Capitolo 16 - Lei
Mentre quella boccetta cade dal medaglione, il mio cuore perde un battito. Non mi sono ancora ristabilita del tutto, ma adesso la speranza mi infonde una nuova forza. «Di che si tratta?», chiedo ad Alec, impaziente.
«Credo che sia un messaggio, ma quasi non si distinguono le parole: è scritto in caratteri piccolissimi».
Appoggiamo il biglietto sulla scrivania, sotto la luce di un abat-jour, e ci curviamo per leggerlo.
Mio adorato Richard,
quello che mi hai fatto è stato crudele, e questa è la mia vendetta: farti avere la soluzione a portata di mano senza che tu lo sappia. All'interno di questa ampolla è custodito il mio sangue, l'unica cura per spezzare la maledizione da me scagliata sulla tua discendenza. La quantità è sufficiente per curare solo uno di voi, e ti conosco abbastanza bene per sapere che la darai a tuo nipote Alec. Spero che riuscirai a salvarlo.
Elizabeth
«Una cura...», mormoro incredula, appoggiandomi di nuovo sul letto. Non riesco però a rallegrarmi: Alec non la cederà mai a Adam, sempre ammesso che riusciremo a trovarlo. Dopo l'entusiasmo iniziale, gli altri sembrano arrivare alla mia stessa conclusione e li osservo rabbuiarsi.
«So cosa state pensando, ma vi sbagliate», commenta Alec osservando i nostri visi scoraggiati. «Darò questo sangue al vostro amico, nonché mio discendente. Lui merita un'altra possibilità».
«Ma... perché?», gli chiedo. «Insomma, hai l'occasione di salvarti dopo secoli e ricominciare, e vuoi cederla a qualcuno che neanche conosci?».
«Non c'è niente per me in questo tempo», sospira. «Tutte le persone a cui tenevo sono morte, e in più sono ormai abituato a vivere così. Adam invece è preda di questa maledizione solo da poco tempo e in questo modo potrà tornare alla sua vita normale, con tutti voi... con te», conclude guardandomi negli occhi.
Quando credevo di aver finito le lacrime, le sento ancora una volta bagnarmi il viso. Mi alzo e corro ad abbracciarlo. È sbalordito da questo gesto, riesco a sentire il suo corpo irrigidirsi mentre lo stringo e singhiozzo sulla sua spalla. Sono egoista, lo so, ma una parte di me è felice. Pian piano Alec si rilassa e mi dà dei colpetti sulla schiena per consolarmi. Anche gli altri si sono avvicinati e uno alla volta si stringono a noi, cercando di trasmettergli tutta la loro gratitudine.
Adesso viene la parte difficile: devo convincere i miei amici a rientrare a casa. In queste ore ho continuato a rifletterci e, per quanto io abbia bisogno di loro, non posso continuare a metterli in pericolo. Sono sicura che Alec mi aiuterà.
«Rientriamo a Kratas», propongo dopo un po'.
Si voltano tutti verso di me, increduli.
«Non possiamo andarcene!», esclama Alice, venendo a sedersi accanto a me. «Non adesso».
Capisco il suo sconcerto: ora che siamo così vicini alla fine, non possiamo mollare. Ma è per il loro bene.
«Andiamo, Alice», cerco di persuaderla. «Siamo qui da troppo tempo ormai, siamo stanchi e senza idee su dove cercare Adam». Deglutisco e cerco la forza per mentirle. «Sai anche tu che non abbiamo speranze. Ricominceremo a cercarlo non appena ci saremo ripresi». Infine sferro il colpo finale: «E poi non possiamo lasciare il Queen in balìa degli eventi. Quel posto è casa nostra, non possiamo abbandonarlo».
Abbassa lo sguardo e capisco di aver vinto almeno questa battaglia. Mi stringe la mano e poi sembra rianimarsi. «In questo modo Alec potrà vedere Kratas, che era anche la sua città», osserva con un sorriso.
Il vampiro ci scruta pensieroso, ma alla fine annuisce.
Troveremo Adam, ma non posso sacrificare la vita della mia migliore amica. Dopo che saremo arrivati a Kratas, riprenderò le ricerche per conto mio.
