Capitolo 2 - Lei
Nella mia vita ho fatto molti errori: alcuni hanno nome e cognome e sono impressi a fuoco dentro di me, ma questo non può esserlo. Mi rifiuto di accettarlo, nonostante le sue parole dure.
Adam se n'è andato da ormai più di una settimana e ha spento il telefono. Questa casa doveva essere il nostro rifugio, il posto nel quale nulla poteva affliggerci perché saremmo stati insieme ad affrontarlo. E invece adesso mi trovo qui da sola, a ripensare alla sua espressione furiosa che continua a tormentarmi notte e giorno. La notizia di una gravidanza porta solo gioia e felicità nelle coppie normali, ma forse è proprio questa la differenza: noi non siamo una coppia normale. Nel nostro passato e ora anche nel nostro futuro si prospettano solo morte e dolore.
Da quando l'ho scoperto sono terrorizzata e non riesco a reagire. E la fuga del mio ragazzo non mi è per niente d'aiuto. Perché non ha potuto starmi accanto e affrontare la cosa insieme a me? Perché il bisogno di allontanarsi da me è stato più forte di quello di stare insieme? Non abbiamo nessuna certezza di quello che ci aspetta e mille scenari mi si prospettano davanti, ognuno dei quali più spaventoso del precedente. Ma poi mi osservo allo specchio, posando una mano leggera sulla pancia che ancora non si vede, e la sensazione che qualcosa stia crescendo dentro di me mi infonde una strana calma. Ho affrontato di peggio, posso farcela.
Mi torna in mente Alec, il vampiro centenario che ci aveva aiutati a salvare Adam. Non faccio che pensarlo, mi manca così tanto. Dopo che Adam era guarito dal vampirismo grazie alla cura contenuta nel suo medaglione e dopo il mio risveglio dal coma, aveva deciso di porre fine alla sua esistenza. Non riusciva ad adattarsi al nostro tempo e in più, credendo di essere ormai l'ultimo della sua generazione, voleva mettere la parola fine. Peccato che il mio corpo avesse piani diversi. Se Alec sapesse cosa sta succedendo, sarebbe furioso, ne sono certa. Ma mi starebbe comunque accanto, senza scappare come ha fatto Adam.
Ravvivo il fuoco nel camino e mi distendo sul divano, troppo stremata persino per pensare. Chiudo gli occhi, concentrandomi solo sullo scoppiettio della legna nel camino e lasciando che il mio corpo si rilassi per quanto possibile. Sono tesa come una corda di violino da quando lui ha lasciato la nostra casa e non riesco a riposare in modo decente da allora, alternando un sonno inquieto e leggero ad una veglia ansiosa.
Dopo qualche minuto, però, il suono del campanello mi fa ridestare e mi alzo di corsa per andare ad aprire, pregando di vederlo sulla soglia. Oggi è il suo compleanno e avevamo deciso di andare a cena fuori per festeggiarlo. Almeno prima di scoprire di essere incinta già da quattro settimane e che quindi il nostro mondo venisse sconvolto per l'ennesima volta. Non siamo mai stati così tanto tempo lontani, almeno non volontariamente. Da quando l'incubo del vampirismo era uscito dalle nostre vite, ci eravamo promessi di non separarci mai più. Ma adesso il fantasma della paura è tornato, spaventoso e terrificante, e lui ha preferito scappare piuttosto che rimanere al mio fianco. Ho continuato a chiamarlo, ma il suo telefono risultava sempre irraggiungibile. Proprio come la felicità che pensavamo di aver trovato.
«Scusa, so di non essere chi ti aspettavi», mormora Alice notando il mio viso triste e stringendomi in un abbraccio.
«Sono felice che tu sia qui, sono stanca di stare da sola» sospiro facendo segno alla mia migliore amica di entrare. «Seb non viene?»
È appoggiato allo sportello dell'auto e discute con qualcuno al telefono. Il vento gelido muove i lunghi dread, coprendogli parte del volto.
«Sta parlando con sua madre, ha detto che ci raggiunge tra un attimo».
Ci sistemiamo sul divano e le avvicino la coperta sotto la quale mi sono rifugiata. Mi tormento le mani mentre lei si accarezza le punte dei lunghi capelli, che da poco porta lisci, con lo sguardo perso tra le fiamme nel camino.
