INCOMPRENSIONI D'AMORE (ALICE)

Tre settimane. È questo il tempo trascorso dalla fine della gita, dalla mia prima volta, da quando Matteo ha smesso di fare parte della mia vita. Ma non dei miei pensieri. Perché nonostante i miei sforzi non riesco ad abbandonare quei ricordi, non riesco a non pensare a lui. Non riesco a smettere di chiedermi perché

Tra poco sarà Maggio, con l'ultima autogestione. Poi tornerà Rob e dovrò raccontare tutto anche a lui. Ho evitato di parlargli di quello che è successo per non rovinare l'idillio appena iniziato con Arianna, ma sono sicura che appena ci vedremo mi leggerà in faccia tutto quanto, come ha sempre fatto. Ci penserò poi, non ora. 

Ho già dovuto vuotare il sacco con i miei, senza scendere nei dettagli, ma Giac mi aveva praticamente obbligato e comunque non avrei saputo come giustificare la mia tristezza evidente e lo scarso entusiasmo. Mia madre, comunque, lo aveva già capito che qualcosa non andava, e ci ha messo un secondo a indovinare che la causa di tutto era il ragazzo di cui avevamo parlato. Ho evitato i dettagli, ma visto il tenore dei suoi discorsi sono certa che abbia capito che ho avuto la mia prima volta. 

Vorrei solo essere più forte, mostrarmi indifferente come Terzi, ma non ci riesco. Solo due mesi, è questo il mio mantra di oggi, il giorno in cui mi aspetta la prova più difficile. 

Tra due settimane ci sarà l'autogestione il cui tema, ironia della sorte, sarà l'amore. Carino, vero? Mi innamoro per la prima volta e il cuore si spezza in un nano secondo.

Comunque oggi dovrò vedere Matteo, stargli vicino e parlare con lui, perché Ugotti ci vuole vedere. Fortunatamente arrivo per prima all'aula, c'è solo il professore. Il ragazzo fa la sua comparsa con qualche minuto di ritardo, saluta educato, ma non mi guarda. Lo stomaco sprofonda quando vengo investita dal suo profumo, riportando a galla le sensazioni di quella sera e l'illusione di essere amata che avevo avuto.

La riunione è piuttosto formale, veniamo raggiunti anche dalla preside, che si complimenta con noi per i risultati ottenuti come rappresentanti e consegnando il calendario delle riunioni di fine anno.

Matteo se ne va per primo. Non ha mai posato i suoi occhi su di me, nemmeno una volta. 

«Professor Ugotti?» La voce esce più flebile di quanto volessi.

«Dimmi, Sibona.»

«Se non è un problema, preferirei non parlare all'autogestione. Ho preparato una parte del discorso, la invierò a Terzi e gli chiederò di essere lui ad occuparsene.»

Il suo sguardo interrogativo mi scruta, sono certa che non se lo aspettasse, ma non me la sento. Mi conosco, so quali sono i miei limiti e parlare d'amore davanti a Matteo sarebbe come mettere il mio cuore in una centrifuga. Sono già abbastanza ammaccata.

«Non è un problema.»

«Grazie.» 

Quando arrivo alla porta vengo fermata dalla voce del professore, che mi fa voltare.

«Qualsiasi cosa sia successa tra te e Terzi, credo che dovreste parlarne. Tacere è sempre la scelta sbagliata, in qualsiasi ambito.»

Annuisco, arrossendo, poi lascio l'aula decisa a non seguire quel consiglio.

In queste settimane ho ripreso la mia routine del “prima” di Matteo: studio, amici, casa di riposo. L'unica cosa che odio è essere troppo espressiva con la mia faccia: se ne sono accorti tutti che qualcosa non va, persino i miei adorati vecchietti. Anche a scuola hanno notato il mio cambiamento, ogni tanto mi sembra di percepire sguardi e sussurri quando passo, ma non me ne curo: possono pensare quello che vogliono, nessuno di loro sa la verità. 

L'universo, però, sembra non avere ancora finito con me, perché a pochi metri da casa, assorta nei miei pensieri e programmi, sento la vibrazione del telefono, che mi avvisa dell'arrivo di un messaggio WhatsApp. Sgrano gli occhi quando mi rendo conto del mittente, ma quello che mi stupisce ancora di più è il contenuto che compare a chiare lettere sullo schermo.

Edoardo Righetti, dopo mesi di latitanza, mi ha chiesto di uscire. E io non sento nulla di quello che mi sarei aspettata di provare in questo momento che ho tanto agognato. Il primo istinto è quello di rifiutare, inventando qualche scusa credibile, ma mi blocco, perché l'ultima volta che ho seguito l'istinto ne sono uscita a pezzi e sto ancora cercando di rimetterli insieme. Affretto il passo e mi precipito in ascensore, decisa a chiamare Mel e sentire la sua opinione. Ma soprattutto ho bisogno di un suo consiglio. 

