Capitolo 15 - Alec

Il mondo è tornato a colori, non c'è più solo il rosso del sangue.

Sbatto le palpebre confuso, una massa di capelli ricci mi ostacola la vista. Sento la rabbia che mi sono portato dentro per tutto questo tempo scivolare via da me, lasciando il posto a una strana calma. Qualcosa è cambiato: al collo mi ritrovo l'amuleto lasciatomi da mio zio Richard, che mi ha aiutato ancora una volta a risvegliarmi da questo incubo. Ricordo come mi sono sentito la prima volta che mi è stato messo: sono stato travolto dal rimorso.

Sono circondato da alcune persone, e la fanciulla che fino a pochi secondi fa era appesa alla mia schiena e mi circondava il collo con le braccia adesso è inginocchiata a terra sul corpo di un'altra, che giace a terra con la gola recisa.

Sono stato io a fare questo? mi chiedo con orrore, indietreggiando. Ma poi un ricordo si fa strada: voleva catturarmi, farmi del male. Tutti loro vogliono farlo. Mi preparo a scappare, ma uno dei giovani alza le mani in segno di resa e mi si avvicina lentamente.

«Ti prego, aspetta», mi implora sistemandosi gli occhiali sul naso. «Non vogliamo farti del male».

Sento la ragazza di prima singhiozzare mentre scuote il corpo riverso a terra.

«Lei era nella grotta, voleva catturarmi», mormoro esitante, continuando a indietreggiare. Non mi puntano strane armi contro, come hanno fatto gli altri, ma ciò non mi impedisce di dubitare di loro.

«Abbiamo trovato il diario di tuo zio», ribatte il giovane dai capelli strani. «Vogliamo salvare il nostro amico che è un vampiro come te, e soltanto tu puoi aiutarci. Per questo ti abbiamo ridato il medaglione».

Sono ancora titubante.

E se fosse una trappola?

Ma poi il mio sguardo si sposta sul corpo della ragazza che ho distrutto. Mi avvicino e la sua amica mi guarda di traverso. «Respira ancora?», le chiedo. Quel senso di colpa che non sentivo da ormai molto tempo si fa strada dentro di me ancora una volta.

Annuisce senza guardarmi. Con i denti mi strappo un brandello di pelle. «Voglio provare una cosa». Avvicino il polso reciso alla bocca della ragazza.

Fa' che funzioni.

La sento aprire la bocca per accogliere il sangue e la lascio bere quanto basta per darle un po' di forza: non so che effetti potrebbe avere su di lei. Ha aperto gli occhi, che sembrano chiari, e la sua voce è così bassa da sembrare un sibilo. Ma non è morta, non l'ho uccisa. Per la prima volta da quando sono diventato questo, ho salvato una vita invece di prenderla. Osservo la pelle della sua gola rimarginarsi grazie al potere curativo del mio sangue.

«Grazie», mormora la sua amica dai capelli ricci, e questo basta a non farmi pentire della mia decisione.

«Voi chi siete? E dove si trova questo diario?», li interrogo rialzandomi.

«Ti spiegheremo tutto, te lo assicuro. Ma devi venire con noi, dobbiamo andarcene subito da qui». Li guardo esitante e allora mi spiegano il motivo di quella richiesta: «Tra poco sorgerà il sole».

Posso fidarmi?

Dopotutto potrei sempre ucciderli se avessi il minimo sentore di tradimento. Annuisco e li vedo illuminarsi.

Quello dagli strani capelli sta cercando di prendere in braccio la ragazza che nel frattempo si è assopita. È così magro che riesce a malapena a sollevarla da terra.

«Faccio io», obietto, e lui si fida di me tanto da non protestare. «Dove andiamo?»

«Andiamo a recuperare la macchina e torniamo al motel».

Li guardo scettico.

Macchina? Motel?

La terza ragazza del gruppetto sorride e si avvicina a me mentre camminiamo. «Non hai capito nulla di quello che ha detto, vero?».

La guardo torvo, rimanendo in silenzio.

«Un motel è un posto con delle stanze per dormire, invece una macchina è un mezzo per spostarsi... Tra poco ti sarà tutto più chiaro».

Non ho ancora capito perché stiano facendo tutto questo: hanno parlato di un loro amico che è nella mia stessa situazione. Ma la nostra è una maledizione, non posso fare nulla per aiutarli.