«Vedrai che tornerà» cerca di tranquillizzarmi Alice, ma ripete questa frase da ormai una settimana. Evito il suo sguardo, facendo finta di crederle.
Nel frattempo Seb sbatte i piedi sul tappeto davanti alla porta d'ingresso per liberarsi le scarpe dalla neve e viene a lasciarmi un bacio veloce sulla guancia.
«È stato a casa dei nostri genitori» sospira accasciandosi sul divano. «È andato via questa mattina presto, senza dire dove fosse diretto».
«Almeno sappiamo che sta bene» ringhia Alice.
«Cosa ti ha detto tua madre?» gli domando, sentendo lo stomaco contorcersi sempre di più. Non so se essere sollevata che stia bene o furiosa perché continuo a non sapere dove sia.
«Si è presentato lì qualche sera fa bagnato dalla testa ai piedi» ci spiega. «Non ha raccontato il motivo per il quale era lì, ha detto solo che aveva bisogno di un posto dove stare tranquillo e pensare. I miei erano preoccupati, ma lui li ha pregati di non dire a nessuno dove si trovava. Stamattina ha deciso di andare via, ma non sapevano altro».
Alice si alza in piedi e inizia a vagare per la stanza. So che è arrabbiata e non vuole parlare male di Adam davanti a me, ma so anche che se ora lo avesse davanti sarebbe davvero pericoloso per lui. Un sospiro sfugge dalle mie labbra e mi alzo dal divano per avvicinarmi al fuoco.
«Perché non usciamo?» esclama Seb all'improvviso, attirando i nostri sguardi confusi. «Andiamo a fare un giro al Queen, stasera suonano degli amici del conservatorio. E sarebbe un modo per festeggiare il compleanno di Adam, anche se lui non c'è» aggiunge con una punta di tristezza.
Lo guardo stringendo le labbra. So che sta facendo tutto ciò per me, ma non riuscirei a godermi la serata. Non senza Adam.
«Non credo che...»
«Non è una cattiva idea» mi interrompe Alice, prendendo le mie mani tra le sue. «Hai bisogno di uscire un po' da queste mura, non puoi chiuderti qui dentro in eterno».
Abbasso lo sguardo e i miei pensieri prendono il sopravvento. Vorrei davvero riuscire a rilassarmi, ma il pensiero di Adam mi tormenta. «E se lui dovesse tornare quando sarò fuori? Ora sappiamo che è andato via da casa dei suoi genitori, magari sta tornando qui proprio adesso».
«Sei rimasta qui ad aspettarlo per più di una settimana, se dovesse tornare non gli farà male attendere un po'» sbruffa Alice.
«Staremo via poco, promesso!» dichiara Seb.
Cerco con lo sguardo Alice, che annuisce e mi sorride, riuscendo a convincermi come solo lei sa fare.
«D'accordo, vado a fare una doccia e poi usciamo.»
*****
La musica assordante colpisce le mie orecchie mentre mi faccio strada tra la folla del Queen. Seb si allontana per salutare alcuni amici e Alice mi trascina verso i divanetti nel lato sinistro del locale.
«Dio, come vorrei una birra in questo momento!» sospiro.
«Stasera mi comporterò bene e non berrò, ma non ti aspettare che ti faccia compagnia per altri otto mesi senza poter toccare un sorso d'alcool. Insomma, ti voglio bene, sorella, ma ti sosterrò in qualche altro modo» risponde trascinandomi in una risata.
Otto mesi: sembrano un tempo infinito. Spero solo di non dover affrontare tutto questo senza Adam. Continuo a dubitare di esserne in grado. Vivere senza di lui, poi, non mi sembra neanche un'opzione. Abbiamo rischiato entrambi la vita solo un anno fa, lui sa di cosa siamo capaci. E allora come ha potuto andarsene?, mi ripeto per l'ennesima volta, sentendo la rabbia montarmi dentro.
La mia migliore amica si accorge del mio viso incupito e mi afferra per un braccio. «Basta rimuginare, andiamo a fare un giro.»
In questo momento vorrei solo tornare a casa e rifugiarmi sotto le coperte, ma mi impongo di seguirla mentre si dirige verso i tavolini vicino al bar.
«Ben arrivate, ragazze!» ci accoglie Stella, la ragazza che abbiamo assunto da poco. Gli affari stanno andando bene e Eddie aveva bisogno di aiuto al bar, che io e Alice non siamo per niente in grado di gestire al contrario della parte libreria. «Cosa vi preparo?»
