26. Tamara
Tamara era arrivata al palazzo di Hepburn alle nove in punto di quella mattina per dare gli esami che l'avrebbero resa una vera Elenhir, un'apprendista.
Ufficialmente la vera sede dei figli di Amur, quella dove lavoravano anche i suoi genitori e sua sorella, era la Chiesa Bianca che svettava nel quartiere delle sette. Un grande edificio quadrato costruito con marmo bianco che risplendeva in mezzo agli altri edifici come una stella.
Sulla facciata principale c'erano enormi finestre dal colore blu chiaro che Tamara aveva osservato per molto del tempo con ammirazione quando era bambina. Le sembrava infatti che nel vetro azzurro vi fossero delle venature argentee e brillanti che si intrecciavano le une alle altre come ragnatele e quel dettaglio l'aveva sempre ipnotizzata.
Ma quel posto meraviglioso non poteva ospitare chi ancora non era almeno un Eleshi, ovvero un guerriero bianco, oppure un Asashi, ovvero un anziano.
Lei per ora era solo un'apprendista - sempre se superava i test iniziali - e quindi doveva studiare ed allenarsi all'interno del tetro palazzo di Hepburn.
Tamara quella mattina si era sentita particolarmente ansiosa. Avrebbe dovuto svolgere un test di conoscenza della storia magica, uno di conoscenza delle creature magiche e infine un test pratico di lotta e combattimento.
Superare quegli esami avrebbe significato diventare finalmente un apprendista, lasciare la scuola e la sua vita da persona qualunque, essere finalmente un gradino più vicino al giorno in cui avrebbe potuto mettere piede nella Chiesa Bianca.
Tamara svolse ogni prova con quell' unico pensiero in testa, stringendo al collo la collana con il pugnale di Amur e pensando a quanto avrebbe voluto condividere con Nick quel momento importante.
Nick rappresentava una distrazione allettante, per Tamara. Lo aveva conosciuto alla scuola pubblica, dove i suoi genitori l' avevano obbligata ad andare, e si era affezionata a lui molto presto.
Le piaceva il suo freddo senso dell'umorismo, quella sua rigida sicurezza, quel suo essere imperscrutabile e allo stesso tempo limpido.
Non aveva mai creduto che il fatto che lui fosse un vampiro potesse essere un problema. Credeva, in cuor suo, che fosse più innocuo di tanti umani che lei conosceva.
Eppure, mentre verso mezzogiorno di quella stessa mattina aspettava il risultato dei suoi test, si ritrovò ad ascoltare commenti davvero poco simpatici di altri giovani apprendisti come lei.
Erano tutti radunati al centro del palazzo di Hepburn, nella grande sala per le riunioni; una stanza spoglia ed ombrosa nella quale erano ammucchiate molte sedie rivolte verso un palchetto rialzato. Su questo un gruppo di professori stava parlottando tra loro dando le spalle agli studenti.
I futuri apprendisti di quell'anno - alcuni seduti sulle sedie, altri radunati in piccoli gruppi - aspettavano che il loro nome venisse chiamato a gran voce dai professori.
Infatti, se venivi chiamato eri dentro, se ti ignoravano, potevi tornare a casa.
Nell'attesa Tamara si sedette ed iniziò a giocare con le pieghe dei jeans per calmare i nervi.
Fu in quel momento che sentì, a qualche sedia di distanza, un gruppo di ragazzi che parlavano dei clan di vampiri uccisi di recente; commenti bizzarri sul fatto che tre clan erano troppo pochi e bisognava ucciderli tutti.
Tamara ascoltava in silenzio, e rabbrividiva.
Lei non aveva mai avuto una brutta idea dei figli di Amur. Pensava che fosse nobile dedicare la sua vita a proteggere chi non poteva; pensava che fosse irresistibile l'idea di potere vedere la magia, il mondo segreto, viverci nel mezzo come una guardiana.
Adesso i discorsi di Nick l'avevano confusa, il vociare di quei ragazzi lì davanti la stordiva.
Possibile che fosse vero? Possibile che ciò che la sua famiglia faceva da generazioni fosse sbagliato?
Possibile che i guerrieri bianchi uccidessero in preda all'odio e non alla ragione?
