Capitolo 6
« Perché sono stato io a metterti in questi casini. E in più... Sei costretto ad essere legato dalla tua libertà. E questo non è giusto » questa fu la risposta che arrivò alle orecchie del più grande ora sorpreso.
Mike prese un lungo sospiro rilasciando fuori quel fiato, che pesava il doppio. Tagliava. La vedeva come un arma a doppio taglio. E se sapeva prenderti bene, sarebbe stata anche capace di tagliarti per bene.
« Su. E ora di andare a letto ».
Mormorò portando gli occhi oltre la finestra dove i raggi lunari sembravano stesse bussandoci.
Ham anche se un po' malinconico, si costrinse a separarsi dal quel contatto che, aveva saputo donargli leggerezza e annuì debolmente.
Stava per mettersi sotto le coperte, quando l'Alfa lo bloccò dal suo intento. Lo guardò con uno sguardo di chi sembrava volere bruciare. Tagliente. Quel gesto lo fece deglutire e a riportare le mani sulle gambe messe sotto al sedere.
« Cosa credi di fare ? Io dormirò sul letto. Tu dormirai lì » gli cennò il pavimento lucido e perlato, poi scese dal letto e andò verso una delle ante dell'armadio schiacciato sul muro alla destra. Prese in cuscino gonfio e bianco e un caldo futòn dal colore nero.
Con non molta curanza lo aprí sotto lo sguardo attento del più piccolo e lo gettò a terra.
« Ecco fatto ».
Ham si alzò dal letto, lasciando da parte quel senso di inadeguatezza che sentiva premergli. Non era la prima volta. Più volte l'aveva sentita. Lo faceva sentire come se non dovesse essere lì. Che non sarebbe mai dovuto entrate prepotentemente nella vita dell'altro. Solo che per la curiosità di volere sapere qualche cosa in più su di lui, lo aveva spinto ad osare un po' troppo.
Guardò per un momento gli occhi ghiaccio, che lo stavano guardando a sua volta ed esitò un momento prima di fare altri passi. Il freddo del pavimento, unito a quello di quello sguardo gli era entrato dentro pelle. Gli stava gelando le vene e il sangue.
« Buona notte allora ».
Disse per poi mettersi al caldo del futòn. Girato su un fianco e con la coperta portata sin sotto al naso. Gli occhi erano ancora puntati verso quella figura che, dall'alto a braccia in conserte, lo stava osservando. No. Era sbagliato questo termine. In realtà sembrava volesse scrutargli l'animo.
Il biondo non rispose e scosse solo la testa emettendo un basso e roco mezzo grugnito. A piedi nudi si diresse nuovamente verso il suo letto e spense l'interruttore della luce fissata al muro. Mentre, dentro di sé e nella sua testa si frastornava da solo. Solamente un un pensiero solo. Quella notte sarebbe stata tutto, fuorché serena. Notte tempestata, così gli diceva l'animo tormentato.
Il cigolio del letto ruppe quel silenzio creatosi nel buio. Mike aveva preso a dare di schiena al più piccolo, con un braccio sotto il cuscino e con mezzo busto quasi del tutto piegato a quella che, sembrava essere una verticale, mentre gli occhi lucicanti di Ham erano fissi su quella figura. Da quando il più grande si era mosso, non c'era stato neanche un secondo in cui aveva distolto lo sguardo. Lo attraeva come una falena verso una potente luce magnetica. Era del tutto impossibile non valorizzarlo nel modo giusto e nella sua misteriosa bellezza segregata. E non stava pensando alla bellezza esteriore, ma quella interiore che, era certo che possedesse nascondendola da occhi probabilmente fastidiosi.
A volte era impossibile dare voce alle sensazioni e pensieri altrui. Almeno non a pelle. Perché a volte l'apparenza inganna. Nasconde. Fa da specchio custode. La tiene nel nascondiglio del proprio riflesso.
Chiuse gli occhi cercando di annegare quell'onda di pensieri mettendo in silenzio tutto. Voleva solo udire il buio che, gli stava avvolgendo e i loro respiri mescolarsi tranquilli insieme. In quella strana e prima notte, di tante altre volte, forse. Niente era per certo.
Dall'altro canto solo qualcuno, pur riuscendo abbassare le palpebre, non riusciva a trovare pace. Sonno. In poco tempo capì che forse il più piccolo si fosse addormentato. Sentiva solo il rumore del respiro tranquillo.
