23. Nick


La vecchia casa di Vivres era ancora come loro l'avevano lasciata. Ogni cosa era al suo posto; il pianoforte di Beth contro il muro del salotto, i libri di Nick ammonticchati nell'ampio ingresso circolare, alcuni maglioni piegati sul divano che Chris aveva lasciato lì nella fretta.

Nick non ricordava quanto tempo fosse passato dall'ultima volta che era stato lì dentro e non aveva nemmeno la forza di pensarci.

Entrò nell'appartamento di fretta e con il fiatone; aprì la porta con un gesto brusco mentre teneva saldamente la piccola mano di Beth. Nel pugno destro stringeva due fialette di polvere grigia scura che non sembrava altro che cenere.

<<Su, entra>> Disse lui alla ragazza per incoraggiarla ad entrare.

Nella casa mancava la luce; lui provò a schiacciare una o due volte l'interruttore ma non accadde niente. Imprecò sottovoce ed afferrò il cellulare per accendere una torcia.

La ragazza si mosse verso il corridoio con passi lenti e strascicati, sulla testa portava un grande cappuccio nero che le copriva i luminosi capelli rossi.

<<È colpa mia>> Continuava a sussurrare lei con voce incrinata.

Nick la osservò accigliato; era entrata nel salotto quasi traballando sulle gambe lunghe e ora, con un gesto indeciso, lasciava scivolare le dita sullo schienale del vecchio divano. Quasi come per assicurarsi che fosse davvero lui.

Nick appoggiò le due fiale sul grande mobile scuro dell'ingresso prima di muoversi in fretta verso di lei passando sotto al grande arco che divideva l'anticamera dalla sala.

Si erano presentati al civico sei della dodicesima di Vivres all'ora prestabilita. Era lì che Beth avrebbe potuto attraversare il portale per raggiungere Eva.
Ma qualcosa non era andato come previsto.

Li avevano trovati.

Un gruppo numeroso li aveva raggiunti proprio quando Nick e Beth avevano svoltato l'angolo della dodicesima; entrando nel piccolo vicolo buio nel quale si trovava il civico sei. L' ombra non aveva permesso a Nick di vederli con chiarezza; gli erano apparsi solo come profili scuri che si stagliavano nell'ombra, senza volto o identità.

Ma al loro collo brillava un ciondolo luminoso che il ragazzo avrebbe saputo distinguere sempre; le tre chiavi che si uniscono.

Membri della setta dei tre cardini, allora aveva pensato lui stringendo i pugni.

Nick aveva stretto la mano di Beth e, trascinandola con sé, era subito corso sotto il portone del civico sei.

Questo era imponente; vecchio e composto da legno rovinato e sporco. Tutto intorno allo stipite si intravedeva un intarsio che rappresentava una ghirlanda di fiori.

Nick aveva suonato al campanello, più e più volte, ma non si era aperto nulla.

Così avevano iniziato a scappare per le vie di Vivres. Erano sgattaiolati via, correndo il più veloce possibile tra vicoli, passanti e strade trafficate.
Beth, ad un certo punto, era anche caduta a terra, sbattendo il viso sul cemento sporco di un marciapiede affollato.

Ora, nella penombra, Nick riusciva a vedere alcune gocce di sangue rosso che le scivolavano sul viso lasciandosi dietro una scia rossa e brillante.

<<No, Beth, no>> Disse, stanco.

Eva aveva accettato di aiutarli; ma perdere la memoria, aveva detto, era l'unico modo.

Da quando loro tre si erano riuniti, avevano ricordato i due nomi della maledizione. E ora che li sapevano erano ufficialmente diventati le chiavi.

Appena avevano ricordato Chris aveva proposto di fuggire; pensava che, non pronunciando i due nomi durante il rituale, fossero salvi.

Non era vero.

Se loro li ricordavano, allora il rituale di apertura poteva essere fatto, non importava che loro li dicessero ad alta voce. Bastava che li sapessero.

