Capitolo VII
Saul condusse Björn fino a casa di Sven. L'ultima conversazione avuta con lui, lo aveva spinto a cercarlo come complice. Fu una reazione spontanea, come se volesse quell'appoggio, da parte di suo fratello, che tanto disegnava. Però, portare in due quel fardello sarebbe stato più semplice. Saul, come al solito, si sentiva colpevole di ciò che non commetteva e di ciò che non ricordava. In un certo qual modo, sapeva che Sven non avrebbe tirato fuori discorsi moralisti, ma che lo avrebbe aiutato.
Aris aprì la porta e, nello scorgere Saul, deglutì a vuoto. La soggezione che gli incuteva era sempre la stessa. Li fece entrare, facendo destare l'attenzione di Sven, intento a suonare il suo basso. «Il signor poliziotto! Lo sa che lei è diventato famoso, ormai?» Sven fece chiari riferimenti al notiziario.
Björn, dal canto suo, si trovò in imbarazzo, perché stare al centro dell'attenzione non era sua consuetudine, allora non fece altro che sorridere: un sorriso tirato.
«Com'è stare con mio fratello?» Domandò Sven inopportuno.
Björn guardò Saul, perplesso, non capiva. Non sapevano neanche loro se stavano o meno insieme. Era un concetto davvero astratto per Björn, perché non aveva avuto mai un vero e proprio rapporto con un altro uomo.
«È sempre stato maledettamente intelligente.» Rispose Saul di rimando alla muta domanda fatta da Björn, così sospirando, lasciò cadere il discorso, avvicinandosi verso di lui.
Aris li guardava intimorito e incuriosito allo stesso tempo, non aveva mai visto tante persone particolari tutte insieme. Osservava Björn guardarsi intorno e, visto i passatempi di Sven, questo lo rendeva ancora più nervoso. Ma ciò che lo fece scattare, fu la domanda, banalissima, che uscì dalla bocca del poliziotto: «Scusatemi, posso andare al bagno?»
Prima ancora che Sven potesse rispondergli, Aris si diresse verso il bagno, prendendo ciò che Sven aveva lasciato di maledettamente illegale.
«Lo perdoni, ha il brutto vizio di lasciare la sua biancheria al bagno.» Rispose Sven, per giustifica l'azione dell'altro.
«Capisco, ma non mi sarei scandalizzato o formalizzato.» Rispose Björn facendo spallucce. Nel frattempo, Saul, studiava ogni cosa.
«Lui ci tiene alle sue cose, a fare bella figura.» Ancora una volta Sven ebbe la risposta pronta.
Aris uscì dal bagno, era evidentemente agitato e ciò insospettì Björn, anche se decise di non dare troppo peso all'accaduto.
«Mi hai buttato tutto vero?» Domandò Sven dispiaciuto. Sospirò.
«Che cosa avrei dovuto fare?» Bisbigliò Aris. «Cazzo è un poliziotto.»
«Lo so bene.» Rispose Sven sembrando del tutto incurante del pericolo. O probabilmente era solo indifferente alla legge. «Addio divertimento» si lamentò, accendendosi una sigaretta, come per compensare la perdita, tornando a strimpellare il suo basso. Ignorando suo fratello.
«Non ti infastidisce quel suono perpetuo?» Intervenne Saul, interrompendo Sven.
«No, affatto, Saul. Potrei definirla una sorta di "terapia della musica"» Rispose sarcastico.
«L'hai appresa durante l'ultima lezione all'università?» Domandò Saul, cercando di fare una conversazione civile con suo fratello, dato che era lì per cercare il suo aiuto. La faccenda, però, infastidiva terribilmente Sven, perché aveva capito che Saul, lo aveva scelto come suo complice senza neanche chiedergli il permesso. Sven odiava sentirsi in gabbia, odiava non poter scegliere, quanto Saul detestava essere ignorato.
«Tante cose non ho bisogno di impararle, Saul. Non ho bisogno che me le insegnino. Vuoi forse dirmi che dovrei credere alla leggenda della "la schizofrenia non si eredita"?» Soffiò via, lentamente, il fumo dalle sue labbra, soppesando quelle parole. «Stavo per ridergli in faccia.»
«In effetti... non avresti avuto torto.» Rispose Saul pensando a lui e a suo fratello.
«Comunque, Saul, non occorre che tu sia gentile con me, se non vuoi esserlo.» Rispose seccato Sven.
«Non ho motivo di attaccarti in questo momento» Saul aveva accantonato quanto era successo con Ludmilla.
«Mi hai portato la medicina, dunque?» Domandò Sven, sorridendogli sornione.