Si ammoní mentalmente per via dei sensi di colpa che un po' sentiva. Perché poi ? Che aveva fatto tanto di sbagliato ? Aveva solo fatto la cosa giusta. Quella di proclamare il diritto del letto. E questo era stato assegnato, come giusto fosse, al suo proprietario. Ma qualcosa dentro di sé, diceva che, almeno per quella sera avrebbe anche potuto lasciargli l'iniziativa.
Egoista. Egoista. Era sempre stato così. Stava nelle sua vera natura. Natura che non poteva essere sotterata.
Al pensiero di ciò, le fine sopracciglia scure si aggrottarono facendo nascere nel mezzo, delle piccole rughette d'espressione e gli occhi azzurri resi ancora più chiari per via dell'emozione, erano stati ristretti quasi simile a mezze lune.
Riprovò a chiudere gli occhi, e non gli aprì più. Perché dopo nemmeno mezz'ora, sorprendentemente, il sonno lo avvolse nel suo mondo fatti di sogni e di incubi.
[***]
Iguchi sensei si trovava nelle sua dimorosa cucina. Aveva attivato la macchinetta del caffè giusto per introdurre quel giorno nuovo e dare più gusto ai suoi pensieri. E ai suoi piani.
Yuu Chan era stato chiaro con lui. Aveva messo ben in punto che, non voleva più niente a che farci, eppure quel quadro se l'era tenuto. Non che la cosa gli dispiacesse, solo che, ciò gli metteva addosso una nota di compiacimento. Era sicuro che le cose tra loro, prima o poi si sarebbero potute aggiustare e che, molto presto sarebbero potuti ritornati a ciò che una volta erano. Lo sentiva da qualche parte dentro di sé. E sino alla resa dei conti non si sarebbe arreso dal chiaro obbiettivo che aveva. Riconquistarlo. Farsi perdonare. E quello di amarlo nel modo giusto. Corretto. Non voleva più commettere gli errori del turbolento passato.
Il bip della macchinetta lo detestò dai mille pensieri informandolo che, il suo caffè fosse pronto. Mezzo sorriso sulle labbra. Un sorriso mesto. Uno di quelli che sembravano dei ghigni qualcosa che, ricordava la pura enigmia e spense il tasto.
Il fumo uscì dal bicchierino in plastica verde guardandolo per un momento disperdersi nell'aria, come se fosse stato quasi un spettro. Un qualcosa che, in un certo modo lo ricordava. Ecco cosa era. Un fantasma chiuso e dimenticato in un armadio.
Ma questo fantasma presto si sarebbe liberato. Avrebbe riavuto indietro di nuovo il sapore della libertà. La sua giustizia e la cosa che, più al mondo amava e che, attendeva da più tempo.
Si leccò le labbra e si portò l'aroma in bocca. Il caffè esplose nel suo gusto tastato. Forte. Pura diaboleria per il suo palato.
« Non oggi. Non domani... Ma tu, mio amato Yuu Chan tornerai da me. Da me. L'unica persona che ti abbia e ancora ti ha mai davvero amato. Questa è una promessa a noi » si disse tra sè e sè pregustando già il sapore di un paio di braccia perse. Di un paio di labbra rosee e calde, ma più dolci dell'inverosimile. Di un'anima che, lontana dalla sua sottratta gli hanno.
***
La porta dello chalet venne aperta, ma qualcosa di strano vi alleggiò all'interno. Qualcosa che al primo sniffamento aveva colpito il povero Shouji in pieno petto. Qualcosa che, non si sarebbe mai aspettato. O forse, in parte sì.
Di ogni angolo di quella stanza l'odore del suo Alpha era sparito. Come se di ogni suo passaggio non ci fosse effettivamente mai stato. Come se lui non avesse mai vissuto lì. Hiriko non c'era e di lui altro non era che, rimasto solo un lontano ricordo.
La rabbia gli bruciò così tanto, che gli fece sentire il pizzicore di lacrime in uscita dagli occhi. Gli assottigliò un po', in modo da non lasciarle libere. Non voleva mettere in chiaro la ben evidenza che c'era.
« Hi-Iriko... K-kun ? »
Chiamò debolmente sentendo un dolore al petto, che lo costrinse a vaccilare. Sudò quasi come se avesse avuto la febbre.
Cadde sul parquet in ginocchio e la vista si appannò. Piccole gocce scarlatte uscirono al posto di gocce cristalline. Sì proprio così. Erano simili a piccole lacrime di ghiaccio macchiate di sangue, quelle che stavano bagnando la stoffa dei suoi pantaloni da tuta nera. Era il dolore questo. A prendere sopravvento in lui. Si diceva che, quando un Alpha, omega o beta, che fosse, veniva separato in qualche modo e con tanta forza dal suo amore, quell'altra metà annegava nel dolore. Nella disperazione. Un po' come se fosse stata la morte improvvisa.
