22. Per mano ✓
I due ragazzi quasi saltarono per lo spavento.
«Merda! Valerio!» sussurrò Simone. Poi, con una velocità e una prontezza che stupirono Tiziano, infilò la bottiglia di tequila e i due bicchieri usati nell'armadio che aveva lasciato provvidenzialmente aperto, chiuse l'anta con rapidità, ma incredibilmente senza fare rumore.
«Simone, Tiziano, siete ancora qui?» disse Valerio. La voce era vicinissima.
«Non. Dire. Niente.» sussurrò Simone a due centimetri dal viso di Tiziano. «Lascia parlare me. E non muoverti.» Si schiarì la voce. «Siamo in dispensa!» gridò a Valerio.
Valerio spuntò dalla porta. «Non avete ancora finito? Dobbiamo chiudere a chiave le cucine.»
«Abbiamo quasi finito.» Simone sorrise. «Lasciaci la chiave, chiudiamo noi.»
Tiziano cercò di rimanere serio e immobile. Deglutì. Simone sembrava tranquillo e disinvolto. Nessuno avrebbe potuto capire che aveva bevuto.
«Non posso lasciarvela, gli scout si sono raccomandati che debba sempre chiudere io.»
«Eddaje, Vale'. Nun te fidi de me? Capivo se ero Claudio...» ridacchiò. Ridacchiò anche Valerio. Ridacchiò anche Tiziano e Simone gli lanciò un'occhiataccia.
Devo stare serio. Devo stare zitto.
Ma non riuscì a trattenere un sorrisetto. Faticava a mantenere il suo solito contegno.
Ma come posso stare serio? Mi ha praticamente detto che vuole farmi un pompino! Sono il ragazzo più felice del mondo. Sono in paradiso. Voglio che questa giornata non finisca mai.
Dove possiamo appartarci? In camera mia. No lì c'è Claudio. Potremmo fare una cosa a tre con Claudio! No, no, non voglio Claudio, voglio Simone. Anche se... no! Simone! Opuure in camera sua. Ma lì c'è beta Stefano. E una cosa a tre con Stefano non la faccio neanche in punto di morte. O dietro ai bagni, in mezzo al bosco. Sì, bello in mezzo al bosco. Io mi appoggio a un albero. Lui mi slaccia i pantaloni, si mette in ginocchio... No, aspetta. Prima si mette in ginocchio, poi mi slaccia i pantaloni. O è meglio il contrario? Mi slaccia i pantaloni. Sì, prima me li slaccia. E mi infila una mano nei boxer, così, e...
«Togliti quella mano dal pacco. Devi andare a letto, subito» disse Simone prendendolo per un braccio.
Tiziano si risvegliò dal suo sogno a occhi aperti. Fece due passi trascinato da Simone, ma dovette appoggiarsi al ripiano per non cadere.
«Dov'è Valerio?» chiese. Gli sembrò che il cervello ondeggiasse dentro la sua testa.
Dov'è sparito? Era qui un secondo fa.
«È uscito. Non ti sei neanche accorto che è uscito? Cristo santo. A cosa stavi pensando? Cazzo, non avrei dovuto farti bere. Ma che ne sapevo che reggi l'alcol così male!?» Simone stava parlando velocissimo, e Tiziano si sentì mortificato.
No, no! Sta precipitando tutto! Mi odia. E il pompino?
«Non odiarmi, per favore...» piagnucolò.
Simone alzò gli occhi al cielo. «Ma no, che non ti odio. Però non puoi uscire così. Si capisce lontano un miglio che sei ubriaco, e Claudio non se ne può accorgere. Ti ricordi? Non devi dire niente a Claudio. Niente!»
«Perché parli così veloce?»
«Sto parlando veloce?» Prese un respiro profondo. «Ok. Devo parlare piano. Più. Piano. Lento. Così. Quando bevo mi viene sempre la parlantina.» Ridacchiò per l'ennesima volta.
Tiziano si unì alla risata.
Ride. È contento. Non mi odia. Forse vuole ancora farmelo, il pompino.
«Vuoi ancora...»
