12. Cocco di mamma ✓
Claudio dorme.
Come è leggero e tranquillo il suo respiro.
Nel silenzio della notte Tiziano lo udiva benissimo. Dio, come lo invidiava. Non sapeva che ora fosse, ma era certo che fosse tardi. Forse le tre, o addirittura le quattro. L'ansia non gli faceva prendere sonno.
Non aveva ancora trovato il coraggio di esprimere il secondo desiderio per restituire il talento a Simone. Aveva paura di usare di nuovo delle parole sbagliate e buttare via tutto per la seconda volta. Ma era frenato anche da una spinta egoistica: la smania di ottenere, con quel desiderio, un vantaggio per sé.
Anch'io voglio essere di nuovo bravo!
Ma era possibile esprimere un desiderio che facesse accadere due cose? Far diventare bravo sia Simone che Tiziano? Se riusciva a esprimerlo nella maniera corretta, forse, sì.
E se fosse vietato? Se fosse una regola che Sibilla Cooman non mi ha detto?
Ma perché non avrebbe dovuto dirmela?
Aveva distrutto il sogno di una persona. E adesso aveva il potere di sistemare tutto. Ma c'era sempre il pericolo di fare un altro errore. Era una responsabilità troppo grande. Troppo grande per un ragazzo di diciassette anni. Troppo opprimente.
Voglio che io e Simone siamo di nuovo bravi nel gioco del calcio.
Ma cosa significa bravo?
E poi, quanto bravo? Devo porre un termine di paragone!
Bravo come Cristiano Ronaldo.
Sì, roviniamo la carriera a Cristiano Ronaldo facendolo diventare una pippa anche lui.
Il termine di paragone era ciò che aveva fatto andare tutto a rotoli la prima volta. Doveva essere una richiesta in termini assoluti.
Voglio annullare gli effetti del primo desiderio.
No, non andava bene. E non solo perché Tiziano non era compreso nell'equazione. Gli effetti comprendevano anche i ricordi, se avesse espresso il desiderio in quei termini avrebbe dimenticato il primo desiderio e poi non ci avrebbe capito più niente.
Voglio che io e Simone superiamo gli ostacoli che ci hanno fatto diventare due pippe.
Così Simone avrebbe sconfitto gli effetti del desiderio, e Tiziano avrebbe superato i propri blocchi psicologici.
«Direi di provare» disse. Prese un pallone che stava appoggiato sul suo cuscino, scese dal letto e cominciò a palleggiare. Ci stava riuscendo! Ci stava riuscendo eccome!
«Wow!» Claudio lo applaudì, dal letto di sopra.
«Ha funzionato?» chiese Tiziano voltandosi verso di lui. Ma non riuscì a vederlo, perché un sole splendente lo stava quasi accecando.
«Passamela! Sono smarcato!» gridò Claudio da un punto imprecisato in mezzo al chiarore accecante.
Tiziano non riusciva a vedere niente. «Simone! Dove sei?»
«Passala a me! A me!» gridò Claudio. «Perché non la passi mai? Passamela, coglione!»
Tiziano cercò di tirare alla cieca, ma gli mancò improvvisamente la forza nella gamba. Il pallone non si mosse.
«Non ci riesco!» gridò.
No, non era stato lui a gridare. Era stato Simone. Ora lo vedeva. Lo vedeva benissimo, e stava cercando di calciare quel pallone, ma le sue gambe si intrecciavano tra loro ogni volta che ci provava. Si voltò verso Tiziano con il viso deformato dall'odio. «È colpa tua! Sei un egoista! Ha funzionato solo per te!»
«Non l'ho fatto apposta!»
Tiziano si guardò intorno, in cerca di rassicurazione, ma vide solo facce accusatorie.
«È colpa tua!» disse Gianluca.
«Tua!» disse Paolo.
«Tua!» «Tua!» «Tua!»
«Tua!» disse la fattucchiera.
«Basta!» gridò Tiziano coprendosi le orecchie.
«Scusa, ieri me so' svejato all'ultimo secondo» gli disse Claudio.
«Che cosa?» chiese Tiziano, confuso.
«Ogni scusa è buona per non chiamare tua madre...»
Tiziano aprì gli occhi. Da dove venivano quelle voci?
Impiegò qualche secondo a capire che si era appena svegliato da un incubo e stava ascoltando una telefonata di Claudio, che era ancora steso sul letto sopra al suo.
Il cuore di Tiziano batteva velocissimo, e il suo stomaco era chiuso da quello sgradevole senso di colpa che l'aveva tenuto sveglio quasi per tutta la notte.
«Sei in camera con Simone?» disse una voce femminile.