«Due bicchieri di Coca Cola, per favore» le chiede Alice. «E mettici una di quelle cannucce colorate per Kris, dobbiamo risollevarle l'umore».
Alzo gli occhi, trattenendo una risata, e iniziamo a bere le nostre bibite.
«Sai, oggi stavo pensando a Alec» le confido tornando seria.
La mia amica stringe le labbra. «Manca a tutti noi».
«Immagina se sapesse che sono incinta».
«Credo che ridurrebbe Adam in tanti piccoli pezzettini» ridacchia lei.
Poi nota la mia espressione funeraria e aggiunge «ma farebbe qualsiasi cosa per aiutarvi, ne sono certa».
Annuisco e ascoltiamo per un po' la band che suona sul palco: Seb ci ha spiegato che sono una cover band dei Linkin Park e devo ammettere che sono davvero molto bravi.
Hanno appena finito di suonare Leave out all the rest, una delle mie preferite, e voltandomi mi accorgo di una ragazza dai capelli scuri che barcolla aggrappandosi al bancone del bar. Vorrei avvicinarmi e accertarmi che stia bene, quando il cantante fa spegnere le luci e chiede al pubblico di illuminare la sala con gli accendini o con qualunque cosa che faccia luce. È stupendo: decine di piccole lucine si muovono in aria come un cielo stellato, facendomi dimenticare qualsiasi cosa stessi pensando.
Poi le corde di una chitarra iniziano a suonare, ma stranamente il suono non arriva dal palco. La luce di un faro si accende infatti su uno degli ingressi, illuminando Seb che con un sorriso smagliante avanza nella sala muovendo le dita sulle corde della sua chitarra acustica. Ha indossato una giacca sulla maglietta colorata e sarebbe alquanto comico, se non fosse seguito da Adam.
Anche lui indossa una giacca sui soliti abiti scuri e si riavvia inquieto i capelli neri, guardandosi intorno. Quando quegli occhi color ghiaccio che non smetterò mai di amare trovano i miei, le sue labbra si incurvano in un sorriso nervoso. Sbatto gli occhi incredula e gli corro incontro, incurante delle altre persone che ci osservano curiose e dimenticando per un momento la rabbia che provo nei suoi confronti per essere andato via, ma Seb si mette in mezzo arrestando la mia corsa.
«Un momento, signorina», sorride. Lo guardo confusa, ma poi si sposta di lato e lascia il posto ad Adam, che lentamente si inginocchia davanti a me, estraendo una scatolina scura dalla tasca della giacca.
Non posso crederci. Sta davvero succedendo quello che credo? mi chiedo incredula con il cuore che mi martella nel petto.
«Kris Evans, so di non meritarti» esordisce guardandomi negli occhi «e so anche che stando con me sarai costretta ad affrontare mille difficoltà, forse più grandi di noi; ma sposami e le affronteremo insieme».
Apre con dita tremanti la scatolina, che rivela un anello delicato con al centro un diamantino scintillante, e io mi sento come paralizzata: avverto il fiato sospeso della gente intorno a noi e non riesco a muovermi o a frenare le lacrime che mi rigano il viso.
«Dovresti rispondere, tesoro» mi sussurra Alice all'orecchio, asciugandosi gli occhi e stringendomi un braccio.
Riesco a scuotermi e mi inginocchio vicino ad Adam, prendendogli il viso tra le mani. «Voglio passare tutta la mia vita con te, qualunque sia il prezzo da pagare».
Un sorriso gli illumina il viso, mentre mi infila l'anello all'anulare e mi solleva tra le braccia. Un boato seguito da un applauso si leva nel locale e in questo momento ogni problema è sparito, rimandato a domani. Le labbra di Adam si posano sulle mie e tutto torna al suo posto.
Dopo aver accettato le congratulazioni da praticamente tutta la gente presente, andiamo a sederci di nuovo vicino al bar. Non riesco a smettere di sorridere e Adam mi stringe la mano, emozionato quanto me.
Guardo i nostri amici, emozionati quanto noi, e la consapevolezza mi colpisce in pieno. «Voi lo sapevate!» realizzo, ripensando al loro escamotage per farmi uscire. «Come avete fatto a tenere questo segreto?»
«Io ero all'oscuro di tutto» alza le mani Alice.
