21. Christofer


Anno 1824

Christofer aveva dormito sì e no qualche ora.

Eva lo aveva lasciato immobile nella sua stanza per un po' di tempo, anche se Chris non avrebbe saputo dire quanto ne fosse passato.
Lui aveva aspettato a labbra serrate, con i polsi e le caviglie indolenzite ed il taglio sul suo petto che si rimarginava velocemente; colorandosi della luce chiara e brillante di ogni incantesimo.
Mentre la pelle graffiata si richiudeva Chris aveva sentito un dolore forte e persistente che gli aveva fatto stringere i denti, tendere ogni muscolo.

A farlo soffrire era stato anche il pensiero di lei, del suo matrimonio. Appena la sua mente sfiorava quell'idea il respiro di lui si appesantiva, la pelle gli iniziava a scottare proprio come se il suo sangue stesse effettivamente bollendo di rabbia.

Il primo attacco di rabbia lo aveva colpito subito dopo che Eva se ne era andata dalla camera, chiudendosi la porta alle spalle con leggerezza. Chris era rimasto solo, nell'ombra, con lo sguardo perso e le labbra chiuse in un'espressione di dolore e fastidio.

Una forte ondata di rancore lo aveva aggredito insieme al ricordo di lei, del suo viso, del sapore della sua bocca sulla sua.

Chris, allora, aveva tirato uno strattone ai legacci che gli tenevano fermi i polsi ed era stato proprio in quel momento, mentre si dimenava cercando di liberarsi, che aveva sentito.

L'incantesimo a mezzo cerchio, che Eva gli aveva inciso sul petto, aveva iniziato a brillare. Una luce argentea ed opaca si faceva largo da sotto la pelle di lui, dalle strisce rosse dei tagli ancora aperti ed anche dalle righe pulite di quelli che si erano già rimarginati. Un bagliore etereo e pulsante che portava con sé anche un lancinante dolore.

Chris strabuzzò gli occhi quando ne percepì l'intensità; gli sembrò di non essere più in grado di respirare, quel dolore acuto lo bloccava ed ogni minimo movimento lo portava ad emettere una sottospecie di gorgoglio.

Lui rinunciò ad ogni resistenza e si abbandonò sul materasso sotto di sé; inerme e turbato.

"Se farai qualcosa che non devi, l'incantesimo te lo impedirà".

Le parole di Eva gli tornarono alla mente veloci e chiarissime; quasi come se lui le stesse risentendo di nuovo, proprio in quel momento. Christofer, allora, strinse le labbra in una smorfia tesa mentre sentiva il dolore di poco prima affievolirsi e la luce diventare sempre più tenue, fino a sparire.

Così era rimasto scioccato ed immobile, con la testa premuta sul cuscino sotto di lui e gli occhi semichiusi e stanchi, finché Mrs. Tillert non lo era andato a liberare un po' di tempo dopo.

Forse qualche ora, o forse qualche minuto, Chris non riuscì a capirlo.

Eva aveva provveduto a trovargli un altro completo da indossare, sempre scuro, anonimo, in modo da non farsi notare. In più gli aveva fatto preparare anche una borsa con alcuni vestiti da indossare nell'epoca moderna. Li c'erano anche i suoi; la camicia bianca che aveva indossato quando era stato da Jessie e i suoi jeans scuri.

Mrs. Tillert gli aveva lasciato il tempo per cambiarsi lanciandogli sguardi severi da sotto le ciglia scarne.
Poi lo aveva scortato in salotto, dove lui si era seduto inquieto e teso, chiuso tra muri rivestiti di carta da parati gialla.

La stanza era illuminata dalle luci del sole; tutto appariva luminoso e caldo. La luce entrava di straforo dalle grandi finestre e si riversava sulla carta da parati decorata con un motivo di fiori sbiaditi; sui divani foderati con tessuti preziosi, lisci e splendenti; sui mobili e sulle mensole sulle quali splendevano ancora mazzi di fiori dai colori flebili.

Chris si sentiva nervoso, aveva le labbra secche ed i muscoli stanchi, quasi usurati.

Il Tellurio era come veleno per i demoni; li indeboliva fino allo stremo e così aveva fatto anche con lui. Chris riusciva ancora a sentire il fastidio che gli aveva procurato la vicinanza al minerale. I polsi e le caviglie gli prudevano ed erano rosse come se si fossero escoriate.

