Carbonara con la panna - parte 1: Gli occhi dell'abisso
Tiziano avvertì una piccola puntura fredda sul braccio, nel momento in cui cominciò a incatenare la bicicletta a un palo della luce. Guardo con apprensione il cielo buio notturno, fitto di nuvole: non si vedeva una stella.
Merda... sta iniziando a piovere.
«Mi scusi, buon uomo... c'è qualche problema al lampione?»
Il cuore di Tiziano accelerò in pochi secondi i suoi battiti, non appena le sue orecchie percepirono quella voce.
«Ah... aspe',» proseguì la voce, «ma sei tu! T'avevo scambiato pe' 'n operaio dell'ANAS.»
Tiziano si girò e fece un sorriso sarcastico a Claudio. «Ahah. Non me l'ha mai fatta nessuno, 'sta battuta.»
«Se nun voi che ta 'a fanno, nun annà in giro vestito come 'n operaio dell'ANAS.»
«Quando pedalo di notte mi metto sempre la pettorina catarifrangente. E tu continua pure a prendermi per il culo.»
«Lo farò senz'altro.»
«Non smetterò di indossarla» ribatté Tiziano togliendosela.
Claudio gli sorrise. «Non mi aspetto che smetti. Lo so che sei un duro.» Gli diede un pugno scherzoso a una spalla. Poi guardò il cielo. «L'hai fatto apposta a venì in bici ca' 'a pioggia? Così ci hai la scusa pe' restà a dormì da me?»
Tiziano sospirò. «Non pensavo che piovesse.» In quel momento sentì una seconda goccia. Sulla guancia. Portò una mano al volto per asciugarsi.
«Slega la bici, la mettemo in garage.» Claudio fece strada, mentre Tiziano riapriva il lucchetto della catena.
La casa di Claudio era una piccola villetta a schiera disposta su due piani. C'era un minuscolo giardino, davanti, se giardino si poteva chiamare un rettangolo di prato grande quanto un grosso balcone. Il vialetto d'ingresso al garage, che si trovava sul retro della casa, era posto lateralmente, e divideva l'abitazione da un'altra identica.
«Senti un po'...» disse Tiziano avvicinandosi con la bici. «Ma mi stavi aspettando alla finestra? Com'è che sei uscito dieci secondi dopo che ero arrivato? Coincidenza?»
Claudio fece una smorfia di disappunto. «Te piacerebbe... No. Era mi' madre che stava da mezz'ora a saltellà davanti ar balcone. Ma quando arriva? Ma quando arriva?»
«Tua madre?!» Tiziano lasciò cadere un braccio al fianco. «Ma non doveva essere fuori?»
«Pensi che nun ci ho provato a mannalla a quer paese?» Claudio sollevò la porta ribaltabile del garage, mentre la pioggia rapidamente si intensificava. «Gnente. Te tocca. Te voleva vede de persona a tutti i costi. Comunque nun te preoccupà, appena t'ha visto se ne va.»
Tiziano avrebbe voluto protestare, ma fu distratto dalla vista di una meraviglia rossa all'interno del garage. «Wow!» non riuscì a trattenersi dall'esclamare.
«Wow che?» chiese Claudio.
Tiziano spinse la bici all'interno. «Che macchina stupenda!»
Claudio rimase immobile, sbattè un paio di volte le palpebre, poi sospirò. «Ok. Me l'avevi detto che non ci capisci molto di motori, ma non pensavo arrivassi a 'sto livello.»
«Ma è bellissima!» insisté Tiziano, osservandola più da vicino. «Cioè, è... non è una Lamborghini, ok, fin lì ci arrivo, ma è bella... è super vintage, sembra uscita da un anime di Toriyama.»
«È una vecchissima Renault 4. E fa cagare.»
«Ma no!» Tiziano appoggiò la bici a una parete, accanto allo scooter di Claudio, e posò la pettorina catarifrangente sul sellino. «Mi sembra anche tenuta bene.»
«Ta' 'a regalerei, nun fosse che mi' madre la adora e nun la vole rottamà.»
«Tua madre ha buon gusto.»
Claudio aprì una porta che dava su uno stretto vano scale, fece cenno a Tiziano di precederlo. «Avete tutti e due dei gusti di merda.» Tiziano salì i primi gradini, Claudio alle sue spalle parlò di nuovo: «Ora che ci penso, che tu abbia dei gusti di merda non è molto lusinghiero nei miei confronti.»
Tiziano si fermò, esitò un istante prima di decidere di lasciarsi andare all'impulso che lo aveva colto all'improvviso.
L'impulso di voltarsi e dargli un bacio.
Dopo essersi voltato, però, rimase di nuovo immobile, a fronteggiare il viso di Claudio, per la prima volta alla stessa identica altezza.
