Ho baciato Emma Stone - capitolo tagliato [spoiler Ultimo Evocatore]

Per farvi passare il tempo, pubblico qui la prima versione del capitolo 101, ovvero l'ingresso di Marco e Simone allo stadio, con un incantesimo di illusione che cambiava il loro aspetto. Ho poi pensato che non fosse una trovata troppo intelligente e ho quindi deciso di modificarla radicalmente. Mi piaceva però la scenetta di Marco seduttore attrice di Hollywood, quindi eccola qui! 

Nota bene: questa scena non avviene e non avverrà mai nella storia, quindi non tenetene conto per teorie e ipotesi sul futuro. Noterete anche qualche riferimento errato a capitoli passati (parlo di cose che in realtà sono accadute in modo diverso): non fatevi confondere le idee!

Attenzione, il capitolo contiene spoiler post capitolo 100 de L'Ultimo Evocatore.

Buona lettura! :)

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Marco aveva gli occhi verdi un po' distanziati, la pelle liscia e candida, una cascata di capelli rossi con una perfetta piega ondulata.

«'Mazza, che figa che è Emma Stone...» disse Simone ammirandolo.

«Non so se essere geloso di Emma o felice che mi stai guardando infoiato» disse Marco con la sua inconfondibile voce roca.

«Cerca di non parlare, l'illusione non funziona, se si sente che hai la voce da uomo.»

«Emma Stone ce l'ha, la voce un po' mascolina...» protestò Marco.

«Io come sto?»

«Mi piaci di più coi capelli rossi e la tua faccia strana.»

Prima di separarsi, Margherita, tra le altre cose, aveva dato loro qualche altra boccetta del filtro illusorio che Simone aveva già usato per diventare Artemide (un filtro preparato da lei stessa, avevano scoperto). Marco e Simone avevano deciso di assumere l'aspetto dell'attriceEmma Stone e del suo fidanzato, Dave McCary, per farsi ammettere senza biglietto alla tribuna autorità, dal cui ingresso avrebbero potuto raggiungere facilmente gli spogliatoi.

Simone aveva ovviamente dismesso gli abiti della Vinci e indossato una felpa, un paio di jeans e un giubbotto prestatigli da Marco, tra le cose meno attillate e appariscenti che aveva. I jeans gli stavano persino un po' larghi, motivo per cui aveva avuto bisogno di una cintura. Margherita aveva perciò acquistato un cinturone di pelle borchiato che aveva suscitato il disgusto di Marco e la perplessità di Simone. «Questa fibiazza de fero pesa più di me» aveva commentato indossandola. «Per quello ci vuole poco» aveva ribattuto Marco. «Sei così secco che ogni tanto mi dimentico che di mestiere fai l'atleta.»

Per quanto riguardava i vestiti di miss Stone, avevano pensato che non sarebbe stato un problema se avesse indossato abiti un po' mascolini, i jeans attillati e il cappotto stretto di Marco erano ok. Tanto più che l'illusione si estendeva parzialmente agli abiti, che seguivano le forme femminili del suo falso fisico.

Margherita aveva salutato Marco e Simone ben lontano dallo stadio, che avrebbero raggiunto indipendentemente: anche se erano tutti e tre protetti da scudi e illusioni, era meglio non stare vicini.

«Sicuro che non vuoi provare un'ultima volta a chiamare Claudio da una cabina?»

«Che senso ha? Ci abbiamo già provato tre volte...»

Simone aveva voluto provarci ugualmente, nonostante Margherita e Marco gli avessero detto dell'impossibilità di comunicazione. La prima dal cellulare di Simone. La seconda da quello di Marco. La terza da una cabina telefonica. Non erano riusciti a raggiungere nessuno, né Claudio, né casa di Claudio (Simone ricordava il numero a memoria), né genitori o casa di Simone, né qualsiasi altro numero. Artemide aveva in qualche modo isolato tutti i cellulari e i numeri di casa. Quindi non avrebbe avuto senso tentare di risalire ai numeri di Laura e Lorenzo (che Simone non ricordava e Marco non aveva) attraverso una catena di chiamate, li avrebbero certamente trovati bloccati, come tutti gli altri. 

