Imprevisti
Aveva provato a fuggire con tutte le sue forze, ma la morte l'aveva comunque raggiunta. Aveva corso più veloce che poteva, aveva stremato i suoi polmoni fino allo sfinimento, ma contro un essere che non aveva bisogno di respirare e che non si stancava era una lotta persa. Aveva provato ad urlare più forte che poteva, ma si accorse troppo tardi di essere finita nella parte più vecchia della città, dove più nessuno abitava. Non aveva alcun dubbio che il fato fosse in tutto e per tutto contro di lei. Se fosse mai stato possibile, sarebbe tornata indietro nel tempo pur di non litigare con suo fratello. Solo ora lo perdonava, ora che era troppo tardi per poterlo riabbracciare.
"Morirò", era la parola che continuava a ripetersi con così tanta intensità da rendere il dolore quasi astratto. Non poteva pensare ad altro se non ciò, di fronte a qualcosa di così tanto spaventoso.
Yuuko si trovava coi piedi molto lontani da terra, afferrata per la sua chioma dalle unghie tanto affilate della Rapitrice di bambini e con il volto a qualche centimetro dal suo. Già sentiva la puzza del suo alito, impaziente di farle chissà cosa. Non provava nemmeno a liberarsi o a dimenarsi: il terrore l'aveva assalita e le permetteva soltanto di sfogarsi in un pianto silenzioso e di pensare a che cosa ci fosse dopo la morte. Qualunque cosa dovesse accaderle, pregava gli Dei affinché fosse indolore e rapido.
Si chiedeva soltanto perché le divinità le avessero voluto così tanto male da preservarle un destino così orrido. Era forse perché si comportava come una monella, perché non ascoltava mai gli adulti? Oppure perché aveva sperato per qualche secondo che Shohei non fosse più suo fratello? In quel momento però doveva ammettere che avrebbe voluto arrivasse in suo soccorso e che la perdonasse: non voleva morire senza avergli chiesto scusa.
Terrore ed arrendevolezza umana erano un toccasana per lei, tant'è che si mise a ridere col suo tono macabro ed echeggiante in faccia alla bambina, sputacchiandole in faccia. Le era sempre piaciuto vedere la disperazione delle persone di fronte a qualcosa che la loro ragione non poteva minimamente spiegare o affrontare. Il suo divertimento poi aumentava quando si trattava di bimbi, così tanto innocenti e fragili. Erano delle passioni degne di un mostro della sua risma, il quale coincideva con le numerose descrizioni e testimonianze.
I suoi occhi felini, grossi e di un'ambra luminoso, si incollarono a quelli della bimba, come se cercasse di scorgere tramite quegli specchi l'anima spaventata di Yuuko, così da potersene cibare.
<<Bene bene, che cosa abbiamo qui? Una piccola, piccola sprovveduta... Il mio pasto preferito>>. La voce del demone era rozza e stridula e non voleva togliersi dal volto quel ghigno malefico. <<Lo chiedo sempre a tutti prima di mangiarli: come ti chiami?>>
Yuuko non degnò di alcuna risposta il demone. La creatura la guardò stranita e ad un certo punto alzò le spalle. Avvicinò la testa di Yuuko alla bocca mentre la stava spalancando lentamente, mostrando quattro fila di denti sporchi ma aguzzi, probabilmente abbastanza da poter staccare la testa a qualcuno senza alcun problema. Tuttavia si fermò prima di dimostrarlo e, inspiegabilmente, lasciò andare la bambina facendola rovinare per terra.
<<Ho tanta fame, ma ucciderti senza prima giocare sarebbe troppo noioso...>>, Rivelò con un'espressione leggermente dispiaciuta. Dopodiché spalancò le braccia ed il suo volto si fece ancor più tremendo quando ruggì più forte di qualunque animale, per poi urlare con la sua voce stridula alla bambina: <<Fuggi!>>.
Yuuko si stava già rialzando con qualche livido causato dalla caduta. La cosa la scosse facendo sì che la mente si impadronisse nuovamente del suo corpo. Si mise subito a correre.