No, si ripeté lei, i figli di Amur avevano un codice.
Lo scopo dei guardiani bianchi era sempre stato solo quello di proteggere gli umani, monitorare la situazione, intervenire solo in caso di emergenza, uccidere solo quando c'erano prove certe.
Se quei clan di vampiri erano stati uccisi allora voleva dire che a loro volta avevano ucciso. La punizione era la morte.
<<René, piacere>> La ragazza che le sedeva accanto, tutta ossa sporgenti e occhi grandi e lucidi, le porse la mano.
Tamara si mosse impacciata. Sedeva immobile, le mani ordinatamente poste sulle ginocchia, i capelli lunghi legati in due morbide trecce. Tese anche lei la mano <<Tamara>>.
Renè era anche più agitata di lei. Si strisciava continuamente le mani sui jeans e si guardava intorno frenetica, un sorriso sbilenco sul viso. Aveva capelli di un rosso sbiadito che lei portava raccolti in una coda sbilenca.
<<Sei nervosa?>> Gli chiese la ragazza <<Ho saputo che se non superi questo test poi non puoi più rifarli>>.
Tamara picchiettò le dita sulla sua gamba <<Sì è vero. Però puoi diventare un Savio>> Accennò un sorriso.
I Savii erano una setta di piccole dimensioni, un gruppo di maestri, istruttori e studiosi del mondo magico formato, per lo più, da coloro che venivano esclusi dalla Chiesa Bianca.
Anche i Savii seguivano gli insegnamenti e i voleri di Amur ed ogni loro decisione veniva prima approvata dagli stessi Asashi.
Tamara non sarebbe mai potuta entrare nei Savii. La sua famiglia era da generazioni membro ufficiale della Chiesa bianca ed era destino che lo fosse anche lei, o almeno così le era stato detto.
<<Mio fratello ne fa parte>> Rispose la ragazza, impacciata <<Vengo da Vivres, comunque>> Aggiunse poi lei.
Tamara sbarrò gli occhi immaginandosi quella grande città. Aveva saputo che la Chiesa bianca di Vivres era un edificio bellissimo. Una chiesa monumentale, dalle guglie alte che si estendono verso il cielo, bianche e splendenti; sulla cui facciata svettavano vetrate di un azzurro cielo opaco e impenetrabile.
Qualcuno diceva che entrare in quel luogo era come perdersi in una città sotterranea costruita all'interno di mura di marmo chiaro.
Un posto a cui solo i figli DI Amur avevano accesso. Un posto sicuro.
<<È perché sei venuta ad Hepburn, scusa? Vivres è meravigliosa>> Gli chiese quindi Tamara, sbalordita.
<<Vivres è stata un po'... strana, ultimamente>> La ragazza si guardò intorno con gli occhi grandi e chiari che cercavano una via di fuga <<Molte ragazze umane dai capelli rossi sono state perseguitate, interrogate, ... la mia famiglia ha pensato che sarei stata meglio da un'altra parte>> Disse sempre René stringendo le labbra.
Tamara sbatté le palpebre <<Ragazze perseguitate? Da chi? E perché?>>.
La ragazza aprì la bocca per parlare, poi scosse la testa <<Insomma...>>.
<<Ho saputo che a Vivres si è sparsa la voce del ritorno delle tre chiavi>> A parlare era stato un ragazzo dai capelli di un biondo sbiadito, seduto accanto a Renè <<Alcuni amici mi hanno detto che la città è tappezzata di volantini su Elias e Mira>> Lui sorrise ironico, alzando un sopracciglio <<A quanto pare c'è ancora chi prende sul serio queste cose. Ma si sa, le grandi città creano caos per niente>>.
Tamara lo fissò per un istante senza sapere che cosa dire. Si ricordava vagamente di averne già sentito parlare, ma le sembrava tutto molto distante e sciocco.
Il fanatismo era da sempre presente in ogni setta. Già altre volte qualche gruppo aveva acclamato il ritorno di Elias, o aveva dichiarato di avere tra le mani la nuova Mira. Che poi si rivelava essere una povera ragazza dai capelli rossi, che non aveva nulla a che vedere con il mondo magico o segreto.