Perciò dovevano agire di persona. Scoprire l'identità di Ares e mettere in guardia Claudio e/o i suoi genitori, o ancora meglio tentare di avvisare i gendarmi del doppio gioco di Ares.

Di quest'ultima cosa se ne sarebbe occupata Margherita. Probabilmente non le avrebbero creduto, considerata la stima che Artemide aveva all'interno della gendarmeria, ma l'unica minuscola speranza che avevano di essere creduti era che fosse la persona più credibile tra loro tre a parlare con gli ufficiali. E quella persona era Margherita, una maga ben conosciuta nella comunità.

Nel frattempo, Simone e Marco si sarebbero occupati di avvisare Claudio o i genitori, sperando di sfuggire ai controlli magici della setta e della gendarmeria (che era stata certamente allertata da Artemide).

Sembrava un'impresa disperata.

«Andiamo a fare questa cazzata, allora?» disse Marco, scuotendo con la testa i suoi splendidi capelli illusori: si vedeva che gli piacevano da morire.

«Andiamo!»

Simone conosceva bene lo Stadio Olimpico, sia da tifoso, perché c'era andato a vedere innumerevoli partite della Roma, sia da insider, in quel breve periodo che aveva giocato nella Primavera della Lazio.

Era ancora presto, mancava un'ora e mezzo mezza all'inizio, ma i cancelli aprivano due ore e mezzo prima, quindi c'erano già sciami di persone in fila agli ingressi.

I giocatori del Felsina erano arrivati: Marco e Simone li avevano visti da lontano, ma non avevano osato avvicinarsi perché la Vinci era con loro (probabilmente furibonda). Ma avrebbero provato a intrufolarsi di lì a breve in spogliatoio.

Claudio doveva sapere.

Marco/Emma e Simone/Dave si diressero con sicurezza verso l'ingresso della tribuna autorità.

Simone ricordava l'impresa di un ragazzo che con il solo aiuto di un pass falso, un completo elegante e tanta faccia tosta era riuscito non solo a entrare gratuitamente a San Siro durante la finale di Champions del 2016, ma persino, assurdamente, a salire sul palco della premiazione e intrufolarsi nella foto di gruppo finale del Real Madrid campione d'Europa.

La parola d'ordine per riuscire in imprese simili era sfrontatezza.

Non dovevano mostrarsi incerti. Dovevano andare lì e chiedere di entrare, come se fosse una cosa dovuta.

Così Simone, con la massima nonchalance, e un vago senso di nausea e tensione alla base dello stomaco, disse allo stewart della tribuna che lui e la sua fiancée, la signorina Stone, erano in visita in Italia e avrebbero amato veder giocare il famoso Claudio Barazzutti, il primo calciatore professionista ad aver fatto coming out. 

«You know, we are long time advocates for elgi bi ti rights.» Simone cercò di pronunciare meglio possibili le frasi in inglese, simulò persino un accento americano, sperando di non essere incappato in un madrelingua inglese.

Marco si limitò a sorridere con aria sostenuta ed emettere dei brevi mugolii in falsetto.

Il trucco funzionò a meraviglia.

Simone pensava che ci avrebbero impiegato un po', a entrare, che gli addetti avrebbero tentennato. O, ancora peggio, che qualcuno della setta li avrebbe sorpresi subito, all'ingresso, e rinchiusi da qualche parte.

Invece venne loro steso davanti ai piedi un figurato tappeto rosso.

Alcuni addetti provarono a scucire un selfie a Marco/Emma, ma Simone la difese, dicendo che la signorina Emma non voleva essere disturbata.

E così, a un'ora e un quarto dall'inizio della partita, Marco e Simone, con l'aspetto di Emma e Dave, erano all'interno dello Stadio Olimpico.

«Ok, e adesso che si fa?» bisbigliò Marco. 