I membri della setta dei tre cardini stavano facendo il possibile per trovarli. Nick non riusciva a contare il numero di tutte le creature che aveva visto al servizio della setta; vampiri, stregoni, fate.

Strinse le mani intorno a Beth, avvolgendola in un abbraccio caldo, poi, insieme, si sedettero contro il muro.

Aveva bisogno di riprendere fiato, la corsa fino a lì lo aveva sfinito; si sentiva come bruciare la gabbia toracica.

Sapeva che suo padre aveva mandato anche degli eserciti per dargli la caccia; solo demoni di poco conto che riuscivano ad attraversare la porta, ma comunque non meno pericolosi.

Nick pensava che dovesse essere abbastanza arrabbiato per quello che stava succedendo. Lui è Chris erano i figli di un signore dell'inferno e, questo, non si aspettava certo di doverli obbligare a svolgere il rituale che tutto il loro mondo stava aspettando da così tanto tempo.

Con ogni probabilità era convinto, quando aveva deciso di mandarli sulla terra, che per loro fosse un onore.

E lo era stato per davvero, all'inizio. Soprattutto per Chrisa.

Nick scrollò la testa. Doveva smetterla di chiamarlo con quel nome. Aveva notato che quando lo chiamava in quel modo nei suoi occhi andavano come ad addensarsi nuvole scure. Quasi come se quel nome riuscisse a risvegliare il demone che era in lui.

<<Si è colpa mia, Nick>> Beth annaspava in cerca di aria, ma non piangeva, non si disperava. Stringeva le mani sulle braccia di Nick e lo guardava negli occhi senza abbassare mai lo sguardo. Due grandi iridi scure e dense del colore del cioccolato fuso <<Loro hanno... loro hanno il mio sangue. Possono trovarmi, con la magia, loro... >>.

Nick la strinse più forte. Quello non ci voleva, sembrava dirsi lui a labbra serrate.

Beth era stata presa dalla setta dei tre cardini, poche settimane prima, era lì che dovevano avergli preso il sangue ma, probabilmente, nemmeno lei aveva capito perché l'avessero fatto. Almeno fino ad ora.

Era stato quello il momento in cui Chris aveva accettato di perdere la memoria.

Inizialmente lui non era d'accordo, non si fidava di Eva, forse semplicemente desiderava che esistesse un altro modo.

Ma quando i membri dei tre cardini riuscirono a prendere Beth, Chris cambiò idea.
Accettò di perdere la memoria e accettò l'aiuto di Eva. Ed era stato meglio così perché, senza Eva, Nick non era nemmeno certo che sarebbero riusciti a riprendersi la ragazza.

Ricordava ancora il viso di suo fratello quando gliel' avevano portata via; nei suoi occhi blu si erano agitate la paura, lo sconcerto, la preoccupazione.
Nick non lo aveva mai visto tanto umano.

<<Verranno qui>> Disse lei con un filo di voce <<Non faremo in tempo>>.

Nick sperò davvero che lei si sbagliasse.

Eva aveva organizzato tutto nei minimi dettagli per quel giorno.
Christofer sarebbe stato il primo a svolgere l'incantesimo, sarebbe passato per una porta del tempo; diretto verso un'altra epoca.
Lui era l'unico tra loro tre in grado di attraversarne una indenne, d'altronde.

Dopo sarebbe toccato a loro.

Gli ordini di Eva erano di andare al civico sei sulla dodicesima di Vivres. Se si presentavano problemi sarebbero dovuti correre fino alla loro vecchia casa e lì si sarebbe aperto un altro portale d'emergenza.

Nick sperò con tutto se stesso che quello avvenisse in fretta.

Se era vero che avevano il sangue di Beth allora era anche possibile che stessero per raggiungerli proprio lì.

<<Presto si aprirà>> Disse Beth guardando l'ora sul telefono che Nick aveva appoggiato accanto a loro <<Eva ha detto mezzanotte>>.

Ci fu un attimo di silenzio. Nick lasciò andare Beth e si rialzò. Camminò fino alle boccette di polvere che aveva appoggiato sul mobile nell'ingresso e si riavvicinò alla ragazza stringendole nella mano destra.