Ma cosa sto facendo?
Per qualche secondo percepì tutta quella situazione come irreale.
Tutto quello che era successo negli ultimi due giorni era come fosse successo a un'altra persona. Non gli sembrava possibile che la persona davanti a lui fosse...
Il mio...
«E mo' che c'hai?» disse lui sollevando un sopracciglio. Poi lo girò e gli diede una spintarella. «Daje, movite a salì, che mi' madre è capace che apre la porta all'improvviso perché nun ne po' più de aspettà.»
Tiziano proseguì la salita e all'ultimo gradino gli arrivò una pacca sul sedere. Tirò un ceffone alla mano di Claudio, e non appena aprì la porta una musica orchestrale cominciò a suonare a tutto volume.
«Ma che...?»
E fu così che apparve davanti a lui, in carne e ossa, la madre di Claudio, con le mani giunte davanti al cuore e un'espressione melodrammatica sul viso.
Tiziano riconobbe il brano in sottofondo: era il Concerto per pianoforte e orchestra n. 1 di Tchaikovsky.
«Ci incontriamo, al fine!» disse lei in un sospiro, tendendo teatralmente un braccio verso Tiziano.
«Ma che...?»
«Serviva?» disse Claudio cupo spuntando alla destra di Tiziano.
La madre si mise a ridere. Tese la mano a Tiziano, stavolta in modo naturale, come per presentarsi. Tiziano gliela strinse.
«Ehm... piacere, Tiziano.»
«Lo sa che te chiami Tiziano, cojone» disse Claudio.
«Non essere maleducato» disse la madre al figlio. Poi, rivolta a Tiziano: «Io mi chiamo Laura, e per favore dammi del tu.»
La madre di Claudio, dal vivo, sembrava ancora più giovane. Forse era l'acconciatura a dare quell'impressione: i lunghi capelli biondi erano stretti in una coda alta, e le mettevano in evidenza le orecchie, che erano leggermente a sventola, e le davano un'aria un po' infantile.
Le sue orecchie sono carine, pensò Tiziano, non sono a parabola come le mie.
Aveva un bellissimo sorriso, una spruzzata di lentiggini sul naso e gli occhi azzurri simili a quelli di Claudio.
«Ci proverò!» disse Tiziano grattandosi la testa. In sottofondo continuavano a risuonare le note struggenti di Tchaikovsky. Con la coda dell'occhio vide che Claudio li stava osservando con le mani ai fianchi scuotendo la testa.
E adesso cosa dovrei dire?
Ma poi cosa sa di noi? Che le ha detto Claudio?
«Ti piace la colonna sonora che ho scelto per il nostro primo incontro?»
«Se nun ve dispiace la spengo» Claudio si avvicinò al tavolo, dov'era appoggiato un laptop, da cui proveniva la musica. Solo in quel momento Tiziano si rese conto di trovarsi in una cucina. Era talmente in confusione che faticava a percepire ciò che lo circondava.
«Volevo qualcosa di solenne e un po' enfatico... ho pensato che Tchaikovsky era proprio il tipo giusto. Ero indecisa tra questa e l'Overture 1812, hai presente? Quella coi cannoni?»
Tiziano rise.
«Poi però ho scelto questa perché aveva un tono più sentimentale...»
«'Sto frocio coatto...» borbottò Claudio in sottofondo, mentre interrompeva il brano.
«Parli di te?» disse la madre.
Tiziano trattenne a stento una risata, stupendosi della disinvoltura con cui la madre prendeva in giro il figlio, mentre Claudio scandiva torvo: «Ah. Ah. Ah.»
Oddio, non dovrei ridere!
All'improvviso sentì qualcosa toccargli la gamba, attraverso i jeans, e si prese un mezzo spavento quando si accorse che un cane lo stava annusando.
«Oh!» esclamò Tiziano. «Ciao!» Gli diede una carezza, e mentre lo faceva lo riconobbe. Lo indicò a Claudio, sorridendo. «Ah sì! Avevo visto le sue foto nel tuo...»
Si fermò, rendendosi conto che stava rivangando un episodio imbarazzante: quella volta che aveva curiosato nel cellulare di Claudio (e aveva trovato quella vecchia foto di Claudio e Simone)(e aveva tentato di masturbarsi con una foto di loro due al mare, ma fortunatamente Claudio non era a conoscenza di quest'ultimo fatto).
«Sì, 'sto stronzo m'ha hackerato er cellulare e s'è guardato tutte le mie foto» spiegò Claudio alla madre, che ridacchiò.
Tiziano avvampò. «Ma no! Non l'avevo hackerato, l'ho trovato già sbloccato... cioè...» Accarezzò di nuovo il pelo morbido del cane, per il semplice desiderio di tenersi occupato in qualche modo. «Voglio dire, non l'ho fatto apposta!»
