Capitolo 4
La squadra di manutenzione era composta di quattro persone. Manutentori specializzati che si spostavano lungo i binari per riparare i guasti. Erano in una zona verde di campagna contorniati da alti alberi a diversi chilometri dal centro abitato più vicino. Il macchinista dell'ultimo convoglio che aveva percorso quel tratto di binario, aveva fatto una segnalazione, qualcosa in quel tratto non funzionava bene. Prontamente la centrale operativa aveva mandato la squadra a controllare. Una porzione di rotaie posata sulla traversa aveva ceduto leggermente, facendo cambiare l'inclinazione al punto che il macchinista se ne era accorto lanciando l'allarme. Stavano riparando il problema, approfittando dell'assenza di convogli in quel momento, quando uno di loro si allontanò per un bisogno impellente. Fu a quel punto che la vide. Adagiata su un manto di foglie, nascosta da un folto cespuglio di rovi, c'era il corpo senza vita di una giovane donna. Immediatamente lanciò un urlo facendo accorrere i colleghi. La ragazza, a prima vista, sembrava riposare.
***
La sua vita continuava monotona come sempre. Dopo l'incontro con Isabella, per due giorni, non aveva più parlato con nessuno ad esclusione del suo avvocato durante una telefonata durata pochi minuti. Anche la cassiera del piccolo supermercato dove faceva la spesa si limitava ad occhiate indagatrici, sembrava che avesse scritto sulla fronte "sono colpevole". Le giornate scorrevano lente e le nottate invece cariche di duro lavoro. Ma non si sarebbe lamentato, quel lavoro, anche se pesante, gli dava una parvenza di normalità e soprattutto sapeva che non avrebbe trovato altro non potendo praticamente nemmeno frequentare gli uffici di giorno.
Poi successe qualcosa. La terza notte di ritorno dal lavoro, salendo sul vagone del solito treno, la vide seduta che guardandolo gli sorrideva. "Guarda chi c'è" Si avvicinò sedendosi accanto a lei mentre il treno riprendeva inesorabile il suo percorso «non avevamo detto che non saresti più uscita a quest'ora?» sorrise anche lui. "Ma smettila che speravi di incontrarla" Era contento di vederla e soprattutto di poter scambiare qualche parola con lei, come una persona normale senza pregiudizi o costrizioni.
«Tranquillo paparino se il treno non si ferma per qualche guasto, questa volta riesco a prendere l'autobus in tempo» rispose Isabella prendendolo in giro «comunque anche io sono contenta di vederti»
"Si vedeva così tanto" pensò Leonardo «davvero lo dico per te, corri dei rischi la notte» ripensando alla notizia di quella ragazza trovata morta nella sua casa. Era sincero e lei lo notò, tanto è vero che non se la prese come la prima sera.
«Non faccio molta strada, il mio ragazzo abita vicino alla stazione e quando scendo dal treno prendo il pullman che mi porta sotto casa»
«Se non lo perdi» aggiunse lui con un leggero tono di rimprovero
«Se dovesse capitare, ora so che ci sei tu» facendogli la linguaccia
Leonardo sorrise «ci rinuncio con te è una battaglia persa» affermò
Lei rise di gusto «finalmente lo hai capito, ci sei arrivato prima tu dei miei genitori»
In effetti non aveva detto una inesattezza, visto l'età che aveva, poteva essere suo padre. Avrebbe compiuto i quaranta tra pochi mesi, anche se quella vita che ricordava si era fermata il giorno del suo arresto.
Isabella continuò «come mai sei salito qua?»
«Lavoro da quasi quattro mesi in una multinazionale che si trova in questa cittadina»
«Sempre di sera?»
«Rigorosamente di sera, faccio le pulizie quando gli uffici sono vuoti così non posso violentare nessuno» cercava di essere sarcastico ma il risultato che venne fuori non era piacevole
«Non è una bella cosa che hai detto»
«Hai ragione ma purtroppo è la verità»
Lei si spostò leggermente per guardare i suoi occhi «quando finirai di scontare la tua pena?»
«Quando riuscirò a riprendermi la mia vita»
«E quando succederà?»
