L'attentato

Adam fissò la lapide con aria assente, come se il corpo martoriato che giaceva sotto i suoi piedi non fosse quello di suo padre. In pochi giorni, il ragazzo sembrava invecchiato di vent’anni. Il volto pallido e scavato era nascosto da un lungo ciuffo di capelli castano chiaro e gli occhi blu avevano perso la vivacità di un tempo, apparendo lividi e opachi, come privi di vita.

    Per poco non ebbe un infarto quando avvertì il tocco di una mano gelida sulla spalla. Trasse un sospiro di sollievo quando si accorse che era solo sua madre, entrata nella cripta di famiglia senza far rumore. Da quando i Mangiamorte avevano rapito, torturato e ucciso il signor Johnson, la donna sembrava diventata qualcosa di più simile a uno spettro che a un essere umano.

    −La macchina è pronta, tesoro – disse la vedova Johnson con aria assente. – Sicuro di voler partire?

    −Il mio posto è a Hogwarts, mamma – rispose Adam stringendo la piccola e fragile strega tra le sue braccia. – Non temere: è ancora un luogo sicuro, nonostante tutto.

    La donna si lasciò sfuggire un sospiro.

    −Non potrei sopportare di perdere anche te – mormorò.

    −Non accadrà. Tornerò presto. L’importante è che ora tu vada in un posto sicuro, dove quei pazzi assassini non potranno più farti nulla di male.

    La signora Johnson annuì piano. I suoi grandi occhi scuri passarono in rassegna le eleganti architetture gotiche della cappella. C’erano voluti secoli per costruire e abbellire la tenuta di campagna dove vivevano, simbolo dell’immenso prestigio della famiglia Greengrass, una delle più antiche di Inghilterra che potevano vantare il titolo di Purosangue.

    Ora, gli ultimi due membri superstiti erano accusati di alto tradimento per aver sporcato il proprio sangue con quello di un volgare Babbano di nome Johnson. Tutto ciò che i loro antenati avevano così faticosamente costruito si era dissolto nel nulla. Ora, madre e figlio non avevano più scelta. L’auto nera del Ministero li attendeva nel giardino, sotto la pioggia battente, in attesa di varcare i cancelli della villa per l’ultima volta.

    −Stai attento – sussurrò la donna tra le braccia di suo figlio; poi tutto svanì tra i singhiozzi.


***

 
−Tranquilla, mamma. Hogwarts è ancora protetta, nonostante Silente non ci sia più.

    Erano state quelle le ultime parole che Peter aveva detto a sua madre poco prima di mettere in moto la macchina e scortare Lucy fino alla stazione di King’s Cross. La ragazzina stava raggomitolata sul sedile anteriore, fissando con aria assente le case del loro quartiere che scorrevano via attorno a loro. Pioveva a dirotto e faceva un freddo davvero insolito per essere solo il primo settembre.

    −Notizie da Susan? – domandò a un certo punto.

    −Sta bene – rispose Peter, continuando a guardare la strada.

    −Quando tornerà?

    −Non lo so.

    Lucy restò in silenzio, tornando a osservare distrattamente il paesaggio fuori dal finestrino.

    −Pete, credi che Edmund sia davvero cattivo? – domandò a un certo punto.

    Era la prima volta dalla sua scomparsa che Lucy osava affrontare l’argomento.

    Peter non rispose, la mascella improvvisamente contratta.

    −Silente si fidava di lui – disse a un certo punto. – E io mi fidavo di Silente.

    I due fratelli non parlarono più per tutto il resto del tragitto, ciascuno perso nei propri cupi pensieri. Una volta arrivati alla stazione, Peter scortò Lucy fino al binario nove e tre quarti, lanciandosi intorno continue occhiate sospette. Per fortuna, la zona era pattugliata in ogni dove da Auror in borghese, che controllavano a vista il transito di studenti e bagagli sulla banchina.

    Appena passati al di là della barriera, Lucy intercettò subito Nigel Creewey, il suo migliore amico. I due non avevano ancora finito di salutarsi, che un ragazzo alto dai folti capelli castani si avvicinò a grandi passi a Peter, seguito a ruota da una ragazza dai lunghi riccioli viola.

    −Ehi! Sei il fratello di Edmund, giusto? – domandò questi.

    Nel sentir nominare il fratellastro dopo settimane, il maggiore dei Pevensie si sentì raggelare.

    −Chi sei? – domandò sospettoso.
    −Sono Adam Johnson, un suo amico – rispose lo sconosciuto tendendogli la mano.

