1. Tom
La casa di Jessie era una grande villa a due piani che svettava tra la nebbia e i boschi delle colline che circondavano Landscave, una cittadina che distava solo dieci minuti di auto dalla grande Hepburn.
La zona sembrava a Tom, abituato al caos della metropoli, solo un vasto deserto d'erba. Infatti, a parte il grumo di case raccolte intorno alla chiesa di Landscave, di cui si scorgeva solo il campanile squadrato che si faceva breccia tra la nebbia autunnale, non si vedeva altro tutto intorno se non praterie, boschi e una fitta nebbia grigiastra.
Tom non amava arrivare fino a lì perché tutto intorno a quella zona vigeva un silenzio a dir poco inquietante.
La strada che portava a Landscave si allungava per circa cinque chilometri tra campagne immense in cui non si vedevano che tre o quattro case in totale, quasi tutte con finestre e porte chiuse come se fossero disabitate. In più, per raggiungere la grande villa di Jessie bisognava girare proprio poco prima della piccola città, in una strada impervia e poco praticabile che risaliva il fianco di una bassa collina per poi inoltrarsi nel bosco. Da quel punto il viaggio diventava, se possibile, addirittura peggiore.
Non c'era più solo l'anomalo silenzio di una campagna deserta ed incolta ma anche la difficoltà di riconoscere la strada ormai quasi totalmente nascosta dalle erbacce, dai cespugli e dalle radici dei grandi alberi secolari che circondavano la zona coprendo con le loro chiome quasi totalmente la luce tenue del sole tra la nebbia.
Per Tom era sempre un immenso sollievo scorgere il grande cancello guasto che apriva la strada alla proprietà di Jessie perché proprio non sopportava le ombre di quel sentiero, i bisbigli delle foglie e dei rami che graffiano la carrozzeria dell'auto... lui non era mai stato, per quanto ricordasse, un uomo coraggioso.
Anche quel giorno, come era obbligato a fare ormai sempre più spesso, trattenne quindi il fiato finché non fu arrivato davanti all'ampio portone della villa e poi, sospirando, spense il motore, scese dall'auto e a passi svelti si recò davanti all'ingresso e bussò quattro o cinque volte perché il campanello, come sempre, non andava.
Che disastro, pensava guardandosi intorno, quella casa sembrava essere abbandonata. L'intonaco si staccava dai muri e le finestre erano quasi tutte con le serrande abbassate, quasi come se non ci fosse nessuno. Per non parlare del giardino e delle piante che crescevano libere chissà da quanti anni.
Dopo qualche istante la porta si aprì e la cameriera, una donna robusta che doveva chiamarsi Emile, Emily o qualcosa di simile, lo accolse e senza dire una parola e gli fece segno di seguirla su per le scale.
Nella casa c'era solo buio, l'unica luce proveniva dalla stessa Emily che, reggendo una candela su piedistallo, illuminava di un giallo inquietante quel frammento di stanza nella quale passava svelta con Tom dietro di lei.
Lui provò a chiedere spiegazioni per l'assenza dell'elettricità ma la donna, storcendo il viso appuntito in una smorfia, gli chiese solo di fare silenzio e di continuare a seguirla.
Proseguirono lungo le scale scricchiolanti del salone fino alla fine del corridoio al piano superiore e si fermarono davanti alla sola porta dalla quale trapelasse l'ombra di una luce. Emily, sempre senza parlare, bussò tre volte con il dorso della mano grassoccia poi, senza aspettare una risposta dall'interno, aprì la porta e se ne andò.
Tom era abituato a quei modi, quindi entrò deciso chiudendosi la porta alle spalle.
Jessie se ne stava seduta alla scrivania; una sigaretta tra le labbra e i capelli biondi che le incorniciavano il viso cadendole tutto intorno in lunghe onde disordinate.
Di fronte a lei la scrivania era ingombra di fogli e grandi libri illuminati dalla luce tremolante di due candele collocate agli estremi del cavolo.
<<Tom>> Disse lei scostandosi la sigaretta dalla bocca con un gesto brusco della mano destra; un po' di cenere le cadde sulla camicia nera che indossava <<Non ti aspettavo>>.
Tom si scrollò le spalle della giacca da un po' di pioggia <<Lo so>> disse poi con un sorriso <<Ultimamente sono sempre qui>>.
Non si vedeva altro, nella camera accogliente della donna, che le ombre sempre in movimento prodotte dalle candele che illuminavano alla perfezione il piano di legno scuro dove Jessie appoggiava i gomiti bianchi; la fiamma che danzava sulla stoppino creava giochi di luce rossa ed arancione sui fogli sparsi davanti alla donna, sul suo viso delicato ed anche sul soffitto poco dietro di lei. Tutto il resto della grande stanza da letto, invece, rimaneva avvolto nelle tenebre e Tom non riusciva a scorgere altro oltre ai vaghi contorni scuri del letto e delle grosse tende che cadevano, ai due lati della finestra, fino a sfiorare il pavimento.
<< Ti serve ancora sangue?>> Rispose allora lei abbandonando la penna sul tavolo e alzando lo sguardo chiaro su di lui.
