Capitolo 17 - Lui
Sono sempre più vicino: li ucciderò e poi sarò finalmente libero di andarmene.
Cammino da giorni all'ombra della luna e sono ormai esausto. L'immagine di quegli occhi mi passa davanti, ma la scaccio infastidito. È un tormento, vivere in questo modo: sempre affamato, con questa rabbia che mi circola in corpo al posto del sangue. Però non posso arrendermi ora, quei bastardi devono pagare per quello che mi hanno fatto. Tutti loro devono pagare. Mi hanno usato, perché risvegliare quel maledetto vampiro era così importante da non curarsi di potermi uccidere. Riserverò loro lo stesso trattamento. Credono di potermi scappare, ma li ho quasi raggiunti. Si dirigono verso Kratas: rimettere piede in quella città è l'ultimo dei miei desideri, ma devo farlo. Pensavo che sarebbe stata la città nella quale avrei trovato il mio posto, ma a quanto pare non esiste un posto per me.
Comincia a farsi giorno, i primi raggi di sole si fanno largo tra le nuvole e la mia pelle inizia a protestare. A volte mi chiedo come sarebbe non nascondersi, restare nella luce e sparire per sempre. Sarei finalmente in pace. Ma sono un codardo, non riuscirei mai a farlo. E se ciò che mi aspetta dopo fosse ancora peggio dell'inferno che sto vivendo?
Decido di rifugiarmi nel bosco, che è sempre un nascondiglio sicuro. Troverò la tana di qualche animale e mi nasconderò fin quando questa maledetta luce non lascerà di nuovo posto alle tenebre. Chiudo le palpebre e, come sempre, quei maledetti occhi verdi tornano a tormentarmi.
✽✽✽
Oscurità. La mia nuova compagna per la vita è finalmente tornata, e posso rimettermi sulle tracce di quei farabutti. Inizio a sentire la debolezza per non essermi nutrito, ma se voglio raggiungerli non posso attirare troppe attenzioni. Sono riuscito a farmi dare informazioni dall'ultimo di loro che ho ucciso, un ragazzo della mia stessa età che mi ha perfino creduto quando gli ho detto che, se mi avesse rivelato dove si trovava il loro capo, lo avrei lasciato andare.
Patetico.
Finalmente arrivo a Kratas: è tutto così strano adesso. I ricordi di questo posto si riaffacciano nella mia mente: Seb, i concerti, lei. Rivivo nella mia mente il nostro primo incontro, l'attrazione incontrollabile che sentivo nei suoi confronti e la voglia di baciarla che non sono riuscito a tenere a freno il giorno del suo compleanno. Il bisogno che avevo di stare con lei, di averla vicino, era l'unico modo per sentirmi bene. Subito dopo, però, la vedo di nuovo tra le braccia di quel tizio e la rabbia si impossessa di me ancora una volta. Ho davvero bisogno di uccidere qualcuno.
Cammino per queste strade che mi sono ancora così familiari e alla fine mi ritrovo in centro. Le luci calde dei lampioni illuminano le strade, e alcune persone stanno davanti ai locali a bere e parlare. Vorrei far loro del male, fargli pagare il fatto che possono avere una vita normale mentre io sono condannato. Forse potrei avvicinare qualcuno in una stradina laterale, strappargli la pelle del collo e nutrirmi dell'unico cibo che riesca a saziarmi. Il bisogno non fa che pulsarmi nella testa, nelle ossa, e il rosso del sangue avvolge ogni cosa.
Una ragazza ubriaca si trascina sul marciapiede, avviandosi verso il retro di un pub.
Solo un assaggio, mi impongo avvicinandola furtivo. Lei non si accorge della mia presenza fin quando non l'ho inchiodata al muro. Senza guardarla negli occhi, le tappo la bocca con una mano e mi nutro mentre lei si dibatte tra le mie braccia. Riesco a fermarmi prima di ucciderla: ha perso i sensi, quindi la faccio sedere con la schiena appoggiata al muro e mi pulisco le labbra con le dita.
Ora va meglio.
Continuo a camminare per le strade di Kratas e mi ritrovo davanti a casa di lei. È tutto avvolto nel buio, a parte la flebile luce che illumina il porticato.
