Capitolo 5

Odore di... Tisana ai frutti di bosco.

Mike non riuscì a ignorare quel richiamo. Lo avvertiva che c'era qualcosa che, non andava e che fosse pericoloso tutto quello. Non voleva commettere un errore. Non voleva causare un danno che in primo, a pelle gli era stato inflitto. Non era giusto tutto quello che pensava. Le emozioni che sentiva. Non doveva assolutamente sfiorarlo con un dito. Stava facevo il tutto per tutto. Un disumano e enorme sforzo per non sfiorargli nemmeno per sbaglio quella frangia, che gli cadeva sugli occhi o quelle labbra che avevano preso a chiamarlo. O quelle mani che non volutamente propriamente avevano preso a stringergli la camicia nera appena datagli.

Doveva allontanarsi da lui. Da lì. Nascondersi da qualche parte in cui, sapeva che non avrebbe potuto fare nulla. In quel momento avrebbe dato qualsiasi cosa pur di ritrovarsi ancora rinchiuso in quella cella.

Aveva un dannato caldo. Voleva lasciarsi andare e fare suo quel corpo che lo richiamava. Ma dall'altra parte stava lottando con una forza ben maggiore, quella di non volersi legare nessuno. Nè ora e nè mai. Non lo sopportava, ciò lo faceva sentire chiuso in un piccolo spazio caustrofobico. Voleva aria. La reclamava per inalarla ai polmoni che, chiedevano aiuto. All'anima che chiedeva pietà.

Ritrovata un poco di lucidità, l'alfa allontanò quelle mani, con viso contratto, invaso da sudore che, aveva preso a colargli e come se fosse scottato si voltò velocemente, verso quella porta che sembrava fattasi all'improvviso sempre più distante, seppure invece fosse nemmeno a pochi centimetri da sè, facendo diventare quella distanza impossibile e irranggiungibile.

Non potendo solo che arrendersi, poco tempo dopo più o meno, si sedette col il sedere a terra, ancora tenuto fermo da quel ragazzino che diventava ogni secondo di più sempre più accaldato. Le dita afferrarono nuovamente la sua stoffa. Questo non poté che portarlo a capire che non poteva fare altro, se non quella di rimanere lí, sino a quando l'altro non gli fosse passato quel piccolo momento e non si fosse svegliato del tutto.

« Ugh... T- ti prego. T-ti prego ».
Ansimò il più piccolo, stringendosi con una mano il maglioncino che portava e stringendo allo stesso tempo il polso dell'altro, come se ne fosse stato il suo unico appiglio .

« C-cosa ? »
Mormorò Mike preso di sprovvista, per poi cercare di togliere con la mano disponibile quella mano che non ne voleva di liberarlo.

« Mh... Mike K-un ».
Sussurrò lasciando ammorbidere l'espressione e facendo cadere la mano nel vuoto, che sino a momento prima era stata ancora aggrappata al biondo.

« Piccolo topo ? »
Chiamò Mike con tono curioso, per poi avviccinarsi di più a quel viso.

Quell'odore.... L'odore si era dissolto.

Un momento dopo, con la certezza che il più piccolo si fosse calmato, con le labbra dischiuse e con occhi lucidi, cercando di calmare ancora l'animo tormentato da tutta quella pressione - forse per il più piccolo questo non sarebbe rimasto altro che forse un sogno sbiadito e lontano - riuscì ad alzarsi.

Ma poi fu un bussare insieme a una voce a rompere quel disagio, facendo lasciare galleggiare nell'aria solo molti dubbi.

***

Il padre se ne stava appoggiato con la schiena alla cucina, a braccia incrociate al petto, con lo sguardo indagatore sull'altro, mentre pensava che molto probabilmente, conoscendolo, qualcosa gli stesse nascondendo.

Sapeva. Ne era certo. Non sapeva come, ma entro in quell'asso di tempo qualcosa gli avrebbe storso.

L'aveva individuato dai suoi strani atteggiamenti. Nel suo modo di fare nervoso, che ora cercava di nascondere dietro una finta apparente tranquillità. Una tranquillità che neppure c'era, solo per fare apparire il falso delle cose.