    Peter gliela strinse senza troppa enfasi.

    −Johnson, Johnson… − pensò ad alta voce. – Ora ricordo! Sei il ragazzo di Serpeverde, vero? Edmund mi ha parlato più volte di te.

    −Lui dov’è?

    A quella domanda, Peter trasalì. Al suo fianco, Lucy impallidì all’istante.

    −Non hai saputo? – domandò il ragazzo.

    Adam scosse il capo.

    −Non ricevo sue notizie da giugno.
    Peter sospirò; poi, facendo appello a tutto il suo autocontrollo, gli disse la verità.

    −Cosa? Edmund…suo figlio? Non è possibile! – esclamò Adam sconvolto.

    −Mi dispiace. Dispiace a tutti noi – mormorò Peter tristemente.

    −Voglio che tu sappia una cosa, amico. Edmund era a posto, davvero. Anche se le cose stanno così, lui per me sarà sempre un grande mago.

    L’altro annuì.

    −Forse è meglio ricordarlo così.

    A pochi passi da loro, il treno fischiò. Era il momento di salire a bordo.

    −Se vuoi, Lucy e il suo amico possono venire con me e Natalie. In gruppo siamo più al sicuro – propose Adam.

    −Ti ringrazio – fece Peter.

    −Va tutto bene, Pete – lo rassicurò Lucy.

    Suo fratello le sorrise; poi i due si abbracciarono forte.

    −Mi raccomando, stai attento! – sussurrò la ragazzina nel suo orecchio.

    Un attimo dopo, i due si separarono e Lucy zampettò dietro ai compagni, dritta verso casa. Pochi istanti dopo, l’Espresso di Hogwarts iniziò la sua corsa, sparendo nella nebbia.

***

   
Sul treno regnava un silenzio innaturale. Non si avvertiva il consueto cicaleccio degli studenti, gli scoppi provocati da qualche incantesimo maldestro e il noto cigolio del carrello dei dolci. Era come se a bordo non ci fosse nessuno. Adam, Natalie, Lucy e Nigel si trovarono uno scompartimento vuoto, lontano da sguardi indiscreti.

    −Allora è vero? – domandò Adam quando finalmente si furono accomodati. – Edmund è davvero l’Erede di Serpeverde?

    Lucy annuì.

    −Ho sempre detto che quel ragazzo aveva qualcosa di strano – osservò Natalie in tono perentorio.

    −Nat, per favore! – la interruppe Adam accennando a Lucy.

    La ragazza stava aprendo la bocca per rispondere, quando un cigolio sinistro proruppe da sotto i loro piedi. Un attimo dopo, tutti i presenti furono scaraventati violentemente a terra, mentre tutte le luci del treno si spegnevano di colpo. Nello scompartimento accanto qualcuno urlò.

    −Chi diavolo ha tirato il freno di emergenza? – esclamò Adam riemergendo da sotto il sedile.

    Lucy si tirò su a sedere barcollando, incollando il nasino all’insù al vetro del finestrino. Fuori la pioggia cadeva talmente fitta che era impossibile distinguere alcunché.

    −Via di lì! – esclamò Natalie scaraventandola indietro e tirando giù le tende.

    Sia lei che Adam avevano sguainato le bacchette.

    −Ascoltate! – esclamò la ragazza tendendo l’orecchio. – Qualcuno sta salendo sul treno!

    Lucy non si trattenne e sbirciò da dietro le tendine tirate. Con suo sommo orrore, notò alcune figure incappucciate inerpicarsi su per i vagoni. In quel preciso istante, la porta dello scompartimento si aprì con un tonfo. Per poco, Neville non venne centrato da due maledizioni diverse, potenzialmente letali.

    −Cosa diavolo ti è saltato in mente, razza di imbecille? – tuonò Adam con il suo solito tatto.

    −Zitti! Ci sono i Mangiamorte sul treno! – esclamò il ragazzo, poggiandosi l’indice sulle labbra.

    −E adesso che facciamo?

    Neville non rispose. Con sommo orrore di tutti, un’alta figura incappucciata era appena sbucata alle sue spalle, sbarrando loro ogni via di fuga.

    −Bene, bene, bene – disse la voce di Greyback rivolta a un’altra figura ammantata nell’ombra. – Questi li portiamo via con noi.

***

   
Era stata una giornata lunga ma ricca di soddisfazioni. Dopo aver trascorso tutto il pomeriggio sui libri, Jane si concesse finalmente una doccia rilassante, andandosi poi a godere il tramonto sull’oceano dalle grandi finestre della biblioteca.

