19. Che state a fà dietro ar cespuglio? ✓
Le labbra di Claudio erano premute sul piccolo triangolo di pelle che spuntava tra la bandana e i capelli. Le sue mani strinsero le spalle di Tiziano e il ginocchio finì dritto in mezzo alle gambe.
Tiziano chiuse gli occhi, sopraffatto da quel sovraccarico di percezioni tattili.
Tattili e olfattive. Il suo naso toccò la clavicola di Claudio, e quell'odore... di nuovo, quell'odore... come quando l'aveva spinto dentro l'armadietto. Solo che adesso era più intenso. Deodorante e sudore, e c'era anche qualcos'altro, uno shampoo, o un bagnoschiuma.
Il corpo di Tiziano reagì contro la sua volontà. Sentì la forza venirgli meno negli arti, e il sangue pompare impazzito verso lo stomaco, no, più in basso.
No, non posso eccitarmi. Di nuovo.
Fu il primo pensiero cosciente e sensato che il suo cervello riuscì a produrre e proprio in quel momento Claudio si tirò su, gli accarezzò la fronte con l'indice nel punto in cui l'aveva appena baciato (Ma perché mi ha baciato sulla fronte? È impazzito? Cosa stava facendo?), e poi lo osservò con un'espressione trionfante.
«Ha! Perfetto!»
«C-co... hm» Tiziano tossì. Tossì di nuovo. «Che c-cazzo...?»
Non balbettare. Non essere così ovviamente gay. E tu stai giù, là sotto, stai calmo, stupido! A cuccia!
Claudio lo squadrò dalla testa ai piedi.
Sono in controllo. Ok. La signora Fletcher. Angela. Angela Lansbury, l'impermeabile giallo, la macchina da scrivere.
Claudio scosse la testa. Sorrise. «Tutto bene, Fiorelli'?»
Tiziano lanciò un'occhiata fulminea verso le sue parti basse. Stava indossando dei pantaloni larghi con le tasche e la chiusura lampo. Erano tutti spiegazzati e... no, non si era eccitato a tal punto, non si vedeva nulla. Per sicurezza tirò su le gambe, si mise a sedere, si tolse delle foglie dai capelli per cercare di dissimulare.
«Ma sei impazzito?» disse infine riuscendo a non balbettare.
«Che state facendo là dietro?» gridò Teresa.
Teresa. Le sentinelle. Alce rossa. I trofei. Sì. I trofei, il gioco.
Concentrati sul gioco.
Per qualche secondo Tiziano aveva dimenticato tutto.
«Stamo a pomicià!» gridò Claudio.
Il pubblico degli eliminati scoppiò a ridere e ci fu qualche «uuuh!» da parte delle ragazze.
Tiziano sentì che avrebbe dovuto ridere anche lui, e in una situazione normale forse avrebbe riso, ma era ancora scosso e non ci riuscì.
Aveva sentito fare battute del genere a Claudio al telefono con la madre. E ora si ripeteva. Il Claudio che conosceva lui non faceva battute del genere, soprattutto non le faceva davanti ai ragazzi della squadra. Non era da lui.
Claudio parve rendersene conto perché a voce bassa aggiunse: «Oddio. Mo' pe' sta battuta i beta me pijano pe' 'r culo pe' i prossimi du' anni...»
«Non si prende per il culo il maschio alfa» commentò Tiziano.
«Quanto me piace che me chiami maschio alfa...» disse Claudio.
«Mi vuoi spiegare che cazzo stavi facendo prima?»
«Me so' accorto che ci avevi qualche ciuffo de capelli che te usciva dalla bandana, e un ciuffo te s'era messo de traverso sulla O, così...» disse indicandogli la bandana «...cioè, così... mo' tu nun te vedi... insomma, in parole povere t'ho appiccicato con la saliva un ciuffetto de capelli de traverso sulla O, così da lontano mo' sembra che il tuo numero è Cinque Doppiavù Nove Zero invece che Cinque Doppiavù Nove O.»
Tiziano rifletté per qualche secondo su quello che Claudio gli aveva appena detto. Poi si prese la radice del naso tra le dita, strinse forte, fece un sospiro, e lo guardò negli occhi.
Serio.
«E questa tu la chiami un'idea geniale?»
E io mi stavo quasi facendo venire un'erezione per questa idiozia?
«Sì! Ci abbiamo una possibilità in più, no? Metti che ce va bene?»
«Punto primo,» disse Tiziano tirando su il pollice, «intanto che arriviamo là la saliva si asciuga e il ciuffetto si stacca.»
«No, guarda che l'ho ciucciato bene, se famo in fretta rimane bagnato.»
Tiziano chiuse gli occhi. Si rende conto dell'osceno doppio senso di questa frase? Se ne rende conto? Decise di far finta di nulla e proseguì.
«Ok... punto secondo: stiamo barando.»
«Capitan Ovvio!»
«Ma...»
«Ma cosa? Ok, è un... eddai, non è proprio barare... po' pure annacce male... è più tipo... sai, quanno all'avversario in area non è che lo butti popo giù pe' tera... lo tieni giusto un po' pa' 'a majetta...»
