25. Nero ✓
Non riuscì ad arrivare subito in stanza.
«Tiziano, vuoi fermarti un attimo?» Valerio lo afferrò per un braccio. «Stai poco bene?»
Pure 'sto rompiballe di Valerio.
«Sì, ho mal di stomaco. Da ieri sera.»
Il cellulare. Devo controllarlo. Subito. Lasciami andare!
«Ma che 'sta a girà un influenza intestinale?» chiese Gennaro, che stava passando di lì, di ritorno dalla colazione.
«Non lo so... sto cercando di capire» disse Valerio.
«No, perché qualche giorno fa era Simone che stava male de stomaco... mo' Tiziano... io non me la vojo beccà!»
Tiziano ci mise qualche istante a capire di cosa stava parlando Gennaro, poi ricordò: quando aveva espresso il primo desiderio e Simone era diventato improvvisamente incapace di muoversi con la palla al piede, era stato Simone stesso ad attribuire i suoi problemi a un malessere generale in cui era compreso il mal di stomaco. La coincidenza era fortunata: complice la sua reputazione di ragazzo serio, improvvisamente la versione "Tiziano ha mal di stomaco" diventava decisamente più credibile di "Tiziano si è ubriacato".
Forse Simone mi odierà di meno.
Forse il nostro rapporto...
Si rese conto che il suo cervello stava di nuovo ricominciando a fantasticare su Simone, dovette darsi un pizzicotto per punirsi.
Potrei avergli appena rovinato la vita e invece di preoccuparmi di quello mi metto a fare sogni romantici.
Sono una merda.
«Ieri sera non hai mangiato un cazzo... stavi già male?» gli chiese Gennaro. «Non è che me l'hai passata, vero?»
«Sentite, posso andare in camera? Non mi sento benissimo» Tiziano cominciò a ondeggiare un piede a terra, per l'impazienza.
«Gennaro smettila di fare l'ipocondriaco e vai a lavarti, ci parlo io con Tiziano» disse Valerio.
«Te prego Valè...» implorò Tiziano.
Devo controllare il cellulare! Devo sapere! Adesso!
Ma Valerio, con la sua consueta sensibilità di elefante, trattenne Tiziano per un tempo interminabile a farsi descrivere sintomi inesistenti e fare ipotesi sul suo malessere. Tiziano era talmente esasperato dalle domande che fu quasi tentato di confessargli che era solo un banalissimo doposbornia.
Intorno a lui vide passare una processione di facce incuriosite, i compagni che uscivano dalla sala da pranzo per andare a lavarsi e prepararsi per l'allenamento mattutino. Con la coda dell'occhio notò anche il passaggio di Claudio e Simone, che sembravano impegnati in un acceso litigio. Non riuscì a sentire cosa si stavano dicendo.
Dopo un quarto d'ora abbondante di noiosissima discussione, Tiziano riuscì a convincere Valerio che no, non aveva bisogno di andare al pronto soccorso e finalmente fu libero di tornare in stanza.
Si fiondò subito sul suo borsone. Lo tirò fuori da sotto il letto, per recuperare il cellulare magico.
Avrebbe pronunciato la formula per vedere cosa succedeva.
Se lo schermo si accende significa che il desiderio c'è ancora.
Credo.
Si rese conto di non avere idea cosa di cosa sarebbe successo al telefono, una volta espresso l'ultimo desiderio.
Frugò per qualche minuto in ogni angolo del borsone, ma non riuscì a trovare ciò che stava cercando. Dove l'aveva messo?
Guardò nel letto, in mezzo alle pieghe del sacco a pelo ammucchiato, sotto al cuscino.
Niente.
Panico.
Stava quasi pensando di chiamare Claudio, per chiedergli se l'avesse preso lui (i suoi soliti scherzi del cavolo) quando lo vide.
Per terra, mezzo nascosto da una gamba del letto. Era rimasto lì per tutta la notte, dopo che aveva...
No, ma forse non l'ho espresso, il desiderio. Forse l'ho solo sognato.
Ora saprò.
Lo afferrò. Le mani sudate lasciarono una traccia umida sulla plastica nera.
«Pampulu pimpulu parimpampù!»
Non si era mai sentito contemporaneamente tanto ridicolo e patetico come in quel momento.
Il cellulare rimase spento.
Ok, lo sto stringendo con la sinistra? Sì.
Mise più forza nella stretta.
«Pampulu pimpulu parimpampù!»
Lo disse a voce molto alta, scandendo perfettamente le sillabe. Senza preoccuparsi che qualcuno potesse sentirlo, non capire cosa stesse facendo e ridere di lui.
Nero.
La mano gli tremò, perse forza nelle dita e il cellulare cadde a terra.
Lo raccolse, gli scivolò di nuovo, lo raccolse di nuovo.
Lo strinse ancora nella mano sinistra, pronunciò per la terza volta la formula.
E poi ci riprovò una quarta, una quinta, una sesta volta.
Niente.
Frustrato, prese a sbattere con violenza il cellulare contro la parete, la mente annebbiata da una frenesia aggressiva. Avrebbe voluto distruggere tutto: cellulare, stanza, se stesso. La frenesia se ne andò così come era arrivata, all'improvviso, e lasciò spazio alla spossatezza.
Tiziano si buttò sul letto e sprofondò la faccia nel cuscino, il cellulare ancora in mano.
Ho fatto diventare Simone gay.
La cosa lo sconvolgerà.
