INCOMPRENSIONI D'AMORE (MATTEO)

La fine di Aprile ha portato con sé un caldo un po’ anomalo, almeno di giorno, dove abbiamo raggiunto picchi di 25°C. Durante l'intervallo mi avvio verso l'uscita antincendio della scuola con la sigaretta tra le labbra, indossando solo una maglietta a maniche corte. Appena apro la porta, però, il sangue mi si gela nelle vene, perché ad attendermi c'è Righetti, con la lingua infilata nella bocca di una rossa tinta, le mani in posti decisamente poco casti. 

La rabbia monta in un secondo: ok, di Alice non dovrebbe fregarmene più un cazzo, ma viste le voci che circolano a scuola la trovo una completa mancanza di rispetto. Non che mi sorprenda, visto che questo è esattamente il modus operandi di Edoardo, in fondo però può essere una buona scusa per spaccargli la faccia una volta per tutte.

«Sibona lo sa di non avere l'esclusiva?»

Lo sanno tutti che sono usciti insieme sabato scorso, anche se Edoardo, stranamente, si è mantenuto parecchio sul vago riguardo a quello che è successo, lasciando però intendere molte cose. Mi ero sbagliato durante la gita, l'hanno tirata un po’ per le lunghe, anche se alla fine è andata come avevo previsto.

Le due ventose si staccano e mi fissano scocciati, poi la rossa guarda Righetti.

«Stai con Sibona?»

«No.» La replica del ragazzo arriva accompagnata da un sorriso genuino che mi fa gonfiare le giugulari.

«E lei lo sa?»

«Non sono cazzi tuoi, Terzi.»

Stringo i pugni lungo i fianchi, spezzando la sigaretta che avevo preso tra le mani. 

«Sparisci.» Intimo alla ragazza, che però non muove un passo e continua a guardarmi corrucciata. Edoardo si china verso di lei.

«Ci vediamo nei bagni tra poco, aspettami al primo piano.»

Con uno sguardo languido a lui e uno torvo a me si allontana, lasciandomi solo con Righetti, che si avvicina, guardandomi dritto negli occhi, un sorriso così sfacciato sul volto che la voglia di prenderlo a pugni ormai è incontenibile.

«Sei veramente più coglione di quanto pensassi, sai?»

Tremo alle parole che mi dice, la rabbia ormai è al punto di non ritorno, ma lui prosegue.

«Ci sono uscito, con Alice, se proprio vuoi saperlo.»

Il respiro mi si mozza nei polmoni: un conto sono le voci, un altro è sentirlo uscire da quella bocca.

«Ho anche provato a baciarla, a dirla tutta. Ma lei si è tirata indietro.»

Cosa

«Non mi ha fatto salire in casa, ha detto che c'era il fratello. Non credo fosse vero.»

Non riesco a parlare, quello che dice non ha senso.

«Hai fatto proprio un bel lavoro: sedotta e abbandonata.»

«Non sai quello di cui stai parlando…» La mia voce esce in un sussurro.

«No? Quindi non è vero che te la sei scopata l'ultima sera della gita e poi te ne sei limonato un'altra davanti a lei? Perché questo è quello che ha visto tutta la scuola. Come ha visto che è innamorata di te.»

Mi sembra di avere un macigno sullo stomaco. Non mi muovo quando lui si avvicina e mi batte ironico un paio di pacche sulla spalla.

«Complimenti, Terzi. Il premio di coglione dell'anno lo hai vinto tu.»

Poi se ne va, lasciandomi solo con una marea di domande e dubbi che vorticano nella testa. Quello che ha detto non ha senso: Sibona mi ha usato per arrivare a lui, io ho capito benissimo. So qual è la verità. La mia verità, si intromette la mia coscienza. 

C'è solo una persona che può fugare i miei dubbi, una persona che evito da quasi un mese, ma che mi confermerà che ho ragione, che io ero solo un mezzo per raggiungere un fine.

Così l'aspetto, alla fine delle lezioni, davanti alla sua aula. Esce per ultima, da sola, mentre io mi sorbisco gli sguardi curiosi dei suoi compagni. Fortunatamente Melania oggi non c'è, altrimenti sarebbe stato difficile togliermela dalle palle.

Appena la vedo l'afferro per un braccio e la trascino verso l'aula di arte. Lei mi lascia fare, forse troppo sconvolta dal mio comportamento per avere una reazione. L'odore di grafite ed acquaragia mi investe fastidioso quando varchiamo la soglia, ma almeno qui staremo tranquilli.

Appena entrati scrolla il braccio per sfuggire alla mia presa e si allontana quanto più possibile da me, in un modo che fa più male di quanto pensassi.

«Sei impazzito? Non mi parli per settimane e adesso mi trascini via come un troglodita?»