✽✽✽
Le strade familiari che portano a Kratas mi fanno provare una sorta di sollievo. Amo questa città. È stata la mia salvezza, il mio porto sicuro, lo è ancora oggi. Sono scappata, lasciando tutto, per venire qui: credevo di scappare dalle persone, invece fuggivo da me stessa. Avevo paura di affrontare la realtà e volevo stare da sola, ma non potevo sbagliarmi di più. Adesso tutta la mia vita si trova qui e non potrei vedermi in un altro posto.
Specialmente ora che mia madre non c'è più, rifletto sentendo una fitta al petto.
«Riconosci qualcosa?», chiedo ad Alec. Per tutta la durata del viaggio è rimasto con il viso rivolto verso il finestrino, a osservare meravigliato il paesaggio.
«È tutto così diverso», mormora senza voltarsi. «Questo posto è ormai irriconoscibile per me».
«Tranquillo, amico, ti faremo fare un tour e non vorrai più andartene», cerca di risollevarlo Seb, dopo aver indicato ad Andrew l'incrocio che porta a casa mia. È notte fonda e le strade sono deserte.
Guardo la casa e mi sembra di mancare da sempre. Abbiamo invitato Andrew e Sophie a restare da noi e ho ceduto loro volentieri la mia camera.
«Possiamo sistemarci sul divano», mi ripete Sophie per l'ennesima volta. «Non vogliamo privarti della tua stanza».
«Non riuscirei comunque a dormire», le assicuro. «Mi metterò sul divano, accanto al caminetto. E poi qualcuno dovrà pur fare compagnia ad Alec». Non posso dirle che entrare nella mia stanza mi riporterebbe alla mente ricordi che non posso permettermi di far riemergere.
Accendo il fuoco e verso del vino a tutti, intanto Alice prepara dei sandwich. «Domani vi cucinerò un pranzo vero», dichiara.
Con lo stomaco pieno, gli altri vanno a dormire. Dovrei sentirmi esausta anche io, ma proprio non ci riesco. Mi sistemo accanto al fuoco e osservo Alec girovagare per la stanza. La bottiglia di vino di prima è ormai vuota, perciò ne stappo un'altra. Ne porgo un bicchiere anche a lui, che stavolta rifiuta.
«Prima ho accettato solo perché mi sentivo in imbarazzo a essere l'unico a non bere o mangiare, ma ora che siamo da soli posso farne a meno».
Mi fa piacere che si senta a suo agio con me. Non avrei mai immaginato di stare nel mio salotto a bere vino con un vampiro di quasi trecento anni. Mi scappa una risatina isterica a quel pensiero e continuo a bere per sciogliere un po' quel nodo che ho nel petto. Il ricordo della discussione con Alice e Seb sulla mia presunta parentela con Adam, e quindi con Alec, continua a tormentarmi.
«E così siamo parenti?», gli chiedo, timorosa della risposta.
Lui mi osserva in silenzio, meditando su quello scenario. Poi scuote la testa. «Devi sapere che la maledizione non colpisce soltanto gli eredi maschi della mia famiglia», mi spiega, iniziando a camminare nella stanza. «La vendetta della strega non era riservata solo a noi: Elizabeth ha fatto sì che la rabbia che ci domina ci spingesse a voler far soffrire anche gli altri, creando sempre nuovi mostri. Perciò non avere timore: il tuo sangue e quello di Adam non hanno nulla in comune, e in ogni caso non lo avrebbero più dopo tutti questi secoli».
Annuisco, un po' più sollevata.
«Andiamo a fare una passeggiata», gli dico. «Il tour di Seb sarà più emozionante, ma prometto che non ti farò annoiare».
«Non vuoi dormire un po'? Io non ho bisogno di farlo, ma tu non devi per forza rimanere sveglia, sarai stanca come e più degli altri».
«Non mi va di dormire. Mi è mancata questa città». È la verità: passeggiare per Kratas mi ha sempre fatta stare meglio ogni volta che avevo un problema.
Alza le spalle. «E sia. Andiamo».
Ci incamminiamo in silenzio per le stradine deserte di Kratas e arriviamo subito in centro. Qualche locale è ancora aperto, e Alec sussulta quando incrociamo una coppia avvinghiata su una panchina.
