Capitolo 15
La libertà era tutto ciò che desideravamo da tanto tempo e adesso che finalmente ci fu concessa, non sembrava nemmeno reale.
Avevamo paura se tutto ciò fosse solo un sogno e che da un momento all'altro ci fossimo svegliati, trovandoci a ripetere tutto daccapo.
Tutto questo però non successe, era reale, noi tre eravamo liberi per davvero.
Tirai un sospiro di sollievo e strinsi le mani di Ian e Paul.
"C'è l'abbiamo fatta ragazzi, siamo liberi" sussurrai emozionata.
Un sorriso da ebete era stampato sul volto di tutti noi e adesso erano tante le emozioni.
Finalmente potevamo vedere le nostre famiglie, ritornare alla nostra vita di sempre e poter stare felicemente con le persone che amavamo.
C'era una parte brutta della storia però, come potevamo avere il coraggio di dire ai familiari dei loro figli morti.
Io non ne avevo ma qualcuno doveva pur farlo.
"Ragazzi è meglio che adesso andiamo via però, dobbiamo dimenticarci di tutto ciò" disse Steven.
Annuì in accordo e cominciammo a raccogliere le nostre cose.
Paul sembrava essersi ripreso un po, anche se continuava a zoppicare.
Però per lo meno non gli serviva alcun sostegno, c'è la poteva fare anche da solo.
Quando fummo in salotto, Paul si bloccò vicino il vecchio divano.
"Paul dobbiamo andare" gli riferì titubante.
Annuì lentamente e si avvicinò verso il tavolino basso in vetro.
La sua figura si accovacciò davanti ad esso e prese qualcosa da quella base.
Mi avvicinai cautamente alle sue spalle e lo guardai con esitazione.
"Che cosa hai preso?" Gli chiesi.
Si voltò di scatto verso me, preso alla sprovvista.
Sul suo volto comparve un sorriso triste e mi avvicinò una vecchia foto, in cui vi erano raffigurati lui e Lily.
Mi ricordai perfettamente di quel giorno, fu la prima gita che fecimo tutti assieme.
Allora ci conoscevamo già da un anno, e fu un anno bellissimo.
Darei di tutto, pur di ritornare indietro nel tempo.
Lo guardai sorridendo calorosamente e lo abbracciai con tutte le mie forze.
All'inizio rimase sorpreso ma ben presto si lasciò andare, stringendomi a se.
"Sarà sempre con te ricordatelo, lei ti amava con tutta se stessa" gli ricordai.
Si staccò riluttante e si asciugò una piccola lacrima, che gli rigò il viso pallido in quel momento.
"Io la porterò sempre qui" disse, indicandosi il cuore.
Gli presi la mano e lo incoraggiai a camminare verso gli altri, che ci stavano aspettando.
"Andiamo" mi sorrise Ian.
Camminai a passo deciso verso la porta d'ingresso e una volta fuori da quella casa una volta per tutte, potei finalmente respirare a pieni polmoni piccoli sorsi di vita.
Steven accompagnò ad ognuno di noi alle nostre rispettive case, e quando fu davanti quella mia, esitai tante volte prima di suonare al campanello.
Presi un respiro profondo e chiusi gli occhi, quando mi decisi a suonare.
Dietro la barriera udì perfettamente il suono che producevano i tacchi di mia madre.
Dopo qualche secondo la porta si aprì e io rimasi bloccata sui miei stessi passi.
Non potei fare almeno di osservare la figura distrutta davanti a me.
Il suo volto era delineato dalla stanchezza e i suoi capelli erano più indisciplinati del solito.
"Jade, vieni qui!" Urlò la sua voce, Dio quanto mi era mancata.
Jade al suono della voce corse verso lei e potei vedere anche lui, il compagno di mia madre.
"Oh mio Dio" sussurrò esterefatto.
"Mamma, mamma! Perché gridi?" Chiese la voce, del mio piccolo Sam.
Tutta l'ansia accumulata si tramutò in lacrime e mi abbandonai a loro affetto, che non ricevevo da tanto tempo.
*****
"Stai bene adesso?" Mi chiese mia madre.
Mentre eravamo seduti tutti attorno al camino con una tazza di thè fumante, gli raccontai tutto ciò che successe, nei minimi particolari.
Tranne che della morte dei miei amici, per quello mi aveva riferito Ian che ci pensavano le forze dell'ordine.
"Adesso si, mamma" dissi, buttando fuori un sospiro di sollievo.
Dopo qualche ora di stare a parlare, decidemmo di andare a dormire dato l'orario.
Mi accoccolai sotto le coperte e cominciai a fissare il soffitto di camera mia, è strano a dirsi ma mi era mancato molto anche lui.
La vibrazione del mio cellulare riempì l'aria e sporgendomi dal comodo materasso, lo afferrai al volo.
Era un messaggio da parte di Ian.
Ehi piccola, domani cena a casa mia.
Ci sarà anche Paul e dopo di ciò, dobbiamo parlare.
Mi accigliai dopo aver letto il testo e mi chiesi mentalmente, di cosa volesse parlare.
Di cosa vuoi parlare?
Attesi impazientemente una sua risposta e quando arrivò, non persi tempo a leggere il testo.
Lo scoprirai domani sera.
Buonanotte piccola, ti amo.
Sospirai felicemente e il mio cuore cominciò a battere a mille.
Una volta da qualche parte avevo letto, "tieniti strette le persone che ti fanno andare a dormire con il sorriso" e io fu ciò che feci.
Non lo volevo perdere per nessuna ragione al mondo, ormai lui era mio ed io ero sua.
Va bene, a domani sera allora.
Ti amo.
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