L'ultimo bacio
Dinkerlsbühl, agosto 1939
Stava suonando il pianoforte a mezza coda. Lo sguardo sognante verso i tasti che si infrangevano precipitosamente contro le note. Rifletteva su tutto e niente, sul senso della vita.
Magdalena avrebbe preferito rimanere a Berlino e frequentare la Bund Deutscher Madel. Sentiva che lì, assieme alle amiche, non si sarebbe annoiata mentre eseguiva le attività fisiche e imparava a cucire. In una grande città non era rassicurante, le sarebbe potuto succedere di tutto.
Magdalena condivideva le idee politiche dei genitori, non riusciva a sopportarli sul piano della sua libertà. Le erano stati imposte certe acconciature per capelli, le era proibito usare un linguaggio volgare e rozzo, su questo sua madre insistette così tanto che ogni volta che sentiva una delle cosiddette "parole proibite" si scandalizzava. Magdalena, nonostante ciò, era riflessiva. Non decideva mai nulla prima di aver valutato attentamente la situazione, nonostante la maggior parte della delle sue decisioni dipendevano dai suoi genitori.
"Ti stai divertendo?"
Magdalena era sempre lì, nella stanza oscurata dalle tende per non far filtrare il caldo.
"A dire il vero no" rispose terminando la melodia.
"È un bel posto" ribatté sua madre avvicinandosi "perché non ne approfitti per uscire a visitarlo?"
"Non sembra offrire granché, e poi qui con me non ci sono i miei amici, non saprei che fare ..."
"Lascia perdere Berlino!" la interruppe indispettita "le vacanze estive sono fatte per dimenticare gli amici con cui stiamo sempre e trovarne di nuovi nei posti in cui vivi, cara"
"Tu e papà avete sempre limitato le mie possibilità d'uscire in una città grande come Berlino"
"Sii comprensiva mia cara, Berlino è un grande città, può succedere la qualunque, pensa che questo paese è tranquillissimo, conta poche anime. E poi è anche una bomboniera. Suvvia" la madre la costrinse a farla alzare prendendola per mano "esci, prendi una boccata d'aria, chi sa che non incontri nuove amicizie" terminò spingendola delicatamente. Alla soglia della porta, la figlia si girò e rivolse uno sguardo scocciato alla madre; ella per tutta risposta le sorrise e la incitò con la mano ad andare. Uscì di casa. A testa bassa attraversò la breve stradina, aprì il cancelletto e se lo richiuse dietro di sé.
Entrò in una stretta via che spuntò su una piccola piazza. Erano disposte diverse case a graticcio che presentavano colori quasi uguali. Mentre passeggiava per il paese e si fece largo tra i passanti, rimase affascinata dalle insegne dei negozi in ferro battuto, erano così elaborate e dettagliate. Arrivò in Marktplatz dove rimase folgorata da una fila accattivante di case e negozi di commercianti. Ma quello che attirò maggiormente la sua attenzione fu l'imponente cattedrale di St. George's Minster in stile gotico.
In Marktplatz notò la presenza di una piccola gelateria. Infilò la mano sudata dentro il taschino del vestito per vedere se avesse soldi ed estrasse 5 Reichsmark, abbastanza per permettersi una coppetta.
Non se ne accorse subito, ma da dietro il bancone c'era un ragazzo che la osservava. Aveva i capelli biondi tagliati corti fin sotto la nuca e portava un ciuffo che gli ricadeva sull'occhio destro e che, di tanto in tanto, spostava con una mano. Gli occhi di uno azzurro chiaro. I tratti del viso marcati, ma non gli davano un aria dura. Indossava una maglia bianca che gli stava un po' stretta e dei pantaloni verdi tenuti da una sottile cintura nera.
Perché mi sta fissando? Si domandò.
Lo stava scrutando con la coda dell'occhio, fino a quando il gelataio non la richiamò a sé.
"Allora, figliola? Che gusto vorreste?" chiese gioioso l'uomo.
