12. Christofer
Anno 1824
Christofer se ne stava in salotto a mangiare alcune fette di pane imburrato che gli erano state servite da una delle due domestiche.
Il sole era ormai tramontato e Mrs. Tillert aveva provveduto a fare accendere le lampade ad olio in salotto e lungo i corridoi.
Chris assaporava quell' attimo di pace guardandosi intorno con interesse e stanchezza. L'infuso che gli avevano portato sembrava averlo intontito; ed ora si trovava a guardare la stanza intorno a lui come se si trattasse di un sogno.
Era una camera spaziosa; colorata di tinte gialle e arancioni che parevano infiammarsi alla luce delle piccole lampade ad olio quasi come avrebbero fatto le fiamme di un fuoco vivo dentro ad un camino.
Nell'angolo sinistro c'era un pianoforte che Chris guardava con insistenza. Bianco con decorazioni in oro; la protezione dei tasti pareva sollevata, come se fosse stato suonato da poco.
I divani e le poltrone erano perfettamente puliti, e davano l'idea che la stanza venisse spolverata e ordinata quasi tutti i giorni.
Anche lì c'era qualche grande mazzo di fiori colorati. Un gruppo di fiori chiari sul davanzale della finestra e alcuni fiori dai colori sgargianti sul mobile accanto al divano.
Eva entrò nella grande casa sbattendosi la porta alle spalle talmente forte che il primo sentore che Chris ebbe di lei fu proprio quel rumore.
<<Per fortuna che Elija non abita ancora più lontano di così. È stato un viaggio talmente lungo...>> La sua voce era limpida e allegra. Chris la sentì mentre si toglieva i guanti ed il cappellino da viaggio nell'anticamera e, subito, lui si irrigidì.
Gli sembrava di stare aspettando da molto quel momento in cui la avrebbe incontrata di nuovo; anche se in realtà, per tutto quel tempo, non si era ricordato nulla di tutta quella storia e della stessa Eva.
Di nuovo l'occhio gli cadde sui tasti scoperti del pianoforte e alcuni ricordi presero il sopravvento arrivandogli addosso con forza come l'acqua che scorre in un fiume burrascoso. Riusciva a vedere dita delicate che ne sfioravano i tasti, riusciva a ricordare la pace e la calma di quei momenti ormai lontani.
Ma doveva smettere di pensarci troppo o sarebbe impazzito.
Così afferrò un altro panino e lo imburrò.
Si sentirono alcuni passi nel corridoio e poi di nuovo la voce di Eva <<Oh Mrs. Tillert. La ragazza sembrava felice ed io sono felice per lei... se proprio questo matri....>>.
<<Signorina non dica di più. Non dica altro per tutti i demoni>> Mrs Tillert si precipitò giù dalle scale con quella sua andatura sbilenca <<Non ha ricevuto il fuoco? >>.
Ci fu un attimo di confusione, qualche bisbiglio, e poi Chris non sentì niente. Lui tese le labbra in una linea sottile e si incurvò maggiormente sul divano finalmente ricamato.
Non gli piaceva che volessero tenergli nascosto qualcosa. Non gli piacevano i sussurri e i bisbigli.
Mentre aspettava, con le dita che si muovevano frenetiche sulle sue gambe, si chiese chi fosse Elija e si rimproverò di non avere ascoltato con maggiore attenzione.
<<Christofer>> Eva emerse dalla porta del salotto puntandogli contro una sguardo di incredibile serietà. Gli occhi di lei erano blu e profondi quanto quelli di Chris ma era più vecchi, antichi. Parevano avere la stessa maestosità dei templi del passato o degli antichi cimiteri primitivi che Chris aveva visto nella regione della Corte del suo Lord.
Lui strinse le labbra e la guardò per qualche istante <<Eva>>.
Indossava un ampio vestito di colore giallo chiaro. I capelli scuri, del colore del cioccolato, le si posavano sulle spalle in onde morbide e delicate.
Si avvicinò a lui e si sedette su una poltrona di colore scuro che se ne stava nell'angolo, proprio accanto alla finestra circondata da soffici tende bianche <<Nessuno mi chiama Eva qui...>>.
<<Si, si, lo so>> Christofer irrigidì le spalle <<Sei sempre più paranoica>>.
Ad Eva sfuggì un sorriso e qualcosa nel suo sguardo si addolcì. Si sistemò sulla sedia scomponendosi un po' ed appoggiò un gomito sul bracciolo della poltrona.
Christofer non sapeva cosa dirle, in quel momento, la guardava e desiderava solo chiederle di suo fratello, chiederle di lei.