Mio dio, cosa penserà di me questa povera donna?
Che sono una specie di stalker di suo figlio?
«No, non l'hai fatto apposta: t'hanno incatenato una sedia, aperto gli occhi che 'e pinze e costretto a guardà er contenuto der mio telefono.»
«Volevo dire...»
La madre di Claudio posò una mano sulla spalla di Tiziano. «Non ti preoccupare.» Sorrise. «Sai, quando andavo alle superiori io, non c'erano gli smartphone, c'erano solo i cellulari gsm con gli schermini a cristalli liquidi. Comunque, se fossero esistiti gli smartphone e io avessi avuto accesso allo smartphone del ragazzo che mi piaceva, altro che curiosare tra le foto, mi sarei scaricata tutto il contenuto col bluetooth!»
La madre di Claudio rise, ma il cervello di Tiziano era rimasto fermo all'espressione: il ragazzo che mi piaceva.
Perché ha fatto questo paragone?
Cosa sa di me e Claudio?
Ok, ovvio che Claudio deve averglielo detto, altrimenti perché avrebbe insistito tanto per conoscermi?
«A ma', direi che stamo a posto che 'e conversazioni. Te ne voi annà sì o no?»
«Hai ragione. Scusatemi!»
Claudio e la madre uscirono dalla cucina, verso la stanza adiacente.
Tiziano diede un'ultima carezza al cane prima di segurli: era un bell'animale, non troppo grande, slanciato, col pelo morbido e lungo, color caramello, e ricambiò le attenzioni con una leccata alla mano.
Il ragazzo che mi piace... pensò ancora Tiziano.
Quando si decise finalmente a oltrepassare anche lui la porta della cucina, seguito a ruota dal cane scondinzolante, si stupì nel trovare una quarta persona in casa. Un uomo.
Oddio! È il padre di Claudio? fu il suo primo pensiero.
«Robbe', me raccomanno, guida piano ché sta a piove» gli stava dicendo Claudio.
No, non è il padre. L'ha chiamato Robbe'...
Forse Claudio è una di quelle persone che chiamano i propri genitori col loro nome di battesimo?
Ma no, alla madre la chiama: A 'ma!
Roberto si presentò a Tiziano, che si presentò a sua volta, stringendogli la mano. Era un uomo sulla trentina, con la fronte alta e una bella barba folta e scura.
«È er fidanzato de mi' madre» spiegò Claudio a Tiziano. «E questo è er fidanzato mio» spiegò Claudio a Roberto.
A Tiziano uscì una risatina nervosissima.
Ma cosa cazzo sta dicendo!
Avrebbe voluto sparire all'istante da quella stanza per l'imbarazzo.
Roberto sembrò anche lui leggermente imbarazzato dalla rivelazione, ma annuì in direzione di Tiziano sorridendo. La madre, totalmente indifferente, stava raccogliendo uno zaino da terra. «Allora cari...» disse dopo averlo indossato.
Questa è la situazione più imbarazzante di tutta la mia vita.
«Io e Roberto andiamo a giocare di ruolo, stasera. Non posso tornare troppo tardi perché domani ho il turno di mattina.» Guardò prima Claudio e poi Tiziano. «Quindi, a mezzanotte sono a casa. Capito?»
Perché ce lo sta dicendo?
«Mi impegno a non tornare prima, ok? Prometto che non entrerò all'improvviso in casa alle undici sorprendendovi a limonare sul divano. Ok?»
Voglio morire. Ora.
«Mezzanotte» disse Claudio.
«A mezzanotte vedete di aver sistemato tutto e non fatemi trovare cose imbarazzanti in giro, ok?»
Ok, sono morto.
Sono morto e la mia anima sta salendo verso il cielo, mentre il mio corpo rimane lì, in piedi, in mezzo al salotto.
Sto vivendo una esperienza extracorporale e mi vedo dall'alto sorridere amabilmente a questa donna il cui figlio è il mio...
«Ohi, so' usciti, te poi ripijà» Claudio diede un paio di leggeri schiaffetti alla guancia di Tiziano, che ritornò in sé.
«Ma gliel'hai detto?» furono le sue prime parole. «Cioè che io... sono...»
Il tuo...
«Perché non avrei dovuto dirglielo? Dovemo fa' finta che sei il mio nuovo migliore amichetto?»
«Cioè...»
«Ci hai sete? Io ci ho sete.» Claudio si diresse di nuovo alla cucina.
«Cioè... tua madre sa... cioè... lo sapeva già prima? Intendo dire... che sei gay?» disse Tiziano seguendolo. Anche il cane li seguì.
