Mangiamorte all'attacco

 
    Edmund emerse dalla vasca, cercando a tentoni l’asciugamano tra i vapori del bagno dei Prefetti e annodandoselo alla vita. Si passò una mano davanti agli occhi per tirare indietro una ciocca ribelle e caracollò davanti allo specchio. Questo gli restituì l’immagine di un ragazzo di sedici anni dal corpo slanciato e flessuoso, il cui incarnato chiarissimo appariva quasi spettrale alla luce della luna. I tratti del volto erano aristocratici e affilati, con gli zigomi alti e gli occhi grandi e scuri, leggermente allungati all’estremità, come quelli di un cerbiatto, le labbra carnose quel tanto che bastava a donare loro una sfumatura di rosea sensualità. I corti capelli neri erano lisci e ordinati, fatta eccezione di un ciuffo ribelle che gli scendeva puntualmente sugli occhi in una frangia spettinata.

    Edmund sospirò. Dalle languide occhiate che spesso qualche giovane strega gli lanciava di sottecchi, comprese le sue compagne di Serpeverde, il ragazzo sapeva di essere un mago dotato di un fascino irresistibile. Tuttavia, in quel momento, davanti allo specchio, egli non riusciva a cogliere la sua bellezza. Da sempre, era cresciuto con l’idea di essere il frutto di un errore, qualcosa che nessuno aveva desiderato. Non riusciva a capire come una cosa tanto disprezzata potesse essere in qualche modo bella.

    Il ragazzo sbuffò e prese a rivestirsi rapidamente, prendendo gli indumenti puliti dalla sedia su cui li aveva diligentemente impilati prima del bagno. Indossò velocemente una camicia bianca, sistemandosela sopra i pantaloni grigio scuro della divisa scolastica. Per quella sera, niente camicione a quadri lunghe fin sotto al sedere o jeans strappati come faceva di solito nei momenti liberi. Quella era una delle regole fondamentali per non sfigurare con una certa persona. Edmund afferrò un pettine e prese ad aggiustarsi i capelli sulle tempie. In un primo momento, provò a pettinarseli all’indietro, poi ebbe un ripensamento e lasciò che la frangia gli celasse buona parte della fronte come al solito. Una volta finito il lavoro, si chinò sul lavandino e prese a lavarsi frettolosamente i denti. I suoi gesti erano incerti e nervosi.

    Era quasi un anno che lui e Jane stavano insieme. Non avrebbe mai creduto che un altro essere umano accettasse di dividere la propria esistenza con uno come lui senza considerarlo un mostro. E non una persona qualunque. Era stata Jane a salvarlo dalle grinfie di Alhena Black due anni prima. Era stata lei a svelargli che esisteva un mondo al di là delle pareti della sua prigione. Era stata lei a fargli capire che la magia in realtà non era solo dolore. Era stata lei a insegnargli a vivere.   

    Gli improvvisi rintocchi provenienti dalla torre dell’orologio lo riscossero dall’ennesima valanga di cupi pensieri. Il tempo per riflettere era scaduto. Doveva andare. Sospirando rassegnato, il giovane mago fece rotolare i panni sporchi giù per lo scivolo nascosto a fianco al lavandino e si mise la bacchetta in tasca. Era pronto. Si allacciò le stringhe delle scarpe e si affacciò per un attimo nella camera che divideva con Adam Johnson. Il ragazzo era completamente immerso nel suo manuale di Incantesimi, pronunciando a mezza voce una formula e tre bestemmie. Levò per un attimo il capo verso Edmund per lanciargli un distratto “divertiti”; poi sprofondò nuovamente nello studio.