Tamara non poteva credere che certe cose potessero veramente accadere. Ormai erano nel ventunesimo secolo, chi poteva ancora attaccarsi così a storie e leggende?
Renè fece per ribattere qualcosa ma subito si fermò.
Ci fu un suono forte che portò silenzio nell'aula. I professori si erano alzati in piedi con aria solenne.
Tre individui dallo sguardo serio che indossavano lunghe tuniche bianche legate in vita da una corda azzurra e un omino in jeans e maglione, non vecchio quanto gli altri tre, ma con gli occhi che parevano esistere da sempre.
<<Drew Santhas>> Pronunciò uno degli Asashi avvolto nella sua tunica bianca.
La cerimonia era iniziata ed ora la prima ragazza ad essere stata ammessa si muoveva verso il palchetto dei professori per svolgere le procedure che l'avrebbero resa un apprendista dei figli di Amur.
Tamara posò lo sguardo teso sulla ragazza che se ne stava davanti ai quattro professori.
Nessuna delle parole che si scambiarono fu comprensibile.
Tamara la osservò semplicemente mentre scambiava le parole del giuramento con i professori, mentre chinava e rialzava la testa lasciando scorrere lo sguardo prima sulle tre tuniche bianche e infine sull'uomo in jeans.
<<Che paura che mi fa, Reco Sotra>> disse il ragazzo biondo accanto a René.
Anche lei era immobile ad osservare la scena, la pelle le era diventata di un bianco sbiadito, quasi del colore della cenere.
<<Non avevo mai visto uno stregone>> Aggiunse sempre lui parlando senza rivolgersi a nessuno.
Tamara sgranò gli occhi scuri e si soffermò sull'uomo in maglione. Era sicuramente lui lo stregone a cui il ragazzo si riferiva.
Guardandolo meglio Tamara si chiese come avesse fatto a non notarlo prima, era chiaro dalla profondità del suo sguardo che era un essere magico.
Ogni stregone che lei aveva visto, perché al contrario del ragazzo accanto a René lei ne aveva visti tanti, avevano occhi seri e profondi, che stonavano quasi sempre con il loro aspetto fin troppo giovanile.
La loro vera età era impressa nello sguardo, si disse lei.
<<Cosa ci fa qui uno stregone?>> Chiese quindi René girandosi verso il ragazzo.
Fu Tamara a rispondergli, ricordando a sè stessa di essere tra le più preparate del corso. Di certo non una che non sa riconoscere uno stregone o non ne ha mai visto uno <<Dopo il giuramento ti marchiano con un incantesimo permanente di unione>> Lei le sorrise <<Uno piccolo. Alcuni lo chiamano Illis, ha la forma di un'onda e viene fatto da tradizione per ricordare ad ognuno il proprio giuramento>>.
Tamara sorrise al pensiero di quella piccola onda di colore azzurro chiaro. Ogni membro della sua famiglia ne aveva una simile, sul polso sinistro.
<<Si dice che una volta, agli inizi della creazione del gruppo, fosse un incantesimo potente che legava i membri al movimento indissolubilmente>> Aggiunse il tipo biondo con un ghigno.
René lo guardò inorridita <<Non mi sembra una cosa da poco...>>.
Lui alzò le spalle, noncurante. Tamara notò che teneva le gambe stese davanti a sé, in maniera scomposta.
Poi lo sentì dire <<Ma era tempo fa... adesso non è più niente, secondo me, solo un simbolo. Gli incantesimi permanenti non posso essere impressi agli umani se sono troppo potenti. Ci ucciderebbero>>.
Il ragazzo aveva ragione. Ormai l'Illis era solo un simbolo senza nessun vero potere.
I mortali, infatti, non potevano sopportare incantesimi potenti. Questi potevano essere applicati al massimo temporaneamente, forse per i più potenti solo qualche ora.
Una volta, quando l'Illis era un vero incantesimo, si diceva che i figli di Amur fossero entrati in possesso di una sostanza capace di donare forza magica agli umani.
Nei libri che Tamara aveva letto si parlava di un bracciale di pietra bianca, tipo quello ancora usato dai guerrieri, che se indossato attribuiva all'umano una grande forza magica in grado di farlo sopravvivere a tutti i tipi di incantesimi. Ormai però quella pietra non veniva più utilizzata.