«Che si chiama trattenuta in area ed è fallo da rigore» precisò Tiziano.
Ma mentre obiettava si rese conto che l'argomento, contrario a tutti i suoi principi morali e sportivi, lo tentava.
«Eddai, nun fa er duro e puro, annamo, prima che se stacchi. Poi magari te l'aggiusto di nascosto quanno semo sotto all'albero base. Nun la voi vince 'sta partita?»
«Sì. Sì, che la voglio vincere.»
Lo voleva davvero.
«Daje!» disse Claudio con un sorriso a trentadue denti.
Tiziano sentì le proprie resistenze sciogliersi. Prese un respiro. E infine annuì.
Si presero per le braccia, avvicinarono le fronti ed emersero dai cespugli. Perfettamente coordinati. Il pubblico gradì lo sbloccarsi dello stallo e si levarono grida d'incitamento.
«Alla buon'ora!» gridò Anna.
Le due sentinelle blu li aspettavano sotto l'albero.
«Senti un po': ma mo' strusciando con la fronte non me lo starai spostando, il ciuffetto?» bisbigliò pianissimo Tiziano.
«Mmmh,» ponderò Claudio, «potresti avere ragione.»
«L'idea geniale...»
«Te l'ho detto, poi te do' n'aggiustata de nascosto.»
«Vieni qua» lo guidò Tiziano. «Ci conviene fare il giro da sotto, così ci avviciniamo ai rami più esterni.»
«Che cambia? So' tutti alti uguali, più o meno.»
«Lì il terreno è un po' più scosceso e le sentinelle avranno più problemi di equilibrio.»
«Ok, stasera ce sarà la fine der monno.»
«Perché?»
«Ce stai ad avè troppe bone idee, Fiorelli'. Non è da te.»
«La smetti di chiamarmi Fiorelli'?»
«Preferisci Fiorellino, esteso?»
«Preferisco Tiziano. O Tizio. O che non mi chiami proprio.»
Giunsero sotto l'albero, al limite dell'area dei cinque metri. Le sentinelle erano a circa un metro di distanza e si spostavano incessantemente a destra e sinistra per cercare di sbirciare i numeri.
Era calato un silenzio innaturale tra il pubblico.
«Allora, io pijo quello più in basso» disse Claudio.
«Ma tu sei più alto di me!» protestò Tiziano.
«Popo pe' quello. Forse ce arivo cor braccio all'indietro tenendo la testa giù. Che senso ha che saltiamo tutti e due col rischio che ci eliminano a tutti e due?»
Tiziano riflettè qualche istante.
«E poi tu hai una buona elevazione. Sei scarso come la merda, ma ci hai una buona elevazione.»
Era vero.
«È una buona idea, cazzo...» commentò sottovoce Teresa, che, vicina com'era, sentiva tutto.
«Ve'? Lo dice pure lei che è 'na bona idea. Ce la potrò ave' pur io, quarche bona idea.»
«Ok» disse Tiziano. «Andiamo tutti e due? Insieme?»
«Ovvio» disse Claudio portandosi il pollice alla bocca. Lo inumidì, fingendo di mangiarsi una pellicina.
«Allora, hai capito?» E quindi gli prese il viso con entrambe le mani. I due pollici in alto, all'altezza della fronte. Tiziano lo vide staccarsi di qualche millimetro, quel tanto che bastava a controllare il numero, a controllare il ciuffetto di capelli messo di traverso. Lo sentì passare il pollice sulla bandana, attraverso il tessuto e la carta. Probabilmente non sarebbe servito a nulla, probabilmente il ciuffetto si sarebbe staccato mentre Tiziano correva, o mentre saltava per afferrare il trofeo. Ma l'idea di condividere quel piccolo segreto, quel piccolo stupido trucchetto, lo elettrizzava.
Tiziano e Claudio si guardarono negli occhi per qualche istante. Un raggio di sole passò tra le fronde degli alberi, e colpì di taglio le iridi di Claudio, che brillarono come due cristalli colorati.
E per la prima volta Tiziano ci credette. Ce l'avrebbe fatta, avrebbe preso il trofeo. Sorrise, e anche Claudio sorrise. Il cuore accelerò i suoi battiti.
«Via!» gridò Claudio.
Partirono di corsa, verso l'albero, a testa bassa, le due sentinelle che si muovevano agilmente intorno a loro.
Cos'è questa sensazione? È una sensazione che non provavo da tanto tempo...
La sensazione di complicità, il desiderio di dimostrare il proprio valore, la felicità di farlo con il proprio merito ma anche con l'aiuto di...
E Tiziano capì. Riconobbe quella sensazione. Erano passati anni, dall'ultima volta che l'aveva provata. Due anni. Prima che le stupide turbe psicologiche lo bloccassero.
È la sensazione di giocare in una squadra. La sensazione di giocare per vincere.
Gli veniva da piangere e da vomitare per l'emozione, e per qualche istante pensò di non aver mai desiderato nulla così tanto in vita sua. Nulla come giocare di nuovo in una squadra, sentirsi parte di un gruppo, vincere insieme.