    Il ragazzo lanciò un’ultima occhiata circospetta alla sala comune ormai deserta e si defilò nei sotterranei. A ogni passo verso il piano di sopra, il suo cuore sembrava accelerare sempre di più. Sembrava assurdo, ma Edmund aveva paura dell’amore. Molte volte, la persona con cui aveva vissuto per quattordici anni gli aveva mostrato affetto ed altrettante volte quello stesso affetto si era trasformato in una violenza incontenibile verso di lui. Da quando aveva conquistato la libertà, il ragazzo sapeva che quella donna era folle e malata, eppure, nei momenti in cui Jane lasciava trapelare un qualsiasi gesto di tenerezza nei suoi confronti, si metteva immediatamente in stato di allerta, temendo che quelle stesse labbra rosse che tanto amava potessero scatenargli nuovamente contro quel dolore inimmaginabile che in passato gli aveva lacerato le carni per minuti interminabili, come se fosse divorato da fiamme invisibili.

    Si infilò rapidamente nel dedalo di corridoi e scale del castello, fino a giungere all’ultimo piano. Jane non era ancora arrivata. In compenso, davanti a lui c’era il dipinto più irritante di tutta Hogwarts.

    –Aha, fellone! – gridò Sir Cadogan a mo’ di saluto, balzando giù dal suo grasso pony, che continuava a brucare come se niente fosse. – Allievo fuori dalle camerate, eh?

    Edmund sospirò. Con quel tipo di matti, non c’era altra alternativa che parlare la loro stessa lingua.

    –Sono qui per una nobile causa – si schermì.

    –Ah, davvero? – lo incalzò il cavaliere. – E quale sarebbe? Furto? Rapina? Omicidio? Importunare una donzell…

    –Buonasera! – esclamò una voce squillante in quel momento.

    Entrambi trasalirono nel momento in cui Jane fece ingresso nel corridoio. Nel vedere la giovane strega, Sir Cadogan si tolse immediatamente l’elmo e prese a lucidarlo febbrilmente con il braccio protetto dalla spessa armatura, con l’unico risultato di ricoprirlo di graffi.

    –Madamigella Potter! – esclamò inchinandosi sull’orlo della cornice. – Qual buon vento vi porta qui? Sapete che non potete girare per il castello a quest’ora…

    –Non preoccupatevi, signore. Lo faccio per una nobile causa.

    Il vecchio cavaliere strabuzzò gli occhi sporgenti, spostando lo sguardo ora su Jane ora su Edmund.

     –Anche voi, madamigella?

     –Sì, e ora, se permettete, dobbiamo andare o faremo tardi – intervenne il ragazzo prendendo l’altra sottobraccio con fare cavalleresco. – Buona serata, Sir Cadogan.

    –Buona serata a voi, messeri – li salutò lui, non senza tradire una sfumatura di delusione nella voce.

    I due ragazzi avanzarono sottobraccio per tutto il corridoio, poi, appena svoltato l’angolo, Jane scoppiò in una fragorosa risata.

    –Sei incredibile, Ed! – esclamò.

    –Io quel tizio proprio non lo sopporto – si schermì lui facendo le spallucce.

    –In ogni caso, sei un vero gentiluomo! – ridacchiò Jane stampandogli un bacio spettacolare sulla guancia.

    I due presero a incamminarsi per il corridoio deserto, fermandosi vicino a una grande finestra che dava sul lago. La pioggia aveva finalmente smesso di cadere e le nubi tempestose sembravano essersi diradate, lasciando intravedere a tratti il lago illuminato dalla luna piena. Edmund e Jane si sedettero sul davanzale, prendendo a contemplare il paesaggio mozzafiato, tenendosi per mano. Le dita della ragazza erano serrate attorno al quarzo rosa che portava al collo.

    –Come stai? – chiese Edmund a un certo punto.

    –Bene, bene – mentì Jane, la mano ancora serrata attorno al ciondolo. – Tra poco Harry dovrebbe essere di ritorno…

    –Pensi che stia andando tutto bene?

    –Credo di sì. L’amuleto è ancora freddo. Se mio fratello fosse in pericolo, lo saprei immediatamente.