<<Chris...ce l'avrà fatta?>> Disse lei in un altro sussurro. Aveva ancora il cappuccio nero sollevato sulla testa. Questo gli copriva il viso lasciando intravedere solo qualche spicchio di pelle chiara.

<<Si. Lui è in parte demone, può attraversare le porte del tempo senza problemi>> Nick le sorrise nell'ombra e Beth ricambiò nervosa.

Gli occhi di lei, quando lo guardarono, apparvero a Nick come due grandi sfere lucide, gli occhi di una bambina spaventata. 

<<Manca poco>> Disse sempre Nick <<Appena il portale si apre tu devi attraversarlo, va bene?>>.

Beth lo guardò, allarmata. Poi allungò il braccio verso di lui, gli prese la mano e la strinse <<Verrai anche tu. Non puoi rimanere, stanno arrivando qui>>.

<<Pronuncia la parola Beth>> Disse lui guardando l'ora, era mezzanotte.

Lei parve confusa, poi scrollò la testa <<Etaara>>.

Alla loro destra, vicino al pianoforte con i tasti ancora scoperti, si andò creando un vortice di intensa luce scura. Questo comparve come una piccola macchia nera nell'aria che poi si espanse velocemente fino ad assumere la forma di un'alta porta ad arco.

Nick e Beth si alzarono in piedi.

Lui prese un respiro profondo prima di scagliare una delle due fiaschette di polvere chiara nell'intrico di tenebre brillanti che formavano la porta.

La boccetta esplose subito in mille pezzi quando toccò la nebbia scura; la polvere sembrò disperdersi nel vortice nero finché l'intero portale non divenne di un color grigio metallico.

Passando attraverso la porta ora, Beth avrebbe dimenticato. Grazie alla polvere che Nick vi aveva lanciato dentro tutti i ricordi della ragazza sarebbero scomparsi.

Nick pensò al fratello, a Chris che attraversava una porta dello stesso colore grigio; lo immaginò mentre oltrepasava la porta temporale senza conoscere nemmeno l'epoca in cui sarebbe comparso. Lo immaginò mentre gettava la boccetta di polvere grigia nel portale; un'espressione indefinibile negli occhi del solito blu intenso e variabile.

Beth fece un passo in avanti tenendo ancora la mano di lui ben stretta. Nick la seguì senza opporsi, andando con lei sempre più vicino alla porta di vapore grigio.

La ragazza aveva gli occhi lucidi, si mordeva un labbro come per trattenere le lacrime.

Nick la guardò sfiorare con un dito la superficie liscia e vaporosa del portale <<Non voglio dimenticare, Nick>> Lei lo guardò negli occhi.

Le loro mani, intanto, erano ancora intrecciate; saldamente ancorate l'una all'altra.

<<Andrà tutto bene>> Disse lui distogliendo lo sguardo dai grandi occhi di lei.

Beth allora sollevò le loro mani, ancora unite, verso la porta.
Appena toccarono la superficie grigiastra, le dita di lei parvero fondersi con il turbine di colore argenteo, quasi disperdendosi anch' esse nel vortice di vapore chiaro.

Quelle di Nick, invece, si scontrarono sulla porta come se si trovassero contro una superficie di vetro.

Lui non sarebbe potuto passare, Nick lo sapeva già.

<<Cosa significa Nick?!>> Beth sgranò gli occhi e ritrasse la mano di scatto <<Non puoi, non puoi restare qui. Lei deve farti passare, perché ti ha lasciato fuori?>>.

Nick le sorrise.

Il salotto era completamente buio; l'unica luce proveniva dal grande portale grigio argenteo, ma era un bagliore fioco, appena sufficiente ad illuminare i loro visi.

<<Sai che non mi lascerà entrare. Non possiamo essere nella stessa epoca, ed io non posso passare dalle porte temporali. Devo rimanere qui>> Disse Nick con la voce pacata.

