10. Problemi neurologici ✓
Tiziano si maledisse. E si sentì stupido per aver espresso quel desiderio.
Perché ho dovuto esprimerlo in forma comparativa?
Quello che sognava Tiziano, che aveva sempre sognato, era di essere un campione a calcio. Di essere il migliore. Di chiunque. Ma pochi minuti prima aveva desiderato di essere meglio di Simone, solo di Simone, mosso dalla rabbia per la pietà che leggeva sempre nei suoi occhi e dall'invidia nei confronti della sua bravura. C'era stato un senso di rivalsa, in quello che aveva chiesto al cellulare, un desiderio infantile di "fargliela vedere". Ora si sentiva così stupido, così meschino.
Sempre che tutto questo sia successo proprio a causa del desiderio...
Tiziano cercò di fare appello alla propria razionalità. Si diede qualche colpo alla fronte col palmo della mano.
È ovvio che non è colpa del desiderio. La magia non esiste! Ci deve essere un'altra ragione...
«Tizio che fai? Ti riavvii il cervello?» disse Gianluca. Gli diede un calcetto al polpaccio. «Dici che potrebbe funzionare anche con le gambe e poi cominci a giocare bene?»
Tiziano fece un sorriso poco convinto in risposta. «Le mie gambe hanno Windows Vista, mi sa.»
Gianluca rise. «Blue screen of death perenne!»
Tiziano non riusciva a trovare lo scambio di battute divertente. Era ancora troppo preoccupato per quello che era successo a Simone.
Chissà che gli è preso...
Riflettendoci meglio c'era un'altra spiegazione, per ciò che era accaduto: forse l'aveva influenzato negativamente con quegli insulti. Forse l'aveva scombussolato.
Forse gli piaccio davvero?
Si diede altri colpi alla fronte. Più forti, stavolta. Era un'ipotesi ancora più cretina e assurda del desiderio. Simone era etero, doveva smettere di sognare.
I compagni, nel frattempo, si erano riposizionati in campo e avevano ripreso a giocare. Valerio si avvicinò a Tiziano.
«Per oggi continua solo la parte atletica, ché abbiamo quasi finito. Fatti due o tre giri per scaldarti e poi ti metto a fare un po' di potenziamento: addominali, flessioni, affondi...»
«Agli ordini» disse Tiziano, già cominciando a correre.
Cercò di concentrarsi sull'esercizio fisico per smettere di pensare a Simone, al desiderio e alla propria idiozia.
Quando arrivò accanto alla zona in cui si allenavano le ragazze non poté fare a meno di guardare Karen. Stavano organizzando anche loro una partitella e la sua vecchia amica d'infanzia, un po' defilata dalle altre, stava facendo esercizi di reattività insieme alla ragazza con la maglietta di Nainggolan. Tiziano si stupì di quanto era agile negli scatti e nelle prese. Si sentì in colpa di averla trattata male, poco prima, e gli prese una voglia matta di scambiare due parole con lei.
«Ehi, Buffon!» gridò Tiziano.
Karen si girò, e sorrise quando vide che era stato Tiziano a gridare. Si avvicinò e si affiancò a lui nella corsa.
«Sei davvero brava! Mi piacerebbe vederti giocare» disse lui. «Ti allunghi bene, ti muovi bene, sai anche palleggiare...»
«Ho la reattività di Handanovic, i piedi di Reina e il senso della posizione di Neuer!» gongolò lei.
«E la modestia di Ibrahimovic» chiosò Tiziano.
Karen scoppio a ridere. «Non posso crederci che ti ritrovo qui dopo sette anni!» disse infine.
Tiziano sorrise anche lui. Era un po' a disagio. Non erano più due bambini, cosa avrebbe potuto dirle?
«Ti ho cercato un sacco di volte su Faceboook, sai?» proseguì lei. «Non ce l'hai un profilo?»
«Sì, ma non con il mio vero nome... dopo se vuoi ti passo il contatto.»
«Sei identico a quando eri bambino! Senti... prima non mi andava di chiedertelo davanti agli altri, ma... ce l'hai ancora il mio disegno di Mark Lenders? Guarda che mi offendo se mi dici di no!»
