Capitolo 13
« Sono stato costretto a lontanarmi da te. Ero stato obbligato. Tuo padre dopo che, ci aveva scoperti, non ne fu molto felice. Insomma, io ero il tuo tutor, il tuo insegnante, era stato indagiato per darti lezioni e invece ho finito col farmi trascinare dalle emozioni e ti ci ho portato. Quella stessa sera, mi disse che, dovevo stare alla larga da te e andarmene e che ci avrebbe pensato lui a cosa dire riguardo alla mia presunta partenze avvenuta così, su due piedi. Ho fatto le valigie e me ne sono andato. Avrebbe compromesso anche la mia carriera, quella che io stesso ho speso corpo e anima per diventare e non potevo permetterlo. Sono tornato, solo perché avevi compiuto la maggior età e perché volevo rimediare, sta volta rimanendoti accanto. Questa è la verità ».
« È così hai lasciato che di lui divenissi il suo burattino insomma. Ho capito ».
Fu solo tutto ciò che riuscì a dire Mike una volta alzatosi, con fare apparente tranquillo. Sembrava che, la cosa non lo avesse nemmeno scalfito un po'.
Nell'istante dopo, a seguirlo fu proprio il sensei, mentre appena quanto detto, dentro di sé, ne comprese la piena consapevolezza. Si era lasciato abbindolare. Aveva messo al primo posto la sua carriera ed era sparito, ma era anche vero che, lo aveva fatto per una disperazione data a colui di chi si era fidato. Gli aveva lasciati soli in casa e lui se ne era approfittato della situazione per lasciasi andare totalmente in balia delle onde.
E ora, alla realizzazione di ciò, comprese quanto fosse stata grande la sua stupiditá. Di quanto fosse stata immatura la sua scelta, forse, ancora troppo giovane per aver cura di quell'amore che, era sbocciato sguardo dopo sguardo. Bacio dopo bacio e un susseguirsi di altri avvenimenti.
La niccia era stata accesa e poi ne era avvenuta la propria e vera esplosione che, aveva fatto sì, cancellasse ciò che avevano. Stupido e codardo, non riusciva a darsi dell'altro, ora con la mano davanti agli occhi, come per scacciare il fastidio.
Iguchi lo aveva guardato voltargli le spalle e non aveva pensato di fermarlo. Sapeva che, doveva lasciare che le loro strade prendessero altre vie.
Ma non voleva vederlo sparire e nemmeno senza fargli sapere di quello che pensava. Avrebbe fatto più male non sapere. Avrebbe fatto meno male essere insultato. Preso a pugni. Anziché di quel assordante silenzio che, aveva preso a ronzargli come una mosca fastidiosa all'orecchio. Qualsiasi cosa pur di sentire la sua voce.
« Non hai niente da dire ? »
Gli chiese allora.
Lo sguardo allarmato puntato sulla schiena dell'altro. Lui che nel frattempo, aveva appena messo le mani in tasca e chiuso gli occhi, per pensare a dovere. No, anzi non aveva alcunché da pensare. Le cose erano andate come erano andate alla fine e ora, era troppo tardi per starci rimuginare su. Adesso che, aveva saputo la verità, avrebbe pensato al dopo, doveva pensare a mente lucida. Ma molto probabilmente alla fine era proprio questo, ora che aveva saputo la verità, sí ci era rimasto male, e l'ennesima ferita nuova si era aperta in mezzo alle altre. Ma la parte mancante di quel pezzo si era unito a ciò che gli mancava. Aveva completato finalmente quel puzzle.
Aveva abbassato lo sguardo, lasciando che, un grande sospiro lasciasse le sue labbra per delle parole e voltando di poco lo sguardo, ma senza davvero guardare il sensei ferito.
« Le parole non servono. Non possiamo cambiare ciò che è successo. Ci ho sofferto sì. Mi sono chiesto tante di quelle volte il perché e ora che so, ho compreso. Le nostre strade erano destinate già separsi. E se non quella volta, molto probabilmente sarebbe stato pure un oggi. Un domani. Chissà » gli aveva detto consapevole.
A bocca aperta e occhi sgranati il sensei ebbe la piena certezza di quanto il suo Miyake fosse maturato. Era cresciuto senza di lui. Che fosse stato meglio così ?
Sorrise appena, ma di un sorriso arrendevole, poi lasciò ricadere le spalle, infine sospirò.
« Ma ti devo ringraziare per avermi donato qualcosa. Se ho imparato ad amare. Le prime esperienze. Il primo davvero volere bene, adesso ne so il significato soltanto grazie a te. Ora che so la verità, posso dirti che, forse potrò andare avanti e aprire il mio cuore » aggiunse in fine il biondo facendo passi indietro. Ma prima di uscire da quella casa, lo guardó con un mezzo sorriso « è ora che trovi anche te la tua strada e lasciare tutto questo sepolto, non credi ?»
Il sensei sussultó a quelle parole, come riscosso dalla forza di un sisma. Aveva abbassato lo sguardo. Per poi riportarlo sulla figura.
« E la tua è quel ragazzino, non è vero » aveva poi chiesto.
Non sapeva del perché gli avesse fatto quella domanda, ma gli era uscita spontanea. Forse dettata per riuscire ad afferrare quel qualcosa in più. Qualcosa che gli stava sfuggendo.