Seb scoppia a ridere. «Questa serata era già programmata da diverso tempo, ma non ero sicuro che lui si sarebbe presentato dopo quello che è successo. Ho tentato la sorte portandovi qui stasera. E ti avrei ucciso a mani nude se non fossi venuto» punta un dito contro Adam.
Mi volto stupita verso quello che sarà il mio futuro marito e un ghigno increspa il suo viso.
«Lo avevo deciso prima di sapere... prima che tu mi dessi la notizia. Ma sappi che non ho mai pensato di cambiare idea». Mi accarezza il viso e mi godo quel contatto che mi è mancato così tanto.
«È il tuo compleanno, avrei dovuto fartelo io il regalo» gli sussurro.
«Sei tu l'unico regalo che voglio». Poi fa un cenno verso destra. «E ora ci sono due persone che vogliono salutarti».
Mi guardo intorno, mentre un uomo e una donna di mezz'età si avvicinano al nostro tavolo. «Kris, ti ricordi Elisabeth e Richard Murphy, i miei genitori?»
«Chiamami Liz, ti prego» esclama la donna, avvicinandosi per abbracciarmi. Non ho avuto difficoltà a capire il perché Adam è così affezionato a loro: sono due persone meravigliose, che ci mettono subito a loro agio.
«Ciao anche a te, Alice». La mia amica arrossisce dalla fronte fino al collo, mentre anche lei riceve un abbraccio. Richard posa le braccia sulle spalle dei ragazzi, con un sorriso orgoglioso sul volto. «Le nostre congratulazioni, ragazzi».
So che dovrei godermi questo momento, ma il mio desiderio adesso è soltanto uno: rimanere da sola con Adam. E credo che lo voglia anche lui, dal momento che continua a fissarmi nonostante gli altri gli parlino.
«Andiamo a casa, amore?» mi chiede finalmente e io annuisco.
Dopo aver salutato tutti ed esserci accordati per incontrarci domani e pranzare tutti insieme, mi prende per mano e mi guida fuori dal locale, dove ci attende la sua Triumph nera. Ci infiliamo il casco e partiamo verso casa, rimanendo in silenzio. Il freddo mi aiuta a mantenere la mente lucida: nonostante quello che è successo stasera, il discorso che dovremo affrontare tra poco non sarà per niente facile. Ma sapere che Adam è tornato e vuole passare la sua vita con me rende tutto più sopportabile.
Finalmente imbocchiamo il vialetto che porta nella nostra villetta. È una costruzione piccola, con due camere da letto, di cui una adibita a studio e utilizzata da Adam nei momenti in cui scrive, un bagno e una cucina open space, nella quale ovviamente non manca il caminetto nell'angolo utilizzato a mo' di salotto. Adam evita il mio sguardo e si avvicina ad accendere il fuoco, mentre io sprofondo nel divano.
«Riuscirai mai a perdonarmi?» sussurra voltandomi le spalle.
Mi si stringe il cuore: so quanto debba sentirsi in colpa; ci eravamo promessi di non separarci mai più, non dopo quello che era successo l'anno scorso.
«Vieni a sederti qui» gli faccio posto e aspetto che si avvicini per stringermi a lui, che inizia a giocherellare con i miei capelli. Gli sollevo il viso per portare il suo sguardo di ghiaccio all'altezza del mio.
«So che ne avevi bisogno, lo capisco».
«Non avrei dovuto, te lo avevo promesso» mi interrompe. «È solo che mi sono sentito di nuovo come un anno fa, quando ho scoperto quello che sarei diventato, e non potevo accettare di far vivere tutto quel dolore ad un'altra persona e di farlo rivivere a te».
«Adam, questo bambino non è colpa tua. Troveremo una soluzione e comunque non dovrà affrontare tutto da solo come hai fatto tu».
Scatta in piedi e inizia a tormentarsi i capelli, tirandoli all'indietro.
«Ma io non voglio che lo debba affrontare!» esclama camminando in cerchio davanti al fuoco. «Perché dobbiamo rovinargli la vita? Potremmo adottare tutti i bambini che vuoi, ma ti prego...»
Mi alzo in piedi anche io, sentendo la rabbia montarmi dentro. Non posso credere a quello che sta dicendo.