Darò solo una sbirciata e poi ricomincerò a cercare quegli idioti, mento a me stesso. Ma quando mi avvicino, scorgo qualcuno di fronte all'entrata. È John.
Cosa diavolo ci fa lui qui?
Ma non è solo: ho visto quel vampiro, Edgar lo ha chiamato Alec, solo per pochi secondi scappando dalla grotta, eppure lo riconoscerei da un miglio di distanza. Adesso ha dei vestiti normali, indossa la maglietta dei Metallica che ho regalato a Seb anche se gli andava enorme. Tiene John incollato al muro e il gruppetto di quelli che erano i miei migliori amici sta uscendo dalla casa. Lei ha un'espressione strana, sconsolata. Spero tanto che stia soffrendo, che provi lo stesso dolore che provo io da quando mi sono risvegliato dentro quest'incubo. È seguita da Alice e Seb e con loro ci sono un ragazzo e una ragazza che si tengono per mano.
A fatica distolgo gli occhi e mi avvicino per cercare di capire cosa stia succedendo. Hanno circondato John e lui cerca di farsi liberare il collo per riuscire a parlare. Il mio nuovo udito rafforzato mi aiuta a catturare le loro parole.
«... posso portarvi da Adam», lo sento dire.
La rabbia dentro di me aumenta e devo sforzarmi per non correre lì e squarciargli la gola. Lo sento raccontare di come avrebbe voluto proteggermi e di come si sia poi fatto convincere a prendersi "la ricompensa". E così anche lui si è fatto accecare da questo tesoro, il cui segreto risiederebbe nell'amuleto del vampiro. L'uomo che aveva giurato di proteggermi si è rivelato un traditore come tutti gli altri, che novità.
John continua il racconto e Alec sembra davvero impaziente di ucciderlo... come lo capisco. Mi concentro però sulla parte che mi interessa: stanno per andare da Edgar.
Un ghigno mi increspa le labbra. Senza saperlo, mi porteranno da quel traditore e avrò la mia vendetta.
Dopo aver lasciato a casa Seb, Alice e i due ragazzi sconosciuti, lei e Alec salgono nell'auto di John. Noto la mia moto parcheggiata nel vialetto: Seb deve averla fatta riparare dopo l'incidente. Mi avvicino di soppiatto cercando la chiave che nascondo di solito sotto la sella e che per fortuna è ancora lì. La trascino allontanandomi dalla casa e poi parto. Li trovo poco più avanti; si stanno dirigendo verso un quartiere alle porte della città. Li seguo mentre attraversano un cancello sfasciato, appoggiato a due colonne in pietra che sembrano in procinto di crollare, e mi nascondo dietro alcuni alberi appena entrano in quella che pare una chiesa abbandonata. Adesso ricordo, è la chiesa di St Mary, la più antica di Kratas, ormai utilizzata solo dai ragazzini che vogliono divertirsi lontano dagli occhi degli adulti.
Varco la soglia della chiesa e cerco di sostare nell'ombra per non rivelare ancora la mia presenza. Loro tre si sono fermati al centro della navata, Edgar e un altro uomo si trovano su quello che una volta era l'altare.
«Finalmente ti sei deciso a farti vedere, Adam».
Dannato Alec.
Da quanto si è accorto che li seguo? Faccio un passo avanti, ormai non ha più senso nascondersi. Evito lo sguardo sorpreso di lei, che scatta per venirmi incontro. Ma il vampiro la tiene per il braccio e le impedisce di muoversi. Un tempo avrei sofferto da matti a vedere qualcuno tentare di tenerla lontana da me, ma quella era un'altra vita. Se si avvicinasse a me ora, per lei sarebbe la fine.
«Adesso che ci siamo tutti, la riunione può iniziare», sghignazza Edgar. «Grazie per averli portati qui», continua rivolgendosi a John. «Senza di te non ci sarei mai riuscito».
«Facciamola finita, voglio andarmene da questo posto», ribatte John, quindi afferra per le spalle Kris, che sussulta incredula, e le punta un lungo coltello alla gola.
Alec si scaglia verso di loro, ma Edgar gli fa cenno di fermarsi.