Senza pensarci tanto optò per un gelato alla vaniglia. Pagò e se ne andò via verso casa. Decise di camminare adagio perché non voleva mangiarselo a casa ma gustarselo mentre contemplava il paese. Non pensò più di tanto al ragazzo.
Finì il gelato e rimase con la sola vaschetta in mano, vuota. Non voleva tornare a casa e buttarla lì, sarebbe andata a cercare un cestino. Tornò indietro e scendendo per le scale che aveva appena salito lo rivide.
Era lui, il ragazzo che poco prima la guardava in gelateria. Non gli aveva dato fastidio il suo sguardo, a Berlino molti la guardavano, ma lui aveva qualcosa in più ...
"Ehi!" la richiamò il giovane.
Magdalena si fermò sentendosi all'improvviso un buco alla pancia. Sentiva che qualcosa non stesse andando per il verso giusto, il gelato le salì alla testa eppure l'aveva mangiato lentamente.
Il giovane si avvicinò a Magdalena salendo le scale.
"Ti ho vista alla gelateria" la sua voce suonò profonda, come quella di un uomo.
"Non parlo con gli sconosciuti" fu lesta a risponderle.
Era strano, aveva degli occhi acquosi. All'apparenza sembravano quell'azzurro chiaro che aveva visto in gelateria. E ora, in quel momento, le sembravano iridi pronte a immergersi in burroni assurdi. Non seppe più dove guardare e corrucciò lo sguardo.
"Io mi chiamo Bertrand" le disse tendendole la mano.
"Magdalena" rispose stringendogli la mano.
"Magdalena ... " ripeté come per memorizzarselo " non ti ho mai vista qui, di dove sei?"
"Vengo da Berlino"
" È lontano" rispose.
"Trascorro le vacanze con i miei genitori, qui"
" Stasera alle otto ci sarà una festa tra noi ragazzi di paese" esordì lui per evitare che la perdesse " appena ti ho vista ho pensato di invitarti ... sai, più siamo meglio è"
"Non conosco nessuno" rispose lei con un piccolo sorriso come giustificazione.
"Te li faro conoscere io" rispose il giovane prontamente imprimendo in sé un pizzico di coraggio "va bene?"
" Io non so se potrò esserci" continuò lei con il solito sorrisino.
Il giovane mise le mani in tasca, alzò gli occhi al cielo e sbuffò. Ecco, lo sapeva. Una nuova sconfitta era arrivata.
Vedendolo reagire in questo modo, Magdalena si sforzò di farsi perdonare.
"Posso chiedere ai miei genitori"
La verità era che quella reazione l'aveva fatta sentire piccola e voleva conoscere gli altri ragazzi del posto, magari, come gli aveva detto sua madre, avrebbe avuto delle nuove amiche ...
Il ragazzo annuì con un segno della testa, poi si guardò le scarpe e biascicò un saluto.
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Magdalena ebbe subito il pieno permesso di recarsi alla festa. La prima a rimanerne sorpresa fu ella stessa, di solito a Berlino doveva supplicare fino allo stremo i genitori pur di andare a una festa delle sue amiche. Ma ancora, pensò, era il fatto che in quel piccolo paesino tutti si conoscevano.
Pensò a cosa indossare. Aveva portato con sé vestiti di cotone e di lino a maniche corte. Aprì l'armadio e vi trovò una lunga disposizione di abiti di vario tipo: se li passò di mano in mano più e più volte, come una forsennata. Ne scartava uno; poi ne prendeva in considerazione un altro e un altro ancora, poi magari decideva che non era adatto per sé e per la festa. Uno le sembrava troppo appariscente, un altro pensò fosse adatto per un funerale. Passarono i minuti e non si accorse che la camera era sommersa da tessuti di vari colori. Fiocchi, perline e fiori erano una tavolozza perfetta per le mura di quella stanza dalle mura grigie e scure. Prese in mano un vestito bianco con delle stampe di piccoli fiorellini azzurri
Se lo provò. Si specchiò più volte, si guardò da ogni angolazione possibile in modo tale che quell'abito, che non ricordava di aver preso con sé, le piacesse. Indugiò a lungo fino a quando una potente voce non la riportò alla realtà.