Tiziano scoppiò a ridere. «Che ricordi! Sai che ce l'ho avuto appeso al muro fino tipo due anni fa? Adesso è nel cassetto. Ma non l'ho buttato!»
«Sono offesa ugualmente. Avresti dovuto lasciarlo appeso!»
«Mark Lenders...» sospirò Tiziano. Mark Lenders era stata la sua prima cotta, se era possibile avere una cotta per il personaggio di un cartone animato. Ovviamente da piccolo non si rendeva conto del fatto che era una cotta, ma era davvero un caso disperato: aveva scritto persino una specie di fanfiction in cui lui e Mark Lenders finivano a giocare nel Real e compravano casa insieme a Madrid.
Tiziano ricordava ancora come fosse ieri il giorno in cui Karen, in un disperato tentativo di conquista, gli aveva regalato quel disegno, il ritratto del suo personaggio preferito di Holly e Benji. Karen era brava a disegnare e si vedeva che si era impegnata molto per realizzare quel lavoretto. La madre di Tiziano l'aveva obbligato a dare un bacio sulla guancia alla bambina, per ringraziarla, e Tiziano lo ricordava ancora come uno dei momenti più imbarazzanti della sua vita.
«Scusa per prima» disse Tiziano cambiando argomento. «Ho sbroccato.»
«No, scusa tu, ti ho tirato quella palla all'improvviso, eri distratto e...»
«No, guarda,» la interruppe, «fidati, potevo essere anche concentratissimo, l'avrei sbagliata lo stesso.»
«Emozionato di rivedermi?» ridacchiò lei.
«No. Semplicemente pippa.» Poi ci pensò su. Era stato sgarbato? «Cioè, non che... non voglio sminuire l'emozione del reincontro...» iniziò a sentire caldo. «Ok, sto mica facendo l'ennesima figura di merda?»
Karen rise. «Non fare il modesto! Io lo so che sei bravo, mi ricordo come...»
«Ero bravo.» Tiziano la interruppe di nuovo. «Ma ultimamente non me ne viene una...» Non gli andava di parlare con Karen dei propri problemi psicologici. «Tu, piuttosto: come ci sei finita a giocare a calcio? E in porta, per giunta... senza offesa, da piccola non ne prendevi una!»
Karen rise. «Sai cosa mi ha detto la mia prima allenatrice, quando mi ha fatto la prova per entrare in squadra, a nove anni?»
«Che ti ha detto?»
«Testuale: "scusa il gioco di parole, non ho mai visto una bambina così portata per la porta!"»
«Wow!» Tiziano si stupì. La ricordava davvero imbranata.
«Quest'anno vado a fare la seconda in prima squadra, sai? E l'allenatrice mi ha già prospettato che a fine stagione sarò la numero 1... Ok, scusa, mi sto bullando un po' troppo!»
«Ma no, brava! In che serie giocate?»
«Serie B. Che per il calcio femminile penso sia più o meno come, uhm, una prima categoria dei maschi?»
Tiziano rise. «Dai, non sminuirti, adesso.»
Ci fu qualche secondo di silenzio un po' imbarazzato.
«Sai,» disse lei riprendendo il discorso, «Devo ringraziare te. La verità è che tu eri troppo bravo per me, quindi ti sembravo scarsa, ma giocare con te mi ha allenata, e per cercare di stare al tuo passo ho acquisito delle ottime basi.» Prese fiato. «Lo sai che passavo ore, di nascosto, a tirare la palla contro il muretto e a provare i tuffi a terra per prepararmi agli incontri?»
Tiziano sgranò gli occhi. Cominciò a procedere a saltelli, a passo laterale. «Non me n'ero mai accorto!» disse con un po' di fiatone.
«Cosa non si fa per amore...» Karen fece una risatina imbarazzata. «No, scusa, scusa, fai finta che non abbia detto niente» si affrettò ad aggiungere.
«Uhm... ok?»
«No, seriamente, giuro, giuro che non ci sto provando con te!»
«Ehm... ok?»
«Oddio, sto peggiorando le cose, eh?»
«Ma no...»
Ma sì...
