Capitolo 12 - Lei
Stiamo per morire, ed è tutta colpa mia.
Sento Alice piangere e Seb che cerca di consolarla, mentre guardiamo quella creatura alzarsi dalla cassa che lo ha tenuto prigioniero per chissà quanti secoli. I suoi capelli sono lunghi e scuri, pettinati all'indietro. Indossa una redingote scura sopra un panciotto, un pantalone che arriva fino al ginocchio e un paio di stivali di pelle.
Il capo di questa dannata setta sta urlando a uno dei suoi di liberarci, probabilmente per darci in pasto al vampiro appena risvegliato. C'è una vaga somiglianza tra di loro, credo siano padre e figlio. Lancio un ultimo sguardo verso Adam, che sembra stia cercando di rimettersi in piedi nonostante le corde che lo imprigionano e tutto il sangue che ha perso.
Ma non posso distrarmi: ormai il vampiro si è liberato e si guarda intorno alla ricerca di qualcuno da uccidere. Il tipo che avrebbe dovuto liberarci si avvicina invece a lui con l'arma spianata, ma l'altro è più veloce, gli spezza l'osso del collo e lo scaraventa per terra. Il cuore sembra uscirmi fuori dal petto alla vista di tutto quel sangue, il cui odore mi fa salire un conato di vomito che trattengo a fatica.
Inizia il caos. I Cacciatori si mettono a correre per cercare una via di fuga, ma il vampiro li raggiunge uno alla volta, squarciando le loro gole e bevendone il sangue. Mi volto verso lo stronzo che ci puntava contro il fucile e noto che anche lui sta scappando.
«Ragazzi, è il momento», dico agli altri appena riesco a slegarmi i polsi. Aiuto Alice a liberarsi mentre John e Oliver si guardano intorno. Seguo i loro sguardi e vedo il capo dei Cacciatori che, credendo di non essere visto, lentamente si avvicina all'uscita. Sembra però senza forze, come se non riuscisse a stare in piedi. Spero che sia paralizzato dalla carneficina a cui ha dato origine. Oliver lo raggiunge e lo trascina verso di noi, ed è allora che il vampiro si accorge della nostra presenza. Sento le gambe tremare e le forze abbandonarmi al pensiero che sto per morire. Lui, invece, si volta e scappa. Ora che è sazio, avrà pensato alla libertà che gli è stata rubata per troppo tempo.
Una pistola per terra attira il mio sguardo. Senza riflettere la afferro e con il calcio colpisco in testa il Cacciatore che stava cercando di scappare, il quale stramazza a terra senza nemmeno accorgersi dell'origine del colpo. Gli tolgo dalle mani il medaglione rubato al vampiro: dev'essere questa la causa di tutta l'operazione.
Alice corre ad abbracciarmi, però adesso il mio pensiero è solo uno: Adam. Lo cerco per tutta la grotta, ma sembra scomparso. Una piccola pozza di sangue si è formata vicino all'attrezzatura che hanno usato per prelevare il suo sangue, forse quando si è staccato tutto di dosso. Seb mi stringe la spalla per confortarmi. «Dobbiamo andare», sussurra con voce rotta.
Usciamo facendo attenzione a non fare troppo rumore, il vampiro potrebbe essere in agguato ovunque, e la luce accecante del giorno mi fa chiudere gli occhi per un momento. È una bella sensazione: ho avuto paura di non poter più sentire il sole sulla pelle.
Davanti a noi è parcheggiata un'auto, probabilmente di uno dei Cacciatori; Oliver rompe il vetro di un finestrino per aprire una delle portiere e John riesce a metterla in moto con i cavi. Alice si affloscia stremata sul sedile accanto al mio, ma il mio corpo non vuole saperne di rilassarsi. Ho troppa adrenalina in circolo e non riesco a non pensare a dove possa essere andato Adam. Come farà a nascondersi da tutta questa luce? Cerco di scacciare dalla mente la visione del suo corpo nascosto da qualche parte, in fin di vita, ma non ci riesco. Il meteo sembra tuttavia avere pietà di me e di lui, perché le nuvole coprono a poco a poco il sole e una pioggia leggera inizia a scendere.
«Spero che siate pronti a tornare a casa, ora che la vostra missione suicida è fallita», ringhia Oliver, che si è messo alla guida. John sale sul sedile accanto e ci mettiamo in viaggio.
Lo guardo in cagnesco, rigirandomi tra le mani il medaglione. «Ci avresti consegnati a loro pur di salvarti il culo», sibilo dal sedile posteriore. «Quello che se ne deve andare sei solo tu».
«Kris, ha ragione lui», ammette John evitando il mio sguardo. «Anche se Adam fosse riuscito ad allontanarsi da Alec, a quest'ora la luce del sole lo avrà ucciso».
«Potete andarvene entrambi, per quanto mi riguarda», ribatto guardando fuori dal finestrino.