Eva aveva deciso che, per fare si che l'incantesimo funzionasse, loro sarebbero dovuti essere in epoche diverse, in modo da non incontrarsi mai.

Christofer era l'unico dei tre che poteva usare le porte temporali perché Beth e Nick, essendo umani, non avrebbero mai potuto attraversarne una. 

Eva, quindi, aveva deciso che Beth sarebbe andata nell'Ottocento da lei. Sarebbe passata attraverso una delle sue porte, perché se era un protettore ad aprire un passaggio temporale anche gli umani, se invitati, riuscivano a viaggiare indenni da un epoca all'altra.

Nick, invece, sarebbe rimasto nel presente. Perché non c'erano altri modi.

<<Ma tu avevi detto... che avevi trovato una soluzione>> La voce di Beth si fece acuta, quasi stridula e soffocata.

<<Ho mentito>> Nick parlò con le braccia rigide lungo i fianchi. Guardava la ragazza di fronte a lui con gli occhi spenti, annebbiati ed opachi <<Non c'è altro modo>>.

<<Ma non puoi rimanere qui! Chris non avrebbe mai accettato se avesse saputo che tu...>> Beth agitò una mano verso di lui <<Non puoi, Nick. Loro... >>.

Ci fu un botto; un suono sordo e deciso che fece vibrare la porta d'ingresso proprio come se qualcuno stesse cercando di buttarla giù a spallate.

Sia Nick che Beth si zittirono, guardandosi alle spalle stupiti e tremanti di paura.

<<Eva ha detto che mi aiuterà. Devi andare, Beth>> Ci fu un altro botto, la porta di ingresso tremò ancora e nell'aria si sollevò una folata di polvere grigia <<Devi andare, ora!>>.

La ragazza lo guardò senza muoversi di un centimetro; con gli occhi sbarrati, un po' lucidi e le labbra dischiuse.

Quando ci fu un altro scossone vicino alla porta, Nick le prese le spalle con decisione e la fece indietreggiare verso il portale.

<<Nick, no>> Beth sembrava sul punto di svenire; aveva la pelle bianca imperlata di sudore, gli occhi opachi, le labbra tese in una smorfia. Il suo viso era la maschera della disperazione. Con le mani cercò di afferrare i polsi del ragazzo per sbarazzarsi della sua presa, senza successo.

Lui continuava a tenerla per farla andare indietro e cercava di non guardarla troppo negli occhi.

<<Ti prego, Nick. Ti prego non mi lasciare da sola con lei. Vieni con me>> Disse ancora Beth con la voce strozzata.

Nick rafforzò la presa sulle spalle di lei e la costrinse ad indietreggiare ancora un pò <<Beth... mi dispiace. Con lei sarai al sicur...>>.

La porta tremò ancora, questa volta ancora più forte. Si produsse un rumore secco che si propagò per l'abitazione come un eco; somigliava al rumore del legno che si spezza e cede.

Beth arrivò a sfiorare la porta di fumo grigio con le spalle; alcuni ciuffi di capelli rossi sfuggiti al cappuccio scuro si stavano già mischiando al fumo dietro di lei.

<<No, No, Nick! Non...>>

Lui trattenne il fiato prima di spingerla con maggiore forza dentro al portale.

Il ragazzo rimase immobile mentre la sottile figura di Beth scivolava nel vortice chiaro come un'ombra sbiadita che si allungava e si distorceva nel turbine argenteo.
Rimase visibile solo un istante, giusto il tempo che ci volle al portale per richiudersi, e poi scomparve.

Intanto la porta continuava a vibrare sotto colpi forti ed incessanti, sempre più frequenti.

Nick li ignorò; cercò di non dare peso al modo in cui il legno vibrava rumoroso sotto i colpi di chi tentava entrare; strinse i pugni e si costrinse a mantenere la calma.

Lui sarebbe dovuto rimanere nel presente, nell'epoca più pericolosa per loro; l'epoca alla quale appartenevano tutti e tre; l'epoca dove le sette li stavano cercando.

