Caccia
C'era sempre meno luce nel cielo e più oscurità.
Akiko era seduta su una panchina con le braccia conserte e le gambe incrociate ad aspettare pazientemente l'arrivo di Eriko. Era già là da quasi un'ora e durante quell'attesa, per ingannare il tempo, non aveva nessuno con cui confrontarsi. La via che si apriva davanti a lei si era già quasi del tutto svuotata e le poche anime rimaste appartenevano agli adulti che non facevano altro se non recarsi nei locali in cui avrebbero passato forse tutta la nottata, fra un divertimento effimero e qualche bevanda alcolica. Il ristorante alle sue spalle, per esempio, era già pieno di gente che consumava e si ubriacava. Non voleva per niente avere a che fare con gente del genere per quanto si annoiasse, la intimorivano e svegliavano in lei dei ricordi che avrebbe voluto soltanto dimenticare, ma allo stesso tempo tenere bene in mente per non commettere gli stessi errori che un giorno avevano rovinato qualcosa di molto importante. Tutte quelle risate e quella gioia che si espandevano ovunque nascondeva, la maggior parte delle volte, un retroscena disgustoso ed inquietante, che come polvere veniva nascosta sotto un tappetto, così che non fosse evidente e notabile ad un occhio non attento.
Tuttavia, un buon osservatore era in grado di riconoscere le sagome e le dune del tappetto più spesso, ancor prima che lo spazio finisse e la sporcizia invadesse il resto della casa.
Akiko era in grado di percepirlo soprattutto negli ubriaconi, in coloro che la sera andavano sempre a festeggiare ed in coloro che sempre sorridevano. Lo capiva guardandoli negli occhi, specchio del loro spirito, ascoltando il loro tono di voce o dal linguaggio dei loro corpi. Non poteva farci nulla: erano dei libri aperti per lei, o come delle immagini che il suo sguardo, curioso, era in grado di assimilare ancor prima che il cervello provasse a fermarlo. Quando capitava di notare del male in qualcuno sperava soltanto di sbagliarsi, ma la sua coscienza le spiegava ogni volta quale errore commettevano quelli che identificava: nascondevano la polvere di continuo, senza pensare mai al fatto che un giorno sarebbe uscita fuori comunque, rovinando la loro casa, assieme a tutti coloro che ci vivevano e agli ospiti.
Odiava quando tutti questi pensieri le tempestavano la mente, era come farsi gli affari degli altri. Per zittirli amava sempre parlarne con una delle poche persone che era in grado di capirla e che stava sempre con lei: Eriko. Non erano sorelle e nemmeno parenti lontane, ma assieme formavano comunque una famiglia.
Condividevano i dolori della vita, i dispiaceri, si confessavano i problemi e si consolavano a vicenda, anche se spesso toccava ad Akiko indagare sull'altra, visto che spesso era taciturna. Aveva ben imparato a capirla anche quando non parlava e ciò risultava utile persino nei combattimenti. Grazie a ciò, nonostante la differenza d'esperienza e di potenza, riusciva sempre a seguirla e a non essere un peso.
Ecco che le venne in mente come passare il tempo: riflettere, come tante volte aveva fatto, su come aveva conosciuto Eriko.
Era il secondo anno del suo addestramento al dojo di montagna, assieme agli altri aspiranti utilizzatori del respiro della cenere. Non aveva avuto tante altre scelte: o restava dov'era, rischiando di morire un giorno qualunque per colpa di qualche ex-cliente della defunta madre; o diventare una spadaccina, pur rischiando la vita sempre, ma almeno avendo il controllo su di questa. Tuttavia, la paura a quei tempi la governava più di adesso e la mancanza di una giusta motivazione la rendeva mediocre. "la peggiore studentessa dell'ultimo ventennio", dicevano alcuni degli insegnanti più schietti. Credevano che non sarebbe mai riuscita a passare tutte le prove e ad essere ammessa all'esame finale, al quale mancava poco più di un mese. A cambiare il suo destino, però, giunse un miracolo, o un caso fortuito.
Un giorno giunsero al dojo sei ragazzi, fra cui Eriko. Erano gli ultimi rimasti di una delle più rinomate ed ultime classi ad essere stata promossa, che contava ben ventun membri: gli altri quindici erano già stati divorati dai demoni. Avevano deciso di sfruttare un piccolo periodo di tempo dove le creature della notte avevano smesso di apparire per svolgere la cosidetta "riunione delle ceneri", un gioco nato inizialmente per rincontrarsi e raccontarsi i propri progressi. Col passare del tempo, tuttavia, quando meno membri iniziarono a presentarsi, divenne un macabro e continuo funerale. I loro ex-maestri decisero di usare il loro ritorno a casa per far sì che i nuovi esperti potessero confrontarsi e aiutare i nuovi allievi, e così fu.
