18. Fronte, bocca, clavicola ✓
La bocca di Karen si unì per un istante a quella di Simone.
Tutto svanì, intorno a Tiziano. Gli alberi del bosco divennero ombre sfocate, le voci di esultanza echi distanti migliaia di chilometri, la corteccia ruvida dell'albero dietro il quale era nascosto una carezza ovattata.
Il bacio durò un lampo, un microsecondo, e poi Karen calcò di nuovo la sua fronte contro quella di Simone.
Tiziano ebbe la sensazione che il suo cuore diventasse più piccolo, che il suo stomaco si ripiegasse su se stesso.
Simone accennò un sorriso, sembrava incredulo, spaesato.
Karen fece una risatina maliziosa. «Dai, andiamo!»
Non sarebbe stato l'ultimo. Era solo il primo di tanti baci che si sarebbero dati. Tiziano ebbe improvvisamente questa consapevolezza e provò il desiderio di diventare albero, bosco, terriccio.
Davanti a sé aveva appena visto sgretolarsi il suo sogno d'amore.
«Tira su quella mandibola, cojone.»
Gli arrivò uno scappellotto sulla nuca. Il solito Claudio.
Tiziano chiuse la bocca.
I compagni di squadra ancora in gara stavano finendo di pianificare gli ultimi attacchi alla base avversaria, mentre Karen e Simone già avanzavano insieme, fronte contro fronte, verso l'albero base.
Claudio cominciò a spiegare una strategia, ma Tiziano non riuscì a concentrarsi, vedeva solo Karen e Simone, Simone e Karen, che si allontanavano, fronte contro fronte, sorridendosi a vicenda.
Conquistato. Con un bacio. Qualcosa che Tiziano non si sarebbe mai potuto permettere di fare.
Era furba, Karen, una donna d'azione. Si prendeva quello che le piaceva, senza esitazioni. Voleva conquistare Simone e ci stava riuscendo.
«...hai capito?» Claudio scrollò Tiziano per la spalla. «Ohi, svejaaa! Ce servi pure tu, purtroppo.»
Il gioco. Sì.
Se si fosse concentrato sul gioco, almeno per qualche minuto avrebbe dimenticato Simone e Karen, che erano per ora scomparsi dietro una collinetta.
«Ci sono!» disse Tiziano. Ma non aveva ascoltato nemmeno una parola della strategia appena spiegata.
«Ok, allora partono per primi Stefano e Andrea. Regà, me raccomanno, semo gli ultimi rimasti e loro so' avanti de quattro!» Claudio sventolò quattro dita.
Beta Stefano guardò Andrea e storse la bocca in un espressione di puro disgusto. «Madonna che schifo. Te se lavato i denti almeno?»
«E che te frega? Voi pomicià co' lui?» lo provocò Claudio.
Beta Stefano lanciò un'occhiataccia al suo maschio alfa e chiudendo gli occhi con l'aria di chi sta per ingurgitare una medicina dal sapore orribile, poggiò la testa contro quella di Andrea.
«'Namo!» disse, sempre a occhi chiusi. Poi prese Andrea per le spalle, lo girò in direzione contraria a quella di avanzamento e lo spinse. «Guido io!»
Era passata più di un'ora, da quando Tiziano e Claudio erano arrivati alla base avversaria, ed erano rimasti praticamente immobilizzati da una strategia tanto semplice quanto efficace degli avversari. I blu erano riusciti ad appostare tre sentinelle fisse, a cerchio, in tre punti strategici attorno al loro albero base. Anna, rientrata in gioco con una bandana di riserva, era rannicchiata sulle ginocchia e il ramo basso di un arbusto le copriva la fronte in orizzontale. Teresa era arrampicata a un albero e poggiava la fronte contro un ramo, sbirciando lateralmente. Gianluca, infine, era rannicchiato dietro a un fitto cespuglio dai cui pertugi riusciva a vedere tutto.