Ci avviamo verso il centro della cittadina, e quando incrociamo le prime persone mi viene la nausea al pensiero di quello che ho fatto da quando mi sono risvegliato. Quante vite ho distrutto, uccidendo e squarciando la pelle di chiunque incontrassi? In quei momenti non esisteva nulla se non il sangue e il bisogno di esso. Il mio cervello era come spento.

Adesso mi trovo chissà dove, con persone che non conosco e che parlano in un modo che non riesco a comprendere. Niente di ciò che mi circonda ha senso per me.

«Posso sapere in che anno siamo?»

«Benvenuto nel XXI secolo», mi risponde il tipo dai capelli strani.

Spalanco gli occhi.

Quasi duecentocinquant'anni da quando quest'incubo è iniziato, penso esterrefatto.

Arriviamo nei pressi di una bizzarra scatola di metallo e uno di loro apre una porta. Dentro ci sono delle poltroncine su cui mi fanno segno di salire. Vi adagio la ragazza e mi accomodo vicino a lei, che subito mi appoggia la testa sulla spalla, ancora intontita. Sull'altro lato si siede la ragazza riccioluta, sulle sedie davanti ci sono gli altri tre.

«Non spaventarti, va bene?», mi rassicura la ragazza davanti. «È come una carrozza, solo un po' più veloce». Mi rivolge un sorriso caldo, ma le mie spalle sono tese appena questa dannata cosa inizia a muoversi da sola. Resto così per tutta la durata del viaggio, pronto a scattare al primo presagio di pericolo. La ragazza riccia accarezza la testa della sua amica e, dopo un tempo che mi sembra non finire mai, ci fermiamo davanti a un edificio basso, circondato dal nulla. Non ha niente a che vedere con il castello nel quale vivevo. Ci rifugiamo in una stanza proprio mentre la luce del sole inizia a fare capolino da dietro le montagne.

«Questo sarebbe un... molet?», chiedo guardandomi intorno. All'interno della stanza vi sono tre letti e una strana scatola nera è appoggiata su un mobile al centro; mi chiedo che funzione possa avere e soprattutto se riuscirò mai ad abituarmi a quest'epoca così diversa.

«Un motel», mi corregge il tipo con gli occhiali intanto che faccio distendere la ragazza su un letto. «Per prima cosa le presentazioni: io sono Andrew e loro sono Sophie, Seb, Alice, quella svenuta è Kris».

«Io sono Alec, ma questo voi lo sapete già. Volete spiegarmi cosa succede?».

Ci sediamo e Andrew si rivolge a me. «Credo che dovresti leggere il diario di tuo zio Richard, e poi ti racconteremo il resto». Mi porge un volumetto in pelle; lo apro e riconosco subito la grafia del mio amato zio. Gli occhi mi si riempiono di lacrime mentre ripercorro la nostra storia dal momento in cui sono venuto a conoscenza del mio destino dannato. Ho ucciso mia madre, ho perso l'amore della mia vita e mio figlio, tutto per una megera infernale e quei dannati Cacciatori.

Mi asciugo le lacrime e getto il libricino ai miei piedi.

Una delle ragazze, mi pare che Sophie sia il suo nome, mi poggia una mano su una spalla per confortarmi.

«Dunque i Cacciatori esistono ancora, dopo tutto questo tempo?».

Annuiscono mestamente.

«E quanti sono rimasti della mia razza?»

«Per quello che ne sappiamo, tu e Adam siete gli ultimi».

Gli ultimi?

Finalmente una buona notizia: ucciderò questo Adam e poi mi toglierò la vita, in modo che questa storia finisca una volta per tutte.

«Parlatemi di lui», li invito. Chissà se la sua esistenza è stata un inferno come la mia.

È Seb a raccontarmi di come i genitori di Adam siano stati uccisi dai Cacciatori quando lui aveva appena un anno, di come sia cresciuto da solo e di quando ha scoperto della maledizione, cercando invano di scappare. Come nel mio caso, i Cacciatori lo hanno intercettato prima che potesse far perdere le sue tracce.

«Lo hanno usato per risvegliarmi», rifletto a voce alta. «Ma cosa volevano da me?».

«L'amuleto racchiude un grande segreto». Andrew ripete le parole del diario. «I Cacciatori sono convinti al cento per cento che conduce a un tesoro di inestimabile importanza.».