È in vivavoce, si rese conto Tiziano. Si stiracchiò e mise i piedi giù dal letto.
«No, con Tizio. Hai presente? Quel panchinaro scarso che quando entra fa sempre danni... ah, eccolo che emerge dal suo giaciglio, buongiorno Fiorellino!»
Tiziano non era proprio dell'umore per rispondere a tono alle prese in giro di Claudio, si limitò a mostrargli il dito medio.
La madre di Claudio scoppiò inspiegabilmente a ridere.
«Guarda che te sto a inquadrà» disse Claudio ridendo anche lui.
Tiziano spalancò di scatto le dita della mano. «Oddio, mi scusi!» Poi cercò di immaginarsi come doveva essere visto dall'esterno: capelli spettinati, occhiaie violacee, barba di due giorni, le sue immancabili orecchie a sventola (Tiziano le odiava) ed era quasi certo di avere un brufolo proprio in centro alla fronte.
«Lo chiami Fiorellino?» disse la madre, ancora ridendo. «Che dolce che sei... è una cosa seria?»
«Certo! Pensa che ho già conosciuto sua madre. Vuoi conoscerlo anche tu?»
Cosa sono queste battute gay?
Tiziano cercò di lanciare a Claudio un'occhiata che esprimesse la massima perplessità possibile e si vide rivolgere il cellulare al viso. Sullo schermo c'era il primo piano di una donna bionda e molto bella che poteva sembrare la sorella maggiore di Claudio.
«Eeeh...» tentennò Tiziano.
«Piacere! Sono la mamma di Claudio» disse lei sorridendo e agitando una mano davanti alla fotocamera.
«Uuuhm...»
«Come vedi mi piacciono belli e scemi» commentò Claudio.
Tiziano lanciò un'altra occhiataccia a Claudio, poi cercò di darsi un minimo di contegno: «Scusi per prima, ma...»
«No, hai fatto benissimo! Se li merita i diti medi, mio figlio.»
Tiziano ridacchiò.
«E sei veramente carino!» aggiunse lei. «Non ti avevo mai visto così bene!»
Ma cosa sta dicendo? Tiziano si sistemò i capelli per coprire le orecchie.
«E non solo» disse Claudio. «Te devo dà una notizia che... siedite un attimo ma', che mo' te piglia un colpo.»
Tiziano si sentì completamente disorientato da quel dialogo, dalla ragazza, o meglio, donna che lo stava guardando dal cellulare, dal comportamento allegro, ridanciano e cordiale di Claudio.
«Ok, sono seduta» disse la madre. Tiziano la vide sedersi, sullo schermo.
Claudio prese un respiro come se stesse per fare un annuncio solenne: «Ascolta Mozart!»
Le immagini sul cellulare si fecero confuse per qualche secondo, e si udì un grido sconvolto. Quando l'inquadratura si fece di nuovo stabile la madre si stava sventolando il viso con una mano: «Ommiodio! Ommiodio! Noncicredo! Noncicredononcicredo! Veramente? Ti piace Mozart?! Veramenteeee?!»
«Ehm...» Tiziano non sapeva cosa dire. «Sì?» pigolò infine.
La madre di Claudio urlò di nuovo. «Ma io sono la più grande fan di Mozart del pianeta terraaaaa!»
Lo disse come una qualsiasi tredicenne avrebbe potuto dire: «Ma io sono la più grande fan di Justin Bieber del pianeta terraaaaa!»
«Oh... be'... sì, mi piace molto la musica classica» disse Tiziano cercando di rimanere serio. Non l'aiutava il fatto che Claudio, dietro al cellulare, che era sempre rivolto verso Tiziano, stesse ridendo, allegro come non l'aveva mai visto.
«Conosco tutto il catalogo Köchel a memoria! Vai, spara un titolo. Spara! Un'opera di Mozart!» disse la madre.
«Uhm... Le Nozze di Figaro?» disse Tiziano, ricordando l'ultima che aveva ascoltato, prima di partire.
«Le Nozze di Figaro, ossia la folle giornata, K 527! Troppo facile. Troppo facile!»
«A ma', smettila de fà la sborona...» disse Claudio.
«Hai ragione, scusa. Come mai hai scelto proprio quest'opera? È la tua preferita? Qual è l'aria che preferisci?»
Tiziano rimase per qualche secondo frastornato dalla mitragliata di domande.
Poi nella sua mente si formò un'immagine: salotto di casa sua, Claudio che ondeggiava la testa a suon di musica. E la misteriosa voce maschile che canticchiava l'aria da dietro la porta d'ingresso, appena Claudio era uscito. Possibile che fosse stato davvero lui a cantare? Se la madre era una tale appassionata, era probabile che Claudio conoscesse un po' Mozart, per pura esposizione (non credeva fosse possibile che un grezzo come lui apprezzasse sinceramente la musica classica).