Con questo metodo erano riusciti a eliminare praticamente tutti gli avversari, con poche eccezioni. I numeri di riserva della squadra rossa erano finiti, e tutti i giocatori rimasti erano saliti disperatamente in attacco. L'unica buona notizia era che anche la squadra blu aveva esaurito i giocatori, le tre sentinelle erano gli ultimi rimasti. Ma erano in vantaggio di quattro trofei.
Da dietro la collinetta arrivava il tifo concitato dei giocatori eliminati, che erano tutti presenti, ai margini della scena, a osservare le ultime fasi del gioco. Una piccola folla.
«Ok, 'nnamo su fino in cima alla collina e ce piazziamo dietro quell'albero pe' controllare la situazione» disse Claudio.
Tiziano annuì.
Claudio prese le spalle di Tiziano, che vide il viso dell'altro avvicinarsi fino quasi a toccare il suo. Tiziano fece uno scatto istintivo all'indietro. «Ma che...?»
Claudio scosse la testa. «O' sapevo che nun avevi ascortato un cazzo... come credi che ce arrivamo alla base blu?»
Ma certo, perché non ci aveva pensato? Era ovvio.
Dovevano avanzare fronte contro fronte.
Doveva appoggiare la sua fronte contro quella di Claudio.
Faccia contro faccia. A pochi centimetri di distanza.
Claudio si mise a ridere. «Non sei contento? T'ho risparmiato de vede la faccia brutta de Andrea e t'ho risparmiato pure i cartoni che t'avrebbe sicuramente corcato Stefano.»
Ok, è solo un gioco, Tiziano, calmati, pensò.
«Lo so che avresti preferito qualcun altro...» disse Claudio guardandolo sottecchi con l'aria di chi la sa lunga. «Ma te l'ho detto che devi cambià obiettivo.»
Di nuovo quella storia di Karen. Tiziano non ribatté nulla: finché Claudio lo credeva eterosessuale tutto andava bene.
Claudio lo tirò per il collo della maglietta e gli puntò un dito sullo sterno. Lo guardò stringendo gli occhi. «Senti, te lo dico una volta e non voglio ripetermi: lascia in pace quei due.»
«Io non ho fatto niente...» protestò Tiziano, alzando le mani.
«Quei due stanno bene insieme. Non ho mai visto Simone così preso, forse è la volta buona che trova il coraggio di mollare quella morchia asfissiante succhiavita di Beatrice. Nun te mette in mezzo. Nun so' cazzi tua. Nun ci hai speranze quindi mettite er core in pace. Capito?»
Claudio si era fatto serio e minaccioso. Mai una singola volta, in cinque o sei anni che lo conosceva, Tiziano aveva visto il suo sguardo così acceso e cupo allo stesso tempo. Quasi gli fece paura.
Tiziano aveva sempre creduto che Claudio volesse far lasciare Simone e Beatrice perché aveva mire sulla ragazza. Ma, da come aveva parlato, sembrava invece che volesse proteggere il suo amico dalla "morchia succhiavita". Ma cosa significava quell'appellativo?
Tiziano annuì, se non altro per rassicurare Claudio.
«Bravo.» Claudio annuì, apparentemente soddisfatto. «Mo' annamo.»
La fronte di Claudio si poggiò al quella di Tiziano, senza che quest'ultimo quasi se ne rendesse conto, preso ancora dai pensieri su Simone e Karen.
Accadde rapidamente e naturalmente, Claudio non sembrava minimamente imbarazzato dalla cosa.
Certo che non è imbarazzato, è etero. Sono io il coglione che sta già iniziando a fare pensieri sconci su di lui.
Niente da fare, la mamma di Claudio aveva ragione. Mozart aveva ragione. Sono un maledetto Cherubino in crisi ormonale. Sono innamorato di Simone, ma mi bastano due occhi azzurri troppo vicini al mio viso per andare in palpitazione.
Due occhi che saettavano a destra e sinistra mentre cominciavano a camminare lungo il pendio della collinetta.
Era strano, vedere il viso di un ragazzo da così vicino. Non aveva mai visto il viso di un ragazzo da così vicino. La pelle un po' lucida e abbronzata del naso, i peli corti della barba che stava ricrescendo, le ciglia che sbattevano rapidamente, l'iride chiara un po' screziata.