"Sei bellissima"
Si girò. Era suo padre.
"Non so ... non sono molto convinta"
"Invece stai bene" ribatté lui calmo e accarezzandosi i baffi.
"Mi sembra troppo semplice ... "
"Meglio la semplicità che certi abiti grossolani!" sbottò lui " Ti sta bene. Sei giovane e ti dona, a tua madre non entrerebbe mai!" ridacchiò.
"Oh, papà ..." anche Magdalena si fece accompagnare dalla risata del padre.
"Non dire a tua madre quello che ho appena detto a te" continuò a ridacchiare divertito "o saranno guai"
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Dopo la prova dell'abito, Magdalena si ritrovò a pensare a chi avrebbe incontrato e soprattutto come avrebbe trascorso la festa. Forse, pensò, aveva sbagliato ad accettare l'invito. Non conosceva nessuno, o magari non era una vera e propria festa ma un tentativo di rapimento! Un buco si creò nella sua pancia. Aveva sbagliato ad accettare! Che ansia approcciarsi a un gruppo di persone che non conosceva. E se l'avessero presa in giro per qualcosa? E se fosse stata esclusa da tutto e da tutti? E se il bel ragazzo incontrato le avesse detto una burla solo per divertirsi e magari deriderla con i suoi amici? Non sarebbe mai riuscita ad ambientarsi con persone che già erano a loro agio tra di loro, lo sapeva. Ci aveva provato da piccola e non c'era mai riuscita, era stata fortunata a incontrare amiche timide e ansiose come lei.
Mentre si provava per l'ennesima volta il vestito , spuntò la domestica.
"Signorina, sotto c'è qualcuno che l'aspetta" esordì debolmente.
Strabuzzò gli occhi. Era il ragazzo?
"Chi è?" fu lesta a chiedere.
"Un ragazzo, signorina "
Si girò di nuovo verso lo specchio per sistemarsi i capelli con leggere spazzolate "dite al giovane di aspettare, io scenderò a momenti" rispose seria e tutta in fretta mentre le setole della spazzola accarezzavano i suoi capelli.
La domestica annuì in segno di assenso e scomparve.
Come ha scoperto dove vivo? Mi ha seguita fino a casa?
Dopo pochi minuti scese di sotto guardandosi attorno. Volse lo sguardo verso l'ingresso. La porta era aperta e riuscì a scorgere i suoi genitori di spalle. Notò una chioma bionda muoversi per aria. Era il ragazzo! Sceso l'ultimo gradino, i suoi si girarono e sorrisero. Bertrand rimase al suo posto, nessuna espressione di nessun tipo, nessun sentimento. Indossava una maglia a maniche corte da tennis bianca, un pantalone nero a vita alta e delle scarpe di tela con la suola in gomma.
"Bertrand ..." lo chiamò lei. Non seppe mai perché in quel momento lo nominò, aveva voglia di sentire a voce alta il suo nome.
"Mi raccomando figliolo, alle nove la voglio a casa" fece suo padre con l'occhiolino rivolto al ragazzo.
"Certamente, signore" poi guardò la ragazza "Magdalena, vogliamo andare?"
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Lungo il tragitto stettero entrambi zitti. Nessuna parola, solo i movimenti delle loro gambe che si muovevano sincronizzate verso il luogo della festa. Nel prato c'erano diversi ragazzi della sua età riuniti attorno a un grammofono spento. Più in là vi era un tavolo imbandito da dolci e stuzzichini. Appena li videro entrare, una ragazza dalla lunga chioma rossa si avvicinò a Magdalena e la salutò
"Benvenuta!" disse trionfante.