«Non so più cosa son, cosa faccio» Tiziano decise di rispondere solo all'ultima domanda. Osservò Claudio, per vedere come reagiva. Era una bellissima aria, non la preferita di Tiziano, ma l'aveva scelta perché era quella che stava risuonando quel giorno in salotto. Il giorno in cui Claudio gli aveva portato i biglietti del treno. L'aria che – forse – Claudio aveva canticchiato da dietro la porta.
«Ma è ovvio!» esclamò la madre.
Tiziano spostò di nuovo la sua attenzione sul cellulare: «Perché è ovvio?» chiese. Non era nemmeno una risposta sincera, come poteva essere ovvio?
«Perché parla di voi, no? Quell'aria è la più perfetta rappresentazione musicale dell'adolescenza!» Era così entusiasta mentre parlava. «Ora sono di fuoco... ora sono di ghiaccio... le pulsioni inspiegabili... ogni donna mi fa palpitare! Non è così che ci sentiamo tutti quando siamo adolescenti?»
Ogni uomo mi fa palpitare, casomai. A Tiziano era molto familiare la sensazione di ipereccitabilità. Era innamorato di Simone, certo, ma questo non gli impediva di avere frequenti pensieri sconci ora con l'uno, ora con l'altro compagno di squadra.
«E alla fine» proseguì la madre «quando non possiamo sfogare queste pulsioni, una bella sega è l'unica soluzione!»
«C... p... b... cos... preeegoo?» Tiziano sbarrò gli occhi in direzione del telefono sentendosi arrossire dalla punta dei piedi a quella dei capelli.
Quella era una frase che avrebbe potuto dire Claudio. Che infatti era scoppiato a ridere e aveva di nuovo girato il cellulare verso di sé.
«A ma', nun me lo sconvolge troppo, poraccio!»
«Ma che ho detto di male? È quello che dice Cherubino, no?» protestò la madre. «E se non ho chi m'oda, parlo d'amor con me» disse, recitando l'ultima strofa dell'aria. «Secondo te cosa vuol dire parlo d'amor con me? Che si fa una sega, no?»
Tiziano scosse la testa incredulo.
«Le tue esegesi mozartiane sono troppo ardite, ma'» disse Claudio ridendo.
«Sì, be', è una mia interpretazione, ovviamente. Non so se sia condivisa dagli studiosi. Ah ah ah!»
Tiziano tossicchiò. Era, effettivamente, pensandoci bene, un'interpretazione interessante.
«Quei due sporcaccioni di Mozart e Da Ponte... secondo te non è possibile che intendessero dire proprio quello?»
«Non lo so, ma', dai, guarda sto poraccio» disse sedendosi sul letto e puntando la retro-camera verso Tiziano.
«Mi stai inquadrando di nuovo?» chiese Tiziano.
«L'hai sconvolto. Non riuscirà più ad ascoltare le Nozze di Figaro senza pensà a Cherubino che se tira i segoni» disse Claudio.
«È vero» ammise Tiziano annuendo gravemente. Sentì la madre ridere.
«Povero, innocente Fiorellino» disse Claudio.
«La smetti di chiamarmi Fiorellino?»
«Smettila di chiamarlo Fiorellino» disse la madre. «Non prenderlo in giro. Tu prendi sempre in giro tutti.»
«Non è colpa mia se sua madre lo chiama Fiorellino davanti a tutti. Se le tira, le prese per il culo.»
«Ah, quindi è quello il motivo... allora per pareggiare i conti potrei dire a Tiziano come io chiamo sempre te...»
Tiziano rizzò le orecchie.
«Nun te inventà cazzate, ma'. Tu nun me chiami in nessun modo.»
«Petalo di rosa!» disse lei con voce svenevole. Tiziano rise.
«Cazzo, ma', un po' de fantasia. È 'na variante de fiorellino, nun ce casca nessuno.»
«Mmm...» fece lei, «hai ragione... allora... cocchino! Cocco bello!»
«See, cocco fresco. A ma', nun sei capace. Te saluto. Ciaaaooo!»
«Ti voglio bene cocco di mamma!»
«Seee, ciao, palma da cocco!» Claudio chiuse la chiamata.
Tiziano non ne poteva più dal ridere. «Cherubino che si fa le pippe non me lo toglierò dalla testa finché vivo».
«Nun te eccità troppo, mentre ce pensi» disse Claudio scendendo la scaletta del letto.