Finiscila, Tiziano. È Claudio. Quello stronzo di Claudio. Non importa che sia sessualmente attraente. Perché lo è, sì, certo, indubbiamente lo è. Ma è anche uno stronzo e uno stupido e un bullo. E tu sei la sua vittima.
«Mettiti di tre quarti, così...» disse Claudio spostandolo un po'. «E guarda la strada, coglione.»
Tiziano sentì profumo di dentifricio alla menta.
Oddio forse avrei dovuto mangiare una mentina.
Ma no, mica dovete baciarvi, stupido.
E comunque i denti me li sono lavati.
Ma mica dovete baciarvi, stupido.
Sapeva di dover guardare la strada e i piedi, per non inciampare, ma non riuscì a evitare di guardargli la bocca.
Che bella bocca. Com'è rossa e umida e...
La signora Fletcher! La sigla della signora Fletcher, subito!
Tiziano e Claudio avanzarono di qualche metro a passo laterale, mentre Tiziano si canticchiava mentalmente il suo mantra anti-eccitazione, e arrivarono sulla cima della collinetta. Gli giunsero alle orecchie grida di incitamento dai membri eliminati della squadra rossa.
«Che cazzo stai canticchiando?» chiese Claudio.
Stavo canticchiando? Ad alta voce?
«Non sto canticchiando» disse Tiziano.
Arrivati dietro un largo albero si staccarono e poggiarono le fronti al tronco.
«Sì che stavi canticchiando, tipo mmmm mmmm, piano piano.» Claudio ridacchio. «Sai cosa sembrava? La siglia di quel telefilm con la vecchia portasfiga.»
Tiziano rantolò un suono inconsulto. Perché stava rantolando? Quei pochi passi a distanza ravvicinata l'avevano completamente scombussolato.
Pensa al gioco, idiota!
Visto che le sentinelle erano di certo impegnate a controllare i giocatori in arrivo, Tiziano si arrischiò ad allontanare un po' il viso dal tronco, abbastanza per riuscire a sbirciare di lato.
L'albero base della squadra blu era ora ben visibile, nel mezzo di una piccola radura, una cinquantina di metri più avanti. Simone e Karen erano quasi arrivati, mentre Stefano e Andrea seguivano poco distanti.
«Quel rincoglionito di Stefano se continua a spingere Andrea in quel modo...» Claudio non finì la frase, perché Andrea cadde a terra, inciampando su una radice mentre camminava all'indietro, e una sentinella blu riuscì prontamente a leggere il numero sulla fronte scoperta di Stefano: «Quattro Nove Sei Esse!»
«Vaffanculo!» gridò Stefano. «Tutta colpa tua, coglione!» aggiunse tirando un calcio ad Andrea, steso a terra.
Arrivò qualche fischio dal pubblico.
«Tipico...» commentarono all'unisono Claudio e Tiziano. Tiziano lanciò un'occhiata a Claudio: ah quindi anche lui riconosceva la prepotenza idiota dei suoi beta?
«Non sono riuscita a leggere Andreuccio!» gridò Anna. Andrea era riuscito miracolosamente a rotolare su se stesso e mettersi faccia a terra prima che una delle tre sentinelle gli leggesse il numero.
«Occhio a Karen e Simone!» gridò Teresa.
Simone e Karen, nel frattempo, erano arrivati al limite dei cinque metri. Gli ultimi cinque metri intorno all'albero base, infatti, da regolamento andavano percorsi in solitaria. L'unico modo possibile per farlo era avanzare a testa bassa, ma erano ormai rimasti solo fazzoletti su rami alti, e bisognava per forza drizzarsi qualche istante, per riuscire a raggiungerne uno.
Il tifo si era fatto concitatissimo.
«Daje Simo'...» sussurrò Claudio.
Tiziano si voltò verso di lui. Stava osservando l'amico con aria concentratissima e muoveva la bocca senza parlare, mimando con le labbra un costante dai, dai, dai,...
Claudio voleva vincere.
Anch'io voglio vincere, pensò Tiziano. Si impose di concentrarsi sul gioco: basta pensare all'amore, avrebbe dedicato tutte le sue energie alla vittoria.