«Le persone sono passate dal non guardarsi quasi in volto per timore a... questo».
Abbozzo un sorriso. «Dev'essere sconvolgente per te».
Continuiamo a camminare fianco a fianco fin quando Alec si ferma all'improvviso, proprio davanti all'antico castello nel centro di Kratas.
«Che succede?»
«Qui è il posto dove sono cresciuto», mormora afflitto. «E dove la mia vita è finita, insieme a quella della mia famiglia».
Gli prendo la mano e mi sembra di stringere quella di Adam. «Potremmo cercare di entrare domani sera; è aperto al pubblico e credo che Alice conosca qualcuno che lavora qui».
«Ti ringrazio, ma non credo di voler vedere in che condizioni è stato ridotto questo posto. Preferisco continuare a ricordarlo com'era quando ci vivevo».
Come può anche solo stare in piedi, vivendo con un dolore del genere?
Si accorge che la sua mano è ancora stretta alla mia e la libera con delicatezza. «Pensa se ora ci vedesse Adam», sdrammatizza. «Credo che cercherebbe di uccidermi».
«E tu cosa ne sai?», gli chiedo con un ghigno, per celare la lama che continua a rigirarsi nel mio cuore.
«Seb mi ha raccontato che Adam impazziva al solo pensarti con un altro», mi rivela. «A quanto pare una volta lo ha dovuto fermare con la forza perché voleva aggredire un tipo che, parole sue, faceva il simpatico con te mentre lavoravi».
Non riesco più a trattenermi e scoppio a piangere.
«Scusa, non volevo... Pensavo solo che a voi donne piace sapere questo genere di cose».
Mi scappa una risata tra le lacrime. «Grazie per avermelo raccontato, Alec. Dico davvero».
«Torniamo a casa tua, d'accordo? Potremmo bere un altro bicchiere di quel vino; in fondo non era così male». Mi sorride.
✽✽✽
La mattina dopo, un bacio sulla fronte mi fa riaprire gli occhi. Mi guardo intorno ma non mi trovo più sul divano, sul quale mi sono addormentata dopo un altro paio di bicchieri di vino insieme ad Alec. Alice mi sta dicendo qualcosa che non riesco a sentire.
«Tranquilla, non è la tua stanza ma la mia», mi rassicura.
Come fa a intercettare sempre quello che penso?
La abbraccio e mi sollevo dal cuscino, appoggiandomi su un gomito.
«Ho preparato un bel pranzetto, ti va di mangiare?».
«Mi manca da impazzire la tua cucina. Ho il tempo di fare una doccia?»
«Certo. Andrew e Seb sono andati a comprare qualcosa da bere, dato che qualcuno ieri sera ha prosciugato ciò che era rimasto in casa», mi prende in giro.
Le faccio la linguaccia e la guardo lasciare la stanza. Prenderò qualche vestito dal suo armadio, anche se sarà difficile rinunciare ai miei amati vestiti neri per quelli supercolorati di Alice. Scelgo un maglione grigio e un paio di jeans, è il massimo che posso tollerare.
Immergo il corpo sotto l'acqua bollente e sento le spalle rilassarsi un po'. Dopo aver asciugato i capelli, mi dirigo verso la cucina, dove tutte le finestre sono state oscurate. Faccio un sorriso a tutti e mi siedo a tavola insieme a loro. Alice ha preparato un vero banchetto, come sempre.
«Alice, devi assolutamente darmi la ricetta di questa pasta, è buonissima», dichiara Sophie mentre Andrew, con la bocca ancora piena, annuisce con foga.
«Devo ringraziare la madre di Kris per questo. In Italia sono dei cuochi eccezionali. E voi non abitate poi così lontano da noi, potete venire quando volete. Devo farvi assaggiare molte altre cose!».
Alec sta intanto guardando un film in televisione, è talmente concentrato da non sentire quando mi siedo accanto a lui.
«Perché voi due non fate un salto al Queen?», interviene Seb rivolgendosi a me e ad Alice. «Tutti quei libri avranno sentito di sicuro la vostra mancanza». Si accorge della nostra esitazione e aggiunge: «Prometto che quando tornerete, la casa sarà ancora in piedi».