Lo sguardo che mi rivolge è furente, mentre si massaggia il punto dove l'ho stretta.

«Stai con Righetti?»

Le sopracciglia si alzano in un'espressione confusa «Come, scusa?»

«Stai con Edoardo?» Chiedo di nuovo, a denti stretti.

«Non sono affari tuoi, Terzi.» La sua voce è gelida.

«Cazzo, Sibona, rispondi alla domanda!»

Lo stomaco è in subbuglio, come se la consapevolezza di quello che sta per dire partisse dalle mie viscere: prima ancora che lei pronunci una parola, è il suo sguardo a farmi capire la verità. 

«No.» Il silenzio si dilata, poi lei torna a parlare.

«No. Non sto con lui. Ci sono uscita, ma come una stupida non sono neanche riuscita a baciarlo. Non sono neanche riuscita a provare a dimenticare.»

Ogni lettera, ogni parola, è un ago che perfora la mia pelle. Non riesco a parlare, ma quando si muove per andarsene faccio uscire la mia voce.

«Il messaggio…» Si blocca, io proseguo. «Il messaggio di Melania diceva…»

Non riesco a proseguire, ormai il mio cervello ha messo in atto una confutazione di tutto quello che ho pensato nell'ultimo mese e io sono bloccato.

«Quale messaggio?» Chiede confusa.

«L'ultima notte, dopo… Melania ti ha scritto “obiettivo raggiunto”, dicendo che Righetti voleva chiederti di uscire.»

La sua espressione muta, ha capito di cosa parlo e afferra il cellulare infilato nella tasca posteriore dei jeans. Digita qualcosa, poi me lo mette davanti agli occhi.

«Questo messaggio?» La sua voce è dura come non l'ho mai sentita «Leggi. Rispondi da solo alla tua domanda.»

Prendo il telefono e leggo il messaggio che mi tormenta da un mese, ma la mia attenzione è catturata dalla parola che ha usato per cercare il punto esatto: “innamorata”. Il cuore esplode, poi sprofonda di nuovo, mentre scorro la conversazione, fino ad arrivare ad una foto inviata dalla sua amica, che è cancellata, ma che immagino molto bene. E capisco di essere un idiota, un fottuto coglione. 

«Mi sono arrovellata il cervello per settimane, chiedendomi come avessi potuto essere così imbecille da immaginare che anche tu provassi qualcosa per me. Così è anche peggio, però. Forse c'era qualcosa, ma tu hai preferito montarti la tua storia, senza chiedermi nulla e dando per scontato che fossi una stronza. Dopo tutto quello che abbiamo passato te ne sei semplicemente andato senza parlare e scopando con la prima che ti allargato le gambe.»

Non urla e questo mi fa stare peggio. Non riesco neanche a vedere la rabbia, solo una grande delusione nei suoi occhi.

«Posso riavere il telefono?»

Non mi muovo, lei sospira.

«Lascia stare. Tienilo. Voglio solo andarmene.»

«Alice.» Le porgo il telefono, che lei ritira guardandomi negli occhi.

«Alice, devo… Dobbiamo parlare.»

Scuote la testa «Non ho voglia di parlare. Non più.»

Si avvia verso la porta, poi si blocca «Ugotti già lo sa: non parlerò all'autogestione. Sono rimasta indietro con lo studio. Ti ho inviato la mia parte di discorso, da integrare con la tua.»

Mi guarda negli occhi «In bocca al lupo per l'esame, Matteo. E buona fortuna per tutto.»

Poi esce dall'aula senza voltarsi indietro e mi lascia solo ad affogare nei miei sbagli, senza vedere una via d'uscita. Gli occhi pizzicano e la gola brucia. Quando chiudo le palpebre una lacrima solitaria scivola sulla guancia. Non so come rimediare, non so neanche se sia possibile farlo. 

– * – * – * – * –

Dopo un paio di giorni di sconforto decido di agire, in fondo non ho nulla da perdere. Ho già fatto un casino gigantesco, non posso peggiorare la situazione. O forse sì, ma non ha importanza. 

Così metto da parte l’orgoglio e faccio una cosa che mai avrei pensato di fare in questi cinque anni. Lorenzo mi ha detto che sono in biblioteca a studiare, anche se ho dovuto insistere per ottenere questa informazione: giustamente non vuole che la sua ragazza si incazzi e, a detta sua, in questo momento il solo nominarmi le fa schizzare il sangue agli occhi.

Raggiungo silenzioso il loro tavolo, poi mi schiarisco la voce. La bionda solleva appena lo sguardo, poi torna a rivolgere la sua completa attenzione al libro.

«Vattene, Terzi. Non ho voglia di macchiare i miei libri di sangue.»

È meno peggio di quello che mi aspettavo. Tra i possibili scenari mi ero immaginato il righello piantato nella carotide, quindi ho ancora una speranza.