«Tra quindici giorni ci sarà il ricorso, spero che l'esito sia positivo, il mio avvocato è riuscito a scoprire alcune cose sulla mia ex moglie e a smontare parecchie accuse nei miei confronti» la guardò con un leggero luccichio negli occhi «ci spero davvero. Sarebbe l'inizio della mia risalita»
«Credo che tu sia un uomo buono e che non meriti tutto quello che ti è successo»
«Grazie Isabella»
Per qualche istante rimasero in silenzio a fissare i finestrini bui della notte che scorreva fuori. "Non startene lì impalato, di qualcosa" Alla fine Leonardo parlò nel tentativo di riaprire la conversazione. Ci viveva costantemente nel silenzio, non lo voleva anche tra di loro «come va con il tuo ragazzo?»
«Tra noi dici o vuoi sapere di lui?»
«Tra voi»
«Non lo so sinceramente» si fermò un attimo come a ricordare «prima che lo fermassero e lo condannassero per possesso e spaccio andava sicuramente meglio»
«Quanto gli hanno dato?»
«Due anni, ma ha fatto sei mesi dentro e il resto ai domiciliari. Il suo avvocato ha cercato di fare recedere l'accusa a lieve entità ma non ci è riuscito completamente»
«Perché dici che andava meglio prima?»
«Perché dopo che è uscito dal carcere sembrava diverso, quei sei mesi lo hanno cambiato e io sinceramente spesso non lo riconosco, faccio fatica»
«Il carcere spesso fa questo effetto» disse ricordando la sua detenzione e ciò che aveva dovuto subire
«Già» sospirò Isabella
«Devi avere pazienza se vuoi davvero stare con lui, devi dargli tempo»
«Lo so, me lo sto ripetendo spesso, ma non è sempre facile» alzò lo sguardo per puntarlo nei suoi occhi «io vado da lui di nascosto, i miei non sanno nemmeno che ci vado altrimenti non me lo permetterebbero, quindi anche in casa non è semplice, devo inventare un sacco di palle e fare i salti mortali e se poi lui si comporta in quel modo io... » si fermò come a cercare le parole giuste «io non so più» finì la frase quasi con rassegnazione.
Sembrava così indifesa in quel momento. Ne fu quasi sorpreso. Isabella normalmente dava la sensazione di essere molto più grande dell'età che aveva e non solo nell'aspetto fisico ma soprattutto nel parlare, nei modi di fare. Era decisa sicura e quella improvvisa fragilità lo lasciò per qualche istante sbalordito. Per la prima volta si rese conto davvero dell'età che aveva, comprendendo che in fondo era ancora solo una ragazzina con le sue insicurezze e la sua voglia di crescere. Chissà se anche sua figlia viveva le sue stesse fragilità?
«Non ti conosco molto» disse Leonardo «ma non mi sembri una che ha problemi nel dire ciò che pensa»
«Infatti non ne ho» rispose lei
«Quindi hai affrontato questo argomento con lui?»
«Si ma non ne ho ricavato nulla. Lui non si rende conto di come sia diverso»
«Allora cosa vuoi fare?»
Sorrise «in questo momento andare a casa» era esausta
Leonardo guardò fuori riconoscendo il paesaggio buio «ci siamo quasi» l'ora con lei era volata, non se ne era nemmeno accorto.
Il treno rallentò entrando in stazione e loro si alzarono avviandosi alla porta.
«Quanto ci mette l'autobus ad arrivare a casa?» chiese lui
«Circa venti minuti»
"Accompagnala, in macchina in cinque minuti sei a casa"
Aveva la tentazione di chiederle se voleva un passaggio, ma sapeva a cosa sarebbe andato incontro se la polizia lo avesse fermato.
"È troppo rischioso"
"Codardo"
«Ti seguo con la macchina» disse mentre le porte si aprivano
Lei lo guardò «sei davvero preoccupato per me?» sembrò sorpresa mentre si incamminavano lungo il marciapiede
«Tanto devo fare la tua stessa strada e a casa non ho nessuno che mi aspetta» rispose camminando al suo fianco «qualche minuto in più non mi cambia la vita».
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