«No, sul serio. Ti giuro, qualsiasi interesse amoroso nei tuoi confronti si è esaurito quando avevo nove anni!» Karen rise, e la sua risata era così bella, allegra, sincera e priva di malizia che Tiziano si stupì per un attimo a pensare se si sarebbe innamorato di lei, in un universo parallelo in cui era etero.
«In compenso» proseguì la ragazza, «credo di aver avuto un colpo di fulmine per il tuo amico. Ommerda. No. Non dovevo dirlo. Adesso glielo dirai. Glielo dirai, vero?»
«Non so di chi stai parlando, quindi no» ribattè Tiziano, divertito.
«Ok, non ti dirò di chi sto parlando.»
«Tanto lo so che stai parlando di Claudio. Tutte stanno dietro a Claudio.»
«Chi è Claudio? Ovviamente non confermerò e non negherò.»
Tiziano riprese a correre normalmente, i saltelli laterali gli facevano venire il fiatone e non riusciva a parlare.
«È quello alto e figo con gli occhi chiari e i capelli biondi che potrebbe interpretare un film sull'adolescenza di Thor.»
Si rese conto solo dopo l'ultima parola che quello che aveva pronunciato non era un normale commento da maschio eterosessuale. Ma Karen, per fortuna, parve non farci caso.
«Ah, ho capito. Quello che l'allenatore ha spedito a recuperarti dopo che sei scappato. Quello che sembra il più stronzo di tutti.»
«Esatto. Sei acuta.»
«Karen! Senza di te non possiamo cominciare!» gridò da lontano l'allenatrice femminile.
«Sì, arrivo!» gridò Karen. Ma non sembrava avere la minima intenzione di andarsene. «Bello e stronzo. Da manuale. Comunque no, non è lui. Sai, non mi sono mai piaciuti quelli troppo belli...» Si morse un labbro e alzò gli occhi al cielo. «Ok, senti, faccio una follia, te lo dico: è la pippa.»
Tiziano aggrottò le sopracciglia. A parte lui non c'era nessuna vera pippa in squadra. Ce n'erano un paio più scarsi, i panchinari, come Andrea, Gennaro o Michele. Ma non erano pippe al suo livello. Forse Karen aveva degli standard particolarmente alti?
«Ma sì, dai!» disse lei notando la sua perplessità. «Quello che si è incazzato ed è andato a farsi la doccia.»
«Simone...» Tiziano si sentì leggermente irritato: ci mancava solo che Karen diventasse la sua nuova rivale in amore.
«Mi ha conquistata quando ho visto come ha reagito alla tua figuraccia... cioè alla tua...»
«Alla mia figuraccia, puoi dirlo.»
«Ho visto che a te ha dato fastidio il modo in cui si è comportato... ma è stato l'unico a preoccuparsi per te e non farti il coretto idiota.»
Tiziano sentì un grumo formarsi al centro dello stomaco. «Sì... non so neanch'io perché mi sono incazzato così con lui. Non se lo meritava.»
«Siete amici?»
«Non particolarmente...»
Karen schioccò le dita con disappunto. «Peccato, avresti potuto mettere una buona parola...»
Tiziano rise. Ma era una risata forzata. «Ti devo dare una delusione: è fidanzato.» Omise di specificare che la storia con Beatrice era ben lungi da essere una storia d'amore felice. Non voleva darle false speranze. Ma soprattutto non voleva rischiare che ci provasse con lui, magari riuscendo a conquistarlo.
Karen sbuffò: «Lo sapevo. Speravo che essendo pippa non avesse molto successo con le ragazze... oddio che persona orribile che sono!»
Tiziano rise. «Comunque guarda che Simone non è pippa per niente. Anzi. È il più bravo della squadra.»
Karen fece una pernacchia. «No, scusa. Non esiste.»
«Non l'hai visto giocare.»
«Mi stai prendendo in giro, vero?»
«No.» Tiziano rallentò e si fermò. Karen si fermò con lui. Quello che stava dicendo Karen lo preoccupava: Simone aveva giocato davvero così male, poco prima?