Mike caro, più furbo di te lo sono. Ma sembra che non mi conosci affatto. Non è così ?

Un piatto fatto sbattere sul tavolo fece nascere un sorriso al genito e con sguardo di sfida, lo guardò da sotto i ricci chiari che gli coprivano metà occhi cercando di fargli intuire che, da lui le cose non poteva sfuggire. Non ci sarebbero mai riuscite.

«Non ti si può nascondere niente vero, vecchiaccio? »
Ringhiò con timbro alterato il biondo, guardando il piatto ancora nemmeno toccato.

« Forse non hai ancora capito che sono tuo padre e che le cose che rivolgono te, rivolgono anche me. Tu hai paura... Paura di una malato e insano passato. Ma per quanto tu possa resistergli o scappare, finché non lo metterai veramente in chiaro con te stesso, non potrai mai farlo » disse sicuro quello che solitamente era un tipo poco serio sulle questioni, avvicinandosigli.

« ZITTO ! Dimmi che ne vuoi sapere te eh ? Dimmi come puoi conoscermi, quando io e te non siamo altro che sconosciuti ? TU NON PUOI CAPIRE VECCHIO! » tuonò come una bomba a orologeria Mike, mentre stringeva fortemente le nocche in pugni ferrei e senza aspettare di sentirsi altro, con una manata rovesciò a terra tutto ciò che c'era sulla tavola. Come fuoco che brucia ogni cosa. Ma poi dovette cercare di calmarsi. Di darsi almeno un poco di contegno.

Infatti il padre lo lasciò liberarsi, senza parlare. Senza più muoversi. Con occhi ora chiusi.

« Puoi uscire da lì se vuoi ».
Sospirò il più vecchio, legandosi i capelli in una coda disordinata.

« I-io... Non volevo origliare. Chiedo scusa » .

« Eh cosa ? »
Sbottò allibito Mike girandosi verso da dove veniva la voce.

Lui... Lui non era... Non capisco.

« Tu non dormivi ? »
Gli chiese con una calma da fare paura Mike, con bocca in una linea severa e occhi ghiaccio inespressivi.

« Mi sono svegliato per via dei rumori. Ma ero da qui solo da un po'. È la verità » disse il più piccolo con sopracciglia corrugate, per poi fare un passo in più.

« Adesso non importa più. Su Yuu Chan portalo di nuovo a letto » lo ammoní dolcemente il padre, facendogli un occhiolino, dandogli poi le spalle per ritornare agli stipetti dove attento e pensieroso cercò qualcosa.

Ma dove ? Eppure ero sicuro di avergli messi qui. Mhh dunque...ah eccoli qui !

« Hey ! Aspetta. Prendi prima questi. Ti serviranno » gli fermò prima che riuscissero a varcare la soglia della cucina.

E nello istante dopo, senza accennare altro, le guance del biondo si imporporano leggermente di rosa, mentre con una mano spinse il più piccolo poco più avanti e con l'altra afferrare i sopressori e dei condom, che il padre gli aveva lanciato senza alcun riguardo.

« Vecchio ».
Ringhiò con un espressione un po' corrucciata, sotto l'occhiata divertita del diretto interessato, che ora prese poi a ignorarlo.

Dovresti solo ringraziarmi, piuttosto moccioso.

***

« Non hai fame ? »

« Mh. No. Sono solo stanco. Comunque grazie per questi »
rispose Ham Kun, ingerendo il soppressore seguito poi da un gentile sorso di acqua.

« Aaah! In ogni caso non abituartici troppo. Anche se sono il tuo guardiano non signifa che a te ci tenga o qualcosa del genere. Questo dovere non influenzerà in alcun modo il mio essere » disse con lo sguardo rivolto alla sveglia sul comodino dal legno in cieliegio, per poi stiracchiarsi e sbadigliare rumorosamente.