    Edmund annuì. Il quarzo rosa era il regalo più fenomenale che Hermione avesse fatto ai due gemelli nell’ultimo anno. Ne avevano uno ciascuno e non se ne separavano mai. Se uno dei due si trovava in pericolo, la pietra dell’altro prendeva improvvisamente a scottare, mettendolo in allarme. Un dono estremamente utile, vista la vita piena di rischi che i fratelli Potter conducevano.

     Restarono in silenzio per diversi minuti. Jane, di solito allegra e sempre pronta allo scherzo, era di una serietà spaventosa. I suoi occhi scrutavano ansiosi il cielo stellato, come se sperasse di veder apparire Harry da un momento all’altro. Dal canto suo, Edmund non se la sentì di interferire con le sue ansie, restandole accanto come una presenza solitaria e silenziosa.

    All’improvviso, Jane si tirò indietro di scatto. Le sue dita erano di nuovo strette attorno al quarzo. Nell’arco di una frazione di secondo, la ragazza lasciò andare bruscamente la pietra, lanciando un gemito di dolore. I suoi occhi erano sgranati per il terrore.

    –Harry!– gridò.

    Edmund ebbe l’improvvisa sensazione di aver appena ricevuto una secchiata d’acqua gelida. Per diversi secondi, non riuscì a capacitarsi della gravità della situazione.

    –Cosa succede? – balbettò.

    –Gli sta accadendo qualcosa di terribile e io non sono con lui! – esclamò lei mettendosi le mani nei capelli con rabbia. – E non so neanche dov’è!

     –Come, non te l’ha detto?

    Jane lanciò un grido di dolore. La pietra aveva preso a sfrigolare, bruciandole la pelle. Ciò bastò a riscuotere Edmund dal torpore. Con un balzo in avanti, il ragazzo le strappò la catenella dal collo, liberandola dal quarzo incandescente.

     –Come sarebbe a dire non sai dov’è andato? – esclamò sconvolto, prendendola per le spalle e guardandola dritta negli occhi.

    –Lui n-non ha voluto d-dirmi n-niente – boccheggiò Jane.

    –Quel maledetto idiota… – ringhiò l’altro sconsolato.

    Il quarzo continuava a sfrigolare sempre più forte sulla pietra ruvida del pavimento.

    –Sta morendo… – gli occhi della ragazza si riempirono di lacrime mentre fissavano l’amuleto bruciare. – HARRY STA MORENDO E IO NON SONO CON LUI!!!!


    Edmund imprecò tra i denti. Non sapeva come avrebbero potuto affrontare quella terribile situazione. Erano lì a guardarsi negli occhi, immobili e impotenti, mentre Harry Potter moriva chissà dove. Il ragazzo era sul punto di dare sfogo alla disperazione, quando improvvisamente lo sfrigolio cessò e la pietra tornò improvvisamente fredda. Entrambi presero a osservarla sbigottiti.

    –È…? – il ragazzo non riusciva a pronunciare quella frase terribile.
    Con sua enorme sorpresa, Jane scosse lentamente il capo, ancora visibilmente sconvolta.

    –No, deve avercela fatta altrimenti la pietra sarebbe distrutta – sentenziò in tono innaturale.

    Edmund trasse un sospiro di sollievo. La ragazza raccolse il quarzo con le mani tremanti e se lo rimise nuovamente al collo, nascondendolo sotto la maglietta.

    In quel momento, il cupo brontolio di un tuono scosse l’aria caliginosa della notte. Jane si irrigidì di colpo sul davanzale. Le sue braccia erano strette attorno al torace, come se fosse scossa da brividi. I suoi capelli erano dritti e scompigliati da un’energia invisibile, le narici dilatate e i muscoli tesi. Edmund rabbrividì. Sapeva che la ragazza aveva captato qualcosa con i suoi poteri. Qualcosa di terribile.