✽✽✽
Quando arriviamo davanti al motel, la pioggia si è trasformata in un temporale. Scuoto leggermente la spalla di Alice per svegliarla e lei mi guarda per un attimo spaesata, prima di svegliare a sua volta Seb e scendere dall'auto. Arrivati in camera, mi accorgo che Oliver ci ha seguiti.
«Cosa ci fai ancora qui? Pensavo te ne volessi andare», lo interrogo alzando la voce.
«Andremo via dopo aver riposato qualche ora», interviene John. «Voi cosa avete intenzione di fare?», chiede rivolgendosi ad Alice e Seb.
Non so se riuscirei ad affrontare tutto questo se andassero via anche loro. Per fortuna Alice non mi lascia il tempo di pensare a quella prospettiva: «Finché non troviamo Adam non andiamo da nessuna parte. Siete liberi di andarvene, ci organizzeremo da soli quando vorremo tornare a casa. Ora andiamo in camera nostra, grazie per l'aiuto che ci avete dato», conclude prendendomi la mano e trascinandomi via. Sento Seb seguirci mentre scoppio a piangere.
Arrivati nella nostra stanza li abbraccio insieme, le loro lacrime si mescolano alle mie. Sono fortunata ad avere degli amici così, capaci di mettere la loro vita a rischio per me e Adam, anche se il senso di colpa per averli messi in pericolo non mi abbandona mai.
«Cosa facciamo adesso?», chiedo impaurita appena ci stacchiamo.
«Abbiamo accumulato troppa stanchezza, riusciremmo a fare ben poco. Cerchiamo di riposare qualche ora e poi penseremo a un piano», conclude Seb prima di accendere il televisore.
«Il Lake District si è svegliato circondato dal sangue», afferma una giornalista in diretta dalla piazza di Grasmere. Alle sue spalle, la scientifica sta delimitando una zona in cui si vede un corpo coperto da un lenzuolo. «Una scia di spaventosi omicidi ha fatto inorridire la popolazione, alla quale si raccomanda di non uscire di casa finché la polizia non avrà trovato i responsabili».
«È orribile», sussurra Alice.
Mi alzo per spegnere la tv e conservo il medaglione in valigia. «Non ci fa bene ascoltare queste notizie. Dobbiamo riposare», ordino ai miei amici con un tono che non ammette repliche, e dal mio sguardo capiscono di non poter ribattere. Mi appoggio alla poltrona invece loro si stendono sul letto. Non ho nessuna intenzione di dormire, non ci riuscirei nemmeno se lo volessi, ma loro ne hanno davvero bisogno.
Quando sento i loro respiri farsi regolari, mi alzo per prendere lo smartphone. Trovo una chiamata di Kathy e un messaggio di Riccardo, che mi chiede come sto. Li ignoro e cerco un sito per prenotare un'auto a noleggio: l'agenzia mi fa sapere che può essere qui in quindici minuti. Lascio un biglietto ai ragazzi, prendo il cappotto e scendo in strada sotto la pioggia. Il sole è finalmente nascosto del tutto dietro le nuvole, ma mi auguro comunque che Adam sia riuscito a trovare un riparo.
Vago per le stradine di Grasmere, sperando di avere la stessa fortuna che ho avuto ieri sera dopo che siamo arrivati, quando Adam mi è praticamente piombato addosso. Sembra passato un secolo. Ma le ore passano e non so dove altro cercarlo.
Sarà affamato? mi chiedo. Prego che stia bene mentre il paesaggio scorre attraverso i vetri, tutto uguale, o almeno così mi sembra. Provo ad accendere la radio, ma mi irrita sentire voci che parlano come se tutto stesse andando per il meglio, quindi la spengo.
Riesco a trovare la strada per il bosco che conduce alla grotta dentro la quale eravamo prigionieri e decido di parcheggiare e proseguire a piedi. Spero che Alec sia ormai lontano da qui. Non mi importa della pioggia, l'ho sempre amata, anche se ora rende più difficile distinguere il sentiero. Mi inoltro nella vegetazione, sussultando per ogni rumore che credo di sentire. D'un tratto gli alberi si aprono in una radura, nella quale la pioggia cade più fitta. Sto per tornare indietro quando mi accorgo di un'ombra. C'è qualcosa ammassato ai piedi di un albero e mi rendo conto che sono le carcasse di alcuni scoiattoli.
È stato Adam a fargli questo? mi chiedo con orrore.
O forse Alec?
Mi impongo di ritrovare la calma, e vedo una volpe scappare. Seguo la direzione da cui proviene e arrivo alle pendici di una piccola cavità scavata dalla natura. Al centro è seduta una figura vestita di nero, con la testa appoggiata sul petto. Non ho bisogno di vedergli il viso per capire che si tratta di Adam. Mi avvicino a lui senza esitare. I suoi occhi sono chiusi e le braccia ricadono senza forze lungo i fianchi. Un singhiozzo mi sfugge dalle labbra mentre gli accarezzo i capelli e lo stringo tra le braccia.