«Sì, certo che lo sapeva.» Claudio aprì il frigo e tirò fuori una semplice bottiglia d'acqua. «Se voi ce stanno pure succo d'arancia e Gatorade. Ce sta pure birra, ma quella nun ta 'a offro perché tu e l'alcol siete un duo decisamente poco affiatato.»
«Acqua va bene» disse Tiziano, che effettivamente aveva la gola completamente asciutta.
Claudio prese due bicchieri da un mobile.
«Da quanto lo sa?»
Claudio sbuffò. «Tu ci hai popo la fissa pe' 'ste storielle...»
«Ma no! È che... come gliel'hai detto? I miei non lo sanno, e vorrei dirglielo, prima o poi, ma non so come dirglielo.»
Claudio versò l'acqua nei bicchieri. «Ti ricordi quella pallosissima storia che ti ho già raccontato? Quella che me so' 'mbriacato e ho fatto la dichiarazione a Simone?» Claudio chiuse gli occhi e li nascose per qualche istante nella mano.
«Sì» disse Tiziano, prendendo uno dei due bicchieri.
«Mado', ancora me vergogno ogni volta che ce penso.» Tolse la mano dagli occhi «Comunque. Per un paio de settimane Simone nun m'ha parlato. Lo capisco pure, l'ho sconvolto, poraccio. E io stavo tipo depresso, ma depresso malissimo, perché pensavo... cazzo, ho rovinato un'amicizia stupenda.» Lo sguardo di Claudio si immalinconì.
«E quindi ne hai parlato a tua madre...» Tiziano bevve un sorso d'acqua.
«All'inizio no. Non glielo volevo dì. Però lei mica è scema, se n'è accorta che stavo scojonato da mattina a sera. E mi chiedeva: che ci hai? E io gnente, ma', lasciame in pace. Poi un giorno torno a casa da scuola e appena entro in casa parte a tutto volume dallo stereo la Sarabanda di Haendel. Ce l'hai presente?»
«Quella di Barry Lyndon? Adoro quel film...»
«Non avevo dubbi che lo adoravi. Io me so' cagato er cazzo a metà e nun l'ho mai finito. Comunque sì, quella sarabanda lì. La versione orchestrale. Insomma, era una scena tipo quella che t'ha fatto oggi cor frocio russo... mi madre ci ha sempre avuto la fissa delle colonne sonore...»
Tiziano rise.
«Entro in casa su' sta musica tragica e me dice: mi sembrava la colonna sonora adatta al tuo umore di questi giorni. Io me metto a ride. Lei continua: insomma, me voi dì che ci hai o me devo rassegnà ad avè er fijo emo? E insomma, m'ha convinto e le ho raccontato tutto. E fu così che scoprì di avere un figlio frocio. Fine della storia.»
«Oh... e come l'ha presa?»
«Benissimo. Sur momento popo disinvoltura massima, come nun j'avessi detto niente de strano» Claudio rise. «Poi però du' giorni dopo ho usato er suo pc, aveva cancellato la cronologia del browser, ma erano rimasti i suggerimenti delle ultime cose che aveva cercato su google, e ho sgamato che aveva cercato tipo "mio figlio è gay" "figlio gay come comportarsi".» Claudio scoppiò a ridere. «Che scema.»
Bevve tutto d'un fiato il bicchiere d'acqua che si era versato. Anche Tiziano finì il suo.
«Lei ce prova, poraccia. Devo dì che ce riesce pure.»
Tiziano sorrise: Claudio sembrava avere un bel rapporto, con sua madre.
Tornarono insieme in salotto e Tiziano si guardò un po' in giro. Addocchiò subito un mobiletto pieno di foto, su cui facevano bella mostra diversi scatti di Claudio da piccolo.
Com'era carino... Era ancora più biondo di adesso!
C'era una foto in cui stava giocando a tennis, e sembrava concentratissimo: Tiziano sapeva che il padre era maestro di tennis, ma non si vedeva nessun'altra persona nella foto.
Chissà che tipo è, il padre di Claudio.
Una foto in cui era un neonato lo ritraeva insieme a una donna di massimo cinquant'anni, che Tiziano rifletté doveva essere la nonna (se la madre era così giovane, probabilmente anche la nonna lo era). C'era una foto insieme a Simone, da bambini, in cui erano vestiti da Naruto e Sasuke, probabilmente per carnevale. Parecchie insieme alla madre. Una foto della laurea della madre, lei con la corona d'alloro in testa e dei nastrini rossi intrecciati tra le foglie, Claudio, dieci, undici anni massimo, la stava indicando con entrambe le braccia e sul viso un'espressione esagerata di comico stupore. Tiziano notò che c'era anche Roberto, sullo sfondo, in quella foto.
«In cosa è laureata tua madre? Aspetta... ha i nastri rossi... che facoltà è? Medicina?»