Eppure, Eva gli aveva promesso protezione.

Nick strinse gli occhi e sperò intensamente di riceverla al più presto; poi prese la boccetta di polvere che gli rimaneva e la strinse nel pugno con forza.

A quel punto c'era una sola cosa che poteva fare. Quando quelli sarebbero riusciti ad entrare avrebbe rotto la boccetta di polvere per terra. L'avrebbe lanciata con tutte le sue forze sul pavimento; avrebbe permesso che la polvere grigia si sollevasse nell'aria intorno a lui portandogli via ogni ricordo.

Forse, pensava Nick con le labbra secche, forse in quel modo sarebbe riuscito anche ad offuscare i ricordi di chi stava seguendo Beth.

Si, se avesse aspettato il momento giusto la polvere avrebbe funzionato anche su di loro, avrebbe invaso l'intera stanza.

Tutti loro avrebbero dimenticato.

Non dovevano accorgersi che Beth era sparita, non dovevano capire che avevano chiesto aiuto ai Protettori.

•●•●•●•

Nick si svegliò a metà mattinata con ancora quella voce sottile nella testa.

"No, No, Nick!"

Ma oltre questo non ricordava molto altro sul sogno che aveva fato. Gli rimaneva solo la sensazione di correre veloce, la pressione di una mano sul braccio.

Nick si alzò a metà sul letto e prese fiato.

Era la seconda volta, quella notte, che faceva quello strano sogno. Ed era la seconda volta, nella stessa nottata, che si svegliava annaspando in cerca di aria e di fiato.

Quel sogno era riuscito a sconvolgerlo; Nick si era svegliato con la pelle bianca e gli occhi infossati.

Lui si guardò intorno aggrottando la fronte; erano le nove del mattino, molto probabilmente, e lui non era a scuola.

Sbuffò.

Non che ci andasse mai troppo, lui, a scuola. Ma avrebbe voluto vedere Tamara; parlarle del sogno, forse; o semplicemente trovare un po' di sollievo tra le braccia di lei, farsi avvolgere dal suono della sua voce così familiare e dolce.
Una voce diversa da quella strozzata che lo aveva chiamato nel sogno.

"No, No, Nick!"

Nick rabbrividì ancora mettendo i piedi fuori dal letto.

Tom dormiva ancora; era solo una forma indistinta sepolta da un pesante groviglio di coperte.

Nick si vestì in tutta fretta cercando di fare meno rumore possibile. Infilò dei jeans chiari ed un maglione di stoffa pesante, si infilò le scarpe di tela nera spingendo di fretta con i talloni per riuscire a metterle senza doverle slacciare, prese le chiavi, il telefono e uscì di casa senza preoccuparsi di avvisare gli altri.

Scese le scale del condominio con un passo veloce, quasi saltando gli scalini a due a due per la fretta. Quando fu finalmente in strada rabbrividì per il freddo; l'aria autunnale di quella mattina era fresca ed umida, gli pungeva la pelle scoperta del viso facendogli ingobbire la schiena ed infossare la testa tra le spalle.

Iniziò a camminare con le mani nelle tasche e il capo chino. Durante la mattinata i quartieri magici erano sempre terribilmente vuoti ad eccezione del quartiere delle sette dove, però, Nick non sarebbe mai andato.

Lui si mosse sulla Persia Road, tra demoni che lavavano i marciapiedi imbrattati di strane sostanze viscose della notte prima e altre ombre avvolte in cappotti scuri che si aggiravano silenziose da un lato all'altro della strada.

Nick vide anche qualche umano che camminava noncurante sul marciapiede opposto, le mani nelle tasche, lo sguardo basso proprio come il suo.

Il ragazzo si chiese come apparisse quella via dai colori brillanti, agli occhi di un umano. Si chiese come appariva, al ragazzo umano sul marciapiede, il vampiro che gli camminava di fronte, ondeggiando da un lato all'altro probabilmente ubriaco.

Nick, però, non provò nemmeno a rispondere a queste sue domande.