«Vogliamo solo l'amuleto», interviene l'amico di John, che credo si chiami Oliver. «E poi ognuno andrà per la sua strada».
«Sei stato dalla loro parte per tutto questo tempo, non è vero?», mi rivolgo a John con una strana calma. «La storiella tragica sui miei genitori, le promesse, il volermi salvare... erano tutte stronzate».
«Nessuno avrebbe potuto salvarti», mi risponde sprezzante. «L'unica cosa che mi ha spinto a cercarti è stata la promessa del tesoro».
Come ho fatto a credergli anche solo per un secondo? «Prenditi il tuo dannato tesoro, allora, ma non ti lascerò uscire vivo da questo posto».
«Devi venire con noi, Alec», ordina Oliver. «E non provare a fare il furbo e toglierti il medaglione, altrimenti lei sarà la prima a morire».
«Non farlo!», urla lei. «Uccidili per quello che ti hanno fatto!».
Lui non le dà ascolto e riluttante va a mettersi accanto a Oliver.
«Perché non vieni qui da me?», lo invita Edgar.
«Non erano questi gli accordi», protesta Oliver. «Tu li avresti uccisi per prenderti la tua vendetta e noi avremmo avuto l'amuleto».
«Be', forse non sono stato del tutto onesto...», inizia Edgar con un sorriso mellifluo. «Non ho intenzione di lasciare in vita nessuno di voi». Estrae in fretta una pistola da dietro la schiena e fa fuoco contro Oliver, che stramazza a terra. Poi si dirige verso John, con la pistola ancora in mano.
Lei inizia a urlare, scalciando e ferendosi il collo con la lama. Il sangue le scorre veloce fino all'orlo del maglione e io non ci vedo più. Mi avvento su di lei per non sprecarne nemmeno una goccia e istintivamente John allontana il coltello dalla sua gola e fa un passo indietro. Ma ancora una volta Alec interviene, allontanandosi dal corpo di Oliver. Si scaglia su di me, facendomi atterrare sul pavimento di marmo antico.
«Lasciami andare!», urlo, fuori di me.
«Neanche per sogno», sibila. «Fidati di me e tutto questo finirà».
Che cosa significa? mi chiedo continuando a scalciare per liberarmi dalla presa di Alec.
«Perché lo hai fatto?», grida John. «Noi eravamo dalla tua parte!».
«Non c'è nessuna parte, non lo hai ancora capito?», ribatte Edgar. «Ci sono soltanto io, che mi prendo quello che mi spetta».
John si guarda intorno alla ricerca di una via di fuga, ma Edgar è più veloce: fa partire un altro colpo e poi si avvicina, puntando la pistola alla testa di lei, che lo guarda con odio.
«Bene, bene», afferma. «Ora che ci siamo liberati di questi due, veniamo a noi. Rendiamo le cose più interessanti».
«Lasciala andare e potrai uscire da qui con le tue gambe», lo avverte Alec.
«Penso di avere un'idea migliore, invece». Si gira a guardarmi. «Noi abbiamo lavorato insieme, in un certo senso mi sono affezionato a te».
Lo guardo disgustato e rimango in silenzio.
«Se lo uccidi, potrai fare di lei tutto quello che vuoi».
«E cosa ti fa pensare che ti lascerei andare dopo tutto quello che mi hai fatto?», gli chiedo sprezzante.
«Andiamo, Adam», cerca di persuadermi. «Ti conosco! So quanto hai voglia di fare del male a questa ragazza, quanto ti ha fatto soffrire. Ora hai l'occasione di prenderti la tua vendetta. In cambio, dovrai solo lasciarmi andare con l'amuleto».
Potrei uccidere lei e Alec, e liberarmi lo stesso di questo idiota.
Mi lecco le labbra, pregustando il momento. «Affare fatto», mento con un ghigno.