Spostò di nuovo la sua attenzione sull'albero base: Simone e Karen erano ancora fermi al limite dei cinque metri, e parlottavano, fronte contro fronte muovendosi in circolo probabilmente per guardarsi intorno. Le tre sentinelle, ben visibili intorno al perimetro, li controllavano con la massima allerta.
Tiziano sentiva il cuore martellargli nel petto: era emozionato come se in gioco non ci fosse una stupida partita di Alce Rossa ma la finale dei mondiali.
E all'improvviso, contemporaneamente, Simone e Karen si staccarono e si lanciarono verso l'albero, a testa bassa. Arrivati sotto i rami da cui pendevano i fazzoletti attesero qualche istante la fronte rivolta verso il terreno.
«Dai che ce la fanno...» disse Tiziano.
Poi si mossero. Perfettamente coordinati, alzarono la testa, fecero una piroetta e staccarono due fazzoletti. In un istante furono di nuovo a terra, la testa rivolta al suolo.
Tutto intorno esplosero le grida di esultanza.
«Dajeeeee!» gridò Tiziano.
«Non sono riuscita a leggere!» gridò Teresa.
«Neanch'io!» gridarono contemporaneamente le altre due sentinelle.
«Mo' la mano puoi mollarmela» disse tranquillamente Claudio.
Tiziano ci impiegò qualche secondo a capire che stava parlando con lui: guardò la sua stessa mano che stava appoggiata all'albero e vide che stava stringendo, no, anzi, stritolando, quella di Claudio. Staccò la presa di scatto. Si era fatto talmente prendere dalla scena, che non si era reso conto di aver afferrato la mano dell'altro ragazzo, a mo' di antistress.
Sono impazzito? Adesso mi mena.
Invece, sorprendentemente, Claudio fece una risatina noncurante e spostò di nuovo lo sguardo su Simone e Karen, che erano usciti dall'area dei cinque metri e impegnati di nuovo ad avanzare fronte contro fronte.
«Mo' devono riuscì a portare i trofei alla base» commentò Claudio, di nuovo serio.
Tiziano scrollò la testa. Non pensare alla mano. Concentrati sul gioco.
«È la parte più facile» disse Tiziano. «Quelle tre sono le ultime sentinelle blu rimaste, e non possono spostarsi da lì.»
Claudio annuì. «Dai, 'nnamo avanti.»
Questa volta l'avanzata fronte contro fronte fu più tranquilla, per Tiziano. Era determinato a ottenere almeno un trofeo e la sua mente era concentrata sull'obiettivo e non su fantasie sessuali estemporanee.
«Se Andrea nun ja' 'a fà arrivamo massimo pari» disse Claudio con stizza mentre raggiungevano un secondo albero, più vicino alla meta. Posarono contemporaneamente la fronte sul tronco, ma era un albero giovane, stretto, quindi i loro visi erano ancora molto vicini, le guance quasi si toccavano.
«Mo' Gianluca riesce a legge er numero de Andrea, so' sicuro» sussurrò Claudio. «Deve dimostrà de esse mejo de Andrea, armeno in quarcosa.»
Tiziano stava per rispondere che Gianluca era già titolare in squadra, a differenza di Andrea, ma poi capì a cosa si riferiva Claudio: la sera prima Andrea aveva (forse) baciato Anna. Gianluca, che era considerato generalmente più belloccio e meno sfigato dell'amico, non aveva ancora mai baciato nessuna. Doveva esserci rimasto male.
«Forse possiamo sfruttare 'sta cosa a nostro vantaggio...» riflettè Tiziano, a voce bassa. Se avesse stimolato la competitività e la notoria permalosità di Gianluca forse avrebbero potuto fargli prendere qualche rischio non necessario, e fargli abbandonare la sua vantaggiosissima postazione da sentinella.
«Cioè?» chiese Claudio.
«Provocandolo!» disse Tiziano in un sussurro.
