Capitolo I - Suoni Bianchi
Capitolo I - Suoni Bianchi
Tra tutti i suoi amici, Will è quello che abita più vicino a casa di Dustin e, per quanto lui si sia proposto di andare a casa dell'amico, questo ha deciso premurosamente di non farlo muovere dalla propria abitazione, anche perché si sono appena trasferiti in una nuova abitazione e Joyce, sua madre, sembra più fuori di testa del solito, impegnata tra scatoloni e pulizie che paiono infinite.
Da come ha insistito nel voler essere lui quello che si sarebbe mosso, sembra quasi che Dustin lo abbia salvato da un'apocalisse domestica, invitandolo a casa sua e, quando è arrivato e gli ha sorriso non appena ha aperto la porta, non può non ammettere di essersi sentito meglio.
Dustin gli è grato, perché Will è la persona più sensibile e pragmatico di tutti loro e, come sempre, dimostra di saper capire quando non è un buon giorno e, per lui, non lo è da settantadue ore. Forse, però, a pensarci bene, non lo è per nessuno, ad Hawkins. Eppure Dustin ha la sensazione che, tra tutti quanti, sia l'unico ad aver voglia di parlare di Eddie e della sua morte, sebbene si senta nell'aria il bisogno che tutti hanno di farlo. Sa che c'è un motivo, se nessuno ci riesce, e quel motivo sono di certo i sensi di colpa. Non vede Steve dal giorno in cui hanno raccattato le loro cose per portarle al centro di beneficenza allestito all'interno della palestra scolastica. Ormai si è rintanato lì con Robin, alla ricerca forse di un riscatto, di una distrazione; forse aiutare gli altri sta in qualche modo alleviando il dolore che provano. Ma Dustin ha la sensazione che quel cretino del suo amico adulto non voglia confrontarsi con lui per nessuna ragione, a prescindere da tutto. Come se non potesse sostenere l'idea che l'argomento Eddie possa uscire fuori.
Nancy, invece, ha ritrovato Jonathan, ma le cose tra loro sono strane. Forse si sono allontanati troppo, e non solo per via della distanza che li ha divisi per un anno intero. Forse c'è altro, e Dustin sa che di mezzo c'è anche il sottosopra e il fatto che, a suo modo, li ha cambiati tutti. Motivo per cui non se l'è sentita di chiamare lei anche se, forse, insieme a Will sarebbe stata l'unica a capire e a cercare di rimetterlo sulla giusta carreggiata. E lo sa nel profondo che non è quello che vuole.
Will, invece, è rimasto lo stesso di sempre e Dustin, sebbene si senta come se qualcuno gli avesse preso la testa e l'avesse accartocciata come un pezzo di carta da gettare via, sa di non essere cambiato poi così tanto nemmeno lui, nel corso degli anni, e questo lo conforta un po'.
«Non cambiare mai, Dustin Henderson.»
Sobbalza, al ricordo di quella frase, e si passa un dito sotto al naso. Will, seduto accanto a lui sul suo letto, si sporge per guardarlo con una silenziosa preoccupazione a riempirgli gli occhi sempre un po' mesti, sempre un po' malinconici, ma mai privi della luce che lo contraddistingue quando è con i suoi amici.
«Dustin?»
«Scusa. Ogni tanto, lo sai, il pensiero torna lì.» Evita il contatto visivo.
«Lo immagino», dice Will, annuendo leggermente, poi sorride. «Mi sarebbe tanto piaciuto conoscerlo, sai?», ammette poi, e dà voce a uno dei desideri più ardenti di Dustin. Avrebbe voluto che Will e Eddie potessero conoscersi, una volta finita quella storia. Era il suo desiderio più grande. Si era fatto una promessa, e l'aveva fatta anche a Eddie.
«Devi conoscere Will, ti piacerebbe! È un degno compagno di D&D, un giocatore esemplare. Andreste d'accordo!»
«Un'altra pecorella smarrita da salvare, eh?» Ha sorriso Eddie e lui gli ha dato una gomitata.