Ansimante, si muoveva più velocemente che poteva, imboccando ogni via che le appariva davanti. Non aveva in testa un punto preciso verso il quale andare, ma le sarebbe andato benissimo ritrovarsi ovunque, se fosse stato lontano da quel mostro.
Correva in modo molto impacciato, alle volte scivolava e doveva appoggiarsi con la mani a terra per non rallentare o cadere, ferendosi i palmi con ciò che c'era sulla strada. Non osava nemmeno guardarsi alle spalle, non le serviva minimamente farlo, poiché già riusciva a sentire i pesanti passi della creatura, a percepire i suoi pesanti movimenti, le sue manate contro gli edifici privi di vita, il suo fiato praticamente sul collo. La distanza fra loro non rimaneva invariata, anzi: sembrava stesse aumentando.
La Rapitrice di bambini però voleva soltanto divertirsi con quell'inseguimento, vedere quanto le bambina avrebbe continuato a fuggire disperata e se si sarebbe arresa: a quanto pare stava riacquistando un po' di speranza. Quando si stufò aumentò il passo e in una sola falciata arrivò dietro la bambina, e quella si girò giusto in tempo per vedere quell'essere farle uno sgambetto, facendola rovinare violentemente a terra. A causa di tutta la velocità acquisita non si fermò subito, ma rotolò fino a che non sbatté contro un muro che si trovava qualche metro più in là. La creatura quindi si posizionò davanti a lei con la sua grande stazza, braccandola lì.
<<Sai correre bene, peccato che sia più veloce di te>>, e rise di nuovo in modo macabro, mordendosi le unghie mentre dalle labbra colava un liquido denso e trasparente. <<Oooh, ho già l'acquolina in bocca. Sai perché mangio solo i bambini che si trovano fuori la notte?>>, non attese alcuna risposta e preferì darsela da sola. <<Ma è semplice! È perché io amo divorare gli stupidi monelli! Avete un sapore buonissimo, sai? La vostra carne è più morbida di quella delle altre persone, più nutriente e fresca, e le ossa sono di più! E per non parlare dei vostri organi... Non vedo l'ora di strapparti il fegato mentre sei ancora viva, e mangiarmelo davanti ai tuoi occhi da perdente!>>
Davanti a quella descrizione minacciosa e sinistra, la bambina non riuscì a far altro che a racchiudersi in posizione fetale e nascondere la testa fra le gambe, mentre tremava come una foglia. Iniziò a piangere a dirotto e a strillare, invocando aiuto dal fratello, anche se ciò non sarebbe stato possibile.
<<È un tuo familiare? Una persona a te cara?>>, Si interessò la creatura. <<Non importa in realtà, se ti ha lasciata nella notte da sola e non sta venendo ad aiutarti è perché ti odia, perché non ti vuole bene e vuole che tu muoia!>>
Yuuko sapeva che non era la verità, ma nonostante ciò si sentì ancor più ferita, disarmata di fronte a quel bullo mortale. Aveva soltanto un'arma: piangere a dirotto a strillare ancora più forte. Nessuno però avrebbe potuto sentirla in quel luogo.
Il demone si era del tutto stancato, aveva giocato abbastanza quella sera e tutto quel frastuono la stava iniziando ad irritare. Alzò la goffa e pesante mano destra, pronta per dilaniare quel piccolo corpicino e poi mangiarlo.
Quando la abbassò violentemente restò sorpresa ed amareggiata dal grosso schizzò di sangue che uscì, capendo di aver sbagliato tutto fin dal principio.
Qualcosa di gelido e privo di vita troncò il suo braccio in quattro parti senza che se ne accorgesse, e prima che raggiungesse la bambina indifesa. I pezzi caddero fragorosamente in una pozza di una sostanza scura.
Aveva capito di essere nei guai, di aver sbagliato a non prestare attenzione all'ambiente circostante, ma era già troppo tardi. Una figura nera armata di una katana grigia ed insanguinata atterrò fra la bimba e lei. Alzò una gamba in modo fulmineo e le tirò un calcio nel petto, allontanandola dalla sua preda. Qualche secondo dopo un'altra ombra rotolò sul tetto alle spalle di Yuuko, per poi buttarsi giù, ed atterrare dietro di lei e metterle una mano sulla spalla.