«Vieni, per gli spogliatoi dobbiamo andare di qua. Ricordati: sicuro di te. O meglio: sicura di te. Non tentennare, non guardarti intorno con aria circospetta.»

«Ricevuto.»

Simone guidò Marco attraverso corridoi interni, e arrivarono nella zona degli spogliatoi. C'era un buttafuori, all'ingresso dello spogliatoio ospiti.

«Merda...» bisbigliò Marco.

«Ora tocca a me, ricordi?» disse Simone. «Tu aspettami qui.»

Simone drizzò la schiena e si incamminò sicuro verso la porta.

Il buttafuori gli si parò davanti.«Lei è?»

«Stampa» disse Simone, facendo un ulteriore passo per entrare.

«Non sono ammessi giornalisti» disse lui.

«Certo che sono ammessi. Non ha mai visto le dirette tv di una partita? Mi faccia entrare. Devo chiamare un suo superiore?»

Il buttafuori indurì la sua espressione facciale e fece un segno di diniego con la testa, ma lanciò uno sguardo alle spalle di Simone e sul suo viso si disegnò un sorriso smagliante.

«Hi...» disse Marco con voce suadente, appoggiandosi alla spalla di Simone. Aveva cercato di dirlo in un tono alto, e gli era uscito una specie di strano rantolo rauco.

Il buttafuori non sembrò farci caso, era ammaliato. «Lei è... non è quell'attrice...»

«Miss Emma Stone» disse Simone. «La La Land, La Favorita,...» aggiunse, citando gli unici due titoli che gli vennero in mente lì per lì tra i tanti film recitati dalla Stone.

«Wow, è... posso fare una foto con... can I make a... take... come si dice?»

«Miss Stone non fa selfie» disse Simone.

«Siete insieme?» disse il buttafuori. «Together?»

«Mh-mh...» disse Marco, sempre in falsetto.

«A Miss Stone piacerebbe conoscere il famoso Claudio Barazzutti, per un progetto speciale legato ai diritti delle persone LGBT» disse Simone, con una dizione molto chiara per cercare di suonare professionale.

«Oh, ma non so se... i giocatori si stanno cambiando e...»

Marco/Emma si avvicinò al buttafuori, sorridendo suadente.

«Be', penso che potrei...»

«A Miss Stone e Mister McCary ci penso io» disse una voce alle loro spalle.

Un fiotto di adrenalina scombussolò tutti i muscoli di Simone, facendolo quasi cadere.

Si voltò di scatto e un uomo sconosciuto, alto, ben piazzato, un paio di occhiali rettangolari su una faccia lunga, sorrise loro in modo amichevole. «Venite con me. Come with me, please.»

Merda. È un mago.

Merda merda merda! Ci hanno trovati subito!

L'uomo li spinse lungo il corridoio da dove erano venuti. «Gendarmeria magica» disse. «Camminate e fate quello che vi dico, se non volete cadere a terra in preda alle convulsioni.»

Simone e Marco obbedirono.

«Pensavate davvero di fregarci con una pozione illusoria e uno stupido scudo da banco?» Si indicò gli occhiali: «Questi sono occhiali anti illusione, se ve lo state chiedendo. Vi vedo con il vostro vero aspetto. Quanto al vostro scudo, ormai lo usano solo i maghi di quarta categoria, che del resto è ciò che è Margherita.» E per confermare, Simone sentì una piccola ma fastidiosa scossetta sul sedere.

Doveva averla sentita anche Marco, perché ebbe un lieve sussulto e disse: «Non si palpa il culto alle signore...»

Quella frase strappò un sorriso a Simone, che però si lasciò subito prendere dallo sconforto: il loro stupidissimo piano si era sgretolato dopo pochi minuti.

Stupidi. Due stupidi allo sbaraglio...

Si sforzò di raccogliere i propri pensieri e si rese conto che forse quell'incontro poteva essere una buona occasione per loro: quell'uomo faceva parte della gendarmeria e certamente non sapeva che Artemide Vinci nascondeva segreti sul fratello.