« Prima... Per sbaglio ho visto quelle ferite... Perché non le curi ? Posso aiutarti ».
Parlò titubante, per poi rivolgere lo sguardo dal bicchiere al biondo seduto scomposto sul letto affianco a sè.

« Come vuoi. Mi arrendo alla tua stupidità. Il kit di emergenza lo trovi sopra il primo mobiletto in alto di quell'armadio lì » detto ciò, il piu grande chiuse gli occhi e appoggiò la nuca al muro freddo, sotto ancora lo sguardo del più piccolo, che dopo essersi alzato e lasciato il bicchiere sulla scrivania, andò a recuperare con facilità quanto richiesto, con una nota di sollievo nel petto e un piccolo sorriso appena nato.

«Bene. Allora alzati...»

« La manica? Mi facilito le cose se prima me la tolgo. Che hai razza di un criceto? Hai in faccia l'espressione di chi non abbia mai visto un altro corpo maschile...eppure così simile al tuo » le parole vennero fuori taglienti e indagatori, riuscirono sfrecciare nel più piccolo a bocca aperta e senza più parole da saper dire, anche se in realtà non lo aveva fatto appositamente apposta.

Perché ogni volta che si tratta di te, esce questo lato di me ? Sembra che io voglia più giocare. Ma il topo è disposto a seguire il filo del gatto ?
Di nuovo. Questi pensieri escono spontanei. E in qualche modo, mi divertono anche.

« No. No. Fai pure. Nessun problema ».

E minuti dopo, in silenzio, non ci furono più altre parole da entrambi. Del ragazzino che gentilmente gli aveva afferrato un braccio e con attenzione stava disinfettando le ferite con un pezzo di cotone imbevuto di disinfettante, tenuto fermo da una piccola pinza, vi fu solo tanta premura e una dolcezza inaspettata. E nell'attimo dopo, posato il battufolo bianco, prese uno dei tanti pezzi di stoffa e gliele bendò, il tutto sotto le sguardo sorpreso dell'altro che, stava cercando una valida spiegazioni di quei gesti.

Una volta finito anche gli altri, passò poi alle altre ferite più profonde e dolorose, con lo stesso identico trattamento. Ham trattene la mano sulla fascia che circondava la vita e il torace di Mike, per poi d'improvviso abbracciarlo da dietro, con il viso sprofondato sul centro di quella pelle della schiena, facendo passare le braccia quasi intorno alla vita, e per poi enalare il fresco, appena lieve profumo di zenzero che ne emanava, facendolo irrigidire sul momento. Ma poi sciolse totalmente i muscoli.

Quel calore che emana la creatura che lo stava tenendo stretto, lo stavano facendo sentire un po' come se fosse appena rinato. Una leggera sensazione. Un calore inspiegabile che sentiva all'altezza del torace. Proprio in mezzo. Ma la cosa che forse anche lo infastidiva almeno un po', era proprio quella di non saperne il dannato e doloroso motivo. Si stava odiando. Ma non doveva forse ?
Il più piccolo, a differenza sua sembrava più a suo agio e ben consapevole delle sue fottute azioni.

« Queste ferite.... tutto questo... È stata colpa mia. Mi dispiace »
confidò senza remore Ham, con nel tono una brutta nota di accusamento. Gelida.

« Perché ? Perché ti scusi ? Perché lo stai facendo? Dovresti stare lontano da me, eppure sembra che non voglia capirlo » lo ammoní in modo distaccato, stringendo le nocche i pugni ferrei sulle ginocchia alzate.

Vuoi proprio accettare la sfida ? Vuoi farti male. Preferisci bruciarti che farti ghiacciare eh ? Bene, allora esaudirò ogni tuo desiderio, fino a quando finalmente non lo capirai testardo di un moccioso si disse in testa, lottando con l'altra parte di sé, che continuava a rimproverargli che, era sbagliato ciò che stava facendo. Che voleva fare. E che se, anche comportandosi così, mai sarebbe riuscito a estirpare quel male che sentiva. Che pian piano e molto lentamente, in religioso silenzio, lo stava uccidendo. Suo padre aveva ragione. Cazzo! Se aveva avuto ragione.


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