Non può finire così.
«Adam...», è tutto ciò che riesco a dire tra i singhiozzi.
Poi lo sento muoversi e, quando mi giro per guardarlo, sta cercando di aprire gli occhi iniettati di sangue. L'adrenalina ricomincia a scorrere nelle mie vene e con un sospiro di sollievo lo aiuto a tenere alzata la testa. Ha le labbra sporche, segno che ha cercato di nutrirsi; ma il sangue animale, a quanto pare, non è stato sufficiente nelle sue condizioni. Credo ci sia soltanto una cosa che potrebbe salvarlo, in questo momento. Mi faccio coraggio e gli avvicino il polso alla bocca, incerta sul da farsi. Ma i suoi sensi percepiscono l'odore e il suo corpo sembra sapere da solo come muoversi. Una fitta di dolore mi avverte che i suoi denti mi stanno lacerando la pelle, nutrendosi della mia forza vitale. Chiudo gli occhi cercando di resistere e lo sento riprendere vita lentamente, fin quando mi afferra le braccia per tenermi più vicina.
«Fermati», gli ordino quando credo di non farcela più.
Lui non accenna a smettere, e il bosco inizia a girarmi intorno. Per fortuna è ancora debole, quindi riesco a staccare il braccio dalle sue grinfie.
«Ancora», cerca di protestare appena mi allontano leggermente da lui.
Devo tenere a mente che non è più il mio Adam, per quanto gli somigli nell'aspetto. Questo Adam è pericoloso e se fosse nel pieno delle forze non esiterebbe a uccidermi. «Dobbiamo andarcene da qui, non possiamo rischiare che torni il sole».
Lui mi osserva, e il suo sguardo si fa ostile. «Non ho bisogno di te».
Mi spezza il cuore vedere il modo in cui mi guarda, e le sue parole mi fanno sentire ancora peggio, ma cerco di ignorare queste sensazioni. «Se non ce ne andiamo da qui morirai. Sei in grado di camminare?»
«Credo di sì», si limita a dire, guardandomi torvo con quegli occhi che ho tanto amato e che ora sono irriconoscibili. Cerca di sollevarsi, ma le gambe gli cedono e crolla di nuovo al suolo. Gli passo un braccio dietro la schiena e lo aiuto ad alzarsi. Ci avviamo lentamente in direzione della macchina.
Non riesco a credere di averlo trovato: non so cosa succederà adesso, ma insieme ad Alice e Seb troveremo una soluzione. La pioggia inizia a diminuire e qualche raggio di sole si fa strada tra le nubi. Lo copro come meglio posso con il mio cappotto, poi faccio ricorso alle mie scorte di energia per percorrere quest'ultimo tratto di bosco. Arrivati alla macchina, lo faccio sedere nel sedile accanto al mio e gli allaccio la cintura: non vorrei gli venissero strane idee e cercasse di scappare. Invece lui cade subito in un sonno profondo e si abbandona contro il sedile. Lo smartphone continua a vibrare senza sosta, mi siedo al volante e vedo il numero di Alice sul display, che segna dieci chiamate perse. Le scrivo che sto arrivando e metto in moto.
L'adrenalina inizia a far posto alla stanchezza mentre attraversiamo in fretta la città. Avere Adam qui vicino a me, nonostante non sia più lui, mi trasmette una certa tranquillità. Mi sforzo di tenere gli occhi aperti fin quando arriviamo al motel, poi lo aiuto a scendere dall'auto ma è ancora incosciente: gli darò un altro po' di sangue non appena arriveremo in camera, ma poi dovrò davvero riposare. Alice e Seb lo terranno d'occhio.
I miei piani vengono ben presto mandati a puttane: la porta della nostra camera è socchiusa e da dentro arrivano dei singhiozzi. Faccio appoggiare Adam sul letto e chiudo tutte le persiane, poi capisco che è Alice a produrre quei suoni. È seduta per terra con il viso tra le mani e si accorge a malapena che siamo entrati. Sento l'ansia aumentare sempre di più appena mi avvicino per abbracciarla.
«Seb è stato rapito», riesce a dire tra le lacrime.
No.
Non può essere, non adesso che Adam è qui con noi.
«Cos'è successo?», le chiedo tremando.
«Ci hanno seguiti... Erano un uomo e una donna. Sono entrati mentre dormivamo e l'uomo ha preso Seb senza darmi il tempo di reagire; la donna invece si è messa a frugare nella stanza fin quando ha trovato il medaglione. Li ho dovuti osservare che lo portavano via e non ho potuto fare nulla».
La stringo forte e mi maledico per essermene andata senza svegliarli e portarli con me.
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