«Non so nulla di alcun tesoro, sono spiacente».

«Noi non siamo interessati al tesoro», osserva Seb, guardandomi negli occhi. «Vogliamo solo salvare Adam».

«Non c'è nessun modo per salvarlo, non riuscite a capirlo? Guardatemi». Sospiro. «Sono passati secoli e io sono ancora... questo. C'è solo una cosa da fare se gli volete davvero bene».

«No!», mi interrompe Alice, che è rimasta in silenzio fino a ora. Non si volta, continua ad accarezzare la sua amica. «Non dirlo. Lei non lo prenderebbe nemmeno in considerazione».

«Non c'è molto che io possa fare per voi, a parte aiutarvi a trovarlo».

Lo ucciderò, con o senza il loro appoggio. Lui mi ringrazierebbe di certo: nessuno vorrebbe vivere questo tormento, cosciente o no, e se entrambi ci togliamo di torno non ci sarà il pericolo che altri di noi debbano attraversare questo inferno.

«Io e Sophie abbiamo preso la stanza accanto, andiamo a darci una rinfrescata», annuncia Andrew dopo qualche minuto di silenzio. «Ci vediamo tra un paio d'ore, così decideremo il da farsi».

Escono dalla stanza e io non so bene cosa fare.

«Ehi, amico, vuoi fare una doccia per ripulirti?», mi chiede Seb avvicinandosi.

«Una doccia?», ripeto aggrottando le sopracciglia.

«Vieni, ti faccio vedere».

Mi guida verso un'altra stanzetta, tutta ricoperta da mattonelle scure. C'è una sorta di cabina con all'interno un tubo. Muove una manopola e dall'estremità di quel tubo inizia a uscire dell'acqua. Sembra una magia.

«Questi sono alcuni vestiti puliti, se hai bisogno di altro chiedi pure», mi dice uscendo.

Mi tolgo questi abiti puzzolenti facendo attenzione all'amuleto e mi posiziono lì sotto. Imposto il massimo del calore, ma la mia pelle lo percepisce a malapena. Appoggio la testa al muro mentre l'acqua mi scorre addosso, portando via con sé il lerciume e il sangue accumulati in questi secoli. Vorrei che portasse via anche tutti i ricordi e il dolore, ma questa è un'utopia. Dopo non so quanto tempo, riesco a staccarmi da quel gradevole tepore e mi asciugo. Guardandomi al vetro appeso al muro, noto che i miei occhi sono tornati del loro colore originale.

Indosso gli strani indumenti che mi ha lasciato Seb, dei calzari blu di un tessuto che non ho mai visto e una specie di camiciola, e ritorno nell'altra stanza. Alice e Seb dormono abbracciati, la fronte liscia e libera dalle preoccupazioni, almeno per adesso. Mi avvicino all'altro letto, dove la ragazza di nome Kris si agita nel sonno. Mormora qualcosa che non riesco a comprendere. La osservo da vicino e le scosto una ciocca di capelli rossi dal viso. Quel gesto però la fa ridestare. Apre piano gli occhi e, quando li fissa nei miei, qualcosa cambia nella sua espressione.

«Adam!», strilla.

Sobbalzo per lo spavento e le faccio cenno di no con la testa. I suoi occhi ora sono spalancati e la delusione prende il posto di qualunque emozione stesse provando prima.

«Tesoro, tutto bene?», le chiede Alice.

«Scusa», balbetta. «È tutto okay, mi dispiace di averti svegliata. Torna pure a dormire». Si volta di nuovo verso di me. «I tuoi occhi...».

«Sono uguali ai suoi, non è vero?».

Annuisce sconsolata. Mi siedo accanto a lei, che a sua volta si mette a sedere tormentandosi le mani.

«Scusa per quello che ti ho fatto nel bosco», le dico d'impulso. «Non ero in me».

«È stata colpa mia. Dovevo distrarti in modo che si avvicinassero con il medaglione», mi risponde con un mezzo sorriso. «Ti hanno già raccontato tutto?»

«Sì. Questo Adam dev'essere davvero importante per te, per rischiare la tua vita in questo modo».

I suoi occhi tornano addolorati. «Lui avrebbe fatto lo stesso», dice soltanto, rimettendosi distesa.

