Capitolo XI


«Pensavo che tu potessi essere tutto tranne che uno psichiatra» disse Björn facendo spallucce.

«Ah si? E perché mai? Non ho la faccia da medico?» Domandò Saul alzando un sopracciglio. Era perplesso, chissà cosa si aspettava l'altro.

«No. Non è ciò che intendo. Dico solo che non è il primo mestiere che mi è venuto in mente.» Cercò di sorridere pensando che Saul si fosse offeso.

«Quindi hai fantasticato su di me?» Saul abbozzò un sorriso dapprima dolce, poi sornione.

«Non eri proprio mister chiarezza, insomma. Cercare di capire è il mio mestiere no?» Domandò retorico

«Già» rispose Saul. Per sua fortuna Björn era molto intelligente, ma altrettanto buono e ingenuo.

«Ma perché non mi hai detto subito che facevi lo psichiatra? Avevi paura di essere giudicato?»

Saul si ammutolì e lo guardò. Si fermò un attimo a riflettere. «Forse... o forse era per mantenere quell'alone di mistero che tanto ti ha fatto capitolare, mio caro.» Saul sorrise di nuovo sornione. Si avvicinò a lui, erano vicinissimi.

«E adesso?» Domandò Björn in un sussurro. Avere Saul così vicino lo agitava sempre, ogni sacrosanta volta.

«Adesso dovresti parlarmi del caso non credi?» Sussurrò di rimando Saul, avvicinandosi alle sue labbra, piegandosi appena per poi baciarlo. Björn si lasciò coinvolgere dalla passione e dal calore che i basi di Saul gli infondevano sempre. Non sapeva come spiegarselo, ma era decisamente magnetico, quasi una tentazione infernale.

«Non credo di riuscirci molto...» bisbigliò appena quando Saul si staccò da lui.

«Temo che tu debba riuscirci altrimenti non credo di poter continuare quanto stavo per fare.»

Björn deglutì e arrossì appena. Saul poté notare il suo imbarazzo quanto la sua eccitazione. La sua espressione era davvero eloquente per lui. Così Saul si sedette sul divano, dove Björn poco prima aveva poggiato la sua borsa e il suo giacchetto. Non gli restò che seguire Saul, spostare tutto sulla poltrona e aprire la ventiquattro ore. Ne estrasse il fascicolo del caso.

«Ti lasciano portare i documenti a casa?» Domandò Saul sorpreso.

«Bhé è questo che fanno gli investigatori no?»

«Allora devi stare attento a non smarrire niente.»

«Certo che no. Mi pare ovvio che starò attento.» ammise convinto, inconsapevole del fatto che Saul lo stava deridendo bonariamente.

«Dunque, illustrami i fatti.» Saul era nervoso, in preda all'ansia. Doveva resistere, però. Alle volte ammirava suo fratello per come riusciva a controllarsi. Era quasi certo che il loro problema fosse il medesimo o qualcosa di simile, ma ai suoi occhi Sven sembrava fatto di un'altra tempra, ma forse era solo una questione caratteriale, perciò non gli restava che prenderlo da esempio.

«Quello che abbiamo capito dai ritrovamenti è che le vittime vengono prima torturate da una parte e poi abbandonate in un luogo privo di prove. Questo ci fa capire che è dannatamente intelligente o semplicemente compie i suoi gesti in modo ritualistico.» Björn guarda attentamente le foto che gli sono state date dal suo collega, come se continuandole a osservarle potessero rivelargli qualche dettaglio in più.

«Abbiamo verificato le identità delle varie vittime prima e dopo il decesso. Quello che ci è parso chiaro è che appaiono notevolmente deperite dopo il rapimento. Molti perdono peso è vero, perché le condizioni in cui vertono sono pessime per loro, ma qui si tratta di una vera e propria agonia. Praticamente li lascia morire di fame.»

«Altri dettagli delle vittime?» Domandò Saul che si era acceso una sigaretta, lo aiutavano a concentrarsi e a rilassarsi.

«In realtà non c'è una vera connessione tra loro, l'unica cosa è che sono tutti inferiori ai trent'anni. Ad alcuni sono stati cuciti gli occhi, ad altri no.»

«Da quello che mi dici, il killer sembra mostrare una rabbia molto latente che non ha potuto esprimere, non gli è stato permesso. Ma sembra che sia molto conscio di quello che fa. Almeno in quel momento. Affamare le vittime o cucirgli occhi, sembra che voglia punirli. Il che mi porta a pensare che abbia avuto una spiacevole infanzia dalle varie problematiche, esposto a sua volta a molteplici punizioni. Potrebbe essere?» Domandò Saul. Gli stava costando molto tutto quello che stava dicendo, ma non poteva farci niente. In fondo lui non era colpevole con quello che aveva nella sua testa né, tantomeno, con quello che stava facendo.

