Anteprima esclusiva!

Buongiorno a tutti!

Questo capitolo extra comincia con un grazie. Qualche giorno fa vi ho chiesto aiuto per migliorare le statistiche della mia storia, e avete risposto in tanti e calorosamente come non mi sarei mai aspettata. Ho avuto la bacheca inondata di notifiche di stelline e follow, e non ho parole, davvero, per dirvi quanto mi abbia fatto piacere. Trovo quasi commovente l'idea che delle persone sconosciute decidano di dedicare parte del loro tempo per farmi un favore.

Cerco di ricambiare. Sperando di fare cosa gradita, vi incollo qui sotto l'incipit del sequel. Vi chiedo scusa in anticipo per la brevità, ma non voglio scrivere troppo perché non voglio spoilerare cose che poi vi lascerebbero in sospeso per mesi.

È un incipit che, probabilmente, verrà in parte cambiato quando poi pubblicherò la storia (perché io revisiono e cambio tantissimo in seconda lettura), ma l'ossatura dovrebbe rimanere quella.

Fatemi sapere che ne pensate, nei commenti!

E nelle prossime settimane, magari, posterò qualche altra scenetta isolata non troppo spoilerosa ;)

***

La rete si gonfiò e, per un lungo istante, sul campo calò un silenzio irreale.

Claudio fissò incredulo la palla mentre cadeva sul fondo della porta.

Un compagno emise un grido scomposto, e l'esultanza del pubblico investì lo stadio come uno tsunami.

Il compagno che aveva appena gridato prese Claudio per le spalle e lo scosse, guardandolo negli occhi con incredulità mista a gioia.

«Serie D! Siamo in serie D!»

Poi Claudio venne travolto, tutta la squadra lo abbracciò, lo festeggiò, e solo in quel momento si rese conto di cosa aveva appena fatto.

Ho segnato il gol decisivo al novantaquattresimo!

«Sì! Pija in culo!» gridò alzando il pugno in aria.

Eccellenza? Se ti impegni puoi giocare in eccellenza?
Vaffanculo, il prossimo anno giocherò in serie D!

L'arbitro fischiò tre volte, la partita era finita, avevano vinto i playoff nazionali del centro Italia, contro ogni pronostico.

***

Claudio si lasciò cadere sulla panchina, accanto al suo armadietto. I muscoli gli dolevano, ma era un dolore buono, piacevole. Si sentiva ancora su di giri, un po' per l'adrenalina residua in circolo, un po' per lo spumante con cui i compagni lo avevano generosamente annaffiato appena entrato in spogliatoio.

«Cla'! Amo deciso er regalo de ringraziamento per il gol.»

Claudio vide arrivare una delegazione di dieci compagni di squadra, tutti pronti per la doccia, solo un asciugamano intorno alla vita. La delegazione era guidata da Marco, il capitano, difensore centrale trentasettenne con pochi capelli in testa e qualche chilo di troppo sui fianchi, che la serie D l'aveva sognata per tutta la vita senza mai riuscire a raggiungerla.

«Famme indovina'... fate colletta e me comprate un dildo?»

«No! Più economico! Uno strip-tease!» Così dicendo Marco e gli altri nove si tolsero con un gesto fluido l'asciugamani e cominciarono a ondeggiare le anche, al ritmo di You can leave your hat on, che uno di loro aveva prontamente cominciato a canticchiare. Partì qualche fischio e qualche applauso, da parte dei giocatori rimasti in disparte.

Claudio sollevò un sopracciglio in direzione degli spogliarellisti. «E me spiegate come questo spettacolino de cazzi ciondolanti dovrebbe essere più interessante degli stessi identici cazzi ciondolanti che vedo tre volte a settimana in doccia dopo gli allenamenti?»

«Ma apprezza l'impegno!» disse Roberto (centrocampista, riserva), mettendosi a fare l'elicottero con il proprio pene.

«Bello, bravo» disse Claudio. «Mettitelo in testa e facce un cappellino. Hai presente i cappelletti con l'elica pe' i bambini scemi?» Si alzò in piedi, reprimendo un sorriso. «Vado a farmi la doccia, va'.»

«Fredda, mi raccomando!»

«Certo! M'avete talmente infoiato che se resto qua altri tre secondi ve inculo a tutti a filotto.»

I compagni scoppiarono a ridere e rise anche Claudio, mentre si spogliava.

Era felice che scherzassero con lui in quel modo. Da quando aveva fatto coming out la prima volta, ormai quattro anni prima, aveva deciso di mettere sempre in chiaro con tutti quell'aspetto della sua vita, e l'aveva fatto in ogni spogliatoio in cui era passato, da quando aveva lasciato l'AS Castrum, la sua prima squadra, quella in cui era cresciuto. Quella in cui aveva conosciuto Tiziano.

In seguito, ne aveva cambiate tre, di squadre, e nelle prime due l'accoglienza non era stata delle migliori. Non aveva mai subito prese in giro o molestie, anche perché col suo metro e novantacinque e i suoi modi rudi sapeva sempre come incutere timore in un potenziale bullo (e del resto un po' lo era anche lui, un bullo). Ma l'imbarazzo e la velata ostilità dei compagni erano percepibili.

La Fortitudo Torbella era stata diversa. Aveva decisamente aiutato il fatto che il fratello minore di Marco fosse gay (e Claudio non contava più le volte in cui Marco aveva cercato disperatamente di combinargli un appuntamento con lui): forse senza la guida positiva del capitano i suoi compagni si sarebbero comportati come quelli degli altri spogliatoi. O forse no, forse aveva davvero trovato un gruppo di gente simpatica. A Claudio non interessava quale fosse la ragione, l'unica cosa che gli interessava era che venisse trattato come meritava di essere trattato.

Cioè come er fico mejo fico der bigoncio, pensò guardandosi allo specchio prima di entrare in doccia.

Si lavò rapidamente, mentre gli altri si mettevano d'accordo per la serata: sarebbero andati a festeggiare cenando in fraschetta, ad Ariccia, e poi tutti insieme in discoteca.

Claudio era stanco. Nonostante la felicità per il risultato raggiunto avrebbe preferito passare la nottata a letto, a dormire. Due giorni dopo lo aspettava l'esame di microbiologia e tra studio e allenamento aveva un disperato bisogno di ore di sonno. Ma non poteva mancare alla festa per la promozione. A costo di saltare sessione e farsi due esami di fila a metà luglio.

[...]

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