« Che sia lui o per altro non ha importanza, prima poi ognuno di noi dovrà prendere il proprio volo » gli aveva fatto sapere per poi lasciare quella casa.
Non aveva rimpianti. Ed'era un pochettino più sollevato. Ora non era più legato da un passato, era riuscito a slegare quel filo e a farlo cadere. Poteva ritornare a ciò che un tempo era ? A ritornare ad amare ?
***
« Sono a casa ».
Aveva fatto sapere una volta messo piede oltre lo soglia, ma ad attenderlo fu solo un silenzio non più abituato.
Sbriciò dalla cucina, solo il buio vide, non c'erano altre figure. Ma era calmo nonostante questo. Se fosse successo qualcosa lo avrebbe sentito no ?
Esasperato guardó anche ai piani alti, ma di chi stava cercando, nessuna traccia. Ritornò di sotto lasciandosi cadere sul divano, una mano sotto al mento, gambe accavalate e telecomando in mano ad accendere la TV in attesa.
I suoi occhi non stavano davvero guardando ciò che, lo schermo stava trasmettendo, al contrario, i suoi pensieri erano persi da tutt'altra parte.
Chiuse la TV e lasciò cadere la testa sui cuscinetti dietro alla schiena, corpo portato in avanti di chi è stanco. Di chi oggi ha portato il mondo.
Aveva chiuso un momento gli occhi, quando la porta si era spalancata, rivelando la figura di Ham con delle legna in mano e dello sporco di terreno sul grembiule e gli abiti che, portava, mezzi bucati. Sulla pelle erano presenti graffi di guerra, tipico di chi per ottenere ciò, che aveva adesso aveva avuto il bisogno di lottare prima.
Mike lo guardò da capo a piedi e non poté fermare il sorriso che, aveva preso a scuotergli il corpo. Si era portato poi una mano agli occhi e lo aveva guardato con un'altra luce.
Ham il quale non credeva a ciò che vedeva, non riusciva a credere ai propri occhi accesi di una luce calda. Era la prima volta che lo vedeva così, ma era bello. Sentirlo ridere gli aveva fatto vibrare le corde del sol.
« Hai lottatto per prendere quella legna ? »
« È più la fatica che ho fatto ».
Gli aveva risposto togliendosi una ciocca di frangetta dagli occhi.
« Aspetta che, la butto nel camino ».
Miyake il quale si era alzato, lo aveva raggiunto, afferrando le legna e diregendosi subito dopo al camino, dove le lasciò. E bello si voltò verso il più piccolo.
« Va' a cambiarti, io nel frattempo preparo la cena ».
Gli aveva fatto sapere con un sorriso, con espressione tranquilla rispetto ai giorni recenti.
E ciò non poté che, fare sentire il più piccolo sollevato. Aveva annuito e se ne era andato.
Ci fu solo un brevissimo momento, nell' istante prima di mettersi ai fornelli, in cui Miyake con un sorriso e occhi spensierati si era perso nei suoi pensieri. Poteva dare ascolto a quel legame che, aveva sentito sin dall'inizio ? Poteva mettere di nuovo i suoi sentimenti nelle mani di qualcuno? Ci sarebbe riuscito? Avrebbe provato a fare costruire qualcosa? La risposta era incerta. Solo i giorni avrebbero potuto stabilirlo.
***
Si era fatto tardi e di Shouji ancora nessuna traccia.
Il Sensei stava iniziando a preoccuparsi seriamente. Aveva preso al volo la giacca e corse veloce fuori di casa.
Cercava di sentire qualche odore del passaggio di Shouji, quell' odore di menta. Il vento di quella sera sembrava cancellare tutto.
Non riusciva a sentire niente. Tutto taceva. Tranne il ritardo fremere dei grilli. Aveva deciso di seguire quello.
Aveva corso sino a un bel tragitto, sino a ricordarsi del posto che, lui stesso era solito a frequentare e arrivò lì dove, il fiume scorreva e la luna rifletteva sulla superficie.
Con lo sguardo andò subito alla ricerca del ragazzo, lo trovò ai piedi di un tronco seduto chino. Tutto accovacciato.
« Shouji ».
Aveva sussurrato raggiungendolo.
Non aveva alzato lo sguardo e il Sensei gli si inginocchiò affianco. Gli toccò appena una spalla.
Furono attimi, istanti, momenti interminabili, quando Shouji decise di alzare quegli occhi vuoti e rossi.
Aveva capito Iguchi, non c'era il bisogno di chiedere per sapere. Lì davanti, aveva ciò, che le parole non sarebbero riusciti a dire. In quegli occhi aveva visto la piccola luce spenta. Gonfi per via del pianto.
Sapeva che non avesse ricordato.
Gli occhi del sensei si accorsero di come il corpo del ragazzo stesse tremando appena a contatto con la brezza che c'era.
Spinto da un istinto spontaneo si era tolto il giubbotto e glielo aveva messo sulle spalle. Shouji non disse niente, troppo spento per poter dire qualcosa.
Solo si godettereno la compagnia silenziosa l'uno dell'altro, con le stelle a guardargli da sú.
In quel momento, fu quella sera a raccontare loro.
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