Gli occhi di Jessie erano come due lastre di gelido ghiaccio, uno sguardo irresistibile che ti ipnotizzava e dentro al quale alcuni certamente erano svaniti o si erano perduti.
Era per questo che non mandava mai i ragazzi e veniva sempre lui, si disse Tom sostenendo lo sguardo della donna, Jessie era pericolosa e lo si capiva dai suoi occhi.
<<State decisamente peggiorando tu e i tuoi amici>> aggiunse, poi riprese la penna e si rimise a scrivere <<Arriva in cantina da solo, sai dove sono le bottiglie. Da oggi ogni etichetta ha il gruppo sanguigno, quindi non dovresti avere problemi>> poi rialzò la testa, la penna sospesa a mezz'aria <<Ah e lascia i soldi sul tavolo dell'ingresso>>.
Tom le sorrise docilmente, inclinando la testa di lato <<Jessie, non c'è luce>>.
Lei appoggiò la sigaretta sulla scrivania, senza preoccuparsi che questa potesse macchiare il legno o dare fuoco a qualcuna delle sue carte e poi cambiò leggermente posizione muovendosi sulla sedia, accavallò le gambe lunghe.
La luce flebile della candela rendeva la stanza solo un groviglio di ombre che si ammassano <<Oggi ho un ospite speciale che si sente più a suo agio senza le luci moderne>> Jessie sorrise, poi si alzò ed andò a prendere una piccola candela su piedistallo, ancora spenta, che teneva appoggiata su una mensola poco distante <<Ma anche io avevo un po' nostalgia di questa atmosfera>> continuò accendendo la candela con un gesto <<Tu lo sapevi che il male sa assumere sempre le forme più sexy?>> Jessie avanzò verso di lui nel suo elegante completo un po' retrò e gli passò la candela.
<<Basta guardare te per capirlo>> Disse Tom in tutta risposta.
Jessie sorrise maliziosa e qualcosa le brillò negli occhi chiari <<Basta anche guardare voi. La vostra pelle si leviga e i vostri occhi assumono un' intensità magnetica, quando vi trasformate>> Jessie si riavvicinò alla scrivania e riprese in mano la sigaretta. Questa continuava a disperdere per la stanza un sottile rivolo di fumo chiaro <<Eppure non mi riferivo né a me né a te. Non sai a quale livello di perfezione è arrivato questa volta, ma non riesco a capire... >> si fermò un attimo e il suo sguardo si perse nel vuoto, poi scrollò la testa e si legò i capelli in uno chignone disordinato <<Lascia stare, come ti dicevo troverai tutto in cantina>>.
<<Grazie, Jess>>.
Tom quindi ripercorse il corridoio e le scale scricchiolanti alla flebile luce di quell'unica candela e poi si diresse verso la porta della cantina dove Jessie teneva i frigoriferi con le bottiglie classificate che vendeva. Emile, Emily o qualunque fosse il suo nome sembrava non essere da nessuna parte così Tom aprì la porta e scese da solo gli angusti scalini della cantina umida.
Arrivato davanti alle solite scaffalature arraffò due bottiglie di sangue e fece per prendere anche la terza, quando qualcosa distolse la sua attenzione.
<<Pensavo che il bello per voi fosse la caccia, mi sbagliavo?>> un ragazzo alto si era fermato sugli scalini e ora lo guardava con due occhi di un blu profondo, l'ombra delle lunghe ciglia che si posava sulle guance con delicatezza. Aveva capelli così neri che si confondevano con il buio intorno a lui facendogli risplendere l'incarnato chiaro del viso.
Tom si schiarì la voce, il braccio ancora teso come per prendere la bottiglia <<Non sempre>>.
Il ragazzo ridacchiò prima di fare un passo verso di lui <<Non sai cosa ti perdi>>.
La pelle di lui sembrava brillare nell'ombra della stanza in un modo che a Tom ricordava il riflesso della luna sull'acqua. Il suo viso era definito, un po' squadrato; quasi in contrasto con la morbidezza dei contorni delle sue labbra. I suoi occhi erano così strani,... iridi grandi del colore dell'oceano più profondo. Quasi un turbine di acqua densa; scura verso il fondo e chiara sulla superficie dove si riflette la luce.
Possibile che con i suoi discorsi vaneggianti Jessie si riferisse a lui?
Tom non voleva sapere di più quindi non rispose e prese anche la terza bottiglia farfugliando qualche parola.
<<Bene, allora ci si vede...>> disse poi mentre con il braccio destro tentava di tenere in equilibrio le bottiglie di sangue e il suo sguardo scivolava il più lontano possibile da quel tizio e dal suo sorriso sarcastico. Poi fece un passo a destra per superare il ragazzo e velocemente risalì gli scalini, arrivò in corridoio, si frugò velocemente le tasche per trovare la banconota e poi appoggiarla sul solito tavolo all'angolo sinistro dell'ingresso.
Finalmente posò la mano sulla maniglia impolverata, felice di tornarsene finalmente a casa, e con voce chiara anche se un po' tremante disse <<Ciao, Jessie!>>.
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