Il demone si allontanò volontariamente di qualche altro passo. Tutto il suo divertimento era stato appena rovinato. Era preoccupata per il pericolo, ma allo stesso tempo furiosa per l'interruzione.
Ora che le figure si erano fermate, nonostante il buio che c'era, la creatura aveva la possibilità di analizzarle, dopo qualche attimo riuscì a intravedere qualche tratto umano nei loro corpi e nei loro volti.
Erano due ragazze, una più giovane dell'altra. Erano vestite uguale, quasi sembravano sorelle. Cambiavano la lunghezza dei capelli ed il colore delle iridi e qualche tratto facciale. Quella che si trovava in piedi e che possedeva la lama bagnata di sangue era la più adulta e palesava dallo sguardo un'ira talmente sovrumana e diretta nei confronti del demone da chetare la sua rabbia, trasformandola in inquietudine. Era più minacciosa e temibile.
La seconda invece, che sembrava essere la più piccola, tralasciava un'aria più calma. Non degnava nemmeno di uno sguardo il demone e preferiva stare in ginocchio a consolare gentilmente la bambina. Riuscì persino a farla smettere di piangere e tremare.
<<Eriko, Yuuko è al sicuro>>, esordi Akiko con una voce più risoluta e determinata. <<Me ne occuperò io, puoi pure concentrare tutta te stessa su quella cosa>>, e fece cenno con la testa verso il demone, il quale già stava rigenerando il braccio perso nel mentre che si preparava a combattere: era ovvio che non volesse andarsene di lì senza essersi vendicata di quell'oltraggio o senza la sua preda.
Soltanto a guardarla l'espressione di Akiko si trasformò in una di ribrezzo. La Rapitrice di Bambini poteva essere definita come una ragazza solo per via del volto mostruoso che presentava tratti parzialmente femminili. Guardando oltre gli insulsi stracci che indossava si scopriva un corpo del tutto asessuato e deforme. "Che razza di mostro è?", Si chiese Akiko.
Eriko era troppo furiosa per rispondere a parole ad Akiko e difatti annuì soltanto. I suoi occhi erano iniettati di voglia di uccidere per giustizia, e non si sarebbe fermata per nessun motivo al mondo. Mentre camminava verso il demone oscillò la spada, facendo sì che il sangue su di essa schizzasse via. Si rivolse al nemico e disse: <<Ti diverti a prendertela con i bambini, vero? È ora per te di affrontare una ragazza della tua taglia>> e senza dare a nessuno un attimo per riflettere si lanciò in avanti.
Fortunatamente, era in grado di controllarsi anche nei momenti peggiori. Nonostante tutto l'astio che provava in quel momento, Eriko non aveva perso la concentrazione ed aveva già capito che l'ambiente fosse a loro svantaggio. Se prima volevano ritrovarsi in qualche cunicolo abbastanza stretto, ora erano in uno spiazzo molto grande ed avevano qualcuno da proteggere. Ciò significava meno possibilità di muoversi nel luogo circostante e costringeva invece ad ingaggiare uno scontro diretto.
Quando si avvicinò con tutta quella rapidità sorprese agli inizi il demone, ma quello non restò fermo. Provò a catturarla in un abbraccio letale con i grossi artigli che si ritrovava, ma Eriko riuscì a saltare per non farsi prendere. Atterrò sugli arti ancora in movimento, tirò un calcio in faccia alla bestia e poi usò il suo volto come appoggio, per lanciarsi nuovamente indietro. Roteò in aria ed atterrò agilmente, mentre la creatura cadde a terra lamentandosi.
<<Tu, dannata troia... Spadaccina degli ammazzademoni! Creperai!>>, urlò prima di rialzarsi con una velocità sorprendente. Pestò i piedi per terra infantilmente, facendola tremare fino a che non si fermò. Sul suo volto un sorriso spuntò, poiché un'idea era nata nella sua testa.