«Quasi. Infermieristica. Lavora all'ospedale di Albano.»
«Oh... si spiegano tante cose.»
Claudio si piazzò accanto a lui incrociando le braccia. «Tipo?»
«Be', sei stato un infermiere provetto, quando mi hai medicato le ferite.» Tiziano si guardò la mano: c'erano ancora parecchi resti dei graffi e dei tagli che si era procurato tirando quel pugno allo specchio. Del resto, erano passati solo pochi giorni. Tiziano spostò di nuovo lo sguardo alle foto ma Claudio lo distrasse prendendogli la mano. La mano ferita.
«Senti Tizià, nun t'ho invitato a casa mia pe' fatte vede gli arbum de famiglia...» Gli lanciò un sorrisetto malizioso.
«Mi fai vedere la tua camera?» chiese Tiziano con entusiasmo.
Claudio alzò gli occhi al cielo. «Se tu fossi una persona normale penserei che me stai a fà 'na proposta sessuale. Ma io so che non sei una persona normale, e che vuoi semplicemente vedere la mia camera allo stesso modo in cui una ragazzina di dodici anni vorrebbe vedere la camera del suo fidanzatino.»
«Magari è entrambe le cose?» disse Tiziano.
Claudio sbuffò. «E annamo a fà er giro turistico de casa mia. Dai, vieni.» Imboccò delle scale che portavano a un piano semi-rialzato, tenendo sempre Tiziano per mano. La porta della sua stanza era già aperta. Entrarono e il cane di Claudio, che li aveva seguiti, saltò prontamente sul suo letto.
«Lo lasci salire sul letto?» chiese Tiziano, mentre gli dava l'ennesima carezza.
«La lasci. È una femmina» precisò Claudio.
«Come si chiama?»
«Wendy. Er nome l'ha scelto mi' madre, ovviamente.»
«È un bel nome!»
Claudio sospirò. «Gusti de merda...» disse a mezza voce.
Siamo così diversi, io e lui, pensò Tiziano.
La R4, Barry Lyndon, il nome del cane... andremo mai d'accordo su qualcosa?
Tiziano si impose di non pensarci, ed esaminò la stanza. Era una camera normalissima, simile alla sua: scrivania, laptop, letto, un armadio ricoperto di strati geologici di scritte a pennarello e vecchie figurine Panini.
Cosa mi aspettavo? Mica è un alieno.
Due soli poster a decorare le pareti: uno ritraeva De Rossi durante un'azione di gioco, l'altro era un manifesto promozionale del franchise Fast and Furious.
A proposito di Barry Lyndon... Ecco, queste sono le coattate che piacciono a lui.
Era presente anche una libreria, a cui Tiziano lanciò una rapida occhiata. C'erano diversi romanzi d'azione e avventura, più qualcosa di fantascienza, tutti generi che Tiziano apprezzava, anche se era più un tipo da classici e grandi autori contemporanei.
«Che c'è che nun te convince? Troppi pochi libri de storia der calcio?»
«Guarda che non leggo solo saggistica sportiva» disse Tiziano. «Apprezzo anche la narrativa.»
Claudio scosse la testa. «Hai idea di quanta insopportabile maestrinocacacazzitudine stai a esprime in questo momento?»
«Perché? Cosa ho detto di strano?»
«Leggo pavecchia saggistica e posseggo divevsi tomi di navvativa» disse Claudio con un tono di voce pomposo.
Tiziano sbuffò. «Parlare in italiano corretto significa essere dei maestrini cacacazzi? Come avrei dovuto dirlo secondo te?»
«Leggo libri sportivi e pure romanzi.»
Tiziano si strinse nelle spalle. «Lo sapevi che tipo ero, quando hai deciso di provarci con me.»
Pronunciare quella frase gli causò un improvvisa stretta al cuore.
Provò un senso di disagio, per l'ennesima dimostrazione della loro diversità, ma c'era anche qualcos'altro che lo turbava: l'improvviso ricordo di ciò che era successo tra loro appena due sere prima. Dire quella frase ad alta voce l'aveva improvvisamente fatto passare dal regno dell'immaginazione a quello della realtà. E il fatto che fossero soli in quella casa, nella casa di Claudio, nella camera di Claudio, accese in lui l'improvviso desiderio di avvicinarsi, stringerlo, baciarlo, ma, non sapeva nemmeno lui perché, non ne ebbe il coraggio.
Non devi aver paura, lo vuole anche lui.
No?
«Sì, lo sapevo, che tipo eri» disse Claudio con un sorriso sarcastico.
Un sorriso che mise Tiziano ancora più a disagio. Quindi decise di deviare il discorso.
«Secondo me De Rossi è meglio di Totti, come capitano» disse Tiziano, indicando il poster.