«Smettila, lo sai che non sono il tuo spacciatore. E, poi vuoi che Aris la ributti via?»
«Proprio perché me l'ha buttata via che speravo in te, dottore...» Sven lo stava volutamente stuzzicando.
«Ti ho detto che non ce l'ho.» Asserì Saul con un tono più convincente. «Sai benissimo che quella roba ti rovina il cervello.»
«Ma anche Freud la dava ai pazienti come medicina.» Sven continuava a lamentarsi, in realtà amava quando suo fratello si preoccupava per lui.
«Sì, ma poi ha anche capito che non serviva a un bel niente se non che a rovinarli. Vuoi spappolarti davvero la testa? Più di così?» Domandò Saul.
«Il mio cervello è già fritto ormai. Lo sai bene, ci hanno pensato loro. Si è distrutto quando si è scisso in sette parti e il tuo in sedici. Però, Saul, pensaci, potremmo vederle come amplificazioni del nostro io e non come fratture.» Rispose entusiasta quasi come se quel discorso lo avesse fatto animare.
Saul, invece, apparve sorpreso. Come aveva fatto Sven a capirlo? Come aveva fatto a contare tutte le sue dissociazioni? Probabilmente neanche lui conosceva il numero effettivo.
«Sei sorpreso Saul? Ho preso nota ogni volta che ti vedevo diverso. Anche se le varie personalità non hanno palesato un nome, sono riuscito a dividerle in base all'età effettiva che mostravano. Sono arrivato alla conclusione che queste tue dissociazioni, siano tanti te bloccati ognuno in un età differente. Un' età specifica dove tu hai subito un trauma in particolare.»
Saul era sconvolto ma, in un certo senso, Sven gli aveva dato un grande aiuto. Saul poteva prendere, finalmente, coscienza di quanto gli stava succedendo.
«Mi sono perso qualcosa?» Domandò Björn, spuntando all'improvviso. Fortunatamente non aveva sentito nulla.
«Hai frugato bene nel mio bagno, signor poliziotto?» Domandò Sven, cercando di virare il discorso altrove.
«Mi sarebbe piaciuto, lo ammetto, ma non ho un mandato per farlo.» Sorrise Björn.
«A lei piace la musica rock? L'heavy metal?» Domandò Sven, prendendo a suonare il basso ancora una volta.
«Si dice, o meglio i bigotti lo dicono, che chi sente o suona questo tipo di musica, sia incline a commettere omicidi, all'odio e che per giunta possa adorare il demonio!» Sven usò un tono sarcastico e scherzoso, praticamente stava dicendo tutto ciò che riguardava la sua famiglia e trovava la cosa, davvero, divertente.
«E questo succede specie nei paesi scandinavi sa?» Insistette.
«Allora dovrei crederci.» Rise Björn.
Sven era riuscito a metterlo a suo agio e la cosa infastidì molto Saul, non capendo che gli stava facendo un favore, proprio quello che gli aveva chiesto.
«Come mai?» Domandò Sven.
«Sono svedese.» Rispose il poliziotto. «Saul non te lo ha detto?» Domandò. Björn pensava che Saul gli avesse raccontato della loro relazione, non credeva nell'intuito di Sven.
«In realtà Saul non mi ha raccontato un bel niente, Saul non mi racconta mai niente.» Sven sorrise, ma sembrava un sorriso sinistro, spigoloso, non accogliente.
«Credo che sia il caso di andare.» Intervenne Saul. Björn annì, non gli sarebbe dispiaciuto passare del tempo in compagnia del suo amante.
«Mi raccomando, signor poliziotto famoso, stia attento al lupo!» L'avvertimento e poi li salutò con un gesto semplice.
«Ma perché ce l'hai a morte con tuo fratello?» sbottò infine Aris. E Sven, certo di non potergli raccontare tutta la verità, rispose semplicemente.
«Tranquillo, in realtà le mie parole non gli faranno altro che bene» sorrise.
«Tu e tuo fratello siete due gocce d'acqua, ma non siete gemelli, lui è più giovane no?» Björn mostrò la sua perplessità e la sua curiosità una volta usciti da quella casa.
«Questi sono i misteri della genetica. Io sono nato vent'anni prima di lui, eppure, esteticamente siamo pressoché molto simili. Come avrai potuto ben notare, caratterialmente siamo quasi gli opposti.» Saul ci tenne a specificarlo.
«Sì, questo mi è apparso molto chiaro.» Björn rise divertito, perché per quanto inopportuno possa essere stato Sven, gli era simpatico e questo non piaceva a Saul.
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