Eva lo aveva lasciato lì più tempo del dovuto di proposito, sembrò dirsi lui allora irrigidendo i pugni. Voleva che lui si indebolisse al punto di non rappresentare una minaccia per lei.

La possibilità che Eva lo considerasse come un problema lo consolò quando la sentì entrare nella camera.

La porta, alla sinistra del divano, schricchiolò leggermente nel momento in cui lei l'aprì, e poi si richiuse con lo stesso rumore flebile.
Eva si avvicinò al divano con passi leggeri, lo superò senza guardare Christofer e si sistemò sulla solita poltrona. Una sedia rivestita con tessuti chiari che se ne stava, posizionata a tre quarti, proprio accanto ad una finestra. Sul davanzale un mazzo di fiori bianchi si illuminava di luce calda a contatto con i raggi del sole.

Quando Chris si allungò per afferrare un biscotto dalla ciotola sul tavolinetto davanti al divano, lei si limitò a soppesarlo con lo sguardo. Sul suo viso si andava disegnando un sorriso teso.

<<Hai ricevuto le tue borse?>> Disse poi lei agitando una mano nella sua direzione.

Christofer sentiva ancora la forza dell'incantesimo che aveva sul petto; una sensazione di pressione forte e pulsante che lo opprimeva facendogli serrare i denti.
Lui contrasse la mascella, uno spasmo involontario, poi strinse i pugni.

<<Si>> Rispose semplicemente.

Diede un morso al biscotto e masticò con calma. Gli occhi blu di lui scrutavano Eva con precisione e astio da sotto le ciglia lunghe e folte.

Lei pareva non farci caso. Le sue labbra perfettamente disegnate si tendevano in un sorriso dolce, alcuni piccoli boccoli di capelli scuri le ondeggiavano davanti alle orecchie.

<<Ti ripeterò le regole principali, Christofer>> Disse lei poi puntando i suoi grandi occhi blu in quelli altrettanto blu di lui. Il viso di lei, tondo e delicato, assunse tratti più spigolosi e decisi quando lei parlò ancora <<Tornerai nell'epoca moderna e marcerai verso Vivres. Andrai al rifugio e parlerai con Leonard. Il tuo obbiettivo è indebolire il tuo lato demoniaco>>.

Lei sorrise quando Mrs. Tillert entrò portando due tazze di thè per entrambi. La donna camminò di fretta, ondeggiando da una parte all'altra con quel suo vassoio d'argento tra le mani; appoggiò le tazze, la teiera e una zuccheriera sul tavolinetto e poi se ne andò con lo stesso passo indeciso e traballante.

Chris intanto aveva preso altri due e tre biscotti, li masticava meccanicamente, sperava che quelli bastassero per fargli recuperare un po' di forze.
Se in quel momento si fosse trovato alle strette non avrebbe potuto reagire, non mentre era tanto debole, e la cosa lo turbava.

Eva continuò <<Non farai altro oltre a quello che ti ho detto. Se ci proverai l'incantesimo ti fermerà con il dolore. Un dolore forte che dovrebbe bastare anche per mettere a tacere la rabbia ed indebolirti. Se non dovesse bastare grazie a quello io posso trovarti, Chris, e non ti perderò d'occhio>>.

Lui annuì, i capelli scuri si mossero accompagnando quel movimento e gli coprirono la fronte <<Come arrivo a Vivres?>>.

<<Non sarai solo>> Eva sorrise e il suo sguardo si spostò da lui alla finestra; da lì si intravedeva un prato verde, qualche collina in lontananza, talmente distante da sembrare azzurra <<Ti guiderà Seefe, una delle mie collaboratrici più fidate. Passerete da una delle mie porte>>.

Christofer non si lamentò e non rispose.

Era ancora intento a guardare verso il basso, sopprimeva i respiri e la rabbia. Sopprimeva soprattutto i ricordi di lei, di Beth.

Chris si bloccò; non doveva dire il suo nome o sarebbe solo stato peggio, sembrò ripetersi.

La porta della stanza si aprì di nuovo; ancora con lo stesso scricchiolio flebile, e nella sala entrò a passi indecisi una domestica dagli occhi acquosi <<I cavalli sono stati sellati, signorina>>.