«Sono quasi convinto che la tua laurea sia meritata!» disse Björn ridendo, sapendo che Saul avrebbe reagito male a quella sua affermazione.

«Come dici scusa?»

«Ti sto prendendo in giro.»

«Lo vedo, lo vedo. Ma invece di prendermi in giro dovresti ringraziarmi visto che in tutto il vostro distretto non eravate minimamente arrivati a questa conclusione.» sentenziò quasi inclemente.

«Era un modo alternativo per complimentarmi con te, Saul.»

«Allora ti ringrazio.»

«Comunque...» Björn cambiò discorso, a volte gli atteggiamenti di Saul lo sconvolgevano, non li capiva affatto, ma in fondo era proprio il suo essere misterioso che lo aveva affascinato tanto.

«Non sappiamo niente del killer, abbiamo capito che probabilmente si tratta di un uomo. Una donna si accanirebbe in altri modi...»

«Questo è un pregiudizio, però.»

«Dici di no?» domandò di rimando Björn certo di non essersi sbagliato almeno sul sesso del killer.

«Anche per me è un uomo, però non puoi mai sapere cosa è in grado di fare la mente umana. Maschile o femminile che sia, fino a dove può spingersi. Però, sì, in effetti sì. Anche io sono convinto che sia un uomo.» Björn sospirò, aveva capito che, come sempre, Saul doveva avere l'ultima parola. Ritrovarsi accanto al suo ego, a volte, era davvero snervante, ma non ci fece caso e andò avanti.

«Dicevo, abbiamo capito che è un uomo e che non opera il suo lavoro nello stesso posto in cui i cadaveri vengono ritrovati. Riceviamo sempre chiamate da passanti. Questo mi fa pensare che lui sia certo di non lasciare tracce.»

«Dunque è un killer ordinato e non caotico. Ma non mi sembra che si muova con fare narcisistico, ma più maniacale. Esegue sicuramente con una teoria che ha elaborato ed è certo che non troviate le prove, però non vi sfida. Non vi lascia indizi, niente di niente.»

«Esatto...» Björn sbuffò, si passò una mano tra i capelli. Li sciolse appena e li legò di nuovo. Era palese per Saul che fosse nervoso e frustrato.

«Potrebbe essere affetto da schizofrenia. Ne esistono di vari tipi e sostanzialmente su di ognuno la malattia può agire in modi differenti. Però so davvero poco di lui per dartene la conferma.»

«A questo punto temo che dovrò parlare anche con tuo fratello» disse serio Björn

«Non credo che avrà problemi a parlare con te di questa faccenda.»

«Lo spero.»

Sven era seduto sul divano a gambe incrociate del tutto intento a guarda la televisione. con la mano sinistra teneva la tazzina di caffè con la destra la sigaretta. Una vera gioia per lui. Aris entrò in casa in quel momento, c'era da dire che lui frequentava molto di più le lezioni rispetto a Sven.

«A che numero sei arrivato?» Domandò Aris riguardo le tazzine di caffè.

«alla settima.» Sven sorrise innocente, per poi portarsi la sigaretta alle labbra.

«Già alla settima? Wow sei proprio un campione.»

«Non prendermi in giro, o questo o la cocaina cosa preferisci?»

«Lo sai che alle volte sei proprio una vera merda?»

«Sì, lo so perfettamente. Ma adesso taci, siediti e guarda con me la tv.»

A quel punto, ad Aris, non restò che sospirare, togliersi la borsa di dosso e sedersi accanto a lui.

«Stai guardando Lady Oscar?»

«Mi pare estremamente ovvio, direi»

Aris si portò una mano al volto massaggiandosi gli occhi, come si faceva a parlare con lui senza che fosse ironico o sarcastico?

«Sì, lo vedo. Quindi impari psichiatria da qui?»

«E perché no? Non ci vuole molto a capire che Maria Antonietta fosse depressa e sessualmente insoddisfatta, perché, diciamocelo, Luigi sedicesimo non è che fosse questo stallone...»

«Ma sempre lì vai a parare?»

«Non è questo che insegna il tuo amico Sigmud?»

«Non tirare in ballo Freud quando ti fa comodo. Comunque, sì. Credo tu abbia ragione sulla regina.»

«Ecco, benissimo.»

«Un'altra cosa...»