Così la chiamavano quella maledizione, che da anni aveva vissuto su quelle terre, sul suo popolo. E faceva male. Rischiava quasi di soffocarti, come se davvero, qualcuno cercasse di tenerti con la testa sotto acqua per un tempo indefinito. La patina di sudore che, imperlava la pelle non era altro che associata alla febbre dell'abbandono. Si diceva che, chi veniva a contatto con ciò, era difficile che sopravvivesse. Ma se vivere o salvato avrebbe voluto, solo un antido avrebbe potuto farlo. Era raro, ma non quasi impossibile da trovarlo. L'antidoto del sangue blu.
Questo, si diceva che aveva un potere davvero potente per chi ne prendeva. Ci stava solo una giornata per fare riprendere il pieno possesso delle proprie facoltá del malcapitato. Ma.... Erano davvero i pochi a sopravvivere dopo averlo ingurgitato. Il tutto stava nel tempo del riceverlo. Solo il tempo avrebbe deciso quale destino riservargli.
Ma se Hiriko lo aveva lasciato. Era scappato. Dopo avergli promesso una vita intera di loro insieme. Dei loro giorni uniti in una sola cosa. Di un amore destinatato al per sempre, che altro alla fine non si era rivelato che, una mera menzogna. Un amore illuso. Infranto... finto. Allora che senso aveva avuto vivere nella tristezza più assoluta. Perché? Dove aveva sbagliato? Aveva fatto sempre tutto il possibile per esergli fedele sino alla fine. Di essere quel compagno che tanto aveva cercato. Voluto. Per farlo felice.
Farlo felice. Felice, che strana parola era quella. Una felicità destinata a una cosa sola. Ma, che non era lui. Una felicità che aveva dato, ma che gli era stata tolta. Portata via. Così. Senza nemmeno un perché. Senza capire quale sbaglio avesse fatto. Destinato oramai annegare nel dolore della cieca disperazione. Nel suo stesso amore, che lo aveva portato a quello. A un'amara morte vera.
Colpi di tossi scossero il suo corpo percorso da singhiozzi. Macchie rosse schizzarono a terra. Macchiarono la sua pelle bianca come la neva. Era diventato quasi un fantasma e il malessere sembrava avanzare ogni secondo sempre di più.
La sua bocca scarlatta cercava di pronunciare quel nome che, non sapeva più farlo uscire dalla lingua, senza più una voce. Delle parole.
Il dolore nel petto si stava facendo sempre più forte e i battiti pian piano iniziavano a diminuire. Il respiro sempre più a meno. Ma l'assenza dell'aria non reclamava. L'aria l'aveva persa già da un bel pezzo.
La febbre andava sempre più alzarsi, ma anziché sentire caldo, sentiva freddo. Come se dentro di sé, stesse definitivamente gelando. E presto anche il cuore sarebbe divenuto un pezzo di blocco non più pulsante. Era una brutta fine. Ma... Senza la sua metà si sentiva rotto. Solo. Depresso. Sarebbe stato un morto che camminava. Dunque, era meglio essere fatti abbattuti o morire per la legge del destino ? Distrutto con le mani di chi ti avevano giurato ?
Bugie. Bugie. Bugie. Erano solo state tutte bugie. Il loro amore. L'amore che, Hiriko aveva detto di provare per lui. Quei fottuti sorrisi che sapevano ammazzarlo e poi rinascere dalle ceneri. Quelle fossette che, mai più avrebbe rivisto. Toccato. Baciato. Mai più. Hiriko non c'era più. Hriko forse non era nemmeno mai esistito.
Un nome che, non rimase altro che spiffero del vento. Pian piano, perse tutte le forze e il suo corpo cedette cadendo di petto sul parquet. E finalmente, dopo tanta agonia i suoi occhi peci solitamente lucicanti si chiusero. Forse per sempre, o forse no.
Tutto ciò che, si sapeva era di come adesso giaceva quasi come se non avesse più vita per terra e in una macchia di sangue, che andava man a mano sempre più disperdersi. E di quella pelle neve, quasi più irriconoscibile, dipinta di rosso. Quasi fosse stato un dipinto. La reincarnzaione della neve scarlatta. Così chiamavano quel quadro. Il dipinto fatto dal suo Hiriko.
Note Autrice: sì, ammetto che è un capitolo struggente, ma necessario. E pensate me, che agonia averla scritta mentre nelle cuffie suonava la canzone deprimente fuji di " The Untamed " 💔. Penso che qualcuno l'abbia già sentita.
Detto ciò, che pensate succederà?
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