Ovviamente sarebbe stata una pessima idea e quindi si costrinse a non parlare.
<<Quindi ricordi>> Disse poi Eva con un espressione glaciale. Lo sguardo intenso di lei si inclinava verso il basso, alla sua destra, ma sembrava non concentrarsi su niente in particolare.
Christofer fece un ampio gesto con le braccia. <<Come vedi>> Riprese con una mano il panino che aveva imburrato poco fa. Il pane era soffice e caldo, ma non era quello che lui voleva.
Scosse la testa.
<<Intendo...>> Eva sembrò pensarci su un attimo. Poi si allungò fino al tavolinetto di legno ai piedi del divano, afferrò una scatola di metallo chiaro e ne estrasse una sigaretta sottile <<...ricordi tutto?>>
Lui la guardò mentre lei si appoggiava la sigaretta sulle labbra.
<<Vuoi sapere se ricordo i due nomi? Si>> Christofer emise uno sbuffo a quel pensiero.
Era stato abbastanza sgradevole ricordarsi quei maledetti nomi già la prima volta. Erano solo due semplici parole eppure portavano con loro un grande peso. Chris aveva ricordato i due nomi solo quando lui e suo fratello avevano incontrato lei.
Solo quando loro tre si erano ritrovati.
Poi aveva avuto bisogno di dimenticarli.
<<Questo è un problema>> Eva rimase con il braccio e la sigaretta a metà strada <<Non sono sicura di potere farti perdere i ricordi ancora una volta, Chris>>.
Lui sorrise divertito e si appoggiò le mani incrociate in grembo. Il completo gli tirava davvero sulle spalle e lui provava un certo fastidio <<Non voglio dimenticare>>.
Lei sgranò gli occhi nella penombra e sembrò arricciare le labbra rosse, sorpresa <<Incantesimi?>> Si alzò veloce fino a sederglisi accanto <<Fa vedere>>.
Chris la lasciò fare mentre lei gli allentava la camicia per guardare i marchi argentei che ora aveva sulla pelle. Segni che sembravano cicatrici chiare ma che, se guardati con attenzione, parevano emettere un tenue bagliore.
Chris sapeva che Eva avrebbe disapprovato la sua idea ma rimaneva comunque abbastanza tranquillo mentre lei gli sedeva accanto.
Sentiva di non avere poi molto da perdere, in fondo, e gli venne voglia di mangiare un altro panino caldo.
<<Hai corso un bel rischio a praticare questo tipo di magia>> Eva si riallontanò dopo avere dato una rapida occhiata ai segni degli incantesimi di protezione e di forza.
I suoi occhi si erano come incupiti <<Sono marchi forti, dureranno a lungo. Ma hai la superbia dei tuoi antenati, Chris. Qualunque cosa tu abbia in mente di fare con quelli,...>> Eva fece un gesto verso di lui e Chris immaginò che lei stesse indicando i marchi <<Non funzionerà>>.
Ci fu una pausa. Christofer sorrise mentre con le mani si sistemava le pieghe dei pantaloni.
Non parlava per il semplice fatto che non aveva ragioni di contraddirla. In fondo anche lui aveva sempre pensato che non ci fosse niente da fare.
Si ricordò di quando avevano scoperto di essere i tre con i due nomi, ricordò il viso di suo fratello e quello di lei, il modo in cui erano rimasti a fissarsi senza parlare.
Una lampadina li illuminava fiocamente, i loro respiri si ammassavano gli uni sugli altri, più espressivi di qualsiasi parola.
Anche in quel momento lui aveva capito che non c'era niente da fare.
L'unica soluzione possibile era quella di svolgere il rituale, aprire la porta, fare in modo che gli inferi invadessero il mondo intero.
Poi si era ricordato di lei, e di suo fratello.
Forse non c'è l'avrebbero fatta a vivere in un mondo di mostri, un mondo dove ogni uomo era condannato al dolore e alla morte.
Nemmeno se li avesse rinchiusi in un castello come quello che gli era stato promesso l'avrebbero voluto.
Aveva fantasticato sulla loro vita tra le mura del castello di vetro nero, aveva immaginato di riempirli di ricchezze e di lussi. Gli sarebbe solo bastato compiere il rituale e i Signori dell'inferno lo avrebbero riammesso nel mondo dall'altra parte.
L'avrebbero acclamato non solo come un Signore, ma come il più potente tra questi.
Però lei non era come un membro della setta dei tre cardini, gente che avrebbe venduto l'anima per un posto di prestigio nell'altro mondo. Lei non avrebbe mai sacrificato il suo mondo per il potere, il lusso, la ricchezza.