«Cosa?» Aris sapeva che ne stava per sparare un'altra delle sue.

«Non trovi che Oscar assomigli vagamente a mio zio Silas?»

Aris osservò attentamente lo schermò, si soffermò a pensare sulla sua affermazione e poi parlò: «Sì, forse... per i colori, forse per l'atteggiamento.»

«Dunque: o Oscar sembrava davvero mascolina o Silas era più effeminato di quello che credeva.»

«Io le ho viste le foto di tuo zio di quando era adolescente e, insomma, a parte i capelli lunghi, l'aspetto era quello di un ragazzo a mio avviso... »

«Già, forse. Forse è per questo che ha dovuto insistere tutti quegli anni con Lothar» sentenziò e poi fece spallucce.

«Ma questa è un'altra storia e...» Sven stava per proseguire, ma venne interrotto bruscamente perché qualcuno aveva appena bussato alla porta.

«Menomale, qualcuno che lo ha fermato in pieno delirio» bisbigliò Aris curioso di vedere chi fosse.

«Buongiorno signor poliziotto. E buongiorno fratello.» Sven li fece entrare e accomodare, Aris dal canto suo deglutì non proprio felice di avere quei due in casa.

«Quale psicosi cinquecentesca ti ha colto, Sven?»

«Oggi sei sarcastico, Saul? Sei allegro forse?» Domandò a Saul, ma poi si voltò verso Aris «direi che lui non è come Maria Antonietta, no.» Sven scosse la testa e Aris rise apertamente ricordando i discorsi fatti poco prima.

«A cosa devo questo visita?» Domandò Sven tornando serio.

«Devo farti qualche domanda» rispose Björn

«A tua disposizione.» Sven si sedette di nuovo sul divano, mentre Björn era su una sedia di fronte a lui.

«Dunque, tuo fratello lavorerà con noi al caso che stiamo seguendo. Ci farà da supporto come psichiatra per comprendere le dinamiche del killer.»

«Mi sembra chiaro» annuì Sven del tutto rilassato, mentre Aris aveva appena affondato le dita nel divano, come se volesse portarne via un pezzo dalla rabbia. Non era giusto che ci finisse in mezzo Sven, non gli stava proprio bene.

«Bene... ho fatto fare delle ricerche riguardo i manicomi, cliniche psichiatriche e ospedali in attivo prima della legge Basaglia. Tu hai affermato di soffrire di una certa patologia, ma non ho trovato il tuo nome in nessuno di questi posti. Come è possibile?»

«Sono stato aiutato privatamente. Quando ho avuto i primi squilibri, sono stati così amorevoli con me da portarmi da un medico privatamente. Quel tipo di malattie e farmaci annessi, possono essere diagnosticate e prescritti anche privatamente.»

A Björn sembrava credibile la cosa, ma voleva anche la conferma di Saul, così glielo chiese e questi annuì.

«E come si chiama questo dottore che ti ha visitato e curato?»

già perché la schizofrenia si cura... pensò Sven, mentre cercava nei suoi ricordi un medico abbastanza corrotto, poi si ricordò di un suo cliente, ovviamente non era stato il suo dottore, ma era più grande e avrebbe fatto qualsiasi cosa per Sven, per cui poté sputare il rospo tranquillamente.

«Neri Amadeo.» Sven sorrise e poi gli porse il biglietto da visita. «Puoi andarlo a trovare se vuoi... ma senza mandato dubito che lui possa dirti cose sul mio conto.»

Quell'affermazione infastidì Björn era quasi stanco di avere intorno gente così egocentrica, ma probabilmente era irritato verso se stesso, perché sapeva bene che Sven aveva ragione.

Sven aveva capito di averlo in pugno, almeno in quel momento, così decise di giocare pesante in modo da levarselo di torno, perché quella situazione lo stava davvero snervando. Lo osservò attentamente, poi parlò: «Per caso anche tu hai fatto uso di psicofarmaci?» Domandò Sven al bel poliziotto. Björn era così stupito da quella domanda che non fece in tempo neanche ad agitarsi o arrabbiarsi «È capitato...» rispose, coperto di vergogna. Quella risposta stupì anche Saul che non ne sapeva niente. Non era solo lui ad avere scheletri nel suo armadio, ma anche il suo compagno.

«Mi dispiace. Tu dove sei stato curato? In clinica o privatamente?» Domandò con un tono di voce ancora più calmo e pacato di quello di prima. Saul lo conosceva bene e non gli piaceva affatto quella situazione. Sven si era legato al dito l'offesa subita.