Eva le sorrise, arricciando le labbra con eleganza <<Timir è tornato?>>.

Christofer strinse i pugni ma non parlò. Si sentiva ancora la fronte umida di sudore; resistere alla rabbia era difficile, il pensiero di lei era troppo pesante ma era la forte pressione che il cerchio inciso sul suo petto esercitava su di lui a preoccuparlo davvero.

La domestica, una ragazzina bassa e spigolosa, assentì una volta con il capo <<Sia Timir che la sarta sono a casa. L'abito andava bene>>.

Eva sorrise inclinando le labbra rosse di lato. Chris la guardò mentre posava i suoi occhi intensi prima sulla domestica e poi su di lui. Sembrava quasi che stesse aspettando una reazione da parte di Chris.

Lui invece non si scompose, avvicinò la tazza di thè alle labbra e si lisciò alcune pieghe sui pantaloni.

<<Bene, bene>> Eva si alzò con un gesto veloce <<Bene, Christofer, seguimi>>.

Chris si alzò con un gesto fluido, con la giacca e la camicia che Mrs Tillert gli aveva fatto indossare che gli si muovevano sulle spalle ad ogni passo.

Chris non pensava, o almeno provava a non farlo. Stringeva i pugni e soffocava qualunque ricordo o emozione che lo riportava all'idea di lei.

Eva lo scortò sul giardino sul retro; un ampio spiazzo di ciottoli circondato da un giardino all'inglese, un intrico di prati e cespugli di un verde acceso e rigoglioso.

Due cavalli erano già stati sellati e preparati alla partenza; sul più robusto erano state caricate anche le due piccole borse di Chris.

Timir osservava la scena da lontano con un cipiglio sul viso. Pareva che la fronte gli si aggrottasse sempre un po' di più mentre, con la schiena appoggiata alla solita carrozza e le braccia incrociate sul petto, guardava Chris ed Eva che si recavano a passo veloce verso i due cavalli sellati.

Lo stalliere, un ragazzo grosso con la faccia tonda e arrossata, intanto faceva avanti ed indietro insieme ad altri due giovani ragazzi dai capelli chiari.

Nel cortile risuonavano rumori di ogni sorta; bisbigli, rumori di passi sul selciato, i botti dei carichi che venivano presi e montati, il suono dei cavalli che percorrevano la strada per arrivare in paese.

Christofer sorrise nella direzione di Timir quando incontrò i suoi occhi verdi, quasi velenosi.
Questo non si mosse e non rispose alla provocazione di Chris. Lo soppesò un attimo con gli occhi intensi e poi, staccandosi dalla carrozza con un gesto fluido, se ne andò.

Intanto Eva era andata poco più avanti, camminando sul selciato con il suo grande e gonfio abito scarlatto. I capelli scuri erano come al solito raccolti in una morbida acconciatura dalla quale sfuggivano solo alcune ciocche ricciole.

Christofer si avvicinò a loro, le mani rigide contro i fianchi e lo sguardo spaesato. Si sentiva ancora molto stanco ed i suoi passi gli apparivano meno fermi del solito. Strinse le labbra in una ferma linea sottile quando arrivò al fianco di Eva.

Lei stava parlando con una ragazza che a Chris sembrò solo di poco più grande di lui. Era vestita con quella che gli pareva essere una divisa; indossava pantaloni stretti con, alla vita, una cintura per le armi e una maglia sfrangiata, di colore marrone, che le cadeva libera sui fianchi per poi incastrarglisi sotto la cintura.

Chris sapeva che era un demone. Lo aveva capito fin dal primo sguardo, dal momento in cui si era avvicinato di un passo a loro due.

<<Seefe...>> Stava dicendo Eva <<Sai qual'è il tuo compito>>.

La ragazza annuì chinando il capo. I suoi capelli erano del colore dell'argento splendente, i suoi occhi non erano altro che due pozze scure nella quale si agitavano il nero, il marrone e un tocco di oro.

Quando questa vide Chris, chinò il capo anche verso di lui.

Il ragazzo la osservò per un attimo con i suoi occhi profondi e tanto blu da ricordare l'acqua del mare. Vedeva che sulla spalla di lei, coperto solo da una spallina sottile, vi era un giglio colorato di nero. Quel segno emanava un'energia palpabile e densa che a Chris risultò talmente fastidiosa da fargli arricciare il naso.