«È simpatica, tua madre» disse Tiziano, mentre iniziava a vestirsi.
«Certo che è simpatica, da chi pensi che ho preso?»
«Stavo per aggiungere: mica come te.»
Claudio ridacchiò.
«E sembra così giovane» continuò Tiziano. Poi si rese conto che forse avrebbe fatto meglio a risparmiarsi l'ultimo commento, ma gli era salito alle labbra spontaneamente. Sembrava giovane in tutti i sensi: nell'aspetto e nel modo di fare. Per qualche minuto aveva creduto di parlare con una sua coetanea.
«Non sembra giovane. È giovane» disse Claudio. «Ci ha trentaquattro anni.»
Trentaquattro? Ma quanti...
«Te risparmio i carcoli: ci aveva sedici anni.»
Tiziano e Claudio ne avevano diciotto. L'idea di se stesso con un figlio di due anni lo scioccò.
«E mi' padre ventiquattro. Mo' capisci pure da chi ho preso la stronzaggine» aggiunse Claudio infilandosi i pantaloncini che la sera prima aveva lasciato ai piedi del letto.
Tiziano aggrottò le sopracciglia: di cosa stava parlando?
«Solo uno stronzo a ventiquattro anni se pò scopà una de sedici e metterla pure incinta» proseguì Claudio notando la perplessità di Tiziano. Uno sguardo triste lampeggiò per qualche istante sul viso di Claudio. Durò pochissimo, lasciò subito il posto alla sua solita espressione strafottente.
«E quindi tu devi onorare la tua eredità genetica?» disse sarcastico Tiziano, cercando di sdrammatizzare.
Claudio scrollò le spalle. «'Namo a magnà» disse uscendo dalla porta.
Tiziano rimase nella stanza, e guardò il ragazzo allontanarsi a passo svogliato.
Ma chi sei, Claudio? pensò.
C'era qualcosa, sotto la sua scorza da bullo stronzo. Tiziano non avrebbe saputo dire se era qualcosa di buono o di cattivo, ma non era il ragazzo monodimensionale che aveva sempre creduto.
Valerio vuole che impariamo a rispettarci, pensò. Se parlassimo un po', civilmente, forse, potremmo diventare amici.
Non appena quel pensiero si formò nella sua testa Tiziano si vergognò di se stesso. Si vergognò al punto da stare quasi male. Era talmente solo e disperato che stava seriamente riflettendo sulla possibilità di diventare amico del suo aguzzino. Del bullo schifoso che lo tormentava non appena ne aveva l'occasione.
Sono un patetico coglione, si disse.
Non c'era niente di buono, in Claudio. Sua madre sembrava una brava persona, una tipa simpatica, e aveva certamente affrontato chissà quali difficoltà per crescerlo, a sedici anni. Ma questo non faceva di Claudio una brava persona.
Mentre rifletteva su queste cose, poi, si rese conto che quella telefonata lo aveva completamente distratto dalla cosa più importante: Simone. Si sentì in colpa, di essersene dimenticato. Simone era ancora vittima del suo desiderio, e Tiziano non aveva avuto il coraggio di rimediare.
Doveva fare qualcosa. Ma cosa?
***
Le sempre utilissime e interessantissime note dell'autrice
Chiedo umilmente, umilissimamente scusa a tutti i melomani e agli appassionati di Mozart per l'interpretazione demenziale che mi sono inventata per l'ultima strofa dell'aria di Cherubino (anche se mi pare di capire di non essere l'unica, ad averla interpretata così; ma non so quanto sia un'opinione diffusa in ambito accademico :P ).
Per tutti quelli che Mozart non lo conoscono, un breve appunto sul personaggio di Cherubino: non è una mia invenzione narrativa, è davvero un adolescente in fregola. Avete presente la famosa aria Non più andrai farfallone amoroso? Ecco, il protagonista dell'opera la canta per perculare proprio Cherubino, che è il farfallone, ossia il ragazzino in preda all'ormone. Nell'aria Non so più cosa son, quella citata nel capitolo, Cherubino esprime, per l'appunto, le sue crisi ormonali. Nel caso non l'abbiate mai ascoltata e siate curiosi vi lascio un link:
https://youtu.be/P-cKw6vTWb0
Ah sì, non stupitevi del fatto che sia cantata da una donna: era comunissimo nell'opera settecentesca che i personaggi adolescenti venissero interpretati da donne en travesti, (di solito mezzosoprani, che hanno un timbro vocale un po' più grave dei soprani) e Cherubino è forse l'esempio più celebre del genere.
Fine della parentesi wikipedia, ci leggiamo tra qualche giorno :)
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