«No, non voglio bere più. Basta così, non credi?»
No, io volevo sapere del pompino.
«Ma no, dicevo...»
«Dai, vieni con me. Ti accompagno fuori. Ce la fai a camminare?»
Tiziano drizzò la schiena.
Ma per chi mi ha preso? Non ho bevuto poi così tanto!
«Certo che ce la faccio.» Azzardò un paio di passi.
«Mh, cammini abbastanza normale. Prima hai barcollato, ma mi sa che ti ho sbilanciato io. Parli anche abbastanza normale. Anche se si vede che sei strano.»
«Mi gira un po' la testa. Ma appena appena. Un pochettinino ino ino.»
«Ecco, appunto. Sei diventato Ned Flanders. Ti porto a letto.»
A letto? Oddio. Vuole scopare! Non vuole solo farmi il pompino!
«Andiamo! Subito!» esclamò Tiziano entusiasta.
Uscirono dalla porta delle cucine, quella sul retro che dava direttamente fuori, senza passare per la sala da pranzo. L'aria fresca della notte diede una svegliata a Tiziano.
Cazzo, ho bevuto un po' troppo. Non mi sento molto in forma.
«Devi andare subito a dormire. Tanto ti addormenterai in fretta, vedrai. L'alcol fa dormire un casino.» Simone prese Tiziano per un braccio e lo trascinò. «Non posso tenerti a braccetto, ok? Se passa qualcuno se ne accorge e capisce tutto.»
«Che siamo due froci?» chiese Tiziano.
Simone scoppiò a ridere. «Non dire cazzate, scemo! Io non sono gay!»
Come sarebbe a dire non sei gay? E il pompino?
«Intendevo: capisce che sei ubriaco e che ti stai appoggiando a me» specificò Simone.
Tiziano rise, non seppe nemmeno lui perché. Non si sentiva più tanto allegro.
Mentre si dirigevano alle camere, incrociarono Andrea che stava rientrando in camera con spazzolino e dentifricio in mano. Tiziano gli fece un cenno di saluto con la mano tesa alla fronte, stile militare. Andrea ridacchiò.
Arrivati alla Genziana, subito dopo essere entrati in camera, Simone tirò uno scappellotto a Tiziano: lo schiaffo non fu forte, ma gli fece rimbombare la testa.
«Ma che cazzo t'è saltato in mente di fargli il saluto militare? Normalmente non faresti mai una cosa simile!»
«Ahia, la testa...» disse Tiziano.
«Scusa...» Simone sospirò. «Ti ho fatto male? Dai, mettiti a letto, ok?»
«E tu?»
«Io vado a lavarmi i denti.»
Tiziano si portò una mano alla fronte. «È vero! Anch'io mi devo lavare i denti!»
Metti che ci baciamo?
«No, tu stasera vai a letto e ci resti. Te li lavi domattina» disse Simone spingendo Tiziano a sedere sul letto.
«Ma che schifo!» protestò Tiziano.
«Pe' 'na volta che non te li lavi non ti cadono. Buonanotte.»
Simone si diresse alla porta e aveva già la mano appoggiata alla maniglia quando Tiziano parlò: «Ma poi torni qui?»
Simone lo guardò per un attimo in silenzio, immobile, e aveva sul viso un'espressione triste, quasi penosa, l'espressione che aveva sempre quando guardava Tiziano giocare. Dopo diversi secondi, si riavvicinò a Tiziano e sedette sul letto, accanto a lui.
Oddio. Oddio, sta per succedere quello che penso stia per succedere?
Tiziano sentiva il proprio cuore battere velocissimo e la testa girare fortissimo e aveva voglia di stendersi sul letto e tirare Simone su di sé. Ma non fece nulla, perché Simone gli mise una mano sulla spalla.
«Scusami per prima. Sono un cretino.» Rise con poca convinzione.
«Scusa per cosa?»
«Per quella cazzata...» Simone chiuse una mano a cerchio e fece un movimento avanti e indietro davanti alla bocca, poi scoppiò a ridere. Tiziano gli sorrise e sollevò un sopracciglio. «Stavo scherzando, ok?» proseguì Simone ridacchiando. «Era uno scherzo che mi è venuto male» rise. «Scusa, non riesco a smettere di ridere!» Si schiarì la gola, drizzò le spalle e fece un'espressione seria. «Io sono etero, ok? Super cento per cento etero.»