Tu fallo e la perderai, le aveva detto Eva in un tempo ormai troppo lontano.
<<Pensi che non sappia quello che hai intenzione di fare?>> Eva gli sorrise. Il fumo della sua sigaretta si perdeva nella stanza elegante e si mischiava al fioco bagliore delle lampade <<Hai intenzione di metterti in marcia presto, giusto? Vuoi combattere ed estirpare il problema. Credi di poterci riuscire da solo>> Lei si arrotolò del tabacco fine, lo appoggiò sul lungo bocchino ed un sorriso le disegnò le labbra rosse. Scosse la testa una o due volte <<È inutile che io ti ribadisca che non ci riuscirai, vero? Lo farai comunque come avrebbe fatto lo stesso Elias. E come lui, non sarai più furbo>>.
Gli occhi di Eva si persero in lontananza. Christofer si chiese ancora una volta da quanto tempo vivesse. Strinse i pugni senza distogliere gli occhi dallo sguardo di lei.
Pensare al tempo passato lo innervosiva. Essere accomunato ad Elias da lei lo faceva agitare.
<<Non sono qui per chiederti il permesso>> Disse poi in un sussurro, la voce roca e tesa.
Alla fine si erano persi comunque e non c'era stato niente da fare, pensava intanto il ragazzo dagli occhi blu con le labbra strette.
Lei aveva scelto di dimenticare, quindi. Aveva scelto di salvare il suo mondo e di perdere lui, pensava Christofer ancora stordito.
Perché ci pensava ora?
Da quando si era svegliato aveva fatto di tutto per non riflettere troppo e controllare la rabbia. Ma questa pareva palpitargli dentro senza che lui potesse fare niente per fermarla.
<<Lo so>> Eva sorrise di nuovo <<Vuoi chiedermi di loro. Vuoi sapere se stanno bene. Vuoi vederli>>.
Christofer strinse gli occhi. Eva stava cercando di metterlo alla prova, lui lo sapeva.
Era consapevole di non potere vederli e anche lei voleva accertarsi che lui non ne avesse avuto nessuna intenzione.
Purtroppo Christofer non era sicuro che fosse così.
<<Non dire stronzate>> Disse con rabbia senza però scomporsi. Agitò solo una mano davanti a sé e strinse le spalle. Per il resto rimase immobile, con la testa che si riempiva di pensieri ingombranti.
Dove erano Loro? Come stava lei?
Forse aveva ragione Eva. Forse era tornato da lei solo per saperlo <<Io mi sono ricordato i miei due nomi. Per aprire il portale servono tutti e sei i nomi; i due di mio fratello e i due di lei>> Recitò questa frase in maniera meccanica. Eva voleva sentirselo dire. La scrutò negli occhi profondi e i loro sguardi di acqua e di oceano si incontrarono <<So di non potere rischiare che loro... ricordino. Non li cercherò... non mi farò vedere >> Dire quelle cose fu più duro del previsto ma Chris ci riuscì comunque.
Aveva accettato di dimenticare per l'amore che nutriva per lei in un tempo che ora gli appariva sfocato più che mai; e ora accettava di continuare a tacere.
Eva apparve compiaciuta.
Presto Mrs Tillert entrò per portare delle tazze di thè fumante guardandolo con sguardo torvo.
Eva afferrò la tazza con le mani ferme e decise ed appoggiò la lunga e stretta sigaretta sul tavolino in legno scuro davanti a lei.
Ci fu un lungo silenzio che Christofer occupò versandosi un pò di thé nella tazza.
<<Allora che cosa vuoi?>> Disse lei con calma, gli occhi distanti e il viso indurito in una espressione severa.
<<Solo sapere se stanno bene>>.
Chris beveva con calma, avvicinando la tazzina di ceramica alle labbra, con gesti lenti e ripetitivi.
Eva lo soppesò con lo sguardo ed annuì <<Sono vivi. Non ricordano. Le sette hanno perso le vostre tracce anche se i figli di Amur... vi cercano incessantemente nell'epoca moderna>>
Christofer si sentiva sfinito e stanco. Avrebbe fatto meglio a ritornare alla Corte di Lord Grayfollow. Sarebbe stato meglio per lui non ricordare.
<<Dove Sono loro? In quale epoca? Come fai a essere certa che stiano bene?>> La voce di lui era delicata e sottile. Cercava di non perdere la calma ma iniziava ad essere difficile.
Era stato così tanto tempo lontano, pensava, ed ora non riusciva più ad orientarsi.