Mentre agli altri cinque veterani furono assegnati interi gruppi di ragazzini ciascuno, Eriko fu incaricata di occuparsi soltanto di lei, Akiko. Alcuni giustificarono ciò dicendo che fosse per il caratteraccio della ragazza, sempre iracondo e crudele, e scherzarono sul fatto che ciò forse avrebbe dato un colpo di frusta tanto forte da svegliare lo spirito della piccola imbranata, facendola arrivare
prima nella classe. Anche se stavano soltanto scherzando e non andò propriamente come canzonavano, il risultato fu davvero quello.
Eriko era certo austera e per niente permissiva, ma non era un mostro, ed era più comprensiva di quanto alcuni si ricordassero. Fu una vera e propria guida per Akiko e con i suoi insegnamenti e la sua ala protettrice riuscì a farla cambiare e a motivarla, tant'è che si classificò come la migliore del corso: un miglioramento non da poco visto il poco tempo che restava a disposizione. All'esame fece faville, e divenne un'autentica ammazzademoni.
A darle lo slancio finale che la portò ad un miglioramento completo fu la sua prima missione, dove combatté con Eriko. A discapito del suo impegno e della sua forza di volontà, il terrore la bloccò quando due demoni molto forti intralciarono il loro cammino. Lasciò combattere la propria Eriko da sola per lungo tempo, fino a che quella non si arrabbiò con lei così tanto da spaventare addirittura i due nemici e farli indietreggiare. Le parole che le furono lanciate contro furono abbastanza forti da farle prendere coraggio ed unirsi alla battaglia, arrivando persino a dare entrambi i colpi di grazia. Poi, piena di sensi di colpa, trascinò la mentore ferita fino al primo luogo sicuro. Fu da quel giorno che imparò a non farsi bloccare mai da alcuna preoccupazione o dubbio.
Dopo un'attesa non invidiabile, Akiko potè finalmente intravedere Eriko sull'orizzonte più buio. Felice di rivederla, anche se era passata solo qualche ora, non volle aspettare oltre e quindi si alzò in piedi e corse verso di lei. Quando giunse dalla sua maestra, quella la guardò negli occhi e notando tanta intraprendenza e vivacità decise di mettersi subito a lavoro qualche secondo dopo i convenevoli.
Si consultarono immediatamente sulle informazioni raccolte. Eriko informò la ragazzina su tutto ciò che aveva scoperto da quando si erano lasciate, dal nome della famiglia, al suo stato, al famigerato incrocio, fino alle dinamiche della sparizione e al luogo nel quale le vittime erano state sicuramente portate. Tutto ciò non fu facilmente digerito da Akiko, ma non si lasciò deconcentrare. Quando toccò a lei parlare avvertì di come fosse stato complicato comunicare con il vecchio e di come abbia dovuto inseguirlo solo per risentire confermate un'altra volta le caratteristiche fisiche della "Rapitrice di bambini". Successivamente passò a ciò che di più importante aveva scoperto col sopralluogo. Era stata in grado di trovare qualche torre abbastanza alta in città, da cui si vedeva molto lontano, anche se di notte sarebbero state inutili: la visibilità era ovviamente ridotta.
Salendoci sopra però, aveva potuto constatare ciò che aveva percepito girovagando prima fra le strade, ovverosia che con tutti i vicoli e stradine secondarie che si aprivano fra gli edifici ed i luoghi pubblici la città diventava labirintica e in alcuni punti persino stretta e claustrofobica, abbastanza da rendere possibili delle imboscate. Inoltre, qualcuno, con il giusto senso dell'orientamento, sarebbe potuto finire ovunque, in modo scaltro e rapido.
Eriko passò qualche secondo a riflettere e subito dopo decise in che modo avrebbero agito. Aveva un piano che prevedeva di eliminare il demone con meno fatica, tempo e rischi possibili, così che non ci fossero, o fossero minime, le complicazioni che avrebbero potuto inficiare negativamente sui grandi progetti di domani.