«Per favore Melania, possiamo parlare?»

«Evapora, idiota.»

Prendo un respiro e torno alla carica.

«Per favore. Ti rubo solo cinque minuti.»

Ci guardiamo per un lungo attimo, in cui sembra soppesare i pro e i contro del concedermi la parola, poi bacia Lorenzo sulla guancia e si alza, facendomi cenno di precederla. Lo faccio e ci ritroviamo sotto l'arco che ospita il portone della scuola, riparati dalla pioggia improvvisa che si sta abbattendo su Torino da questa mattina.

Allunga la mano e le porgo il pacchetto da cui prende una sigaretta, la faccio accendere e poi faccio lo stesso. Continuo a fissarla, mentre lei fissa la pioggia incessante che picchia sull'asfalto della piccola piazzetta antistante la scuola.

«Hai tempo finché non finisce.»

«Devo parlare con Alice.»

«Non vuole parlare con te.»

«Lo so. Non risponde alle chiamate, né ai messaggi.»

«Doveva bloccarti. È solo troppo cortese per farlo.»

Non caveró un ragno da un buco, me lo sento.

«Melania, devi darmi una mano, io… Io ho bisogno di Alice.»

«Di quello che serve a te non me ne frega un cazzo.»

Mi sputa addosso quelle parole insieme al fumo.

«La amo.» Tanto vale giocare a carte scoperte.

Un sorriso si tende sulle sue labbra.

«Lo so.»

«Non sono andato con nessuna dopo di lei.»

«So anche questo, altrimenti non sarei qui, Terzi impotente

Ignoro la punzecchiatura, evitando di sottolineare che lì sotto funziona tutto come si deve, solo che deve esserci Alice.

Rimaniamo in silenzio, la sigaretta ormai è quasi finita e con lei anche il mio tempo. Tira una delle ultime boccate, poi mi guarda, un braccio appoggiato sotto il seno, l'altro lasciato penzolare lungo il fianco, con la sigaretta tra le dita.

«Alice non ama i gesti eclatanti, ma ama la sincerità. E per dimostrarle la bontà dei tuoi sentimenti devi esporti, metterti in gioco e soprattutto lasciarle poco spazio ai dubbi, perché sono quelli che devi sconfiggere. Non ti assicuro il risultato, ma questa è forse l'unica strada che puoi percorrere.»

«Lei… Non prova più nulla?»

«È parecchio ammaccata, Matteo. Le hai spezzato il cuore. A volte amare una persona non basta. Anche se abbiamo diciotto anni.»

Finisce la sigaretta, poi si china per spegnerla in una pozzanghera vicino a noi e la butta in un cestino. Mi appoggia la mano sulla spalla.

«Stranamente Terzi, faccio il tifo per te questa volta.» Rivolge uno sguardo al cielo plumbeo «Forse per questo continua a piovere.»

Rimango solo, avvolto dallo scrosciare della pioggia, mentre le parole di Melania girano nella mia testa: non mi ha dato una soluzione, ma una via per provare a raggiungere il mio obiettivo. Devo solo capire come.

Mi avvio verso la macchina e mi immetto nel traffico, continuando a scervellarmi per farmi venire un'idea. Nonostante il viaggio duri più di mezz'ora non vengo a capo di nulla, neanche quando arrivo a casa, accolto dal solito caos, riesco a pensare a qualcosa che possa funzionare. 

Con una scusa mi chiudo in camera e accendo il computer, deciso a lavorare sulla tesina per liberare la mente. La notifica di svariate mail mi induce ad aprire la mia casella e il nome di alisib spicca come un fuoco d'artificio in mezzo a tutto il resto. Ricordo le sue parole stanche, quando mi aveva avvertito che avrebbe inviato la sua parte di discorso per l'autogestione da unire al mio. Apro l'allegato e leggo quelle parole sull'amore, così impersonali, teoriche e metodiche da sembrare quasi copiate. 

In un secondo arriva la folgorazione, tanto forte da farmi accelerare il respiro. È un azzardo, potrei fare una figura di merda colossale davanti a tutta la scuola. Ma il casino che ho combinato è colossale, quindi serve qualcosa di incredibilmente audace e forse un po’ folle.

Apro un nuovo documento di scrittura, fisso la pagina bianca per un po’, poi lascio che le parole fluiscano da sole attraverso i tasti che sfioro ad una velocità mai vista. 

È l'ultima occasione. L'ultimo anno è quasi finito, niente è andato come avevo previsto, ma questo… Questo andrà bene, farò in modo che vada bene.

Spazio autrice:
Eccoci qui, a meno tre capitoli dalla fine... Questo ultimo anno sta per concludersi: l'amore sarà abbastanza?
Vi avviso che i prossimi capitoli saranno un po' più lunghi!
Vi aspetto nei commenti!

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