43. Di sassi e di hamburger ✓
Il bar del paese era specializzato in prodotti disgustosi: dopo i cornetti di cartone e i tramezzini ciabatta, il panino di gommapiuma. Era una delle cose più vomitevoli che Tiziano avesse mai mangiato in vita sua. Due cuscinetti gommosi con un pezzo di cuoio in mezzo.
Ma era contento che facesse schifo. Depresso com'era non si sarebbe goduto una cena succulenta e saporita. Quel cibo indigesto era il giusto condimento di una giornata di merda.
Dopo aver salutato Anna e Andrea, Tiziano non aveva incontrato più nessuno.
Aveva mangiato molto presto, mentre gli altri ancora si divertivano in compagnia al villaggio, ed era andato a lavarsi mentre gli altri erano tutti insieme a cena in sala mensa.
Quando era tornato in camera, alla Genziana, per l'ultima notte, stava ricominciando a piovere. Erano da poco passate le otto. La casupola era vuota, ovviamente. Claudio sarebbe tornato dopo cena, per recuperare le sue cose e andare a lavarsi. Tiziano sperava di essersi già addormentato, di non doverci parlare.
Faceva freddo, maledettamente freddo. Tornando in camera dai bagni si era infradiciato i capelli di pioggia. Una passata di asciugacapelli non era stata sufficiente a togliergli il gelo dalle ossa.
Privo di sonno e col panino di gomma sullo stomaco, si era infilato la sua tuta più pesante, si era chiuso nel sacco a pelo e messo a leggere, i gomiti puntati sul materasso.
Tiziano litigò con le lettere del libro per circa mezz'ora: i pensieri su tutto ciò che era successo gli turbinavano in testa e gli impedivano di concentrarsi su alcunché.
Era stremato, non ne poteva più di pensarci, ma il suo cervello continuava a tornare lì. A Simone. Ai desideri. A come si erano rovinati la vita a vicenda. Dopo aver passato le ultime ore a detestare Simone, adesso si faceva di nuovo sentire il senso di colpa per averlo fatto diventare gay.
Dopo circa mezz'ora di non-lettura e pensieri tormentati, la luce saltò.
Fuori era già buio, Tiziano si ritrovò immerso nell'oscurità.
Raffiche di pioggia battevano con violenza contro il tetto e sul vetro della finestra. Un tuono molto forte lo fece rizzare seduto sul letto.
Prese un lento respiro. Spinse l'interruttore un paio di volte e, assicuratosi che la luce fosse davvero saltata, lo portò in posizione spenta, per evitare di spaventarsi quando si sarebbe riacceso, magari nel cuore della notte.
Avrebbe potuto usare il cellulare per illuminare le pagine e continuare la lettura. Se solo avesse avuto un cellulare funzionante.
E adesso che faccio?
Il suo cervello era talmente sotto stress che entrò in una sorta di catatonia confusa: pensieri frenetici, rancore e senso di colpa lo immobilizzarono in posizione seduta per un tempo indefinito.
Finché non sentì la chiave girare nella porta.
Claudio entrò senza dire nulla, tossì. Tiziano vide la sua ombra scrollarsi la pioggia di dosso, chinarsi ai piedi del letto, dove si trovavano i borsoni. Fu in quel momento che si accorse finalmente di Tiziano.
«Argh!» urlò. Poi fece un sospiro teatrale. «Cristo... sei tu? Ma che cazzo ce fai seduto ar buio sur letto? Dì quarcosa, no? Bonasera, bentornato, vaffanculo... quarcosa!»
«Scusa, non volevo spaventarti» rispose apatico Tiziano.
«Da quant'è che stai seduto lì come uno psicopatico?»
«Mmm...» rifletté Tiziano, «tipo... dieci minuti? Da quando è saltata la luce.» Fece una pausa di qualche secondo. «Stavo leggendo.»
Claudio armeggiò nel borsone sotto al letto, tirò fuori il suo beautycase e qualcos'altro che lanciò sul letto di Tiziano. «Tiè» disse. «Continua a leggere, se vuoi. Io vado a lavarmi i denti.»
Tiziano afferrò l'oggetto. Era una torcia. La accese. Se la puntò sotto il viso e guardò Claudio sbarrando gli occhi e facendo un gemito stile mostro di film horror. Claudio fece una risatina.
Tiziano si sentì un idiota. «Scusa, 'ste cazzate da prima elementare normalmente non le faccio.»
«Nun te scusà, io approvo le cazzate da prima elementare.» Claudio riaprì la porta per uscire, ma venne investito da una bordata di vento e pioggia. «Merda!» Richiuse in tutta fretta.
Tiziano indicò la bottiglia d'acqua da due litri che aveva comprato al bar insieme al panino di gomma. Era appoggiata ai piedi del letto.