Rossa dall'imbarazzo, Magdalena abbozzò un piccolo saluto con la mano.
"Vieni" la ragazza che l'aveva accolta la prese per un braccio "ti faccio conoscere gli altri" disse gioiosa mentre la trascinava dal resto della comitiva.
Bertrand mise il broncio. Aveva promesso a Magdalena che gliel'avrebbe fatti conoscere lui,non che si fosse intromessa quella maledetta ragazza. Si appoggiò al cancello e incrociò le gambe, abbassò il capo per non far vedere le lacrime che, impotenti, iniziavano a scorrere dai suoi occhi. Pensò che era stata una pessima idea invitarla a quella festa, anzi, era stata una pessima idea che lei avesse accettato l'invito. Del resto non era mai stato simpatico nessuno in paese, perché l'aveva fatto? Come sempre si sentì solo in mezzo agli altri. Si sentì sprofondare in un baratro di agonia quando, effettivamente, aveva constatato che la bella ragazza di città le sembrava una apposto. Lo stomaco era vuoto e chiese di essere riempito. Si avvicinò al tavolo per servirsi di una tartina. Nel corso della serata vide Magdalena divertirsi con gli altri. Ballava, rideva, il suo bel vestito volteggiava in aria mentre ella eseguiva una piroetta perfetta. Non aveva mai avuto nessuno al suo fianco. Nessuna ragazza. Lui era una fortezza che riusciva a resistere alla solitudine, credeva. Stava male, non era felice. Era così difficile avere qualcuno con sé? Sarebbe bastata anche una semplice amicizia ... una serata di festa a rimuginare su ciò, senza nessuno che venisse a chiedergli qualcosa. Neppure Magdalena ...
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A fine festa, accompagnò Magdalena a casa. Ella non conosceva le strade del paese e Bertrand ne approfittò per deviare la strada di casa. Era il tramonto e per le strade non c'era nessuno, voleva portarla in quello che era il suo luogo speciale. Come un ultima prova per vedere la reazione della ragazza.
"Non è la strada di casa" osservò lei mentre percorrevano un sentiero alberato.
"È ancora presto per ritornare a casa" le rispose "ti porto in un bel posto"
Arrivarono alla torre di digestione. Scesero degli scalini e percorsero un tratto della Rothenburg Tor fino ad arrivare al laghetto che circondava il paese. Si sedettero sull'erba. I raggi del sole tingevano le chiare acque di un azzurro particolare e le nuvole in cielo sembravano imperfette pennellate d'arancio tirate con violenza dal pittore.
"Non ho mai visto un posto così bello" disse Magdalena senza fiato "sembra di stare in una favola"
A quel punto il cuore di Bertrand era fuggito via dal suo petto, volato lontano dal suo corpo. Gli sembrò di vivere in un caldo e dolce sogno, ma quella non era fantasia. Era realtà! Il suo volto si era avvicinato a quello della ragazza. Avvicinò le sue labbra a quelle della ragazza, l'aveva visto in diversi film. Quando finalmente unì le sue labbra con quelle della ragazza, era evidente che fosse sveglio e che quello fosse un bacio vero e proprio. Riuscì a sentire la morbidezza molto più soffice e delicata di quanto il suo subconscio, nelle ore precedenti, avesse immaginato.
"Bertrand ... io ..." Magdalena si staccò con violenza dalle labbra del giovane e lo guardò sconvolta. Gli bastò solo quel gesto per fare in modo che a Magdalena sobbalzasse il petto, per farlo battere in più punti diversi. Si alzò.
"Bertrand ..." disse con le lacrime agli occhi. Non era in grado di parlare, non quando stava provando una sensazione del genere che le bloccava le sue capacità cognitive. Se ne andò via correndo da dove erano arrivati.
Bertrand rimase lì, si distese e guardò attraverso le foglie dell'albero il cielo che iniziava a tingersi di blu. Solo lacrime uscirono dai suoi occhi ...