Alcuni dicevano che si era esaurita, altri che non era mai esistita ed erano tutte solo storie.
<<Tamara Bridge>> Pronunciò uno degli uomini in tunica.
Tamara sussultò sul posto. L'avevano chiamata, ce l'aveva fatta.
Si alzò con uno scatto ed avanzò nel corridoio tra le sedie fino ad arrivare di fronte al palchetto rialzato dove se ne stavano gli esaminatori.
I tre Asashi erano due donne e un uomo dallo sguardo immobile ed acquoso. Tutti e tre portavano i capelli ingrigiti ben nascosti sotto all'ampio cappuccio pesante. Stavano seduti sulle loro sedie dallo schienale alto, con le braccia incrociate sul tavolo di legno scuro davanti a loro.
Lo stregone, Reco, se ne stava in piedi accanto al tavolo. Aveva occhi di un castano intenso che si guardavano intorno frenetici e distratti, il suo viso era quello di un uomo giovane ma era teso in un'espressione fin troppo seria.
<<I tuoi test sono stati superati, Tamara Bridge>> Disse l'unico uomo tra i tre Asashi <<Se tu lo desideri diventerai una Elenhir ed entrerai nel circolo dei figli di Amur>>.
Tamara raddrizzò le spalle <<Lo desidero>>.
L'uomo fece un cenno con il capo <<Allora dovrai giurare>>Disse inumidendosi le labbra rugose <<Giuri di sottostare al volere di chi è sopra di te, prima gli Eleshi ed in seguito gli Asashi?>>.
Una delle due donne accanto all'uomo sollevò una pergamena per leggere e disse <<La pena per l'infrazione di questo giuramento è la retrocessione del grado>>.
Tamara strinse le labbra e disse, la voce sicura <<Lo giuro>>.
<<Giuri di non agire mai contro gli ordinamenti del Circolo dei figli di Amur?>>.
La sua voce era molle e roca, come un sussurro detto con le labbra a metà immerse nell'acqua.
La donna affianco a lui la osservò <<La pena per l'infrazione di questo giuramento è l'espulsione dal Circolo dei figli di Amur>>.
<<Lo giuro>> Disse sempre Tamara senza mai abbassare lo sguardo.
<<Giurì di usare gli insegnamenti che noi ti daremo solo per proteggere gli umani dai pericoli del mondo nascosto?>> Disse sempre l'uomo.
I suoi occhi erano di un verde ormai spento.
<<La pena per l'infrazione di questo giuramento è quella di essere portati di fronte al Consiglio Asashi per avere giudizio. Nel peggior caso, morte>>.
Tamara rimaneva dritta davanti al palchetto. Le labbra serrate e la fronte che diveniva sempre più umida.
Si sforzò per parlare chiaramente <<Lo giuro>>.
<<Allora sarai un figlio di Amur, nuova Elenhir, e come tutti i figli di Amur giurerai anche tu quello che i primi giurarono ad Amur stesso. Giuri quindi di aspettare il ritorno delle tre chiavi, giuri di attendere il giorno in cui torneranno per poterle eliminare e così porre fine alla magia sulla terra?>>.
La donna li accanto aveva appoggiato la pergamena e ora la guardava con sguardo glaciale <<La pena per l'infrazione di questo giuramento è la morte>>.
<<Lo giuro>> Disse Tamara senza mai abbassare lo sguardo.
Reco, a quel punto, le si avvicinò e le chiese il polso.
Lei allungò il braccio verso di Lui, riluttante.
Lo stregone con fare annoiato le racchiuse il polso sinistro con le mani, recitando qualche parola sottovoce. Lei avvertì una pressione al braccio, quasi come una puntura.
Reco tolse le mani e senza rivolgerle la parola tornò al suo posto accanto agli altri.
<<Ora tu sei un Elenhir>> Disse infine l'uomo facendole cenno di andare.
Tamara osservò il piccolo segno azzurro dell'onda che le marchiava il braccio.
Ce l'aveva fatta, si disse, era una figlia di Amur.
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