«No, Will non ha bisogno di essere salvato. Lui sa salvarsi da solo, lo ha sempre fatto!»
Ed è una cosa che ha sempre pensato, il fatto che Will, alla fine, quando è sparito quel 6 Novembre del 1983, è rimasto in vita nel sottosopra grazie alla sua volontà, e non di certo per merito loro. Non del tutto, almeno. Dustin è certo che, il loro contributo, sia stato solo marginale. Il grosso lo ha fatto lui, e lo ammira per questo.
Will il saggio. Ha l'impressione che questo titolo, ormai, gli calzi a pennello in ogni situazione. Forse per questo ha voluto vedere lui e non Mike, o Nancy. O Steve.
«Lo avresti adorato.»
«Ne sono assolutamente certo e... sai», esordisce Will. Si morde il labbro inferiore, poi infila le mani nelle cosce strette e sembra a disagio. Balbetta qualche parola e poi, come se gli fosse tornato il coraggio e avesse minuziosamente pensato a cosa dire e come dirlo, si volta di nuovo a guardarlo e Dustin vede, nei suoi occhi, qualcosa che non sa spiegare. «Quando sono andato via, per trasferirmi in California... ho fatto una promessa a Mike. Gli ho detto che non avrei mai preso parte a nessun nuovo gruppo di D&D, perché il nostro era impossibile da rimpiazzare. Quando poi mi ha detto di aver conosciuto Eddie e che avevate trovato nuove persone con cui giocare ho...»
Will si blocca. Non cede al contatto visivo, solo che gli ha tremato la voce, e Dustin sa benissimo quali sono i sentimenti che ha provato, perché ci ha pensato pure lui, a quella promessa, e si è sentito un traditore, sebbene non ne fosse implicato.
«Mi dispiace, Will. Per quello che può contare.»
Non sei tu a doverti scusare, sembrano dire le labbra di Will, anche se sono ancora chiuse, poi però si affretta a rispondere con un diniego della testa e quell'agitazione tutta sua di quando si sente in difetto, anche quando non lo è.
«Mi ha dato fastidio solo per un po' ma... quando ci sentivamo al telefono, io e te, e mi raccontavi tutto e ogni volta mi ricordavi quanto avresti voluto che ci fossi anche io e lo dicevi con quel tono sincero – Dustin, io ero felice. Sono felice che sia successo. Intendo l'aver messo su un gruppo nuovo di D&D mi ha fatto pensare che, se non l'aveste fatto, probabilmente ora Eddie sarebbe comunque morto, magari per colpa di quelli che gli davano la caccia, e nessun amico avrebbe tentato di salvarlo.»
Dustin non sa che dire. Ha questa sensazione nel cuore che Eddie non se ne sia davvero andato, ed è forte in mezzo al petto, ma le parole di Will hanno qualcosa di magico; sembrano dette davvero da un saggio mago millenario, che non lascia niente al caso. Non aveva pensato a quella prospettiva, ma Will gliel'ha piazzata davanti esattamente come poteva essere. Hanno salvato Eddie, perché in ogni caso avrebbe passato l'inferno; solo che, almeno gli ultimi giorni di vita, li ha vissuti come un eroe, sebbene lo sappiano solo loro ma... forse va bene così. Forse Hawkins non merita di conoscere Eddie ora che è non c'è più, se non ha voluto farlo quando c'era.
Sente le lacrime agli occhi e si affretta ad asciugarle con il dorso della mano e Will gli posa goffamente una mano sulla spalla, sorridendo.
«Scusa.»
Dustin gli fa cenno di non preoccuparsi. «No, no. Io non... semplicemente non ci avevo pensato e quindi mi hai preso un po' alla sprovvista ma è okay. Alla grande. È okay.»
«No, non è okay e puoi parlarmene, Dustin. Sono qui per questo. Parlami di lui, se vuoi o di qualunque altra cosa. Sarò felice di ascoltarti.»