Quindi assunse una posizione da quadrupede, per sembrare più minacciosa possibile. Allora scattò contro la ragazza che l'aveva appena colpita, spalancando il più che poteva la propria bocca.
Pensava di aver formulato la tattica che l'avrebbe portata alla vittoria, rapida e senza troppe difficoltà. Vista la velocità con cui si stava muovendo avrebbe dovuto riuscire a mangiare quella dannatissima umana senza che riuscisse a difendersi. Se non fosse andata così credeva che con la sua grossa stazza sarebbe stata comunque inarrestabile. Avrebbe quindi costretto colei che le era davanti a scansarsi per non morire, permettendole di raggiungere la ragazza e la bambina che le stavano dietro, così da divorarle.
Eriko guardò negli occhi il demone, con uno sguardo così concentrato da apparire quasi vuoto. Scorgeva divertimento e tanta sicurezza in quei grossi occhi felini. Notò poi che non stava guardando lei, ma ciò che c'era alle sue spalle. Allora capì immediatamente cosa voleva fare ed agí di conseguenza.
Schivò con grandissima velocità, ma non si allontanò di troppo. Provocò un altro squarcio al nemico, stavolta più grande e sul volto. Lo fece con così tanta violenza e forza che rovinò il suo slancio, facendolo cadere a terra e rotolare per un paio di metri.
Il demone si rialzò ancora una volta, imperterrito e con un solco tanto profondo, che partiva dalla tempia destra fino allo zigomo sinistro. Sgorgava sangue di continuo e si riuscivano ad intravedere le ossa del teschio.
La ferita si rimarginò immediatamente nel giro di qualche secondo, come se nulla fosse successo. Il demone, allora, iniziò a prepararsi per attaccare ancora, nonostante l'ultimo fallimento. Stavolta però non gli fu dato nemmeno il tempo di partire: con una velocità superiore alla sua, la ragazza le si palesò davanti e cercò di sezionare la sua testa in un colpo solo. Per evitare ciò dovette farsi scudo con un braccio, che fu mozzato via, e saltare all'indietro per recuperare qualche secondo di pausa.
Eriko non voleva lasciarle nemmeno un attimo di respiro e proprio per ciò le si lanciò incontro ancora prima che quella atterrasse. Le rilasciò grossi tagli lungo il petto, per poi spostarsi ed allontanarsi nel momento stesso in cui rischiò di essere decapitata a sua volta da un morso violento.
La bestia di contro le si lanciò nuovamente incontro, tentando un affondo con le unghia dell'ultimo braccio che aveva, mentre dal moncone dell'altro la carne e le nervature uscivano in modo dirompente, per ricreare la struttura persa. Eriko deviò l'attacco con la katana, anche se la bestia aveva usato molta forza. Una serie di scintille illuminò per qualche secondo il volto delle due duellanti, rendendo più palese la loro differenza d'altezza e la disumanità della più alta.
Furono solo le prime scintille di una lunga serie tuttavia, poiché, spada contro artigli, le due combattenti continuarono a scontrarsi da vicino con ferocia, con un'intensità via via crescente. Cercavano di colpirsi a vicenda, miravano ai punti vitali, ma solo Eriko riusciva a mandare a segno qualcosa. Il più delle volte degli affondi, ma più sporadicamente dei larghi e micidiali fendenti. Stava facendo perdere enormi quantità di sangue ed energia al demone, il quale doveva investirle entrambe nella rigenerazione delle parti perse per non permettere alla lama del sole di avere tempo per aver avvicinarsi al collo e tranciarlo. Se avessero proseguito ancora per un po' su questa strada, prima o poi la Rapitrice di Bambini non avrebbe più potuto rimarginare i danni e ciò l'avrebbe resa vulnerabile come un umano.