Gli tornò in mente il desiderio. Prese fiato, poggiò le mani sui fianchi e guardò Karen negli occhi con l'espressione più seria che riuscì a fare: «Te lo giuro, è bravissimo. È un po' svogliato, ma bravissimo. Se si impegnasse un po di più sarebbe già nella primavera di qualche squadra di serie A. E non sto esagerando. Sarebbe dovuto passare in prima squadra, ma nell'ultimo periodo della scorsa stagione ha un po' diradato le presenze in allenamento, quindi alla fine l'allenatore ha deciso di farlo venire in ritiro con noi anche quest'anno.»
Karen aggrottò le sopracciglia.
«Tiziano! Non dare fastidio a quella ragazza, ricomincia a correre!» gridò Valerio da lontano.
Tiziano lo ignorò.
Karen storse verso il basso gli angoli della bocca e sollevò le sopracciglia. «Mah. Allora ci ha avuto un momentaccio. Ma un momentaccio brutto serio, eh.»
«Ma perché? Cos'ha fatto? Io non l'ho visto.»
Karen alzò gli occhi al cielo, come per riordinare i pensieri. «Non riusciva a coordinare braccia, gambe e corpo... correva storto, le lisciava tutte... è inciampato e caduto non so quante volte, sembrava non avesse mai tirato un calcio a una palla in vita sua, la colpiva di alluce per dritto, o la spizzava male di taglio, o con la suola, cadendo. Ho avuto quasi l'impressione che avesse delle difficoltà motorie.»
Tiziano sentì di nuovo un conato di vomito risalire nell'esofago, all'idea che fosse stata colpa del desiderio. Ma era possibile?
È un'assurdità, la magia non esiste.
«Oddio...» disse Karen con la faccia preoccupata.
Tiziano la guardò. Avrebbe voluto sedersi. Aveva il capogiro.
«Stai pensando anche tu quello che sto pensando io?»
«C-cioè?»
Karen si portò le mani alla bocca. «Ha avuto... qualche problema neurologico... forse...»
Tiziano capì. Magie e incantesimi svanirono istantaneamente dal suo cervello. «Un ictus? Ma... non è possibile! Ha diciotto anni!»
Karen scattò verso gli spogliatoi. «È raro, ma può succedere.» Poi gridando, a Valerio: «Quel ragazzo... Si sta ancora facendo la doccia?»
Tiziano la seguì, col cuore che batteva all'impazzata. In effetti erano ormai parecchi minuti che Simone stava là dentro. E se fossero state vere entrambe le ipotesi? Se a Simone fosse venuto un ictus e fosse stata colpa di Tiziano? Se l'unico modo che il cellulare magico aveva trovato per esaudire il desiderio fosse stato quello? Far venire un ictus a Simone per paralizzarlo? Un fiotto di adrenalina gli contrasse dolorosamente tutti i muscoli.
«Chi, Simone?» disse Valerio, tranquillo.
«Non è normale,» disse Tiziano, la voce alterata, «quello che mi ha descritto...» prese fiato «...quello che mi ha descritto Karen. Mi ha detto che Simone non riusciva a coordinarsi. Non è normale! Potrebbe avere un ictus!»
Alcuni compagni scoppiarono a ridere.
«Ma mica è un vecchio!» disse qualcuno.
«Tizio è il solito melodrammatico...»
Valerio scosse la testa: «Ma no... era solo nervoso. Era normalissimo, per il resto, parlava normalmente... dicono che quando ti viene un ictus non riesci più a parlare...» ma gli si leggeva in volto che stava iniziando a preoccuparsi anche lui. «Merda, comunque andiamo a controllare, per sicurezza.»
Scattarono tutti di corsa - Valerio, Tiziano, Karen - verso gli spogliatoi.
«Simone!» gridò Valerio.
«Simone!» gridò anche Tiziano, che aveva corso più veloce di tutti ed era già arrivato all'ingresso.
«Simone nun fa' er cojone e dicce che sei vivo» disse Claudio. Claudio? Tiziano si stupì nel notare che li aveva seguiti.
Nessuno rispose dallo spogliatoio. La porta interna era chiusa e Valerio le si fiondò addosso come una palla da bowling, spalancandola. «Simone! Dove sei?» gridò.
«Simone!» gridarono Tiziano e Claudio all'unisono.
Si sentiva una doccia scrosciare.
Ma nessuno rispose.
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