Gay all'improvviso a diciott'anni. Come può reagire una persona nello scoprirsi gay all'improvviso a diciott'anni?
Non è giusto.
È un inganno. Un inganno schifoso.
Sembrava così felice, Simone, insieme a Karen. Tiziano non aveva il diritto, non aveva alcun diritto di rubargli quella felicità.
Come reagirà quando si renderà conto di non provare più alcuna attrazione per lei?
Le vuole ancora bene, probabilmente. Come si sentirà? Non capirà. Sarà confuso.
Tiziano tirò su la faccia, si rese conto che stava bagnando il cuscino di lacrime.
Il mal di testa del doposbornia era ancora lì, e rendeva tutto infinitamente più orribile.
Guardò il cellulare, immaginando di vederlo semi-distrutto, dopo tutte le volte che l'aveva sbattuto al muro.
Ma era stranamente ancora intatto.
È merito della magia?
C'era ancora un po' di magia, ci doveva essere, altrimenti non si spiegava come il vetro frontale non fosse minimamente incrinato.
«Pampulu pimpulu parimpampu?» disse un'ultima volta.
Niente. No, la magia non c'entrava nulla. Si stava solo illudendo.
Devo fare qualcosa. Devo fare qualcosa per rimediare!
Devo andare al campo sportivo. Vedere Simone. Capire. Vedere come si comporta.
Devo essere sicuro. E se il genio avesse interpretato male il desiderio?
E se ricordassi male le parole che ho usato?
Troppi pensieri. Si sentiva debole, stanco. Gli sembrava quasi di avere la febbre.
E non riusciva a fermare le lacrime.
***
Toc toc.
Tiziano aprì gli occhi.
Cos'è questo rumore?
Toc toc toc.
Tiziano si rese conto di essersi addormentato. Quando era successo? Quanto a lungo aveva dormito? Qualcuno stava bussando alla porta.
«Chi è?»
«Karen!»
Tiziano si alzò lentamente. La testa gli girava e gli faceva ancora male.
Un brontolio allo stomaco gli ricordò che non aveva mangiato nulla a colazione. E per giunta si rese conto che gli scappava tremendamente la pipì.
Che ore saranno?
Aprì la porta.
«Che faccia!» commentò Karen appena lo vide. «Quanto hai bevuto ieri?»
«Ho un'influenza int...»
«Raccontala ai tuoi compagni di squadra, riconosco un hangover. Comunque non ti preoccupare, non lo dico a nessuno. E tutte le mie compagne sono in paranoia perché ti credono contagioso, a parte Giulia Due, che è quella a cui hai palpato una tetta. Posso entrare?»
«Ah, sì, scusa. Sono rincoglionitissimo. Che ore sono?»
«Le undici.» Karen entrò. «Sono venuta via prima dall'allenamento con la scusa che stamattina mi sono venute le mie cose e ho mal di pancia. In realtà volevo sapere come stavi e parlare un po' con te.»
Tiziano si grattò la testa. Non aveva alcuna voglia di parlare con lei. C'erano ancora troppi pensieri nella sua testa. E doveva fare pipì.
«Ah, tieni, questo è per te» disse Karen porgendogli un sacchetto. «Da parte di Claudio.»
«Cos'è? Un pacco bomba?»
Karen rise.
Tiziano aprì il sacchetto e dentro c'erano due tramezzini al prosciutto e una coca cola. Sollevò le sopracciglia.
«Quando si è accorto che stavo tornando qui al campeggio, mi ha pregato di fare un salto al bar del paese a comprarti qualcosa da mangiare. Mi ha persino dato i soldi.»
«Claudio? Sicura fosse Claudio? Alto, biondo...»
«Figo...»
«Faccia da stronzo...»
«Era Claudio. Sono sicura. Mi ha detto, testuale:» Karen tossì e abbassò un po' il tono di voce, «quer rincojonito de sicuro nun ha magnato un cazzo da ieri sera.»
«Sicura che l'hai comprato tu? Con le tue mani? Non te l'ha dato lui? Non è avvelenato?» chiese Tiziano mentre scartava il primo tramezzino.
Karen rise e sollevò una mano. «Parola di scout!»
Tiziano affondò i denti nel tramezzino senza tergiversare oltre. Il pane era stantio e il prosciutto di bassa qualità, ma aveva così tanta fame che si sarebbe mangiato con gusto persino una ciabatta fritta.
E adesso perché mi ha fatto portare questa roba? pensò mentre masticava.
Gli tornarono in mente le premure che Claudio aveva avuto nei suoi confronti la sera prima, quando l'aveva aiutato a lavarsi e a mettersi a letto. Ma Tiziano era giunto alla conclusione che l'avesse fatto solo per evitare che Valerio lo vedesse ubriaco, mettendo tutta la squadra a rischio di punizione. Era l'unica motivazione sensata che gli era venuta in mente.
«Claudio mi odia» disse dopo aver ingoiato il primo boccone. «Non capisco il motivo di questa premura, ci deve essere un secondo fine.»
«Ma come non capisci?» disse Karen.
Tiziano diede un secondo morso e le rimandò un'espressione interrogativa.
Karen alzò gli occhi al cielo e scosse la testa. Poi guardò Tiziano con un sorriso dolce. «È così ovvio che è innamorato di te!»
***
Note di fine anno
Con questo capitolo dal finale scoppiettante auguro a tutti i lettori buon anno! Ci si rilegge il 3 gennaio 🙂
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