    Lì vi trovò Susan ancora china sul manuale di Incantesimi che aveva iniziato a leggere quella mattina. Sissy dormicchiava pigramente nel terrario posto al centro della stanza, lanciando di tanto in tanto un sibilo infastidito per via delle note stridenti che provenivano dalla radio.

    Anche Edmund era tutto preso dallo studio, sprofondato fino al collo in una grande poltrona. Jane si raggomitolò ai suoi piedi, lanciandogli di tanto in tanto un’occhiata di sottecchi. Dalla terribile notte in cui la verità era venuta a galla, nessuno dei due aveva più osato baciare l’altro. Certo, l’affetto che nutrivano uno verso l’altro era quello di sempre, anche se ora il terribile fantasma dell’Erede di Serpeverde e di ciò che avrebbero dovuto affrontare di lì a poco aveva posto fra loro dei limiti invalicabili. La paura per ciò che li aspettava era ancora troppo forte per pensare ai sentimenti, nonostante fossero miracolosamente intatti.

    Improvvisamente, la musica alla radio si interruppe, lasciando posto alla sigla del notiziario. Susan alzò istintivamente il volume.

    −Buonasera. Continuano le ricerche in Inghilterra dopo l’attentato avvenuto questa mattina all’Espresso di Hogwarts, a pochi chilometri da Londra…

    −CHE COSA? – esclamò Jane in preda all’orrore, venendo subito zittita dagli altri due.

    −…il convoglio è stato dirottato da un gruppo di Mangiamorte, che ne ha preso il totale controllo per alcune ore. Il treno ha poi ripreso la sua corsa verso Hogsmeade, ma al suo arrivo mancavano cinque studenti. Neville Paciock, Adam Johnson, Natalie Prewett, Nigel Creewey e Lucy Pevensie sono ricercati in tutto il Paese, anche se le speranze di trovarli vivi sono state ormai smentite dal Ministero…

    Non riuscirono ad ascoltare altro. L’intera stanza venne attraversata dal grido di Susan, che si accasciò a terra con le mani conficcate nei capelli, il volto paonazzo deformato da un dolore indicibile.

    −SUE! – esclamò Jane accorrendo al suo fianco, tentando in tutti i modi di farla tornare in sé.

    −NO! NOOOOOOOOOOOO! LUCY, LUCYYYYY!

    −Susan, ti prego!

    In un attimo, anche il volto di Jane fu inondato dalle lacrime. Si strinse forte all’amica, le loro teste premute l’una contro l’altra, singhiozzando abbracciate sul pavimento polveroso. Era come se improvvisamente l’intero mondo fosse precipitato sulle loro teste, schiacciandole. Il notiziario sparato a tutto volume sembrava solo un borbottio lontano.

    Solo Edmund rimase in disparte, immobile come una statua. Un’espressione di cieca rabbia gli solcava il volto, indurendogli i tratti a tal punto da solcarli di un’inquietante bruttezza. Jane rabbrividì, incrociando il suo sguardo. In quel momento, il ragazzo somigliava in maniera impressionante a suo padre, anche se non c’era traccia del bagliore rossastro nei suoi occhi.

    −Edmund… − sussurrò spaventata.

    −Me la pagheranno – rispose lui stringendo il pugno fino a far sbiancare le nocche. – La pagheranno fino all’ultimo, quei bastardi.

     **** Angolo Autrice ****

Okay, mi state odiando, me lo sento. Anche perché tra immagini e quanto accaduto in questo capitolo temo di avervi fatto venire abbastanza magone per il resto della settimana - sorry xD
E glisso sul fortissimo legame tra Ed e Lucy, e tra Lucy e Susan, specie dopo la tragedia che ha colpito la loro famiglia con la morte di David.
Se avete letto il libro, potete immaginare che cosa è successo realmente durante l'attentato... in caso contrario vi chiedo solo di portare un po' di pazienza e di attendere i prossimi capitoli per scoprirlo! - lo so, c'è un posto all'inferno che mi aspetta per tutti i miei tentati spoiler-

Intanto, non posso che augurarvi... e ringraziarvi... no, okay, so già che dopo questo capitolo mi odierete troppo xD

Speriamo solo di rileggerci in seguito. O, se vi va, di fare due chiacchiere su Instagram (le_storie_di_fedra). O sulla mia fic su Narnia.

Io vi voglio bene lo stesso, lo sapete sì? <3

F.
 
 
 
 
 
 
 
 
 

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