Ormai ha imparato a conoscerci e sa come strapparci un sorriso. «Perché no?», dico guardando la mia amica.
«E voi cosa farete chiusi in casa?».
Seb fa uscire fuori un po' della sua esuberanza e salta in piedi. «Insegnerò ad Alec a giocare a Guitar Hero!».
«Forse non è una buona idea lasciarlo qui», lo prendo in giro rivolgendomi ad Alice.
«Tranquille, ci penserò io a tenere d'occhio questi tre», ci rassicura Sophie.
Uscendo, sentiamo Alec chiedere: «Cos'è un Guitar Hero?».
Ancora ridendo, ci mettiamo in macchina e raggiungiamo il Queen. Il periodo dopo le feste è sempre più tranquillo, e infatti non c'è molta gente in giro a quest'ora del pomeriggio.
«Sicura di stare bene?», mi chiede Alice, apprensiva come sempre.
Faccio cenno di sì ed entriamo nella nostra libreria musicale. È rimasta chiusa in questi giorni, e c'è solo Eddie che sta riordinando il bancone. Quando si accorge di noi, gli sfugge un sospiro di sollievo e si fionda a rimproverarci.
«Ma vi sembra il modo di sparire? Stavo per chiamare la polizia!».
Il senso di colpa, ancora una volta, mi investe come una ventata di aria gelida. Alice cerca di giustificare la nostra assenza, ma lui è partito in quarta.
«Non sapevo cosa fare, vi ho chiamate centinaia di volte e alla fine sono stato costretto a chiudere e a disdire quei pochi concerti che avevamo in programma! Non so come ci riprenderemo dopo questa chiusura!», esclama concitato.
Ha ragione su tutti i fronti: un locale piccolo come il nostro, aperto da così poco, potrebbe rischiare di fallire a causa del nostro colpo di testa. Abbiamo agito senza pensare alle conseguenze. Mi terrorizza l'idea di perdere il Queen, ma poi mi torna in mente Adam. Farei di tutto pur di salvarlo.
«Scusaci, Eddie, ma non abbiamo potuto fare diversamente», provo a spiegargli senza rivelargli troppo. «È stata davvero una questione di vita o di morte».
«Be', l'importante è che voi ora siate qui», sospira. «Eravamo ancora in forse per il concerto di stasera, ma a questo punto credo proprio che possiamo confermare».
Alice mi guarda e annuisco in segno di approvazione.
Mi avvicino a sfiorare le copertine dei libri sugli scaffali: mi sono mancati da morire. Eddie deve aver fatto pulizie in questi giorni perché non c'è neanche un granello di polvere. «Quindi contate di riaprire anche la libreria domani?».
«Torneremo presto, non preoccuparti. Probabilmente Alice rientrerà a breve», annuncio, evitando lo sguardo furioso della mia amica.
«Perché non venite stasera? Sarà un bel concerto, la band arriva da Birmingham».
«Ci penseremo», prometto. «Adesso sarà meglio rientrare, siamo ancora molto stanche per il viaggio».
«Speriamo di vederci stasera», ci saluta Eddie.
«Cos'è questa storia?», esplode Alice non appena varchiamo la soglia.
«Sai anche tu che una di noi deve rientrare ed evitare che le cose prendano una brutta piega più di quanto non abbiano già fatto, e sai anche che in questo momento non posso essere io».
«Lo troveremo. Ma nel frattempo non posso farti affrontare tutto questo da sola».
«E io non posso continuare a trascinarti nei miei problemi. Questo posto è la nostra seconda casa e abbiamo promesso di prendercene cura».
«Insieme», aggiunge. «Vuoi andare a cercarlo da sola, non è vero?».
«Ti prometto che tornerò presto. E non sarò sola, sono certa che Alec verrà con me».
«Non posso fare nulla per farti cambiare idea?»
«Lo sai che niente me la farà cambiare».
«Testarda come sempre», conclude con un sorriso, sedendosi in macchina.
✽✽✽
Si è fatta sera. Stiamo aspettando Alec, che è uscito per nutrirsi. «Solo qualche scoiattolo», ci ha promesso con un sorriso. Abbiamo deciso che ci metteremo in viaggio per cercare Adam questa notte stessa. Sto finendo di chiudere l'ennesima valigia, quando sento del trambusto provenire da fuori casa. Torno in salotto e noto che i miei amici stanno uscendo.