Passano secondi interminabili a guardarsi e Will rispetta il suo silenzio, ma Dustin sa che non c'è una vera e propria quiete, in quel momento. I pensieri di entrambi sembrano volare nella stanza come tante zanzare che fanno rumore e pungono, fanno male e lasciano il segno. Will convive con il perenne senso trasmesso dal sottosopra, che ogni tanto lo spegne e lo lascia lì, così, con la mano dietro al collo, come se stesse toccando una presa di corrente che ha appena rilasciato scariche elettriche. Lui non riesce a smettere di pensare a Eddie e al fatto che non sia riuscito a fermarlo e maledice la sua gamba fratturata che non gli ha permesso di correre abbastanza velocemente per salvarlo.
Ma può ancora farlo. O può almeno provarci. Deve togliersi quel dubbio o non ne uscirà mai, da quel senso di colpa triplicato. È morto e lo ha scelto lui, ma se fosse vivo... significherebbe averlo lasciato lì tre giorni senza un minimo d'aiuto.
«Will... io penso che Eddie sia vivo.»
«Du-»
«No, ti prego! Lasciami parlare, okay? So che suona pazzesco e che è improbabile. Improbabile! Capisci, non impossibile, e ho questa terribile sensazione che lui si trovi lì, da solo e che stia cercando di tornare a casa, o di comunicare con noi, come hai fatto tu quando... insomma...»
«Sì, lo ricordo», sorride Will, ma sembra troppo preso da quel discorso per averlo detto con un vero significato.
«Ho riflettuto così tanto sul fatto che sia Steve che Eddie siano stati attaccati dalle stesse creature, quei... demo-bats, o almeno noi li abbiamo chiamati così. Steve ne è uscito illeso, ed è anche vero che i suoi morsi erano molti meno rispetto a quelli di Eddie ma... è stato male, per un po'. Ha avuto bisogno di smaltire il dolore, di... smaltire il veleno? Non so nemmeno cosa sto dicendo, ma spero sia chiaro.» Si passa una mano tra i capelli, e Will non risponde, lo guarda solo, in attesa che lui prosegua quella teoria. Non lo sta giudicando – Will non lo farebbe mai, sta solo aspettando. «E se fosse... paralizzato? Se quella fosse stata una morte apparente? E se in verità si fosse risvegliato sul suo letto nel sottosopra? Non oso immaginare come si possa sentire se...»
«Io sì. Io ti posso assicurare che restare soli lì sotto è un incubo», risponde Will, «Non lo sto dicendo per spaventarti ma è la realtà e se tu pensi che sia così, bisognerebbe agire immediatamente», si affretta ad aggiungere.
«Tu mi credi?», chiede Dustin, alzando le sopracciglia.
«Ti credo, e anche se può sembrare assurdo che sia così, non potrei mai lasciarti con questo dubbio senza aiutarti! Dobbiamo fare qualcosa, assicurarci che sia vivo e poi scendere a prenderlo.»
«Sì, sì... è un'idea, ma come? Come possiamo metterci in contatto con lui se...»
Si bloccano. Il walkie talkie si è acceso, ma è solo uno sbalzo di frequenza, siccome Dustin non lo ha spento. Il suono dura qualche secondo, poi svanisce e, dopo uno stridio, torna il silenzio.
Will e Dustin si guardano, gli occhi illuminati dalla stessa idea e, con un sorriso vittorioso dicono, all'unisono:
«Eleven!»
•••
È assurdo come il silenzio diventi sempre così solenne, quando El si siede a gambe incrociate sul pavimento, supportata da dei cuscini, e accende la sua radiolina su delle frequenze che fanno solo rumore. Rumore bianco, per l'esattezza, lo stesso che Dustin e Will hanno sentito qualche ora fa nel walkie talkie e che ha dato loro l'idea di raggiungere casa di Jim Hopper e parlare con la ragazza. L'uomo non ha fatto domande, quando si sono presentati alla porta, ma a Dustin ha dato l'idea di aver capito la situazione e questo, in qualche modo, sembra non avergli dato il diritto di giudicare. Da quando è tornato dal suo soggiorno in Russia è cambiato; è più magro, sembra addirittura più alto. I capelli sono cresciuti leggermente rispetto a tre giorni fa, e ora ha l'aria un po' meno malconcia, però sembra stanco. Per quello li ha lasciati entrare in camera di El e si è poi seduto su una poltrona a guardare la TV. Poco dopo lo hanno sentito russare.