«Un'ora fa mi hai chiesto di sposarti e hai detto che avremmo affrontato tutto insieme, era solo una bugia? Non volevi deludere Seb che aveva organizzato la serata?» gli urlo contro, sentendo le gambe tremare.
«Credevo che avresti ragionato e capito che è da egoisti quello che vuoi fare!»
«E allora sono un'egoista, proprio come lo è stata tua madre» replico con improvvisa freddezza. Poi fisso il luccichio della pietra che adorna la mia mano, e il mio cuore perde un colpo. «Forse dovevi pensarci meglio prima di darmelo. Se queste sono le condizioni, puoi riprendertelo». Mi sfilo l'anello dal dito e corro nella nostra camera da letto, senza dargli il tempo di ribattere.
Mi chiudo la porta dietro le spalle e lascio scendere le lacrime cariche di rabbia e dolore che ero riuscita a tenere a bada. Non avevamo mai discusso così, è stato terribile. Vorrei solo buttare giù la porta e correre da lui, ma non posso mollare adesso. Non ho intenzione di rinunciare alla vita che sta crescendo dentro di me. Ma il pensiero di perdere l'uomo che amo più della mia stessa vita mi terrorizza. Come potrei affrontare tutto questo senza di lui? Quando l'ho incontrato la mia vita era terribile, ero chiusa nel mio mondo, rifiutandomi di fare entrare chiunque. Ma lui aveva sfondato quei muri che avevo eretto, riportandomi in vita. E adesso sta davvero per finire tutto? Mi infilo sotto le coperte e singhiozzo fino a cadere in un sonno tormentato.
*****
Mi sveglia il rumore di una porta che sbatte.
È ancora notte, la luce della luna illumina fiocamente il davanzale e il bordo del letto. Mi butto una trapunta sulle spalle e decido di uscire, impaurita al pensiero che lui se ne sia andato di nuovo. Il fuoco è quasi spento e di Adam non c'è traccia. L'anello è ancora poggiato sul tavolo della cucina e il bagliore del fuoco risplende sulla pietra lucida. Odio non poterlo tenere al dito e detesto questa situazione.
Il terrore mi fa tremare le gambe, ma decido di controllare fuori dalla porta se la sua moto è ancora nel vialetto. Fortunatamente non devo andare lontano. Lo trovo seduto sui gradini all'ingresso intento a fumare una sigaretta, con accanto un posacenere ricolmo. Il fumo esce dalla sua bocca in piccoli cerchi e l'aria gelida gli accarezza la pelle nuda delle braccia. Da quando non è più un vampiro la sua pelle non è più gelida come un tempo, ma la sua resistenza al freddo non è mai mutata. Continua a non aver bisogno di coprirsi come il resto delle persone.
Si volta sentendo la porta aprirsi e poi abbassa gli occhi, guardando di nuovo verso la strada. Mi siedo accanto a lui, appoggiando la testa sulla sua spalla.
«Mi dispiace per quello che ho detto» sussurro.
«Anche a me» replica lui spegnendo l'ennesima sigaretta e soffiando via il fumo.
«Pensavo te ne fossi andato di nuovo...»
«Avevo bisogno di fumare e non volevo farlo dentro» si giustifica continuando ad evitare il mio sguardo.
«Non sapevo che avessi ricominciato».
«Non l'ho fatto, è stata solo una ricaduta».
Rimango in silenzio. So che entrambi non cederemo, quindi devo essere forte.
«Non vuoi più sposarmi, non è così?» mi chiede in un soffio. Sento che sta trattenendo le lacrime e cerco di essere forte per entrambi.
Sollevo la testa dalla sua spalla e gli prendo il mento tra le dita, facendo rivolgere i suoi occhi nei miei. «Dicevo sul serio quando ho detto che volevo passare la mia vita con te. Ma non me la sento di abortire e crescerò questo bambino con o senza di te. Spero solo che tu voglia farlo con me».
Adam impallidisce di fronte a questa prospettiva. Non voglio dargli un ultimatum, ma non posso obbligarlo a fare qualcosa che non vuole, per quanto il solo pensiero di lasciarlo mi faccia morire dentro. Io e lui abbiamo condiviso troppo perché le cose finiscano così. Non voglio accettarlo, ma forse sarò costretta a farlo.
«Possiamo riparlarne domani?» mi chiede deglutendo.
Annuisco, gli poso un bacio sulla fronte e corro dentro prima di scoppiare in lacrime per l'ennesima volta.
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