«Credo che ci sia un problema», ci avverte Andrew, il primo a essersi affacciato.
«Che succede?», gli chiedo allungando il passo per avere una visuale più ampia. Non posso credere ai miei occhi: John è davanti alla nostra porta e Alec lo osserva sospettoso.
«Gironzolava intorno alla casa da qualche minuto. Lo conoscete?».
«Lui è John», gli spiego, «il tizio che ha preso in giro tutti. Come osi presentarti qui?», urlo furiosa, e scatto in avanti.
Alec mi afferra e mi tiene ferma. «Ci penso io», mi dice con una strana luce negli occhi.
In un attimo si avventa su John, che non fa in tempo a indietreggiare. Lo afferra per il collo e lo tiene sollevato da terra con una mano, inchiodandolo al muro. È strano vederlo così aggressivo: il suo volto è trasformato dalla rabbia e i canini si sono allungati, pronti a squarciare la pelle del malcapitato. Devo impedirgli di ucciderlo, almeno finché non ci darà una spiegazione, perciò mi avvicino in fretta insieme agli altri.
«A-aspetta, ti prego», lo supplica John. Si volta a guardarmi, forse pensa di farmi pena. «Voglio aiutarvi».
«E perché mai dovremmo fidarci ancora di te?», gli chiede Andrew con disprezzo. «Non hai fatto altro che mentire, a tutti noi».
«Perché posso portarvi da Adam», dichiara. «È più vicino di quanto pensiate».
Quelle parole mi colpiscono come un pugno nello stomaco. Come possiamo credere a quest'uomo dopo quello che ha fatto? Dobbiamo però ascoltarlo, accertarci che stia mentendo.
«Di' quello che devi dire, e poi andrai a fare un bel giretto con Alec», gli rispondo irritata.
Deglutisce e guarda implorante il vampiro, che ha ancora la mano chiusa sulla sua gola. «Fai in fretta, ho fame», gli sussurra lui prima di lasciare la presa.
John fa un respiro profondo e si siede su uno dei gradini per riprendere le forze. «Ho commesso uno sbaglio. Mi sono fatto accecare dal racconto sul tesoro e ho perso di vista il mio obiettivo, cioè salvare Adam». Si prende la testa tra le mani. «Avevo promesso di prendermi cura di lui, e invece ho deluso i suoi genitori».
«Risparmiaci questa sceneggiata e arriva al dunque», lo interrompe Andrew.
«Sapevo che dopo la trasformazione Adam era ormai perso per sempre, e così Oliver, il tizio che lavorava con quei bastardi Cacciatori, mi ha convinto che avremmo almeno potuto prenderci una ricompensa».
«Volevi sacrificare uno di noi e darlo in pasto ad Alec, brutto idiota!», esclama Seb.
John inizia a singhiozzare. «Non avrei permesso che vi accadesse nulla di male, te lo giuro. Saremmo spariti non appena Alec ci avesse rivelato come trovare il tesoro».
«Stai divagando», sbuffo. «Dicci cosa sai su Adam e facciamola finita».
«Sì, certo», si anima. «Dopo che siamo andati via da Grasmere, Oliver si è rimesso in contatto con Edgar, il suo capo. Non l'ho più sentito fino a questa mattina, quando mi ha telefonato per dirmi che lui e Edgar si stanno nascondendo da Adam, che ha già rintracciato e ucciso i pochi di loro che erano riusciti a scappare da quella grotta. Non so come, ma sapevano che voi eravate tornati qui e stavano venendo a chiedere l'aiuto di Alec. Ma Adam era troppo vicino, quindi hanno preferito nascondersi e chiamarmi».
«Questa storia puzza proprio di trappola», borbotta Andrew, e mi trova d'accordo.
«Ora posso portarlo a fare quel giro?», chiede Alec impaziente.
«Credo che dovrai pazientare un altro po'», gli rispondo. «Dovremmo almeno verificare la sua storia».
John si alza e mi fissa con gratitudine.
«Levati quello sguardo dalla faccia», gli dico. «Non avrai mai il nostro perdono».
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