«Se vuoi puoi usare questa e lavarti i denti là nell'angolo» disse Tiziano. «Non finirmela, però.»
Claudio rifletté qualche secondo e infine annuì. Poi prese il suo sacco a pelo dal piano superiore e lo lanciò a Tiziano. «Tu intanto prepara il letto.»
Tiziano sollevò un pollice, come se avesse capito quello che Claudio gli aveva appena detto.
Rimase col sacco a pelo in mano per qualche secondo. Poi capì di non aver capito.
«Scusa, che significa "prepara il letto"?»
«Fuoi doumiue da folo con cuefto fueddo?» Disse mentre si spazzolava energicamente i denti.
Tiziano tradusse mentalmente la frase biascicata.
È impazzito?
«Vuoi... dormire con me?!»
Claudio sputò a terra un grumo di dentifricio. «Certo! Se dormimo da soli, schiattamo assiderati, in 'sti sacchi a pelo estivi de carta velina.»
Claudio sapeva che Tiziano era gay. E voleva dormire con lui?
«Ma...»
«Ma coha?»
«Cioè... sei sicuro?»
Claudio sputò di nuovo. «Non capisco perché stai a fà tutte 'ste manfrine, amo dormito insieme du' sere fa e nun te sei scomposto.» Prese una sorsata d'acqua e cominciò a passarla da una guancia all'altra.
Sì, ma l'altra sera non lo sapevi, che sono gay, pensò.
No, aspetta... sì che lo sapeva!
Nonostante non avesse mai creduto alla storia di Simone, Claudio aveva detto di aver capito da tempo la sua infatuazione per il suo amico. E non si era fatto alcun problema a dormire con lui? Forse Claudio era meno omofobo di quel che sembrava.
Claudio i cui insulti preferiti sono "frocio" e "checca"?
Claudio sputò l'acqua formando un'elegante fontanella. «Il tuo sacco si apre tutto come il mio, no? Ne mettiamo uno sotto, uno sopra, e ce insalamiamo.»
Ce insalamiamo.
Tiziano avvertì un prurito in mezzo alle gambe alla sola idea.
No, calma. Calmati subito tu, là sotto. Giù.
Due sere prima non si era minimamente eccitato. Due sere prima era psicologicamente stremato, certo. Ma era psicologicamente stremato anche adesso. Anzi, lo era ancora di più. E allora perché si stava eccitando?
Scosse la testa per liberarla dai pensieri sconci.
Avrebbe voluto obiettare che non gli sembrava una buona idea, ma faceva effettivamente freddo. Analizzando la situazione razionalmente, Claudio aveva ragione.
All'improvviso Tiziano si sentì assalire da una strana impazienza. Dopo una giornata di solitudine, rabbia e disgusto, aveva bisogno di qualcosa di bello. E sì, dormire insieme a qualcuno, sentire il contatto con un altro corpo, era qualcosa di bello. Per quanto il suo cervello gli dicesse che Claudio era la persona sbagliata, al momento sbagliato, per quanto si rendesse conto che si trattava di una questione puramente utilitaristica e non affettiva, sentiva che quella era proprio la cosa di cui aveva bisogno in quel momento.
«Che ce fai ancora lì?» lo incalzò Claudio, prima di prendere un'altra sorsata d'acqua.
Tiziano annuì. «Ci hai ragione.»
Si alzò con un balzo energico, posò la torcia a terra e aprì il primo sacco a pelo. Venne scosso da un brivido: i piedi nudi sul pavimento di legno gelarono all'istante, a causa del solito spiffero insidioso che soffiava da sotto la porta.
Il cuore gli martellava con violenza contro le costole, mentre continuava a sistemare il letto.
Non devi per forza eccitarti. Pensa soltanto al calore, alle sensazioni piacevoli. Immagina che sia una ragazza.
Un lampo. Dopo una decina di secondi un altro tuono.
«Il temporale si avvicina...» commentò Tiziano.
Ecco. Pensa al temporale. Non pensare al fatto che stai per insalamarti a letto insieme a un ragazzo.
Un ragazzo, per giunta, molto attraente.
Lanciò un'occhiata a Claudio che stava facendo i gargarismi.
È attraente persino quando fa i gargarismi.
Con quel collo piegato all'indietro. E i capelli umidi che gli cadono sulle spalle.
Quel collo. Le clavicole. Contro cui aveva sbattuto il naso, solo pochi giorni prima, durante la gara di alce rossa.
Il cuore di Tiziano accelerò il battito.
Claudio si pulì la bocca con la manica della felpa e si avvicinò al letto, mentre Tiziano stava finendo di sistemare i sacchi a pelo.