Passo la successiva ora al telefono con la mia migliore amica, sviscerando le possibili motivazioni di quell'invito giunto come un fulmine a ciel sereno, e concordiamo entrambe che probabilmente è arrivato perché tutta la scuola ha visto quanto io e Terzi ci siamo allontanati. Poi parliamo dei pro e dei contro e Mel asserisce che sarebbe la vendetta perfetta per Matteo. Questo in realtà un po’ mi blocca: non sono mai stata vendicativa, forse sono un po’ rancorosa, ma la vendetta non ha mai fatto parte di me.

Mel però ha ragione su un punto: devo andare avanti e forse il modo migliore per farlo è distrarmi. 

«Però fai attenzione, Sib. Sai che Righetti mi piace anche meno di Terzi.»

«Tranquilla. Non sono una sprovveduta. Non è che ora che non sono più vergine inizierò a scopare con chiunque.» 

Sento il rossore salire alle guance, anche se in casa non c'è nessuno.

«E meno male!»

Scoppiamo a ridere entrambe, poi parliamo delle prossime interrogazioni, quelle di ripasso utili a sistemare la media e soprattutto la tesina per l'esame, che sta assorbendo tutte le mie energie.

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Non penso a Edoardo fino a sabato, quando sono in videochiamata con la mia migliore amica per decidere cosa mettermi. Alla fine opto per un vestito verde foresta molto semplice, con una cintura marrone in vita, e degli stivaletti bassi e comodi. In fondo andremo in pizzeria, non è che devo essere elegante. I capelli li sistemo come sempre: una coda di cavallo alta e ordinata.

Mi sento strana quando esco dal portone e raggiungo l'Audi bianca di Righetti, come se ci fosse qualcosa di sbagliato, qualcosa che stona in questa serata. O forse è solo il fatto che la delusione con Matteo è recente e brucia ancora.

La sensazione non mi abbandona per tutta la sera. Non parlo molto, il che non è da me, ma a Edoardo sembra non dare fastidio, anzi, riempie i miei silenzi raccontandomi molto di lui, dei suoi risultati scolastici e della sua bravura nel tennis, sport di cui non capisco assolutamente nulla. Non che con gli altri sport vada meglio.

Dal canto mio, gli racconto qualcosa di me, dei miei genitori che sono spesso in viaggio per lavoro e dei progetti per l'università. Lui mi dice che vorrebbe frequentare medicina e diventare neurochirurgo, onestamente non riesco a vedermelo a sporcarsi le mani, ma lo conosco poco, quindi non mi sembra giusto giudicare. 

Facciamo una passeggiata per le vie del centro, dove lui continua a parlare e a fare qualche rara domanda. Quando mi propone di andare a casa accetto con piacere, perché sono molto stanca e immagino sia tardissimo. Mi stupisco quando mi rendo conto che l'orologio digitale del cruscotto segna le 23. 

Arriviamo sotto casa mia e lui, da perfetto gentiluomo, scende prima di me e mi apre la portiera, per aiutarmi a scendere dall'auto. Mi accompagna al portone e questo si rivela forse il momento più imbarazzante della serata.

«I tuoi non sono a casa, vero?»

La sua domanda mi spiazza e mi infastidisce allo stesso tempo: dove vuole andare a parare? Poi un barlume di consapevolezza si fa strada dentro di me e mi sento ancora peggio per la conclusione a cui arrivo. Questa serata aveva un solo obiettivo, quello che sospettava Mel. Quello da cui mi aveva messo in guardia Matteo tempo fa.

«No. Però c'è mio fratello, Giacomo. Sta preparando la tesi.»

È una bugia, ma lui non lo sa. Giac è andato via la settimana scorsa, per seguire le ultime lezioni e dare alcuni esoneri. Spero solo di risultare abbastanza convincente ai suoi occhi, visto che sono pessima a mentire.

«Peccato» questa è la sua risposta laconica e forse solo in parte delusa.

«Sarà per la prossima volta.» Prosegue, con uno sguardo che non riesco a decifrare.

«Già. La prossima volta…» Che non ci sarà. Questo però lo tengo per me.