«So che come me non è riuscito a superare la trasformazione», continuo. «Io vidi la donna che amavo e il nostro bambino felici senza di me, che si rifacevano una vita in un posto lontano. Non riuscii a sopportarlo». Non so perché le stia raccontando tutto ciò, ma è liberatorio. «Da allora non sono più stato me stesso, e posso immaginare quanto lui sia stato crudele con te quando vi siete incontrati dopo la trasformazione. Mi chiedo però cosa gli abbia impedito di superarla, vedendo quanto siete disposti a fare per lui».

«Ha frainteso quello che ha visto. Lui mi aveva lasciata senza spiegarmene il motivo, e quando è morta mia madre...». Rimane in silenzio per un po' e non voglio disturbarla. Quando penso che si sia addormentata, mi chiede: «Cosa si prova a essere... così?».

Sono disorientato. Non voglio che la sfiori il pensiero di diventare come me: ho visto molte persone scegliere di percorrere questa strada, e nessuna di esse ha passato un solo giorno senza pentirsene. «È orribile», le spiego. «È la sensazione peggiore del mondo. Non senti più nulla, solo il bisogno del sangue. Sacrificheresti la persona a te più cara in cambio di una sola goccia. Non lo augurerei nemmeno ai Cacciatori, per quanto desideri solo che soffrano il più possibile. Non pensarci nemmeno».

Abbassa lo sguardo. «Volevo solo capire come si sente lui».

«Torna a dormire, sei ancora debole», le dico aiutandola a stendersi meglio.

«Mi prometti che mi sveglierai non appena inizierete a decidere cosa fare?».

Le faccio segno di sì e la osservo cadere di nuovo in quel sonno agitato. Rimango così accanto a lei, nel caso dovesse svegliarsi e avere bisogno di qualcosa, e nell'attesa ripasso mentalmente il contenuto del diario. Qualcosa mi sfugge, ma non riesco a capire cosa.

✽✽✽

Seb è uscito poco fa per prendere da mangiare ed è rientrato in compagnia di Andrew e Sophie, che nel frattempo si sono cambiati i vestiti. Lei indossa un bell'abito colorato che ai miei tempi sarebbe stato scandalosamente corto, e porta degli orecchini lunghi. Seb sveglia Alice con un bacio sulla fronte e io mi avvicino per svegliare Kris, come promesso. Sento un fastidio alla bocca dello stomaco: presto avrò bisogno di nutrirmi. Sono terrorizzato all'idea di come farò, ma ci penserò più tardi.

«Qualcuno ha avuto qualche idea brillante?», esordisce Andrew, addentando del pane imbottito.

«Siamo ancora fermi al punto di partenza», risponde mestamente Alice.

Kris rimane in silenzio, seduta in mezzo al letto a braccia incrociate. Sembra più in forze e il suo colorito sta tornando roseo. Mi rigiro l'amuleto tra le mani: continuo ad avere la sensazione che ci stia sfuggendo qualcosa che abbiamo proprio sotto gli occhi.

«Dovremmo dividerci e cercarlo!», esclama Seb con foga. «Dovrà pur nutrirsi, perciò lascerà delle tracce. Credo che sia l'unica soluzione».

«E una volta trovato, che cosa faremo?», lo interroga Sophie. «Il medaglione era l'unica speranza di farlo rinsavire e lo abbiamo dato ad Alec sperando che potesse aiutarci, ma...».

Continua a parlare ma le sue parole perdono di significato.

Il medaglione.

Il medaglione è la chiave di tutto.

Racchiude un grande segreto.

Una scarica di adrenalina mi attraversa il corpo e mi fa balzare dalla sedia. «Come ho fatto a non arrivarci prima?», mi chiedo ad alta voce. Sento addosso a me gli sguardi allibiti dei miei compagni e non riesco a trattenere un sorriso. «L'amuleto racchiude un grande segreto», ripeto. «Credo che custodisca davvero qualcosa al suo interno!».

Kris balza dal letto e si avvicina a me, imitata da tutti gli altri. Esamino più da vicino l'amuleto che porto al collo e percepisco con le dita una piccola sporgenza, quasi invisibile. Applico una leggera pressione e la pietra si stacca, rivelando una cavità. Al suo interno troviamo un biglietto, accompagnato da una boccetta scura.

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