Sento la voce di lei urlare di fermarmi, ma il rosso del sangue è calato sui miei occhi e non c'è nient'altro che conti adesso. Mi scaglio sul vampiro, che cerca di scansarsi ma è troppo lento. È arrugginito, invece io mi sono dato parecchio da fare. Lo colpisco con un pugno allo stomaco, facendolo piegare in avanti. Si rialza subito e cerca di allontanarsi per prendere tempo. Non credo voglia farmi del male, e questo va a mio vantaggio. Sento scorrere l'adrenalina dentro di me, che mi dà la forza di scagliarlo a terra e tempestarlo di calci e pugni mentre lui cerca di proteggersi, sempre senza colpirmi.
«Reagisci, avanti! Così non mi diverto!».
«Adam, ti prego, fermati... Aiutami a ucciderlo e poi sarai salvo».
«Non hai sentito le parole di John? Nessuno può salvarmi!».
Uno sparo improvviso mi distrae, e mi volto per capire da dove provenga. Seb e il tizio con gli occhiali che era con loro sono entrati nella chiesa e sono in qualche modo riusciti a colpire Edgar, che era distratto dalla lotta, e a prendergli l'arma. Prima di farsela prendere, però, il Cacciatore è riuscito a sparare un colpo, e lei adesso è riversa a terra. Alec approfitta di questo momento di distrazione per scalciarmi da sopra il suo corpo e mettersi su di me.
«Se quel bastardo l'ha uccisa, giuro che ti ammazzo lo stesso!», ringhia, tenendomi fermo. Poi si rivolge agli altri due, che sono chini sul corpo di Edgar a sussurrargli qualcosa. «Ha lei la boccetta, portatela qui, presto!», urla.
Il tipo con gli occhiali la solleva e la distende per terra, vicino a me. L'odore del sangue è fortissimo, esce dal suo fianco e forma una pozza tutto intorno al suo corpo.
Seb si avvicina e mi guarda con aria stanca. «È quasi finita, amico», mi sussurra e allunga la mano per stringermi la spalla.
Mi scosto infastidito e mantengo lo sguardo famelico su tutto quel sangue che si sta sprecando.
«Cosa facciamo?», chiede il tipo con gli occhiali ad Alec. Mi osserva in modo strano e ha un che di familiare.
«Prima prendete la boccetta, poi mi occuperò di lei sperando che non sia troppo tardi». Seb lo guarda dubbioso, ma lui si giustifica: «Mi ucciderebbe se facessi il contrario». Lo osservo stappare una piccola ampolla e avvicinarsi alla mia faccia.
«Che diavolo è quella roba?», mi agito. «Non hai il coraggio di uccidermi con le tue mani e quindi vuoi avvelenarmi?».
«Sta' zitto e apri la bocca», dice costringendomi a ingurgitare un liquido dal sapore simile al sangue. Sento i sensi venirmi meno.
È questa la fine? Smetterò finalmente di soffrire?
✽✽✽
Mi ritrovo in quella che sembra una stanza d'ospedale; le pareti dipinte di bianco trasmettono tranquillità e la mia testa è poggiata sopra un cuscino. Uno strano calore mi accarezza delicatamente la pelle: i raggi del sole irrompono dalla finestra. Mi agito e cerco di coprirmi. Ci metto un po' a realizzare che la luce non mi sta bruciando la pelle. Alzo il braccio illuminato e lo muovo, guardandolo in estasi. Com'è possibile? Perché la luce non mi ferisce? Forse è stato tutto un sogno, un incubo dal quale mi sono finalmente svegliato?
Mi guardo intorno e accanto a me c'è un altro letto. La persona lì sopra è avvolta nelle coperte fino alla sommità della testa e non si muove. Non so come sono finito in questo posto, ma devo andarmene. Mi alzo e a piedi nudi mi avvicino alla porta, quando qualcosa attira la mia attenzione. Una ciocca di capelli rossi spunta dal lenzuolo.
Non può essere, penso atterrito. Mi avvicino di corsa e tiro via il lenzuolo che avvolge il corpo, facendolo cadere per terra. Il cuore mi martella nel petto e cado in ginocchio quando le mie paure diventano realtà: è lei.
Gli occhi vitrei sono spalancati, senza vita, e hanno perso quel verde brillante che ho tanto amato. Ha un taglio su un lato del collo e il segno di un morso sull'altro, in più una fasciatura bianca le copre l'addome. Un urlo mi sale dal centro del petto ed esplode, oscurando tutto il resto.
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