Ecco. A parlare di calcio mi sento sempre a mio agio, pensò.
Claudio strinse gli occhi con aria vagamente sospettosa. «E perché?»
«È vero che ha dei difetti caratteriali, ma è anche più intelligente, più carismatico e più passionale. Però non sono romanista, quindi forse tu mi dirai che non ho il diritto di parlarne.»
«A proposito, te lo volevo chiede da un sacco: ma tu che cazzo de squadra tifi? Nun so' mai riuscito a capì. Te prego nun me dì che sei laziale. Sei laziale vero? Dimme de no, te scongiuro.»
Tiziano rise. «Io sono laziale, e anche tu sei laziale, viviamo nel Lazio, no? Siamo tutti laziali.»
«Non mi sto divertendo.»
«Ok, ok, capito. No, non tifo Lazio.»
«E quindi? Cosa sei? Juventino? Che è pure peggio de laziale, dar mio punto de vista.»
«Io non tifo nessuna squadra» disse Tiziano, consapevole del fatto che Claudio non l'avrebbe capito, come del resto quasi nessuno. «Il tifo fedele per me non ha senso. Io tifo le belle storie, i bravi giocatori, i bravi allenatori. Non tifo un'unica squadra a prescindere da chi ci gioca, da chi la presiede, dai risultati che fa. Per esempio, l'anno scorso tifavo per il Tottenham, in Premier.»
Claudio sgranò gli occhi, sembrava quasi scandalizzato da ciò che aveva appena udito. «Tutto il mondo tifava per il Leicester, manco i giocatori der Tottenham tifavano per il Tottenham, e tu sì? Che ce volevi fà l'originale a tutti i costi?»
Tiziano scosse la testa. «Lo tifavo perché Pochettino è un allenatore tatticamente intelligente e innovativo, mentre Ranieri è un catenacciaro vecchio stile senza futuro.»
«Tu ce godi popo, a fà er maestrino cacacazzi.»
«Io ho le mie opinioni,» disse Tiziano facendo un passo verso di lui, «che non necessariamente corrispondono a quelle...»
A quelle di voi buzzurri, stava per dire, ma si fermò in tempo.
«...a quelle della maggior parte delle persone.»
«Non è una questione di opinioni» ribatté Claudio, facendo anche lui un passo avanti. «È una questione di sentimento, cazzo!»
Tiziano aggrottò le sopracciglia e fece un sorriso incredulo: Claudio che parlava di sentimenti?
«Ce stava 'na manica de sfigati e dimenticati dar monno» proseguì Claudio, sguardo infuocato e voce sostenuta. «L'attaccante trentenne che s'era fatto metà da 'a vita nelle serie minori, er portiere cor complesso de inferiorità nei confronti der padre, vecchi manovali da 'a difesa e der centrocampo scartati dalle big, 'n allenatore che pareva uscito dalla pubblicità de 'na casa de riposo, passato alla storia come l'eterno seconno, quello che stava sempre lì lì pe' vince quarcosa e alla fine nun vinceva un cazzo. E 'sta manica de sfigati, contro gli imprenditori russi coi sordi che je escono dar culo, contro le vecchie big blasonate che vincono er campionato 'n anno sì e l'artro pure, contro gli attaccanti da cinquanta mijoni, contro i pronostici che a inizio anno dicevano che sarebbero stati retrocessi, 'sta manica de sfigati ha vinto la Premier League. Come cazzo fai a non tifare Leicester? Come cazzo hai fatto a non saltà sulla sedia e metterti a urlare quanno l'arbitro ha fischiato la fine de Chelsea-Tottenham ed è comparsa in sovrimpressione lo stemma co' la volpe e la scritta Leicester City FC Premier League champions? Ma ce l'hai un po' de sentimento, o l'hai sommerso co' la sborra delle pippe che te fai pensando a quanto sei figo?»
«L'ho vista in diretta, quella partita!» Tiziano si scaldò. «E fino all'ultimo ho sperato che il Tottenham vincesse. I sentimenti di sofferenza dei tifosi del Tottenham non è che valgono meno, solo perché non sono condivisi dalla maggioranza. Non parlare a me di sentimento, cazzo, solo perché non ho abboccato alla storiella della Cenerentola con la rosa da cento milioni, perché si dà il caso che i proprietari del Leicester non siano dei poveri pescatori thailandesi, ma dei magnati industriali multimiliardari. E se il Tottenham avesse vinto il campionato sarebbe stata una storia di riscatto altrettanto bella, perché l'ultima Premier l'avevano vinta negli anni '60, perché avevano bravi giocatori e un allenatore coi controcazzi. Non accusare me di essere un tipo senza sentimento. Io sono il bambino che a sei anni si mette a piangere quando lo portano ad Anfield e sente lo stadio cantare all'unisono You'll never walk alone. Io sono lo sfigato che... che... ti ricordi il gol di Florenzi al Barcellona?»