Insieme a loro c'è anche Mike e, dopo aver spiegato la situazione, anche lui si è convinto che, dopotutto, provare non costa niente. Quando Dustin gli ha raccontato della morte di Eddie, a lui e Lucas, è stato un colpo per entrambi, anche se Sinclair era meno presente rispetto all'altro quando glielo ha comunicato ma Dustin sa il perché e non ha voluto infierire. Ha lasciato andare lì il discorso e non ne hanno più parlato, sebbene Mike poi ha mostrato il bisogno di metabolizzare la cosa, restando un po' in silenzio a guardare il vuoto.
«Con tuo padre che russa ce la fai?», chiede Dustin, «Gesù, sembra una cazzo di locomotiva!»
El fa un suono contrariato con il naso, e sembra stringere di più le mani che ha posato sopra alle ginocchia. Will fa segno a Dustin che forse ha superato la linea della decenza, un po' come al solito e lui borbotta un «Okay, okay», mentre il suono bianco dalla radio si fa sempre più invasivo. Una volta era rilassante, ascoltarlo. Da quando però è legato a un mondo come quello che si trova sotto di loro, non lo è più così tanto.
«Fammi vedere ancora la foto, Dustin», chiede El, con un filo di voce. Mike le tiene una mano sulla spalla.
Dustin le passa uno dei volantini che il signor Munson gli ha dato ieri al centro di raccolta – quello dove si segnala Eddie come una delle persone scomparse. Quello che viene sempre imbrattato da qualche coglione con pentagrammi, simboli satanici, corna da diavolo e altre cose irrispettose e imbarazzanti. Dopo che ha comunicato la verità allo zio di Eddie, lo ha visto togliere tutti i volanti. Dustin l'ha percepito come un gesto di rispetto nei riguardi della memoria di suo nipote, e forse è meglio così.
Hawkins non merita più nemmeno un briciolo di rispetto.
El lo guarda stringendo tra le mani il foglio di carta e, con un sospiro che sembra durare un'eternità, alza il volume della radio e chiude gli occhi. Tutti la osservano in silenzio.
Will, quasi come se avvertisse l'ansia che sta mangiando Dustin, gli stringe un braccio intorno alle spalle e lui, incapace di trattenere un luccichio negli occhi pieno di speranza e paura, diventa rigido come una statua di marmo.
Si sente come un bambino piccolo e quella storia gli sembra assurda.
Il naso di Eleven comincia lentamente a colare sangue e, da dietro le palpebre chiuse, riescono chiaramente a vedere gli occhi muoversi di qua e di là, come se fosse in una sorta di fase REM.
«Sono dentro», comunica.
«Mi raccomando, fai presto. Non resta lì per troppo. lo sai, sei il suo bersaglio.» Mike lo sussurra appena a El, e lei annuisce e basta, senza aggiungere altro e Dustin si rende conto di quanta responsabilità sta mettendo sulle spalle della sua amica con i superpoteri, ma lei non ha battuto ciglio. Non ha detto niente, ha subito accettato e ha detto, quando lui le ha chiesto disperatamente quel favore che «Non mi hai mai chiesto niente, Dustin. Mi hai sempre aiutata. Ora tocca a me. Spero tanto che lo troveremo.»
Di trovarlo, pensa Dustin, lo troveremo in ogni caso, voglio solo sapere in che stato. Se è ancora vivo, se è ancora morto... se è morto dopo che lo abbiamo abbandonato lì, andando via dal portale in tempo, prima del collasso.
Ricorda solo di aver guardato indietro, prima di risalire il buco del caravan di Eddie e di averlo visto ancora immobile, abbracciato alla sua chitarra, esattamente come Steve lo ha lasciato quando lo ha sistemato con cura sul materasso.