Yuuko si sentiva come graziata dal cielo stesso, che qualche minuto prima pareva aver deciso che quella notte sarebbe stata l'ultima per lei. La gioia per essere ancora viva era così tanto forte che si era stretta con forza attorno alla vita dell'altra spadaccina che le stava facendo da guardia. Cercava di vedere coi suoi occhi lo scontro sovrannaturale che stava avvenendo a qualche metro da lì, abbassando occasionalmente la testa o sbattendo le palpebre quando si faceva troppo violento, ma nonostante i suoi impegni, erano poche le scene che riusciva a leggere con nitidezza. Erano troppo veloci per lei. Dopo un po' ci rinunciò, e allora non riuscì a far altro che osservare Akiko che senza nessun problema pareva essere in grado di seguire le due duellanti. Le sue pupille si spostavano di punto in punto, in modo che le sembrava quasi casuale.
La bambina avrebbe voluto chiederle che cosa stesse succedendo, ma non aveva la forza per farlo: dopotutto aveva appena incontrato una bestia che aveva fatto sparire chissà quanti bambini e vedeva due ragazze per nulla spaventate contrastarla come se per loro tutto ciò fosse all'ordine del giorno, o meglio, della notte. Per questo dalla sua gola uscì soltanto un rauco lamento, che tuttavia attirò l'attenzione della sua protettrice, che spostò lo sguardo verso di lei.
Akiko fece un espressione un po' sorpresa vedendo il suo volto. La capì tutta la sua confusione, e decise di poggiarle una mano sulla testa per incominciare ad accarezzarla.
<<Andrà tutto bene. Ucciso questo demone ti riporteremo da tuo fratello, non avere paura. Va bene?>>
Yuuko annuì senza pensarci troppo, e si lasciò toccare. Si sentì più rassicurata.
Akiko si stava muovendo per abbracciarla con il suo largo haori, ma nello stesso momento in cui ci provò, notò immediatamente le ferite -comunque non gravi- che si era procurata. Crucciò leggermente lo sguardo per qualche secondo, ma poi tornò a sorridere di nuovo. Mise una mano sotto le vesti e tirò da lì delle garze. Le usò per medicare l'attaccatura dei capelli alla fronte e quei pochi graffi che aveva sulle mani o sulle gambe.
La supremazia dello scontro era ancora nelle mani degli esseri umani. Eriko aveva continuato a danneggiare la creatura, senza che quella riuscisse a fare del male a lei.
Non c'era voluto tanto tempo per indebolirla. Si riusciva a notare con una certa evidenza come la sua rigenerazione fosse già diventata molto più impacciata e lenta . Di lì a poco l'attendeva soltanto la fine.
Ma non lo avrebbe mai accettato, non in quel modo.
Ad Eriko bastò soltanto uno sguardo per notare che il demone aveva iniziato a gonfiare il busto e le guance. Sembrava un palloncino a cui stava venendo iniettato un qualche gas. Non sapeva che cosa stesse per succedere, ma su una cosa era sicura: non era per niente promettente. Perciò, dopo un ultimo fendente si allontanò con un balzo all'indietro e poi una capriola all'indietro.
Il demone di colpo iniziò a gonfiarsi molto più velocemente, fino a che non sembrò sull'orlo di scoppiare. Inarcò la schiena all'indietro e portò il capo vicino al pavimento, per quanto poteva, mentre le gambe si divaricarono leggermente. Quando si rialzò spalancò immediatamente la bocca, e si sgonfiò. Da essa uscì un suono stridulo e fastidioso e allo stesso tempo l'aria iniziò a muoversi come se un tornado fosse in procinto di crearsi. Poi si sentì un lungo e potente fischio, che si propagava sulla traiettoria di Eriko che si spostò di qualche passo. Una sua ciocca di capelli fu improvvisamente tranciata da qualcosa di invisibile e poi si sentì un pesante tonfo.
Si voltarono tutti quanti da quella parte, demone escluso, e poterono vedere che nel centro della casa che prima stava dietro ad Eriko si era originata una gigantesca voragine. Si vedevano gli edifici che stavano dall'altra parte. Per fortuna che era disabitata. Qualche secondo dopo, a causa della mancanza di una solida struttura, il tetto crollò sul resto, generando una montagna di macerie.