Osservò bene Gianluca: era la sentinella blu più vicina a loro, vedevano le sue spalle una manciata di metri più avanti sulla sinistra. Tiziano si schiarì la voce, poi parlò, ad alto volume e scandendo bene le parole: «Ma secondo te quanto ce rimane demmerda Gianluca se Andrea, dopo che s'è sdrumato Anna, je riesce a rubà anche er trofeo de alce rossa da sotto er naso?»
«Che cazzo stai a dì?» ribatté prontamente Gianluca.
«Ma che m'ha sentito?» recitò Tiziano, parlando a voce leggermente più bassa, ma sempre ben udibile.
Con la coda dell'occhio vide Claudio ridacchiare in silenzio.
«Sì che t'ho sentito, cojone! Di che cazzo stavi parlando?» insisté Gianluca.
«Mo' je ruba pure er posto da titolare in squadra e la sua vita finisce» rincarò la dose Claudio.
«Mi dite di che cazzo state parlando?!» gridò Gianluca, evidentemente irritato.
«Gianluca concentrati su Andrea!» lo ammonì Teresa dalla sua postazione.
«Ma dici che funziona? Non è che l'amo caricato a molla e mo' diventa supersayan?» bisbigliò Claudio.
«Sei capitano della squadra e non conosci i tuoi giocatori» ribatté Tiziano, sempre a voce bassissima. Si avvicinò ancora di più a Claudio fino a toccare con la fronte il lato destro della sua testa. Poi gli parlò all'orecchio: «Gianluca non regge la pressione. Gioca bene le partite più facili, ma ogni volta che il risultato si mette male peggiora. E non sopporta psicologicamente le offese. Ti ricordi l'anno scorso, l'attaccante del Cinthia?»
«Quel coglione che l'ha sommerso di insulti razzisti dall'inizio alla fine della partita?»
«E poi Gianluca si è fatto espellere facendogli quell'entrata a gamba tesa...»
«Be'. Daje torto.»
«Ok, sì, in quel caso forse avrei reagito come lui. Ma Gianluca si incazza a prescindere, sempre, anche quando lo perculano per il gioco o per altre cazzate.»
«Pe' 'na vorta ce potresti avè ragione, Fiorellì. Guarda che cazzo sta a fà.»
Tiziano mise di nuovo la fronte contro l'albero per sbirciare la scena e vide Gianluca che si spostava dalla sua postazione e avanzava verso Andrea. Claudio e Tiziano si guardarono negli occhi con la bocca spalancata in un sorriso: Tiziano si sentiva emozionato come un bambino.
«Approfittamone, cazzo!» sussurrò Claudio scuotendo Tiziano per la spalla. I due ragazzi unirono le fronti quasi sbattendole tra loro per l'entusiasmo, e corsero verso il cespuglio ormai libero di Gianluca.
«Gianluca! Dove stai andando?!» gridò Anna.
«Torna indietro, cojone!» gridò qualcuno degli eliminati blu dal pubblico.
«Andrea, ce devi solo provà, a tirà su la testa!» disse Gianluca che aveva raggiunto l'amico. Entrambi avanzavano a fronte bassa.
«E tu ce devi solo provà, a tirà su la tua» ribattè Andrea.
«Gianluca! Torna alla tua postazione! Tiziano e Claudio stanno arrivando da quel lato!» srbraitò Anna.
Dal pubblico arrivavano bordate di fischi, miste a urla di incitamento per Claudio e Tiziano, che stavano per conquistare l'ormai ex cespuglio di Gianluca. Si tuffarono tra le alte fronde e sbirciarono la scena dai pertugi tra i rami. Nel frattempo, avanzando a testa bassa, Gianluca e Andrea erano arrivati sotto l'albero base e si fronteggiavano come due tori. Andrea si era saggiamente posizionato con la testa rivolta in direzione del vuoto lasciato da Gianluca.
Improvvisamente Andrea si alzò di scatto, fece un salto per afferrare un fazzoletto e anche Gianluca alzò la testa.
«Due...» cominciò Gianluca, ma Andrea fu più svelto: «Erre sei otto A!» gridò. «Ha! Eliminato!»