Claudio accennò un sorriso. «E come faccio a dimenticallo? Stavamo allo stadio, io e Simone, quella sera.»
«Sì, lo so, non avete parlato d'altro per un mese, in spogliatoio. Quello che forse non sai è che c'ero anch'io, allo stadio. Ero in Tribuna Tevere centrale, poco sopra al punto da cui Florenzi ha tirato in porta.»
Il sorriso di Claudio si allargò. «Ma allora un po' romanista ce sei pure tu.»
«C'ero andato per vedere Messi e Neymar dal vivo, a quella partita, non mi aspettavo che mi sarei messo a tifare per la Roma. Ma in quel momento... mi ricordo Florenzi che correva a centrocampo, e ho notato, poco prima che tirasse, che c'era Ter Stegen fuori dai pali, e ho pensato: se fossi Florenzi farei una pazzia e tirerei in porta. E un nanosecondo dopo lui l'ha fatto! E quel pallone che volava verso la rete, mi sembrava di esserci io, lì, che lo spingevo, col pensiero. Pochi secondi sono durati un minuto, e la palla è entrata, e il boato dello stadio mi è entrato dentro e mi ha rivoltato sottosopra, e... e c'era Florenzi con le mani sul viso perché forse non ci credeva manco lui, a quello che aveva fatto.»
«Mi ricordo le mani sul viso. Me le ricordo. Nei replay non si vedono mai» disse Claudio, visibilmente emozionato.
«Prima di quella partita,» proseguì Tiziano, «avevo saltato un po' di allenamenti, perché stavo pensando di mollare tutto. Vedere quel gol dal vivo, sentire quell'emozione, mi ha fatto venire voglia di tornare, di riprovarci. Mi ha fatto ricordare perché da piccolo avevo deciso che volevo diventare un calciatore.»
«E qual era il motivo?» Claudio sollevo un sopracciglio. «Come mai un professorino fighetto come te ha deciso che voleva fà er mestiere più coatto der monno?»
«L'ho deciso quel giorno ad Anfield. Ero in Inghilterra con mio padre, lui era lì per lavoro. Eravamo ospiti di suo collega inglese, tifoso del Liverpool. Questo tizio non faceva altro che parlare di calcio da mattina a sera. E un giorno mi ha portato allo stadio, e quel giorno mi sono innamorato del calcio, e mentre lo stadio cantava all'unisono io pensavo che volevo essere uno di quegli undici ragazzi a cui lo stadio stava dedicando quella canzone.»
Tiziano quasi si commosse, a ripensarci.
«Io studio la tecnica e la tattica, perché sono un tipo razionale, mi piace essere un tipo razionale, e sono uno che quando vuole fare qualcosa la fa alla perfezione, sono sempre stato così, fin da bambino. È una cosa che mi ha insegnato mio padre. Però sotto sotto sono un emotivo, e il vero motivo per cui mi piace il calcio è lo stesso per cui piace anche a te, e a miliardi di persone in tutto il mondo: perché è uno sport emozionante. Quindi non dirmi che non ho sentimenti, perché di sentimenti io ne ho pure troppi.»
Tiziano sentiva che se fosse rimasto ancora un po' immerso nei suoi ricordi si sarebbe messo a piangere, da bravo coglione emotivo quale era, e decise che era il momento di lasciarsi andare a un altro tipo di emozione. E Claudio doveva aver pensato lo stesso, perché si avvicinò a Tiziano con passi decisi, lo afferrò per la maglietta, lo tirò a sé e lo baciò. Tiziano rispose alla stretta, gli infilò le mani sotto la maglietta, gli graffiò la schiena.
Claudio si staccò per un istante. «Wendy! A cuccia!» disse al cane acciambellato sul letto, indicandole bruscamente la porta. Wendy obbedì, scese con un balzo e fuggì in corridoio.
Ripresero immediatamente da dove si erano interrotti. Si buttarono sul materasso, affondandoci insieme mentre si baciavano e si toccavano voracemente. Le preoccupazioni di pochi minuti prima, sulla loro diversità, sulla loro incompatibilità, erano svanite come per magia dalla mente di Tiziano.
Claudio tolse con gesti rapidi la maglietta a Tiziano, quasi strappandogliela, lo guardò per qualche istante con desiderio nello sguardo, poi strusciò il viso sul suo petto, lo baciò, gli morse un capezzolo.
«Ahi, cazzo!»
«Mh, scusa...» bofonchiò Claudio mentre ancora lo baciava.