Dovrei congedarmi, ho già le chiavi in mano, ma non so come fare. È lui ad agire, chinandosi su di me e appoggiando la sua mano sulla mia guancia. Un brivido mi attraversa quando le sue labbra sfiorano le mie, perché è sbagliato, nonostante abbia sperato in questo momento per tre anni. Anche il suo profumo di muschio mi disturba, mi chiude lo stomaco, ma non in modo piacevole. Stringo più forte le chiavi, fino a farmi male. Con la lingua chiede accesso alla mia bocca e una parte di me dice di lasciarlo entrare, di provare a dimenticare, però non riesco. Le nostre lingue si sfiorano per un attimo, poi mi allontano e lui mi guarda stranito.

«Scusa…» balbetto, come se fossi stata io a sbagliare. Anche se sono certa della mia scelta.

«Non importa.» 

«Grazie per la serata. Buonanotte Edoardo.»

Mi volto verso il portone e infilo la chiave nella serratura, ma la voce del ragazzo mi raggiunge prima che io possa infilarmici dentro.

«Terzi ha fatto proprio un bel lavoro.»

Non replico, non mi volto neanche a guardarlo, entro e lo chiudo fuori, definitivamente. Non solo da casa mia, ma anche dalla mia mente. 

Sospiro mentre attendo l'ascensore, rendendomi conto di quanto io mi fossi sbagliata: avevo idealizzato così tanto Righetti da non rendermi conto di quanto fosse simile a Terzi. La fastidiosa vocina nella mia testa continua a dirmi che non è così, che Matteo è diverso, nonostante quello che è successo. La metto a tacere e invio un messaggio a Mel, sperando di trovarla libera e sveglia.

La sua chiamata arriva un minuto dopo.

«Com'è andata?»

«Credo piuttosto male.»

La sento soffocare una risata.

«Non mi stupisce. Lasciami indovinare: pieno di sé e noioso come una lezione di fisica quantistica?»

Adesso sono io a ridere.

«Direi che hai fatto centro.»

«Dai racconta!»

«Non sei con Lorenzo?»

«Sì. Siamo ad una festa, ma sono fuori a fumare. In un posto isolato, tranquilla.»

«Ha provato a baciarmi, non ho ricambiato.»

«Ottima idea amica mia.»

«Credo volesse che lo invitassi a casa, ma gli ho detto che c'era Giac…»

«Piccola bugiarda… Hai fatto bene. Quell'idiota voleva solo infilarsi nelle tue mutande!»

«Credo che tu abbia ragione… Sono una stupida. Non ho capito niente sui ragazzi…»

Il silenzio si dilata «Mel?»

«Su Righetti hai preso una cantonata, ma su Terzi…»

«Non ricominciare, Mel! Non ho ancora capito il perché, ma è palese che si sia solo divertito con me, per poi mollarmi nel peggiore dei modi!»

Ora sono arrabbiata. La mia amica ripete da una settimana che forse ci sfugge qualcosa su Matteo. Il tutto perché a scuola girano delle voci sul fatto che al ragazzo non si rizzi più. Come se potessi crederci. Il liceo è pieno di dicerie senza fondamento, tirate fuori giusto per far stare male le persone che ne sono protagonisti. Non le ascolto mai, neanche quelle su di me. Figuriamoci se dó adito a quelle su una persona che voglio rimuovere dalla mia testa. Anche se una minuscola parte di me, che ho soffocato da qualche parte, si era aggrappata a quella flebile speranza. Però lui non era mai tornato sui suoi passi, mi aveva evitato, aveva baciato un'altra davanti a me. Rimane una sola spiegazione, anche se fa male.

«Righetti è appena arrivato alla festa.»

«Bene. Così potrà raccontare a tutti di quanto sono frigida e scoparsi la prima che capita.»

Non mi stupisco, non mi arrabbio. Onestamente, non mi importa. 

«Andrà meglio, Sib. Te lo prometto.»

Sorrido per la dolcezza che sento nella sua voce «Lo so. Grazie.»

«Vuoi che vengo da te?»

«No, tranquilla. Me la cavo.»

«Lo so. Sei una forza!»

«Anche tu. Ti voglio bene, Mel.»

«Anche io, Sib. Buonanotte.»

«‘Notte.»

Chiudo la chiamata e mi dirigo verso il bagno per struccarmi, poi mi metto a letto, in posizione fetale. Afferro il telefono e apro Instragram. Non sono dipendente dai social, anzi, li utilizzo raramente, ma quando fatico a dormire a volte navigo tra le fotografie e i reel.

Ironia della sorte, il primo post che compare è una foto di Matteo, seduto sul divano con i suoi fratelli e una ciotola gigante strabordante di pop corn. Guardo la data e mi stupisco nel vedere che è di poche ore prima: è raro che non esca il sabato sera. Riesco a fermare il dito un attimo prima di cliccare “mi piace”. 

Blocco lo schermo e i miei pensieri, voltandomi dall'altra parte. Questa notte la luce accesa è più confortante del solito.

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