«Sono stato ricoverato per un mese. Ma non sei tu quello che deve farmi delle domande.» Sbottò improvvisamente Björn, non gli piaceva che persone estranee gli ricordassero quel periodo.

«Perché alla polizia non dovrebbero sospettare di te?» Domandò Sven seccato. Saul spalancò gli occhi, era la prima volta che Aris lo vide esternare un'emozione così apertamente.

«Perché sono un poliziotto!» Björn si era alzato in piedi.

«Non basta essere poliziotti per essere innocenti. Però, avanti Björn lo so che sei innocente.» Sven si massaggiò appena la testa, resosi conto di essere stato un autentico pezzo di merda.

«Smettila, Sven. Smettila di giocare con tutto. Questa è un'indagine reale e il fatto che ci conosciamo o che sei il fratello di Saul non ti esenta da sospetti o domande.»

«Infatti io sto rispondendo alle tue domande. Ma te lo ripeto: sei in casa mia senza mandato, quindi dovresti ringraziarmi per averti fatto entrare e per averti risposto.»

Björn sapeva che non avrebbe più risposto delle proprie azioni, così fece un cenno a Saul per andarsene. Quando uscì sbatté la porta, mostrando tutta la sua rabbia e indignazione.

«Tranquillo... tanto la porta non è la mia, fai pure.» Disse al vento stanco di certi atteggiamenti.

«No, aspetta...» Aris attirò la sua attenzione. «Anche io ho delle domande per te.»

«Pure tu?»

«Sì anche io.»

«Sentiamo!»

«Come hai fatto a nascondere le cartelle cliniche del manicomio? Sia le tue che quelle di tuo fratello, perché mi sembra chiaro che non abbia trovato neanche le sue.»

«Cosa pensi che io sia davvero uno sprovveduto? Mentre lui faceva le sue indagini, io ho chiamato il nostro avvocato e gli ho fatto insabbiare ogni minima traccia della nostra esistenza. In qualsiasi fottuto, stramaledetto, manicomio.»

«Cazzo...»

Sven alzò un sopracciglio, sorpreso, nel sentire tale affermazione da Aris.

«Sei tu la fottuta mente criminale!»

«Continui a lusingarmi...» disse Sven facendo spallucce.

«Ti sto dando del manipolatore psicopatico e tu ti senti lusingato?»

«Almeno non sono fesso come quel poliziotto, ma sono quasi certo che prima non fosse così...»

«Forse da quando ha conosciuto tuo fratello si è rabbonito...»

«O forse Saul glielo ha succhiato tanto bene che ancora ha la mente annebbiata, chissà.»

«Non ho sentito.»

Sven rise.

«E come si chiamerebbe il tuo avvocato?»

«Orpheo...»

«Non ce l'ha un cognome?»

«Orpheo Ranieri.»

«Orpheo... se si preoccupa di voi come Euridice, allora, sì che state a cavallo.»

«Tranquillo, nel suo settore lo chiamano "l'avvocato del diavolo"»

«Che poi, per voi mi sembra accurato, direi.» Aris era davvero sconvolto di quanto la sua vita si fosse incasinata in così poco tempo.

«Poi, toglimi un'altra curiosità: come lo hai capito che ha preso psicofarmaci?»

«Ha un leggero tremolio alle mani. Come quello che ho io e come quello che ha Saul. Quel tipo di tremolio te lo danno i vari antidepressivi, ansiolitici, e tutta quella merda.»

«Giusto! ma non avevo fatto caso alle sue mani.»

«Devi stare sempre attento ai dettagli. Quando ha accavallato le gambe ho visto anche quanto porta di scarpe. Ha il quarantaquattro.»

«Dovresti insegnarmi sai? All'università non ci dicono un cazzo! E lo sai bene.»

«Già! Però non ti preoccupare ti insegnerò io, ma per prima cosa devi osservare bene le persone quando ti stanno intorno sennò non capirai mai. Poi devi osservarle soprattutto se sono in casa tua.»

«Non sfiori un po' la paranoia?»

Sven lo guardò perplesso per quella sua domanda, come se non sapesse che cosa fosse.

«È possibile, ma guardiamo il lato positivo: mi ha avvantaggiato!»

Aris sospirò. Era vero Sven sapeva essere molto prudente, mentre altre totalmente incosciente . Con quel suo modo di fare Sven nascondeva la sua preoccupazione e Aris non poteva che assecondarlo. Del resto lo sapevano entrambi. Avrebbero condiviso la tensione fino alla fine di quella storia vivendo appesi al filo dell'incertezza.

Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top