La piccola distrazione fece notare a Tiziano che la finestra della camera di Claudio aveva le tende spalancate. E fuori nel buio si vedeva, a poca distanza, un'altra abitazione. Con una finestra illuminata.
«Ahem...»
«E mo' che c'è?» gli chiese Claudio sollevandosi.
«Non è che potremmo tirare le tende?»
Claudio sbuffò.
«Scusa, è che mi è rimasto un po' il trauma da finestra aperta...» Tiziano si riferiva a quando beta Stefano li aveva filmati, durante il ritiro, mentre Claudio era sotto le coperte intento a fargli un pompino.
Claudio si alzò. «No, ci hai ragione, nun ci avevo pensato.»
In due passi fu alla finestra e abbassò rapidamente le tapparelle.
Mentre Claudio si riavvicinava, Tiziano notò che aveva un netto rigonfiamento in zona inguinale, e si fece trascinare da un pensiero audace. Scattò a sedere sul letto, prima che lui potesse stendersi di nuovo, poi approfittando di un suo momento di esitazione lo prese per la vita dei jeans, lo tirò a sé, gli sbottonò la patta, il viso a quell'altezza, mentre Claudio lo guardava a bocca aperta con gli occhi un po' socchiusi.
Tiziano fece scivolare a terra i Jeans di Claudio, poi lo baciò attraverso le mutande, posò le mani sulle sue natiche e lo tirò ancora di più verso di sé. Claudio abbassò i propri boxer, si prese in mano l'erezione, la guidò verso la bocca di Tiziano, che la aprì per farla entrare. Tiziano cercò di ricordare gli errori che aveva compiuto la prima volta, per non ripeterli di nuovo, ma il suo cervello non era molto lucido in quel momento. Mentre lo succhiava si sbottonò i pantaloni per masturbarsi. Riuscì a farlo solo per pochi secondi, però, perché Claudio, con un gemito, gli allontanò il viso, lo spinse di nuovo sul letto e si stese su di lui, Tiziano lo abbracciò, poi persero qualche secondo a cercare di togliersi a vicenda quel che restava dei loro vestiti, agitandosi, dimenandosi e scalciando. Quando si accorsero che non stavano riuscendo a combinare un bel niente, risero entrambi, e provvidero a togliersi gli indumenti di troppo con le mani.
«Tizià» disse Claudio, mettendoglisi cavalcioni. «Sai 'ndo' so' 'nnato stammatina?»
«'Ndo' sei 'nnato?» chiese Tiziano ansimando un po'.
Claudio ridacchiò, forse perché Tiziano aveva parlato in romanesco. «Fino a Velletri a comprà questo» aprì il cassetto del comò, ne estrasse una piccola confezione che sventolò davanti al naso di Tiziano.
«Olio per massaggi?»
«Tizià... non è veramente olio per massaggi...»
Tiziano lanciò un'occhiataccia a Claudio. «Lo so che cos'è. Non sono così rincoglionito.»
«Bene. Sei pronto?»
Tiziano chiuse gli occhi, ricordando le parole di Claudio: la prossima volta nun me freghi e sto sopra io.
Si sentì allo stesso tempo impaurito e impaziente per quello che stava per succedere.
Annuì.
Oh merda. O merda!
«Come cazzo se apre 'sto coso?» borbottò Claudio mentre litigava con la boccetta.
Farà malissimo, lo so! Claudio all'inizio ha sofferto.
Poi però gli è piaciuto.
Se gli è piaciuto perché non sta di nuovo sotto lui?
Claudio si chinò su Tiziano e lo baciò. Si baciarono per un po', e ad occhi chiusi Tiziano sentì il braccio di Claudio allungarsi tra di loro e agganciargli una coscia. La tirò in sù, allargandogli le gambe.
O cazzo. O cazzo!
E il dito di Claudio scivolò dentro Tiziano.
Ok, un dito mi piace.
Ma lui ha le dita così sottili.
«Mmm...» Tiziano mugolò tra le labbra di Claudio.
«Mmm...» rispose Claudio baciandogli il collo.
Oddio, è stupendo.
Se continua così vengo subito.
«Vuoi che mi giro?» chiese Tiziano.
«Vuoi girarti?» disse Claudio ansimandogli sull'orecchio.
«Non so... pensavo che magari è più comodo per te?»
Claudio prese Tiziano per i fianchi e lo girò con decisione, gesto che eccitò Tiziano all'inverosimile. Si mise carponi, inarcò la testa all'indietro ed emise un gemito quando Claudio lo penetrò di nuovo, stavolta con due dita.
Uh, questo fa un po' male.
Spalancò le palpebre. Vide la libreria di Claudio davanti a sé.
E gli occhi dell'abisso si fissarono nei suoi.
Tiziano emise un urlo violento, a pieni polmoni.
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