«Artemide Vinci sta facendo il doppio gioco» disse Simone tutto d'un fiato. «Suo fratello...»

«Artemide mi ha già detto tutto, non preoccupatevi. Mi ha detto che avete delle assurde teorie del complotto contro suo fratello.»

«Non sono teorie del complotto!» sbottò Marco.

Un paio di persone nel corridoio si voltarono stranite verso di lui.

«Parla a bassa voce! Hai l'aspetto di Emma Stone» gli disse Simone tra i denti.

«Ci state facendo perdere un sacco di tempo» disse il gendarme, più annoiato che arrabbiato.

Proseguirono la camminata in silenzio e giunsero all'ultimo piano, nell'area vetrata sopra la tribuna Monte Mario. Vennero fatti entrare nello Sky lounge.

«Io e Artemide siamo d'accordo: la cosa più semplice è lasciarvi qui, a vedere la partita. Dove chiunque può vedervi: quale miglior controllo? Guardate lì...» Indicò una telecamera di sicurezza. «Fate ciao ciao...»

«E come pensi di convincerci a rimanere qui?» disse Simone.

«Semplice. Così.» L'uomo schioccò le dita, e con rapidità inattesa arrivò la scarica di dolore.

Non era fortissima, e localizzata alle gambe. Costrinse Simone e Marco ad accasciarsi a terra.

«Ehi, tutto bene?» disse un addetto che stava passando lì accanto proprio in quel momento.

«Tutto a posto, sono inciampati» disse il gendarme ridacchiando.

Poi si chinò su di loro e Simone avvertì una sensazione pungente al braccio. Una siringa. Una pozione.

Si sentì pervadere da un senso di stordimento. Percepì che il gendarme lo metteva a sedere su una poltroncina. Poi vide il suo viso davanti agli occhi. «Ascoltami» disse il mago, in tono perentorio. «Tu e Marco starete qui. Vedrete la partita dall'inizio alla fine senza muovervi. Non direte nulla a nessuno dei vostri piani, dei vostri sospetti, dei vostri timori. Sarete estremamente cortesi e cordiali e allegri con chiunque si avvicini a voi. Nessuno sospetterà niente.»

La voce risuonò, riecheggiò nella testa di Simone, creò una specie di melodia che sedimentò tra le pieghe del cervello.«Nessuno sospetterà niente...» ripeté Simone in un sussurro.

L'uomo fece la stessa identica cosa con Marco, usando le stesse parole. Simone lo udì come fosse una specie di colonna sonora distante.

«Bene, ragazzi. Insieme alla pozione persuasiva preparata dalla premiata ditta Vinci, vi ho iniettato anche un antidoto all'incantesimo illusorio: il vostro aspetto tornerà normale in modo graduale nell'arco di cinque minuti. In questo modo non ci sarà il rischio che qualcuno fotografi di nascosto Miss Stone e si ritrovi una foto di Marco Gaudenzi nel cellulare.

«Non riuscirete a spostarvi da qui. Posso immaginare cosa state pensando, anche se non sono un telepate: non ci riuscirete nemmeno con la forza dell'amore. È una forza a cui il corpo riesce ad attingere solo in casi estremi, e fidatevi: stanotte non accadrà nulla di estremo.»

Simone avrebbe voluto dirgli dei loro sospetti su Ares, del sequestro, di come si era sostituito a Marco e Tiziano, ma non appena la volontà di dirglielo affiorò tra i suoi pensieri fu frenata dal divieto magico che il gendarme gli aveva imposto.

«Nnn...» gli uscì dalle labbra.

«Buona partita, ragazzi» disse il mago sorridendo. «E lo dico davvero. Sono sicuro che sarà unbello spettacolo!»

Il gendarme fece per allontanarsi, ma tornò indietro: «Ah, quasi dimenticavo...» Prese lo zaino di Marco. «Qui ci sono le pozioni di Margherita, vero? Lo prendo io, per sicurezza.»

