neanche per un secondo, procurandomi brividi di piacere che avevo dimenticato. Si avvinghia alle mie gambe e chiude gli occhi, come se fosse persa in un altro mondo.

«Ti amo», ripete mentre ci muoviamo insieme, e questo è il piacere più grande, più dell'orgasmo, più di qualsiasi altra cosa.

Poi apre gli occhi e mi guarda di nuovo, facendomi smarrire in quel verde. Veniamo insieme, mentre continuo a ripeterle quanto io la ami.

Mi accascio accanto a lei senza staccarmi, mantenendo il contatto che occorre a entrambi.

Si addormenta quasi subito, stremata. Le passo una mano tra i capelli e rifletto sul fatto che non tutti sono destinati a trovare la felicità: alcuni devono accontentarsi delle briciole, dopo averla assaporata per qualche istante. Pensavo di far parte di questa categoria, fin quando è arrivata lei a mostrarmi che non è mai troppo tardi, persino per uno come me, per amare ed essere amati.

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