Si guardava intorno stranito, turbato, e aveva ancora la sensazione di essere inseguito. Come se si trovasse di nuovo in quel suo sogno strano e confuso.

Sentiva ancora la pressione di una mano sul polso, e quella voce sottile e spezzata che lo chiamava gli rimbombava in testa come un eco costante.

Arrivò al locale delle Ninfe così, tra un pensiero ed un altro, ma questo era chiuso. La serranda era tirata fin giù, le finestre erano chiuse da inferriate e sull'ingresso un cartello malandato indicava gli orari di apertura e chiusura.

Lui si sporse con il naso in avanti per leggere tra le righe di inchiostro colato, rovinato dalla pioggia; il locale apriva alle quattro del pomeriggio.

Nick sbuffò prima di affacciarsi alla stradina laterale che si trovava alla destra del grande edificio che costituiva il Blue Tuli. Sapeva che in quel vicolo c'era la porta che conduceva agli appartamenti sopra il locale e gli sembrava di ricordare che Natalie vivesse li, così si avvicinò al piccolo ingresso grigio e prese a bussare.

Non c'erano campanelli di nessuna sorta ma era normale. Le ninfe, come tutte le creature magiche collegate alla natura, avevano un udito molto fine e delicato.

Fate, si disse lui sovrappensiero pensando alle ninfe, a tutti gli esseri uniti agli elementi. In realtà il termine fata era stato inventato proprio per semplificare il concetto di creatura legata alla natura. Gli esseri di acqua, aria, terra e vento, però, difficilmente amavano quella definizione.

Ad ogni modo Nick non aveva idea di come preferissero essere chiamati e quindi smise subito di pensarci.

La porta si aprì con uno scatto e, sulla soglia, comparve un uomo di mezza età che dimostrava meno anni di quelli che aveva.

Aveva lunghi capelli neri legati dietro la testa in una lunga coda bassa e occhi scuri che scintillavano nell'ombra del corridoio alle sue spalle.

Nick pensò che doveva essere una fata, o di acqua o di aria, perché i suoi capelli scuri mandavano dei leggeri bagliori blu. Ma non portava sul viso i segni caratteristici della sua specie; pelle brillante, occhi luminosi, denti appuntiti. Pareva quasi che si fosse travestito, grazie ad un incantesimo, per nascondere la propria forma.

<<Cosa vuoi, ragazzo?>> L'uomo parlò con voce greve, tenendo con una mano la porta d'ingresso malandata e grigiastra.

Il palazzo che si trovava proprio sopra il locale delle ninfe, da quel che sapeva Nick, era un centro di rifugio per le creature naturali che volevano vivere nel quartiere magico. Era raro, infatti, che queste decidessero di abbandonare i loro rifugi naturali per spostarsi verso le città. Ma quando succedeva si riunivano tutti in zone attrezzate per la loro specie.

Alcuni dicevano che i condomini delle fate fossero incantati; pervasi dalla magia degli elementi. Altri parlavano di questi come di labirinti talmente grandi da non avere una fine.

<<Cerco Natalie>> Disse Lui, più impacciato di quanto avrebbe voluto.

Tamara gli aveva mandato un messaggio ma lui si era sforzato per non aprirlo. Da quando Tom gli aveva parlato dei Protettori Nick aveva deciso di lasciarla fuori da tutta quella storia.

Dubitava che sarebbe mai riuscito a convincerla a starne fuori davvero, però. Conosceva Tamara abbastanza bene da sapere che "testarda" era praticamente il suo secondo nome.

<<Natalie, la ninfa?>> Gli occhi di lui brillarono.

Nick annuì, spaesato.

L'uomo si guardò intorno con gli occhi acquosi e lo esaminò con un espressione indecifrabile.

Ora che Nick lo osservava meglio era abbastanza certo che l'uomo avesse mascherato la sua vera forma attraverso un incantesimo di camuffamento. I tratti di lui parevano artefatti e nebulosi, ogni tanto la sua pelle emetteva un bagliore che subito veniva soffocato.