«Te fa schifo se dormo co' 'sta tuta? Ce l'ho avuta su tutto il pomeriggio.»
Tiziano scosse la testa e fece spallucce.
«Hai finito? Dai ficcati dentro.»
Ficcati dentro.
Tiziano sentì le ginocchia farsi molli.
Si tuffò a letto più rapidamente possibile e si stese dando le spalle alla stanza, perché temeva che si iniziasse a notare qualcosa in mezzo alle sue gambe.
Calma. Calma.
Calmati.
Sentì Claudio sedersi sul letto e sollevare un lembo della coperta-sacco.
Tiziano cercò di convincersi che, dopo una giornata del genere, così densa di stress e sofferenza, l'eccitazione era l'ultima reazione che il suo corpo avrebbe dovuto avere.
«Ci ho i capelli un po' umidi, bagnerò il cuscino.»
«Non importa» bisbigliò Tiziano.
Claudio spense la torcia. Furono immersi nel buio.
«Cazzo che frrrredddoooo!» Claudio si buttò sotto le coperte improvvisate, infilò i suoi piedi ghiacciati tra quelli di Tiziano e iniziò a strofinarli per scaldarsi.
Nemmeno se fosse apparso dal nulla un megaschermo con la sigla della Signora in giallo in superHD. Nemmeno così Tiziano sarebbe riuscito a calmare l'eccitazione violenta che lo stava prendendo di soprassalto.
Calma, cazzo, calmati!
Tiziano serrò le caviglie a tenaglia e bloccò i movimenti di Claudio.
«Potresti levare i tuoi piedi dalle palle ed evitare di congelarmi?» Diede un calcetto all'indietro per cercare di liberarsi.
«Uff... ok...» rispose Claudio, seccato.
Tiziano aveva persino caldo, ora. Il suo sangue stava per raggiungere il punto di ebollizione.
Calma. Calma. Calma. Respira. Adesso passa. Adesso passa tutto.
Claudio sfilò le sue gambe dalla tenaglia, ma il contatto non cessò, perché incastrò le sue ginocchia in quelle piegate di Tiziano.
Ok, mi devo rassegnare, temo. D'altra parte lo scopo di dormire insieme era proprio quello di scaldarci a vicenda.
Ma possibile che non gli sembri fuori luogo?
Poi Tiziano ricordò con chi aveva a che fare. Claudio, il bullo prepotente.
No, che non gli sembra fuori luogo. Ha talmente tanto freddo che pensa solo a scaldarsi. Non si rende conto che mi sta mettendo sottosopra.
«Scusa se te vengo addosso, eh. È che so' lungo.»
Claudio immerse la testa sotto la coperta improvvisata e puntò la fronte contro la schiena di Tiziano. Alla base del collo.
È troppo. Non resisto.
Tiziano chiuse gli occhi e cercò di respirare lentamente. Ma il diaframma si contraeva a sussulti.
Speriamo che non se ne accorga.
E nel momento di massima eccitazione, Claudio spezzò la tensione con una domanda sorprendente, nella sua semplicità: «Come stai?»
Tiziano riuscì finalmente a prendere un respiro tranquillo. Sentì il corpo rilassarsi, l'eccitazione smorzarsi. «Non benissimo» rispose.
La fronte di Claudio si staccò, e fu il pugno, ora, che si appoggiò contro la sua schiena. «T'ha popo spezzato er core, eh?»
Tiziano ricordò che qualche ora prima aveva pronunciato delle parole simili. Je voi popo spezzà er core a 'sto poraccio? Aveva detto, parlando a Simone.
La voce di Claudio era bassa, triste. Sembrava sinceramente dispiaciuto per Tiziano.
Ma come può essere dispiaciuto per me? È uno stronzo. E mi odia.
Tiziano se lo ripeteva mentalmente, forse per impedirsi di provare sentimenti positivi nei suoi confronti. È uno stronzo e mi odia, si ripeteva. Ma c'era una piccola parte del suo cuore che non ci credeva più.
«Più che altro... mi ha deluso. Cioè, ci sono rimasto di merda. Non sono proprio capace di giudicare le persone.»
«Sai qual è il tuo problema? Che vedi tutto bianco o nero. Se uno è bono, pe' te è bono ar cento pe' cento. Se uno è cattivo è cattivo e basta. Ma le persone nun so' mai tutte bone o tutte cattive.»
A Tiziano non sfuggì che quel discorso era perfettamente applicabile anche a Claudio. E a Tiziano stesso.
«È vero. Ho sempre pensato di essere un tipo a posto, e invece...»
«Nun stavo a parlà de te, cojone. Tu sei un tipo a posto. Diciamo che sei novanta pe' cento bono. Il dieci per cento te lo tolgo solo perché sei un cacacazzi presuntuoso.»