Appena l'uomo se ne fu andato, Simone, che stava ricominciando a sentirsi di nuovo padrone di sé, provò ad alzarsi. All'inizio non riuscì nemmeno a contrarre i muscoli. Poi li sentì guizzare sotto la pelle, disperatamente ma invano: venivano bloccati dalla contrazione simultanea dei muscoli antagonisti, che lo mantenevano seduto: tanto più era l'impegno che ci metteva per alzarsi, tanto maggiore la forza che lo teneva incollato alla poltroncina.

«Stai provando anche tu ad alzarti? È impossibile...» disse Marco. La sua voce era stanca.

«Miss Stone? I'm sorry, can I...»

«Non sono Miss Stone» disse Marco, in tono apatico, ma con la sua voce inconfondibilmente maschile. L'uomo che stava importunando Marco si ritrasse turbato. «Ma... uh... le somiglia molto...»

«Sono una trans italiana e ho fatto delle operazioni di chirurgia plastica per assomigliarle» disse lui, atono.

Simone si stupì a ridacchiare alla scusa improvvisata.

«Complimenti al chirurgo...» borbottò il tipo allontanandosi.

«Cazzo, e dire che mi sembrava un'idea divertente, diventare Emma Stone... Non aveva detto che il nostro aspetto sarebbe tornato normale?» disse voltandosi verso Simone.

«Ti si sono già scuriti i capelli» disse Simone guardandolo. Il viso era ancora quello dell'attrice, ma coi lineamenti appena appena più mascolini.

Marco si afferrò una ciocca illusoria (era impalpabile, ma i movimenti delle mani sui capelli creavano illusioni di spostamento). La guardò. «Peccato... erano così belli.» Sospirò. «Ucciderei per avere dei capelli così. Tu ce li hai al naturale e te ne lamenti...» Marco sembrava così triste.

«Scusa se ti ho trascinato in questa situazione» disse Simone.

«Sono io che ti ci ho trascinato. Chi è il cavaliere che ti ha liberato, caro damigello?»

Simone sorrise, ma con gli occhi che gli bruciavano dalla voglia di piangere. Dagli altoparlanti risuonò un inno laziale.

«Sarà una lunga attesa...» disse Simone.

«In questi pochi minuti in cui sembrerò ancora una ragazza posso tenerti la mano?» gli chiese Marco.

Simone gliela prese e la strinse. Poi allungò il collo e gli diede un piccolo bacio sulle labbra.

Ho baciato Emma Stone, pensò. 

Ma in realtà era un'Emma Stone che somigliava già molto a Marco. «Puoi continuare a stringermela anche quando avrai di nuovo il tuo aspetto» gli disse. «Se non ti vergogni che... cioè, lo so che non hai ancora fatto coming out e...»

«Hai sentito la Vinci, ieri, al telefono? Lo sanno tutti. È assurdo che continui a fingere.»

Simone sorrise e Marco sospirò. «Sono geloso un casino che hai baciato Emma Stone» disse.

«E io sono geloso che ti ha baciato Dave McCary.

I due ragazzi risero tristemente, tenendosi per mano.

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Note di fine capitolo - bonus fanart disagio Telegram 

Ne approfitto di questo capitoletto in cui Marco assume sembianze femminili, per mostrarvi il disagio e la follia che tutti insieme condividiamo sul gruppo Telegram. Vi ricordate il capitolo in cui Marco arriva a casa di Simone travestito da Simonetta, con minigonna e partucca rossa? Ecco, due lettrici del gruppo si sono divertite a dare la loro interpretazione fotoscioppistica del personaggio. Ecco qua i capolavori.

Mi perdoneranno le due autrici se non le chiocciolo subito: ho preso le due foto un po' di fretta dal gruppo e deciso di pubblicare questo capitolo prima di riconnettermi al gruppo per recuperare i loro nickname (le mie connessioni a Telegram sono un po' complicate... storia lunga): per farmi perdonare, vi prometto una chiocciola nel prossimo capitolo VERO della storia, lunedì!

Intanto, godetevi i capolavori 😁

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