C'è troppo silenzio, e Dustin sta iniziando ad odiarlo, ma non può dire niente. Non può parlare. C'è bisogno che El si concentri, e le lascerà fare il suo lavoro senza interferire.
Non lui, almeno, perché poco dopo si sente un gran fracasso alla porta e, immediatamente, la voce di Jim che parla con qualcuno.
«Avete preso casa mia per un centro riunioni?» Dustin aguzza l'orecchio e, quando riconosce la voce di Robin cercare di dire qualcosa per poi essere interrotta da Steve, sospira e si nasconde il viso tra le mani. «Che ci fa qui?», mormora, disperato.
Steve è l'ultima persona che vuole vedere ora, o forse l'ultima che vuole vedere in generale.
«Mi serve solo un secondo. Un solo cazzo di secondo. Devo parlare con Dustin.»
«Non penso che questo sia il momento giusto per entrare in quella cameretta», replica Hopper e la sua voce si fa sempre più vicina, chiaro segno che Robin e Steve si stanno avvicinando alla porta.
«Ci vorrà solo un secondo», continua Steve e la porta si spalanca. I suoi occhi vagano velocemente per tutta la stanza. Si soffermano su Mike, su Will e poi su Dustin che, con un certo sapore amaro in bocca, alza una mano per salutarlo, incapace però di nascondere un certo fastidio, ma Steve non ferma il suo sguardo sul suo, ma prosegue su quello di El, dove si blocca.
«Che sta succedendo qui dentro?»
«Steve, per l'amor del cielo, non è il momento d-», inizia Dustin, ma lui lo interrompe lanciandogli un'occhiata sbieca.
«Pensavi di non dirmi che intenzioni avevi, faccia da culo?»
Dustin trattiene il respiro e poi spalanca gli occhi, indignato. «Oh, bel lavoro Robin, glielo hai detto!»
«Ha solo sentito la nostra conversazione al telefono, ma non sapevo cosa avreste fatto qui! Non avevo idea che...» Robin si blocca e indica El, rimasta ancora tra qui e il sottosopra alla ricerca di Eddie, totalmente estranea – forse di proposito, a quello che sta accadendo lì dentro.
«Come se fosse difficile da capire! Dustin, per l'amor di Dio, che cosa cazzo ti dice il cervello? Si può sapere che cosa stai cercando di ottenere? Come se non l'avessi capito perché sei qui, e perché lei sta facendo questo!», lo rimbecca Steve, e riceve uno sguardo di puro disappunto da Mike e Will, ma Dustin ha perso la voglia di discutere con lui. Non gli è andato giù il fatto che lo abbia lasciato solo con il suo dolore, che non lo abbia chiamato nemmeno, proprio quando aveva più bisogno di lui. Robin l'ha fatto, Nancy l'ha fatto, persino Joyce e Jonathan, ma non Steve.
Sta scappando dai sentimenti come sempre, e ora si presenta a casa di Hopper per fermare qualcosa che Dustin avrebbe voluto fare con lui: cercare Eddie, sperare insieme alla possibilità che sia vivo e invece Steve fa finta che Eddie non sia mai esistito.
«Voglio una risposta che solo El può darmi! Nessun altro può, a meno di scendere lì sotto e andarlo a cercare con i miei occhi, cosa che farò con molta probabilità, ma voglio essere sicuro.»
«Sicuro di cosa? Di trovarlo ancora lì, nella stessa posizione in cui l'ho lasciato? Oh, no, fammi indovinare. Vuoi vedere se uno di quei cosi ha continuato a banchettare col suo corpo o se Vecna stesso se l'è portato via? Vuoi davvero scoprirlo, Dustin?»
È la prima volta dopo tre giorni che parlano di Eddie, e Steve non ha nemmeno trovato il coraggio di pronunciare il suo nome. Come se fosse una sorta di maledizione, come se questo potesse in qualche modo evocarlo.