Forse l'esigenza di camuffarsi aveva qualcosa a che fare con i figli di Amur e le numerose persecuzioni degli ultimi anni, poi si disse lui.

Per alcune ninfe era normale ricorrere agli incantesimi; ma Nick non ricordava di avere mai visto gli altri esseri naturali mascherarsi in modo tanto definitivo.

<<Allora seguimi; le ninfe si trovano qualche piano più in alto. Al livello "laguna">> L'uomo si voltò per fargli strada e Nick entrò dalla porta.

Appena mise il primo piede nel corridoio l'aria intorno a lui sembrò mutare forma fino a trasformarsi.

Nick notò con stupore che la conformazione del palazzo all'interno non aveva niente a che fare con la sua forma esteriore.

Da fuori, quello, non era altro che l'appartamento fatiscente che si trova sopra un locale notturno; con la porta di ingresso che da sulla via laterale. Un semplice vicoletto umido dove si trovano i bidoni e le scale antincendio.

Dentro, invece, Nick si ritrovò a percorrere un corridoio talmente lungo da non vederne la fine, finemente decorato con mosaici che riproducevano i colori dell'acqua, delle onde, dei coralli che, colorati e brillanti, si agitano sul fondale marino.

<<Questo è il livello "oceano">> Disse L'uomo storcendo le labbra in una smorfia soddisfatta <<Per entrare al livello "laguna" devi bussare tre volte. Non cinque come hai fatto tu>>

Nick si chiese quanti piani ci fossero ma si limitò ad annuire.

<<Lo terrò a mente, grazie>> Borbottò poi.

Il lungo corridoio era illuminato da lampade al neon di colore blu che erano incavate in lunghe linee sulle due estremità del pavimento piastrellato. Ogni tanto compariva una porta dalla tintura verde, ognuna contrassegnata da un disegno marino. Su una di quelle Nick vide l'immagine di un polipo color oro che si faceva largo su tutta la porta; su un altra, invece, c'era l'immagine più piccola di un cavalluccio marino dipinto con tinte rosa.

Nick proseguiva con stupore. Aveva sempre sentito parlare della magia delle fate ma era la prima volta che la vedeva con i suoi stessi occhi.

Ogni cosa di quel posto sembrava incantata; quasi come se quei colori, quei disegni e quelle luci potessero davvero trasportare lì all'interno il mare intero.

D'altronde, difficilmente un essere naturale avrebbe vissuto lontano dal proprio elemento.

Presto il corridoio iniziò a salire verso l'alto e le luci cambiarono colore, si affievolirono e divennero più verdi.
Anche le pareti iniziarono a divenire di colori diversi; grigio scuro, verde, azzurro sporco.

Nell'aria vi era uno strano odore dolciastro e tanto vapore.

L'uomo lo lasciò davanti ad una porta dal colore verde scuro; intorno allo stipite vi erano alcune scritte in una lingua che Nick non conosceva.

Queste gli ammiccarono, brillando di argento e di oro nella penombra.

Nick prese fiato, rumorosamente, prima di sollevare il pugno con l'intenzione di bussare.

Natalie gli aprì la porta ancora prima che le sue nocche potessero toccare il legno.

<<Dimmi che non è vero>> Disse lei arricciando le labbra in una smorfia.
Indossava un vestito nero che le si chiudeva stretto sul collo, le solite calze a rete e i grandi anfibi scuri che metteva sempre.

Nick pensò che contrastasse quasi completamente con l'ambiente che la circondava; aveva un rossetto nero intenso che le disegnava le labbra carnose; i suoi occhi erano cerchiati da profonde righe scure; al polso gli brillava un braccialetto robusto di pelle rossa con delle borchie incastonate.

Però i capelli erano proprio quelli di una ninfa, si disse lui; azzurro chiaro e splendente, verde marino e sporco.

Natalie incrociò le braccia al petto<<Dimmi che non sto vedendo davvero te fuori dalla mia porta. Alle dieci del mattino>>.

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