E in quel momento tutto gli sembrava possibile, anche superare i propri blocchi, da solo, con le proprie forze, senza l'aiuto della magia e dell'ultimo desiderio.
Arrivarono sotto i rami.
«Adesso!» gridò Claudio.
Tiziano vide con la coda dell'occhio le ragazze tentare di stare in equilibrio sul terreno scosceso, poi perderlo, proprio come aveva previsto. Si staccarono, barcollarono. Tiziano fece una breve corsa e saltò, sollevò la testa, dov'era il fazzoletto? Qualche centimetro più in là. Lo mancò.
«L'ho preso!» gridò Claudio.
Grida di esultanza del pubblico.
«Non l'ho visto, cazzo!» gridò Teresa.
«Effe Sette Tre Due!» gridò Claudio.
«Merda! Merda! Merda!» imprecò Teresa.
Claudio l'aveva appena eliminata.
Era rimasta in gioco solo Anna.
«Daje, Tizio. Ce la poi fà. L'hai visto dov'è il fazzoletto, vero?» gridò Claudio.
«Sì! L'ho visto!»
Tiziano scorse con la coda dell'occhio Claudio che si allontanava gattonando.
«Daje Tizio!» gridò qualcuno dal pubblico.
«Ti-zio! Ti-zio!» il grido aumentò di volume.
Stavano facendo il tifo per lui.
Si sentiva quasi paralizzato dall'emozione.
Ma io non sono così. Sono sempre stato freddo. La tensione mi caricava, quando ero piccolo.
Basta turbe psicologiche. Ce la posso fare.
Posso vincere!
«Daje, Tizio» ripeté Claudio. E fu in quel momento che Tiziano si rese conto che non l'aveva chiamato Fiorellino. Lo stava rispettando, finalmente.
Lo stava rispettando forse per la prima volta in vita sua.
Tiziano si preparò. Fece qualche passo in circolo, con Anna che lo fronteggiava, la guidò in una posizione svantaggiosa, poi si voltò, le diede le spalle, prese una breve rincorsa.
Saltò.
La sua mano toccò la stoffa del fazzoletto. La strinse. Non c'era nessuno davanti a lui, Anna era alle sue spalle.
Il trofeo.
Il trofeo era nella sua mano.
Atterrò a gambe larghe e abbassò rapidamente la testa, prima che Anna potesse correre davanti a lui e leggergli il numero.
Ce l'ho fatta! Prendere il trofeo era la cosa più difficile e ce l'ho fatta!
Rimase per qualche istante immobile con la testa rivolta a terra, a godersi l'attimo.
E fu quello il suo errore.
Accadde troppo rapidamente per poter reagire. Tiziano vide un'ombra sul terreno dietro di sé, e prima che potesse rendersi conto di cosa stava per succedere sentì due mani che gli afferravano le caviglie e vide spuntare il viso di Anna tra le sue gambe, sul terreno.
No, non fu il viso che vide. Se fosse stato il viso avrebbe reagito più in fretta.
Tiziano non si fermava mai a guardare le scollature delle ragazze. Era una cosa che, ovviamente, non gli interessava. Ma quella non era una normale scollatura. Non era una questione di attrazione sessuale, era una questione di pura e semplice massa in movimento che attirò irresistibilmente il suo sguardo. Diversi chili di carne che si spostarono in verticale e per inerzia quasi rimbalzarono sotto il mento della ragazza. Rimase per un secondo di troppo, un solo secondo, ipnotizzato dal movimento oscillatorio delle gigantesche tette di Anna.
Un solo secondo, prima di rendersi conto che avrebbe dovuto guardarle il viso, la fronte. Un solo secondo prima di rendersi conto che avrebbe dovuto sollevare la testa verso l'alto.
E mentre la sollevava sentì Anna gridare con tutto il fiato che aveva in gola: «Cinquedoppiavùnovezero!»
Il pubblico rimase in silenzio, e nel silenzio si udì una risatina di Claudio.
Tiziano deglutì, con la testa sempre rivolta verso l'alto, verso le fronde dell'albero da cui spuntavano tanti spicchi di cielo azzurro. «Che cosa hai appena detto?»
«Cinque Doppiavù Nove Zero! Cinque Doppiavù Nove Zero!» scandì due volte Anna. Stava ancora tenendo Tiziano per le caviglie.
Tiziano scostò i capelli dalla bandana, prima di abbassare di nuovo la testa verso di lei, e guardarla in faccia, stavolta, la sua faccia capovolta. Forse il fatto che la ragazza avesse dovuto interpretare il numero capovolto l'aveva aiutato. Forse se si fossero guardati in faccia stando entrambi in piedi lo stupido trucchetto di Claudio non avrebbe funzionato.
Ma aveva funzionato.
«È Cinque Doppiavù Nove O» disse calmo Tiziano. «Sei eliminata.»
Anna mollò la presa sulle caviglie, e l'esultanza della squadra rossa sembrò il boato di uno stadio.
Abbiamo vinto.
E io ho appena segnato il gol decisivo.
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