«Un tipo a posto che rovina la vita a un ragazzo esprimendo un desiderio egoista.»
Claudio ebbe un piccolo sussulto.
«Ar posto tuo l'avrei espresso uguale identico. E da sobrio.»
Tiziano avvertì una specie di calore, al centro del petto. Un calore piacevole.
«Ancora nun ce posso crede a 'sta storia dei desideri» continuò Claudio. «E poi, però, come fai a non crederci? Simone è... cioè, era, tipo, il ragazzo più etero che abbia mai conosciuto in vita mia.»
Tiziano sospirò. «Gli ho rovinato la vita...»
«Lui te l'ha rovinata centomila volte peggio e tu te senti in colpa? Sei popo un cojone. Nun te merita. Non è manco bello.»
«Non parlare di cose che non capisci» ribatté Tiziano.
Incredibile che gli parlasse così. Claudio era l'ultima persona con cui si sarebbe mai aspettato di avere una conversazione simile.
Ed erano così vicini. Così in contatto. Le gambe, il pugno sulla schiena. E poteva avvertire, debolissimo, il suo respiro sul collo. Il suo viso doveva essere vicinissimo.
Tiziano sentì l'eccitazione montare di nuovo. Eccitazione e desiderio di stringerlo, di farsi stringere.
Adesso mi giro. Mi giro e lo abbraccio. E lo bacio. Cazzo! Se non è una provocazione, questa. Questa gamba tra le ginocchia. Questa mano sulla schiena. Il profumo del suo deodorante, l'odore di menta del dentifricio.
Ma non lo fece.
«Daje, sù» disse Claudio.
La mano.
Il pugno che era premuto contro la schiena di Tiziano si aprì e diede due colpetti al fianco. Due colpetti, come due pacche di consolazione.
E rimase lì.
Sto per esplodere. Non ce la faccio. Glielo devo dire. Lui non se ne rende conto. Devo farlo smettere.
Ma non voleva. Voleva continuare a sentire quel contatto. Voleva che quel contatto diventasse più profondo, più totale.
La mano di Claudio si mosse. Percorse un breve tragitto sul fianco, sull'anca.
Che sta facendo adesso?
Tiziano avvertì il suo stesso respiro farsi più rapido, contro la propria volontà.
La mano di Claudio, infine, si infilò sotto la felpa, sotto la maglietta e toccò la pelle di Tiziano.
Per qualche secondo Tiziano non capì più nulla.
Provò un senso di vertigine, gli sembrò di sprofondare nel letto, l'eccitazione lo attraversò come una scossa e gli risvegliò ogni muscolo del corpo, e il cervello si svuotò completamente di qualsiasi pensiero razionale.
Durò solo qualche secondo, poi riuscì a riprendere controllo di sé stesso.
È uno stronzo, pensò.
Non sapeva se lo stava facendo perché aveva freddo alla mano ed era completamente ignaro dell'effetto che stava avendo su Tiziano, o se stava cercando, deliberatamente, di provocarlo.
E poi capì.
Ma certo che mi sta provocando.
Che stupido era stato a pensare che si stesse preoccupando per lui.
Era l'ennesimo atto di bullismo, l'ennesima presa in giro di cattivo gusto del maschio alfa strafottente.
La cosa doveva finire. Immediatamente.
Tiziano piegò il proprio braccio, infilò la mano sotto la felpa, afferrò quella di Claudio e la spostò all'indietro.
«Smettila» disse.
Semplice, chiaro.
Claudio ci impiegò qualche secondo a rispondere: «Perché?»
E la sua mano si appoggiò di nuovo sul fianco di Tiziano. Ma stavolta sopra la felpa, per lo meno. Lo stomaco di Tiziano si contrasse.
Perché? Mi chiede perché? E rimette la mano lì?!
Doveva punirlo. Decise di scioccarlo. Di essere brutale. Brutalmente sincero.
Inspirò profondamente.
«Perché ci ho il cazzo duro come un sasso e se non ti stacchi subito ti... ti... ti giro come un hamburger e te lo ficco in culo!»
Dire quelle parole fu una catarsi. Per qualche istante si sentì benissimo, un po' esaltato. Quasi gli veniva da ridere.
Beccate questa, cojone! Così impari a provocarmi.
Claudio rimase in silenzio.
Tiziano pensava che si sarebbe ritratto disgustato da quello che aveva appena sentito. Ma la sua mano rimase lì. Ferma.
Immobile. Per diversi secondi.
Be'?
«Ok» disse infine Claudio, la voce leggermente ansante.
Poi la sua mano finalmente si mosse.
Scivolò rapidamente in avanti e afferrò Tiziano in mezzo alle gambe.
«E che cazzo stai ad aspettà, Natale?»
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