Eriko aveva gli occhi sbarrati, si toccò il punto in cui i suoi capelli erano stati mozzati da quella sorta di onda d'urto. Non riusciva a spiegarsi perfettamente cosa fosse successo, ma aveva inquadrato la pericolosità del demone e la possibilità che nascondesse qualche altra capacità ancor più potente. Si considerava fortunata in quel momento per non averci rimesso la pelle, ma adesso doveva andarci più pesante. Scosse la testa e guardò l'assassina che le stava davanti, la quale ora sorrideva ed aspettava impazientemente un'altra sua azione.
In una brevissima manciata di secondi Eriko impugnò la katana solo con la destra e passò la sinistra sulla cintura bianca estraendo il kiseru, dorato nelle sue estremità e nero nel centro. Lo fece ruotare fra le dita e poi lo appoggiò delicatamente sulle labbra, per poi stringerlo fra i denti come un sigaro. Inspirò l'aria dal naso, provocando uno strano sibilo ed il suo sguardo si fece molto più freddo e minaccioso. Per la sua mente passò una singola frase, che racchiudeva un significato più profondo e potente delle semplici parole che la componevano: "Respirazione della cenere, terzo kata, Bruciature".
Tutto l'ossigeno che aveva prima ispirato ora lo espirò dalla bocca, facendolo passare attraverso la canna del kiseru. Quando ciò accadde, dall'altra estremità dorata e puntata verso l'alto fuoriuscì nell'immediato, come in un'esplosione, una strana sostanza aeriforme dai colori grigi e neri. Si sparse velocemente nell'aria, divenendo una vera e propria nube che finì con l'oscurare metà del campo di battaglia ed Eriko stessa, la quale vi era rimasta dentro. Una puzza di bruciato dilagò ovunque e si insinuò nei nasi di tutti i presenti, specialmente del demone.. "Che razza di mossa è questa?", si domandò. Aveva capito di non essere l'unica a nascondere qualche tecnica.
Sospettosa e guardinga, osservava l'avvicinarsi della nuvola di cenere, in continua espansione nonostante il vento fosse cheto da non poco tempo. Era come il prolungamento di una bestia più spaventosa e peggiore di qualunque demone che pur di inghiottirla e dilaniarla con i suoi artigli, fagocitava tutto ciò che le capitava di fronte, senza alcuna esitazione. Più ciò accadeva e più riusciva a sentirne l'odore acre.
La Rapitrice inarcò nuovamente la schiena come prima ed il suo petto si gonfiò, stavolta molto più velocemente. Abbassò la testa e poi la rialzò nello stesso identico modo della prima volta, lanciando contro la nube una grossa spinta d'aria. Era meno potente e concentrata della precedente, ma era molto più estesa. Ciò bastò a far diradare la coltre di cenere, rivelando nuovamente Eriko. I suoi vestiti erano sporchi di tutta la sua cenere, i suoi capelli spettinati e la sua guardia rotta: aveva le katana sopra la sua testa, in una posizione del tutto scomoda.. Akiko cercò di alzarsi in piedi in tempo, raggiungere le due combattenti ed intervenire, ma non ci riuscì.
La creatura vide il momento propizio e senza pensarci due volte si avventò con furia su Eriko, mentre intonava una macabra ed intensa risata derisoria. Caricò un pugno con l'arto appena ricresciuto e lo scagliò dritto nella pancia della spadaccina con una potenza devastante. Per via della grandezza della sua mano, tuttavia, colpì anche il ventre e parte del petto della ragazza. La spadaccina fu scaraventata via ad una velocità così elevata che per Yuuko sembrò svanire nel nulla per poi riapparire nel momento in cui schiantò contro i ruderi della casa che si era distrutta prima, rimanendone seppellita ed ufficialmente fuori dai giochi. Si vedevano soltanto le sue gambe all'aria e non dava cenni di movimento. Akiko invece vide tutta quanta la scena, e poté compiere un ultimo scambio di sguardi con la sua povera mentore prima dell'impatto. Recepì il messaggio ed agì di conseguenza.
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