Tiziano sentì il suo cuore farsi piccolo piccolo.
No, no, non è possibile, non può essere vero. Perché me lo sta dicendo?
Simone accennò l'ennesimo sorriso, e Tiziano non riuscì a evitare di sorridergli a sua volta, ma non capiva. Perché sorrideva? Era uno scherzo?
«Siamo a posto? All right?» Simone tirò un buffetto sulla spalla di Tiziano e si alzò dal letto.
E mentre Tiziano cercava di fare ordine nei suoi pensieri, di capirci qualcosa, Simone, senza dire altro, uscì e chiuse la porta della camera.
Tiziano rimase seduto a fissare la porta chiusa per diverso tempo, con la testa assolutamente vuota.
Perché non torna? Fu il primo pensiero compiuto.
Perché mi ha detto di essere etero? Fu il secondo pensiero.
«E il pompino?» disse ad alta voce.
No, c'era qualcosa che non andava, in ciò che era appena successo. Tiziano si sentiva così confuso, così sperduto.
Che cazzo significa, sono etero?
Doveva chiarire. Chiedergli spiegazioni. Si rialzò in piedi di scatto e sentì la testa vorticare. Fece due passi in avanti e quasi perse l'equilibrio, gli fu necessario appoggiarsi al muro davanti al letto, per rimanere in piedi. Premette una mano sulla tempia per cercare di fermare il turbine che gli stava frullando il cervello. Sbatté gli occhi e li strofinò con le dita.
Dopo essersi un po' ripreso, uscì dalla stanza. Simone era sparito, ma qualche stanza più in là Andrea stava chiudendo la sua porta a chiave. Dov'era andato Simone? Tiziano aveva le idee confuse su cosa doveva fare.
«Ehi Tizio, che ci fai lì impalato?» gli chiese Andrea.
Tiziano non seppe cosa rispondere. Temeva che Andrea potesse accorgersi che aveva bevuto, se diceva qualcosa.
Non devo muovermi, l'ha detto anche Simone. Aspetto che vada via e poi mi muovo.
Andrea sorrise e scosse la testa. «Sei strano forte, Fiorellino.»
«Non mi chiamo Fiorellino!» gli gridò dietro Tiziano mentre Andrea già si incamminava verso il falò.
Il falò! Simone forse andrà lì.
Ma sì, perché non ci ho pensato prima?
Ci vado anch'io e ci chiariamo: che cazzo significa "sono etero"?
Tiziano seguì Andrea a qualche passo di distanza e dopo aver percorso una cinquantina di metri giunsero ai bordi del falò.
C'era parecchia confusione, intorno al fuoco: tutti chiacchieravano ad alta voce, ridevano, uno scout stava strimpellando una chitarra e intorno a lui un gruppo di ragazze cantava. Andrea raggiunse Anna. Karen stava chiacchierando con due amiche. Claudio parlava con Teresa, ovviamente.
Cambia obiettivo. Le parole di Claudio risuonarono nella testa di Tiziano.
Tiziano trovò un cantuccio libero e sedette anche lui intorno al fuoco, un po' defilato in seconda fila. C'era un trio di ragazze proprio davanti a lui. Nessuno lo guardò. Nessuno lo notò.
Simone non c'era.
È andato a lavarsi i denti. Tra poco arriva.
Sbadigliò. Il calore del fuoco lo stava facendo sudare. Gli sembrava quasi di avere la febbre. Mentre cercava il viso di Simone tra la folla, il suo sguardo incrociò quello di Claudio. TIziano gli sorrise e lo salutò facendo ondeggiare le dita della mano destra, ma Claudio non ricambiò il saluto, aggrottò le sopracciglia.
Quanto sei maleducato, Claudio. Si risponde sempre alla gente che ti saluta.
Simone sì che mi avrebbe risposto. Con un sorriso.
Perché non è ancora arrivato?