Ritze, allora pensò lui irritato, il segno distintivo di chi viene sconfitto.

<<Seefe sarà la tua guida. Il tuo guardiano. La tua scorta>> Eva agitò una mano in aria e rise <<Stai attento, giovane demone>> Lo guardò negli occhi per un lungo istante, lo sguardo di lei era invadente e deciso; talmente intenso che a lui sembrava di poterlo percepire come una carezza sulla pelle.

Chris non rispose e si limitò a guardarla di sbieco mentre questa rientrava in casa con passi decisi ed il vestito lungo che le oscillava dietro alle gambe strisciando sull'acciottolato del cortile.

Seefe salì su uno dei due cavalli; quello bianco dalla criniera d'oro. Si mise dritta sulla sella e lo osservò con gli occhi grandi e bui per qualche istante.
La pelle di lei sembrava splendere da quanto era chiara. Talmente chiara che qualunque colore su di lei poteva fare contrasto; il rosso delle sue labbra, per esempio, o persino l'argento dei lunghi capelli che portava raccolti in una treccia.

Chris emise un respiro profondo prima di salire sul secondo cavallo. Il solito purosangue dal colore scuro e dalla criniera nera.

Christofer ci si issò sopra con destrezza ed afferrò le redini con entrambe le mani. Aveva ancora le labbra serrate ed i suoi occhi non erano altro che due fessure strette contornate da ombre violacee.

Seefe lo guardò per accertarsi che fosse pronto a partire. Il viso di lei era sottile e delicato, una bocca piccola e rossa spiccava sul bianco della sua pelle in maniera quasi accecante.

Chris la vide tirare le redini e fare partire il cavallo al passo e lui fece lo stesso.

Su di sé sentiva ancora lo sguardo verde di Timir che lo osservava da qualche anfratto del cortile. Se non ci fosse stato l'incantesimo forse Chris sarebbe sceso da cavallo in quel momento stesso per fargliela pagare.

Però l'incantesimo c'era, sembrava borbottare lui; gli vibrava sul petto con violenza, pulsando sotto la camicia bianca e la giacca.

Christofer ne percepiva l'intensità chiaramente, talmente forte che era impossibile ignorarla. Era molto superiore a quella degli incantesimi che si era procurato con la ninfa. Ma, in fin dei conti, era l'incantesimo di un protettore, era magia di sangue.

Probabilmente sarebbero passati mesi prima che la magia si fosse affievolita. Probabilmente, pensava lui stringendo la presa sulle redini, sarebbe passato un anno intero prima che l'incantesimo sparisse del tutto.

Lui e Seefe portarono i cavalli al passo per uscire dalla residenza di Eva e si infilarono su una strada principale; la stessa che Christofer aveva già attraversato al suo arrivo.

Le strade del paese erano animate dal turbinio del pomeriggio. Carri e carrozze si dirigevano frenetiche verso il centro di Villosbry, schiere di passanti camminavano ai lati delle strade coprendosi gli occhi dal sole con la mano.

Chris e Seefe passavano in mezzo a tutto quello nel silenzio, protetti dietro un incantesimo temporaneo capace di nasconderli.

Se non fosse stato così, pensava Christofer, sicuramente Seefe avrebbe dato nell'occhio con la sua divisa da guerriera e i capelli intrecciati che risplendevano come uno spicchio di luna.

Presto le strade divennero più larghe e meno popolate. Chris riconobbe il sentiero che portava alla locanda dove era andato con Timir, ma subito distolse lo sguardo dal ricordo di quello che era successo.

Intorno a loro i prati si aprivano come ampie distese verdi verso l'orizzonte e lui continuava a voltare il viso da una parte all'altra, stancamente.

Cavalcava a schiena dritta, con le redini ben tenute dalle mani, lo sguardo rigido, i lineamenti dolci induriti da un espressione seria che non gli si addiceva.

Seefe decise di parlare solo quando la strada sfociò all'interno di una piccola radura.

Girò il viso di tre quarti verso di lui mentre il cavallo bianco, che lei cavalcava, proseguiva in avanti con andamento semplice. Gli occhi di lei brillavano scuri alla luce del sole; c'era una punta di emozione nello sguardo di Seefe che a Chris ricordava la commozione del ricordo.