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Magdalena non uscì più di casa con la scusa che il paese non le piaceva per niente. Cercò di non pensare a quello che era successo e si distrasse suonando il pianoforte, leggendo e dormendo. Funzionò, scacciò quell'immagine dolce che non si sarebbe mai aspettata. Nei giorni a seguire arrivò la notizia che Hitler aveva invaso la Polonia dando inizio alla guerra. Molti giovani del paese accolsero la notizia con entusiasmo per arruolarsi.
Il 3 settembre Magdalena seppe da Erika, la ragazza rossa che l'aveva accolta alla festa, che alcuni ragazzi della festa si stavano preparando per arruolarsi.
"Vogliamo andare a vederli?" chiese entusiasta Erika. Dal giorno della festa aveva legato molto con Magdalena.
"Non lo so" rispose accavallando le gambe sulla sedia "è una cosa loro"
"Magari troviamo qualche bel ragazzo!" esclamò gioiosa la ragazza alzandosi di scatto. Prese Magdalena per la mano costringendola ad alzarsi "ho sentito che partono domattina all'alba. Possiamo prendere il loro stesso treno, pago io"
Magdalena acconsentì, ai genitori disse che con la ragazza sarebbe andata a fare un giro per i negozi a Monaco di Baviera. Ed essi acconsentirono.
Il giorno dopo, assonnate, salirono sul primo treno che partiva per la città. Con gli occhi che ancora non si erano aperti del tutto, Magdalena prese posto nella panca vicino al finestrino e dormì. Poco prima di entrare in stazione venne svegliata da Erika che le disse di prepararsi.
Mentre attraversavano i binari, Magdalena si fermò. Scosse il capo, decisa a scacciare via la sonnolenza dopo quello che aveva appena visto: Bertrand!
Era dentro una carrozza di un altro treno, il capo reclinato, forse stava leggendo, gli occhi pieni d'angoscia e sofferenza.
Perché lo stava facendo? Perché le sue gambe la muovevano verso quella carrozza? Perché, perché lui l'aveva baciata e lei si era rifiutata? Perché? Le uscì una lacrima.
Vai via, va via si diceva dentro di sé. Inutile, ormai era davanti il treno. Si guardò un istante sul riflesso del finestrino, un immagine storpia e indefinita, occhi vuoti. Il cuore aveva un battito tremolante e insicuro, si fece pesante, il respiro si affannò e iniziò a essere accompagnato da dei singhiozzi. Bertrand si girò. Senza battere ciglio aprì il finestrino e si sporse.
"Che ci fai qui?" chiese con un sorriso, come se non fosse successo assolutamente nulla.
"H - ho saputo che parti ... per la guerra ..." intrecciò le proprie dite con quelle del ragazzo. Trovò la forza di fare quello che voleva fare. Alzò i piedi, una delle scarpe quasi sul vuoto. Si lanciò avanti a lui.
La vista si fece ancora più offuscata, un altoparlante annunciò un treno in partenza, la bocca si aprì.
"Ho capito solo adesso che mi amavi"
E Bertrand era lì, con gli occhi grondanti di lacrime.
Chiuse gli occhi e sentì qualcosa stringerla, le sue braccia sul suo corpo. Delicatamente appoggiò le sue labbra su quelle del giovane. Bertrand si sorprese di trovare le labbra di lei tanto arrendevoli e premurose, morbide e delicate. Si persero in un bacio in cui c'era tutto quello che non avevano mai avuto. Lo sentivano pulsare dentro di loro come una fonte d'acqua che sbuca all'improvviso nel deserto e di cui nessuno dei due si sarebbe mai più servito. Si avvicinò al suo orecchio.
"Meine liebe, verlass mich nicht*"
Il treno partì e scomparve dalla sua vista, con le lacrime agli occhi si accasciò su una panchina mentre miriadi di persone le passavano davanti senza degnarla di un solo sguardo o parole. Aveva appena perso la persona che non aveva capito di amare.
* Amore mio, non lasciarmi
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