Tiziano si sventolò il viso con la mano. Allargò il collo della maglietta con un dito.
Forse queste tipe l'hanno visto.
Batté la spalla della persona che gli stava davanti, una ragazza sconosciuta, che si girò subito verso di lui.
«Scusa... hai visto Simone?» le chiese.
«Puoi parlare più forte? Non sento!»
«Simone!» gridò Tiziano. «L'hai visto?»
«Simone... è quello che sta con Karen?»
«Simone non sta con Karen!» precisò Tiziano, piccato.
La ragazza sorrise. Si guardò intorno allungando il collo e infine indicò Karen. «Be', di sicuro mi sembra che siano in confidenza...»
E in quel momento Tiziano lo vide. Simone. In piedi accanto a Karen. Doveva essere appena arrivato.
Allegro, felice, disinvolto. Il suo sorriso, quel sorriso bellissimo che fino a pochi minuti prima era tutto per Tiziano.
Ora era rivolto a Karen. Lo vide sedersi accanto a lei, cingerla con un braccio.
Io non sono gay, diceva la voce di Simone nella testa di Tiziano, Io sono super cento per cento etero.
E improvvisamente Tiziano si sentì tristissimo. Gli venne voglia di piangere. E di vomitare. Ma forse quest'ultima era colpa dell'alcol.
Simone... non sei innamorato di me?
Perché non puoi essere innamorato di me?
Simone e Karen si alzarono in piedi. Karen salutò le sue amiche, fece loro un gesto d'intesa, sembrava elettrizzata. Le amiche risero. Simone la prese per mano.
La prese per mano.
Per mano.
Per mano.
La portò via.
Dove vai, Simone?
Stavano andando verso il bosco, dietro le baracche.
A baciarsi.
Ad amarsi.
A farle un pompino! A lei, non a me!
La testa prese a vorticargli tanto forte che dovette stringersi le tempie tra le mani. Il calore del fuoco sul viso scottava. Gli sembrava che l'alcol continuasse a fare effetto, che l'effetto aumentasse anziché diminuire, avrebbe voluto sradicarsi stomaco, cuore e cervello dal corpo e sprofondare nelle sabbie mobili.
Devo andarmene.
Che cosa sono venuto a fare?
Sto male. Malissimo. Devo andarmene.
Si alzò in piedi. Fece un passo, ma le ginocchia gli cedettero inaspettatamente. Barcollò e cadde addosso alla ragazza davanti a lui.
«Ehi, che cazzo...?»
«Scusa» disse Tiziano. Cercò di alzarsi, non aveva punti di appoggio.
«Mi sta palpando una tetta!»
«Scusa! Non l'ho fatto apposta!» disse ancora lui. «Manco mi piacciono, le tette.»
«È ubriaco?» disse la ragazza accanto ridendo.
La ragazza su cui era franato riuscì infine a spingerselo via di dosso.
«Che schifo!» disse. «Quanto hai bevuto per ridurti così?»
Qualcuno nelle vicinanze rise. Nonostante tutto il vociare e la musica stava cominciando ad attirare l'attenzione.
«Non ho bevuto!» mentì. Simone si era tanto raccomandato... nessuno doveva sapere che aveva bevuto! Non avrebbe dovuto andare lì.
Simone... perché sei etero?
E all'improvviso si sentì sollevare dalla maglietta, di peso. Un braccio muscoloso, il braccio di un ragazzo gli si infilò sotto l'ascella e lo trascinò via senza dire niente.
Tiziano non riusciva a girare la testa, non riusciva a vedere chi fosse, ma sentì il suo odore, e avrebbe riconosciuto quell'odore tra mille.
Claudio! Cazzo, no, Claudio non deve sapere niente!
«Cammina, coglione!» disse lui.
Tiziano si fece passivamente trascinare lontano dal falò, raggiunsero la zona dormitorio, Claudio spinse Tiziano a sedere sul gradino del porticato. Poi si inginocchiò davanti a lui, lo prese per la maglietta e lo scosse.
Era furioso.
«Dimmi immediatamente chi ti ha ridotto in questo stato!»
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