<<È un onore per me scortarvi, principe Chrisa>> Lei inclinò la testa di lato. I capelli d'argento le facevano risplendere il viso. Sulla sua spalla brillava di nero il piccolo disegno del giglio che indicava che anche lei era un Ritze.

Christofer aveva vissuto abbastanza tempo nel mondo dall'altra parte per sapere che cosa erano i Ritze. Tutti i demoni minori, nel suo mondo, ubbidivano ai signori dell'Inferno e ai principi solo per non diventarlo.
Se infatti, in uno scontro, un demone si dimostra superiore ad un altro si crea un rapporto che non può essere più spezzato.

Normalmente sulla terra solo i protettori riuscivano a dimostrarsi superiori ai demoni. Ma, di solito, erano demoni di basso rango, per lo più mutaforma.

Seefe invece sembrava diversa.

<<Nessuno mi chiama così, qui>> Disse lui serrando le labbra al ricordo di quel nome, al ricordo di quando lui viveva dall'altra parte come un potente principe.
Erano successe tante cose, da allora, pensava lui.

Avevano scoperto che lui non era solo un demone, era nato suo fratello e i signori avevano capito.

Chris scrollò La testa.

<<Io ti ho conosciuto con quel nome>> Disse lei voltando di nuovo il viso appuntito verso la strada di fronte a sé <<Sono venuta sulla terra per te. Ero al servizio di tuo padre>>.

Christofer si irrigidì ancora di più.
Ecco che cos'era, pensò lui, un demone guerriero. Non era un semplice parassita ma un demone di alto rango. Eppure, si disse il ragazzo, i colori scuri che gli si agitavano nell'iride indicavano che non possedeva molta magia e forza.

<<Sei venuta qui per noi, vorrai dire. Volevi che aprissimo la porta>> Ribatte il ragazzo.

Christofer sapeva che cosa si aspettavano da lui suo padre e gli altri signori dell'Inferno. Il suo destino era quello di unire i due mondi, era quello di permettere ai demoni di nutrirsi del mondo mortale fino a non lasciare più nulla.

Per ora i demoni più potenti non potevano marciare sulla terra, la porta era troppo piccola. Potevano passare solo i parassiti e i demoni più piccoli. Alcune volte anche demoni forti ma poco potenti, come nel caso di Seefe.

Christofer era l'unico principe a potere muoversi da una parte all'altra. Perché era sia un demone che un uomo ed entrambi i mondi erano i suoi.

Lei non rispose subito, sembrava rilassata, serena <<Tutti noi volevamo solo che il tuo destino si compisse. Ero venuta ad aiutarti. Tuo padre avrebbe accolto nella sua corte anche la ragazza e il principe uomo. Nicra>>.

<<Nickolas>> Sibilò Chris girando il viso dall'altra parte. Non gli piaceva quella conversazione, il ricordo di suo padre, il pensiero di casa sua <<Alla fine mi pare che tu non ci sia riuscita. Sei una serva, ora>>.

<<La signorina ha un potere molto forte>> Disse lei seria, accennando al giglio sulla sua spalla <<Un potere quasi pari a quello di un signore del nostro mondo>>.

<<Ti ha sconfitto>> Disse lui senza più guardarla.

<<Era inevitabile>> Lei girò il viso fino a poterlo guardare negli occhi <<Nei tuoi occhi, Chrisa, vedo lo stesso potere>>.

Christofer distolse lo sguardo.

Il potere dei demoni era qualcosa che sulla terra non esisteva se non nei Protettori. Sulla terra era chiamato ottavo potere, nel mondo dall'altra parte, invece, potere dell'eterno.
Ma rimaneva la stessa cosa; un energia talmente forte da plasmare tempo e spazio e raccogliere i frammenti delle cose passate e future, quelle energie che si agitano dovunque, in ogni momento.

Questo era il potere che si muoveva dentro ad ogni demone e dentro ai protettori.
Alcuni dicevano che riusciva a fuoriuscire dai loro occhi perché arricchisce lo sguardo di chi lo possiede di sfumature mutevoli, varie.

In realtà Christofer sapeva che il colore più puro di quel potere era il blu.