Eva si accigliò <<Non vi ho lasciati soli, vi ho tenuto d'occhio tutti e tre. Ho saputo dei tuoi efferati crimini, Christofer. Ho visto quanto ti divertivi ad uccidere. Tu e il tuo Lord che dominate le pianure circostanti con il terrore ed il sangue>>.
Lui scrollò la testa, sorrise <<Non sapevo di dovermi controllare. Non ricordavo nulla>> Appoggiò la tazza di thè davanti a sé cercando di liberarsi dalle immagini del sangue e del dolore. Richiami incessanti nell'anima scura di un principe dell'inferno <<Dove sono loro, quindi?>>.
<<Non posso dirtelo, Chris>> Lei strinse le labbra e lo guardò con intensità.
Di nuovo il silenzio ripiombò su di loro. Christofer continuava a maledirsi per avere ricordato prima del tempo, per essere tornato li.
Era accaduto durante una scorribanda in un villaggio di contadini vicino alla città del suo Lord. Era stato quello il giorno in cui tutto era tornato alla luce nella sua mente.
In quel periodo erano in guerra contro un signorino di montagna. Christofer e altri guerrieri erano stati incaricati di indebolire il feudo nemico bruciando i campi e le loro risorse.
In mezzo alla polvere e al caos dei villaggi che bruciavano; in mezzo alle urla ed ai rumori che la morte portava con sé; a Christofer parve di vedere una chioma rossa aggirarsi nelle vicinanze.
Un movimento veloce che lui intravide solo con la coda dell'occhio.
Spronò il cavallo nella direzione di quell'ombra di fuoco e vide una ragazza, poco più piccola di lui, con lunghi capelli ramati, uccisa senza pietà sul ciglio di una strada.
Christofer urlò. Ricordò tutto.
Prima lei e i suoi lunghi capelli rossi, il modo in cui le circondavano il viso chiaro e delicato; poi Nickolas, suo fratello; e sua madre e suo padre, il mondo dall'altra parte, il grande castello di vetro nero.
Infine i due nomi. Elias e Nais.
Un nome maledetto ed uno benedetto.
<<Mi dispiace, giovane demone>> Eva lo osservava di sbieco <<Non sapevo che la memoria potesse ritornare così... pensavo che mandarvi in epoche differenti, allontanarvi il più possibile... pensavo che sarebbe bastato>>.
Chris non rispose. Sorseggiò il suo thè <<Non me lo dirai, dunque. Non posso sapere dove è mio fratello, non posso sapere nulla di lei>>.
<<Vedo che nei tuoi occhi c'è dolore e rabbia>> Eva parlò con la voce seria e potente, interrompendolo con uno sguardo severo <<Vedo che il demone che è in te è diventato più forte. Vedo che pensi a lei e so bene che non puoi evitarlo. Elias era come te, sai? Aveva gli stessi occhi blu scuro e lo stesso viso scolpito. Come te anche i suoi occhi oscillavano sempre tra la rabbia del demone e il dolore dell'uomo. E come te anche lui avrebbe stritolato il mondo intero per salvare solo lei e suo fratello>>.
<<Basta>> Christofer sorrise di sbieco ed appoggiò la tazzina con un gesto veloce <<Io non sono Elias. Sono solo un mezzo demone. E ho voglia di divertirmi>> Osservò il cielo fuori dalla finestra e si alzò <<Non voglio partire ancora. Sono protetto dagli incantesimi quindi... andrò a cavallo. Troverò una locanda. Ci berrò su finché non sarò pronto a prendere una decisione>>.
Eva scosse la testa con fermezza <<Non puoi. Non qui. Non hai nessuna decisione da prendere>> lei si alzò muovendosi in fretta verso la porta.
Christofer si bloccò <<Cosa significa?>>.
Poi il suo sguardo cadde sul pianoforte dalla tastiera scoperta, sui fiori, sulle parole che Mrs Tillert aveva pronunciato poco fa.
Eva si fermò indecisa se parlare o meno <<Lei è qui. È in questa epoca. L'ho tenuta con me come ti avevo promesso. Mi sono assicurata che stesse bene, come ti avevo promesso>>.
Christofer rimase immobile <<In... con te?>> sembrò guardarsi intorno preoccupato <<Dove... è qui?>>.
<<No>> Eva rispose secca << E anche se lo fosse tu non potresti vederla>>.
Christofer strinse i pugni. E qualcosa in lui parve spezzarsi.
Di nuovo pensò al sangue e alla rabbia. Davvero terribile quel suo demone.
<<Esci, vai a cavallo, bevi e ubriacati>> Eva si ritirò verso la porta <<Ma porta Timir con te. Non posso permettere che anche lei ricordi>>.
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