Si sarebbero nascoste proprio all'entrata dalla quale il demone avrebbe fatto la sua apparizione e lì, sfruttando il favore della notte e l'appoggio delle edificazioni, l'avrebbero accerchiato ed eliminato nel più breve tempo possibile. Questa scelta, secondo Eriko, risultava essere perfetta, poiché avrebbero avuto la possibilità di scegliere un campo di combattimento del tutto adatto a loro. Difatti gli spadaccini della respirazione del cenere, le quali tecniche derivavano da quelle della nebbia, e a loro volta da quelle micidiali del vento, erano improntati sull'agilità ed il movimento continuo. Riuscivano ad affrontare una minaccia semplicemente continuando a muoversi attorno ad essa, ad usare qualunque punto cieco nel suo
campo visivo e a danneggiarla a morte. Proprio come una nube di cenere che si spargeva in aria, erano in grado di essere sfuggenti e silenziosi e, soprattutto, soffocanti. Inoltre, ne incarnavano la pericolosità e la capacità di offuscare i sensi degli avversari. Molti altri ammazzademoni definivano il loro stile di combattimento pari a quello di un fantasma, in quanto erano in grado di nascondere bene la propria presenza, tanto che nemmeno i loro compagni li percepivano, per poi colpire alle spalle, e nel momento propizio, quella che per loro da predatore diventava preda. Erano anche in grado di nascondere la propria katana col proprio corpo, non permettendo mai di capire da che punto avrebbero colpito e ciò era forse la peculiarità che li rendeva più pericolosi.
Per questi spadaccini, che di norma erano tutti bassi per essere ancora più abili e silenziosi, luoghi come le città, specialmente nei loro vicoli più stretti o nei punti con più edifici, i boschi e le foreste, risultavano essere gli spazi migliori per affrontare qualunque entità, per via della quantità di ostacoli che permetteva a loro di spostarsi con facilità, di svanire nel nulla, di accerchiare ed annientare.
Con questa consapevolezza nella mente, le due ragazze annuirono l'una all'altra, mentre guardavano gli ultimi momenti del processo che portava dal giorno alla notte. Non c'era più nessuno in strada ed era tempo di agire: il tempo era vite umane, d'altronde. Mossero entrambe un passo verso ovest, ma si bloccarono dal farne altri quando sentirono alle loro spalle una voce più che famigliare nel momento meno opportuno.
<<Aiuto! Vi prego, aiutatemi!>>, urlava Shohei con disperazione. Correva più velocemente che poteva per raggiungere le ragazze, ma era impacciato e rischiò di cadere due volte, fino a che alla terza non rovinò a terra, ritrovandosi davanti alle due, che si erano già girate verso di lui.
Akiko guardò negli occhi Eriko e lei fece lo stesso, e nello sguardo reciproco si comunicarono un singolo dubbio: "che cosa succede?"
Shohei si rimise immediatamente in piedi come nulla fosse successo. Si piegò un po' ed appoggiò le braccia sulle gambe, mentre ansava rumorosamente.
Preoccupata, Akiko si avvicinò e gli poggiò una mano sulla schiena con gentilezza. <<Tutto bene? Perchè le serve il nostro aiuto?>>, chiese con educazione ed una apprensione crescente. Pensava di aver già intuito il problema, ma non voleva per niente crederci.
Fra un respiro e l'altro, anche se a fatica, il giovane riuscì a spiegarsi, dicendo: <<Mia sorella, Yuuko... Non è a casa. L'ho cercata dappertutto... anche fuori..., ma non c'è. E' in pericolo, aiutatemi...>>
A quella notizia sconvolgente le due spadaccine si guardarono ancora una volta negli occhi, pronte ad agire.
Eriko fece qualche passò in avanti e prese per il colletto Shohei, facendo allontanare la compagna. Poggiò il naso sulla mano con cui aveva dato uno schiaffo alla bambina, la causa per cui ora stava rischiando di morire. Annusò più forte che poté, facendo venire i brividi al ragazzo, che era confuso. Riuscì alla fine a riconoscere l'odore di Yuuko e con quello in mente lasciò andare il vestito del corriere irresponsabile, richiamò l'attenzione di Akiko ed assieme corsero a perdifiato verso l'entrata est: forse, se avessero fatto in tempo, avrebbero intercettato il mostro ancor prima che entrasse ed iniziasse la sua caccia.
Pur di non perdere l'occasione, si mossero con scatti e balzi felini sopra i tetti, così da diminuire il percorso da fare, ma quando giunsero nei pressi della loro meta Eriko percepì un puzzo acre e vomitevole, disumanamente insopportabile. Era di proprietà sovrannaturale.
La Rapitrice di bambini era da qualche parte fra le strade della città e la sua caccia era già iniziata.
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