Glielo avevano sempre detto.

Sua madre glielo diceva spesso, quando ancora lui era un bambino che giocava tra le mura nere e lucenti del suo palazzo.
La tua forza è nei tuoi occhi, Chrisa; Christofer poteva risentire quelle parole come fossero bisbigliate accanto al suo orecchio, trasportate dal vento che gli si agitava intorno.

<<Se eri fedele a mio padre... >> Disse poi lui stringendo le redini <<Sarai fedele anche a me?>>.

Seefe gli sorrise dolcemente ed il suo viso si illuminò <<Io ho una sola padrona, ora. La mia fedeltà è sua finché non mi libererà>>.

Christofer la guardò attentamente. Odiava fare procedere il cavallo a quel passo lento e cadenzato. Odiava non potere fare nulla per rintracciare suo fratello e lei.

<<Non ti libererà>> Disse a denti stretti. La sua voce era tesa ma placida. Lenta e precisa come lo scorrere dell'acqua in un piccolo torrente <<E tu lo sai>>.

Lei lo guardò per un attimo.

Dietro alla sua figura delicata si andavano alternando le immagini di fitti alberi che si intrecciavano gli uni sugli altri. Il sentiero si faceva sempre più impervio; la terra divenne presto poco battuta, piena di massi e zone fangose.

<<Sei un demone di alto rango>> Disse sempre Christofer senza più guardare la ragazza. Il bagliore di quei capelli di argento lo accecava <<Sei una minaccia. Ti terrà con se finché non sarai di peso, poi ti ucciderà>>.

Seefe lo ignorò.

Lui la osservò di sbieco mentre tirava leggermente il mento all'insù quasi come per volere dimostrare a sé stessa quello che era. Un demone forte, rispettato, non un semplice Ritze.

Chris sorrise fra sé.

Se davvero Seefe pensava che la sua posizione sarebbe bastata a favorirla con Eva... si sbagliava. Tutte quelle cose erano sacre tra i demoni, sotto il regime dei signori, ma Eva non era un demone. Anche se trattava con loro, anche se aveva gli occhi pieni di azzurro e di blu, rimaneva una strega del mondo mortale.

Non era né un signore né un principe. E a volte Chris aveva pensato che potesse anche essere peggio.

<<Presto arriveremo al portale>> Disse poi lei senza più guardarlo.

Christofer già lo Sapeva, perché era la stessa strada che aveva percorso quando era arrivato in quella epoca passando per il portale di Hepburn.
Nonostante questo a lei non lo disse.

<<Se seguivi mio padre devi sapere...>> Lui si accigliò, indeciso se proseguire o meno <<... che cosa ha in mente di fare adesso, come sta la mia famiglia,... >>.

<<Non so quali siano le sue mosse, ora. Sono al servizio della signorina e non so più di quello che lei mi dice>> Seefe parve irrigidirsi <<Ma so che tua madre è morta. Di dolore per avervi perso, mi hanno detto>>.

Christofer rise, una risata cupa <<Bugiarda. Conosco abbastanza bene quel mondo per sapere che è stato mio padre ad ucciderla. Forse avrebbe ucciso anche me, per tenersi stretto il suo regno, se io non fossi quello che sono>>.

Presto voltarono l'angolo e si ritrovarono all'incrocio nel quale Christofer era atterrato.

Seefe non gli rispose ma nei suoi occhi Chris lesse qualcosa di simile al disagio.

Attaccarono i cavalli agli alberi di fronte al portale e Seefe lo assicurò che presto Timir li sarebbe passati a riprendere.

Chris prese le sue borse e se le mise in spalla mentre seguiva Seefe oltre il sentiero, in mezzo al prato verde che se ne stava di fronte all'incrocio con la pietra bianca nel quale Chris si era seduto, al suo arrivo.

<<Etaara>> Disse la ragazza quasi bisbigliando.

La porta si aprì appena Seefe chiuse le labbra. Un vortice di fumo nero e avvolgente che brillava come un cielo notturno, sospeso sul prato verde accanto all'incrocio. Questo crebbe di intensità fino ad assumere la forma di un arco di luce nera che, per altezza, superava solo di poco lo stesso Chris.

Lui strinse i pugni, prese fiato, e poi seguì Seefe dentro il vortice.

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