    Un’esplosione di passi rimbombò alle loro spalle. Un gruppo di persone stava arrivando a tutta velocità nella loro direzione. Riscossasi da quella improvvisa trance, Jane scattò in piedi, una mano stretta attorno alla bacchetta appena sguainata, l’altra reggeva in mano il Mantello dell’Invisibilità che aveva tenuto gelosamente nascosto sotto la divisa fino a quel momento.

    –Sotto! – sibilò fra i denti, gettando il tessuto magico sulle loro spalle. In un attimo, entrambi scomparvero dal corridoio.

    Un frazione di secondo dopo, davanti a loro comparve il corteo più terrificante che avessero mai potuto immaginare. I loro mantelli neri sfioravano il terreno, i volti protetti da delle maschere metalliche a forma di teschio, le bacchette sguainate. In quel momento, una dozzina di Mangiamorte si stava aggirando indisturbata per i corridoi di Hogwarts. In cima al corteo, Draco Malfoy, pallido e tremante, faceva loro strada, la mano inguantata del primo della fila serrata in una morsa ferrea sulla sua spalla. Accanto a lui, Edmund avvertì chiaramente la rabbia di Jane esplodere da ogni suo poro, insieme a tutto l’orrore per ciò che stava accadendo davanti ai loro occhi. Il drappello superò di corsa il punto in cui due maghi si erano nascosti e proseguì spedito nell’oscurità.

    –Dobbiamo dare l’allarme! – sussurrò Jane da sotto il mantello.

    –L’ES! – esclamò Edmund a bassa voce. – Usiamo le monete di Hermione, così guadagneremo tempo!

    –Ottima idea! E come facciamo con i professori?

    Jane si bloccò di colpo. La pietra stava tornando calda a vista d’occhio.

    –Harry – mormorò. – Io cercherò di prenderli alle spalle.

    –No!

    –Tu avverti quelli della tua Casa e cerca Piton, poi mettiti al sicuro! – ordinò la ragazza facendo per uscire da sotto il Mantello. – Io vado di sopra. Devo sapere che cosa sta succedendo.

    –Io non ti lascio da sola con quei pazzi assassini!

    –Non sono da sola – tagliò corto l’altra, indicando la torre di Astronomia con un dito. Sulla sua sommità, una tenue luce si era appena accesa.

    –Sono tornati.

**** Angolo Autrice ****

Memento per me: non appena finirò di postare questa storia, mi armerò di carta e penna e scriverò tutti i missing moments del Principe Mezzosangue per aggiornarvi su tutto quello che è successo durante il sesto anno, mannaggia a me e alla fretta!

Diciamo che questi sono stati in assoluto i primi capitoli del crossover che ho buttato giù, e si vede.
Edmund, per quanto sia diventato un bellissimo ragazzo, ha ancora molte insicurezze, alimentate dal fatto che più passa il tempo più diventa consapevole che presto arriverà il momento della verità sulle sue origini, e ovviamente è terrorizzato da come potrebbero prenderla i Grifondoro.

La spaccatura tra Jane e Harry è in realtà in corso già dal sesto anno, e la situazione è molto diversa rispetto al quarto libro.
Infatti lo stesso Silente ha fatto sì che i due gemelli si separassero, calcando molto la mano sul fatto che Harry fosse il Prescelto e di conseguenza Jane si è sentita decisamente messa da parte all'interno della missione... e la cosa le ha permesso di avvivinarsi sempre di più a Edmund (alimentando le ire di Harry, che sta diventando sempre più prevenuto verso qualunque cosa abbia a che fare con Serpeverde).
L'idea del quarzo è venuta a Hermione per Natale proprio per stemperare la tensione fra i gemelli, ma avrete intuito che non sarà così facile.

Insomma, lascio a voi le vostre supposizioni.

La prossima settimana sarà incentrata sulla prima battaglia a Hogwarts, non perdetela!

Vi mando un abbraccio <3

F.

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