«...Nove...» gridò Gianluca, la voce quasi coperta dalle grida di esultanza dei rossi e dai sonori «nooo» dei blu. Andrea gli mise una mano sulla bocca. Stava in piedi, ma le altre due sentinelle erano immobili, leggermente alle sue spalle alle 4:40. Non potevano vederlo.
«Non vale!» disse Andrea. «Non puoi leggermi il numero. Sei fuori.»
«Ma...» mugugnò Gianluca, la voce soffocata dalla mano di Andrea.
«Ha ragione lui, cretino!» gridò Anna. «Grazie a te abbiamo perso il vantaggio!»
Anche dal pubblico arrivarono insulti.
«Ma... Due...» disse Gianluca. Ora Andrea l'aveva liberato.
«Non lo dire, cretino, che poi siamo fuori anche noi!» gridò Teresa.
«Ma...» disse Gianluca, totalmente annichilito mentre si dirigeva, come uno zombie, verso i compagni eliminati, accolto dai loro insulti.
Claudio rideva tenendosi la pancia.
«Guarda che gioco ad alce rossa da quando ho cinque anni!» urlò Andrea, gongolante, mentre correva via dalla base blu, verso il bosco, per portare il trofeo alla base rossa. «Vedi che ci ha i suoi vantaggi essere scout?»
«Tocca a noi,» disse Claudio, «e non ho intenzione di pareggiare.»
«Neanch'io» ribatté Tiziano.
«Bravo. Vedi di non fare cazzate.»
«Vedi tu, di non fare cazzate.»
«Merda!» esclamò Claudio sbirciando tra le fronde.
Tiziano si acquattò per guardare anche lui cosa stava succedendo. Teresa e Anna avevano deciso di cambiare strategia di difesa. Erano uscite dalle loro postazioni, si erano unite fronte contro fronte e tenevano sotto controllo l'albero base guardando lateralmente. Avevano intenzione di seguire le mosse di Claudio e Tiziano cercando di tenersi sempre davanti a loro.
«Sono tutte e due agili» osservò Claudio «non sarà facile.» Portò una mano al mento e se lo grattò, guardando fisso davanti a sé.
«Allora? Venite voi o veniamo noi?» li provocò Teresa.
«Avete fretta?» gridò Tiziano. Sarebbe stato un grosso vantaggio, per loro, se le ragazze fossero venute a stanarli. Ma le ragazze erano furbe, capivano perfettamente la situazione. E rimasero, infatti, sotto l'albero ad attenderli.
Tiziano si guardò rapidamente alle spalle, per controllare che nessun eliminato della squadra avversaria stesse tendendo loro un agguato, magari per barare e svelare in qualche modo il numero alle due sentinelle blu rimaste in gioco. Ma alle loro spalle non c'era nessuno, né avversari né alleati, erano tutti schierati di fronte alla loro postazione. Quando si voltò di nuovo verso Claudio si accorse che il compagno lo stava fissando con gli occhi sgranati. Tiziano aggrottò le sopracciglia.
Non lo stava guardando negli occhi, la sua attenzione era puntata sulla fronte. Sul numero.
Un sorriso estatico prese forma sul volto di Claudio. «Mi è appena venuta un'idea geniale!»
Poi avvicinò il pollice alla bocca e lo leccò.
Fu un movimento lento, o forse fu a Tiziano che apparve lento. Tiziano rimase ipnotizzato dalla lingua del ragazzo che accarezzava il pollice, e trovò quel gesto incredibilmente, irresistibilmente sensuale.
Quando Tiziano vide che il dito umido di Claudio si avvicinava alla sua fronte, ne fu spaventato e si ritrasse.
«Stai fermo!» ordinò l'altro. Bloccò Tiziano prendendolo per la nuca e premette con forza il pollice leccato sulla bandana.
«C-che stai a fà?» disse Tiziano con il cuore in gola.
Claudio continuava a guardargli la fronte, fece una smorfia, scosse la testa.
Poi lanciò una rapidissima occhiata intorno a sé e, senza dire altro, spinse Tiziano in basso, contro le fronde del cespuglio, e improvvisamente Tiziano si trovò le clavicole di Claudio a un millimetro dalla propria bocca.
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