«Voglio solo sapere se è vivo! Voglio una risposta e la voglio ora; non la pretendo, ho chiesto a El e ha accettato. Fine della storia. Tu non c'entri niente, men che meno se te ne frega così poco, razza di coglione! Sei venuto fin qui per farmi la paternale? O per dirmi che, come hai fatto tu, devo semplicemente fingere che non ci sia mai stato un Eddie Munson nella mia vita?»
Scende il silenzio, e Steve lo fissa come se potesse romperlo con un solo, accecante sguardo. Dustin fa lo stesso. Si alza da terra e lo fronteggia, zoppicando verso di lui.
«Non sei obbligato a stare qui, se non vuoi sapere. Perciò, se non ti dispiace, preferirei che tu te ne andassi via e continuassi a fingere che è tutto okay. Tu che puoi, fallo, perché io non ci riesco.»
«Dustin, quello che sto cercando di dirti e che tu proprio non capisci è che n-»
«È che è pericoloso. Qualunque cosa tu stia cercando di fare è dannoso. Se anche scoprissi che è vivo, che cosa faresti? Non puoi tornare laggiù, non con questa gamba ancora in fase di guarigione.» Robin sembra capire. Robin sembra saper spiegare quello che a Steve non esce dalla bocca con lo stesso tatto. E quando Dustin lo guarda, lui resta per un secondo immobile, poi però annuisce.
Se muori anche tu che cosa mi resta?
«Se muori tu, muoio anche io!»
Gli ha detto Dustin, una volta, dentro quell'ascensore sotto allo Starcourt. Gli sembra passata una vita intera da quel giorno.
«Ti sto solo chiedendo di fidarti di me e di non darmi del pazzo. Forse mi sto davvero solo aggrappando a delle speranze, ma... lasciamelo fare, per favore.»
«Stai mettendo a rischio la vita di El, Dustin! Lei non dovrebbe nemmeno avvicinarsi a quel posto! Ora specialmente.»
«Lo so, ma ha accettato il rischio. Se succederà qualcosa uscirà immediatamente e non le chiederò più di rientrare», lo rassicura, ma a Steve non basta e non sembra in pace con se stesso. Sembra portare addosso un giubbotto di dinamite pronto ad esplodere e Dustin non capisce se provi paura o solo rabbia. O se stia ancora negando come se quello fosse l'unico modo per non cedere; come se, tra tutti i problemi che hanno, stia tentando di arginare quelli meno importanti.
Come se Eddie fosse meno importante di altre questioni, poi...
«Ragazzi», dice El, all'improvviso. Tutti i presenti si girano verso di lei e la fissano. Ha gli occhi aperti, puntati su quelli di Dustin. Il sangue dal naso ha già iniziato a seccarsi. Se lo pulisce con il dorso della mano. Poi alza il volume della radio.
«♪ C-come crawling fast-er... bzzzzzz O-o-o-obey your ma-ster... bzzzzzzz Your l--ife bur-ns faster.♫»
La voce trema, è stonata, mugugna una melodia e Dustin la riconoscerebbe tra mille. Ha la stessa paura nel tono di voce di Will quando cantava Should i Stay, or Should I Go? nel sottosopra... come se sentisse freddo, come se non avesse più sangue nelle vene per potersi scaldare. Un canto a cui si è aggrappato, e che sembra l'ultima speranza che gli resta.
Dustin guarda Will, e riceve lo stesso sguardo e un assenso con la testa.
Steve, accanto a lui, sussulta per un attimo.
«L'ho trovato», dice El, semplicemente, e poi sorride. Gli occhi le si riempiono di lacrime e Dustin pensa, dentro di sé, che sta piangendo anche per lui, siccome è troppo sconvolto per farlo da sé. Per farlo ancora.
Non ha fatto altro da tre giorni...
Ora, però, è tutto diverso perché Eddie Munson è vivo. Come aveva previsto.
No, come aveva sperato e, ora, deve solo riportarlo indietro, e restituirgli la vita che ha sacrificato per chi non lo meritava. Per questo devono scendere a prenderlo.
E devono scendere ora.
O mai più.
Fine Capitolo I
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