Capitolo VI
Björn continuava a sfregarsi le mani fuori dalla centrale della polizia. Era decisamente nervoso, avrebbe dovuto nascondere ai suoi colleghi più di un qualche segretuccio come la sua omosessualità. Come se non bastasse, si era ritrovato a casa con Saul condividendo con lui più di qualche momento di passione.
Sospirò prima di entrare, calandosi sul volto un bel sorriso e quell'aria da ragazzo innocente e per bene.
Si mosse nella centrale con disinvoltura fino a raggiungere la sua postazione. Si sedette, ma non appena lo fece, la voce di un collega attirò la sua attenzione. «Ehi, Bjön alzati, ci servi.» disse facendo un gesto con la mano per incitarlo a seguirli.
«Che succede?» Chiese incuriosito da tanta fretta.
«Quel bastardo ne ha fatto fuori un altro, in maniera piuttosto atroce direi...» disse questi, porgendo il fascicolo con le foto a Björn.
«Mio dio... » Björn deglutì alla vista di quelle immagini, non ci si abituava mai a scenari così efferati, per lo meno non lui.
«Allora, ti sei incantato?» La voce del collega riportò alla realtà Björn «No, scusami... stavo semplicemente pensando.»
«Potresti provare a fare un profilo di questo dannato bastardo! Così possiamo catturarlo il più presto possibile.» Asserì. Dal suo tono di voce si sentiva che era parecchio concitato e Björn, avrebbe potuto giurare di averlo visto così arrabbiato poche volte.
«pensi che sia il caso?»
«Non hai studiato psicologia?»
«Una mezza specie...» ammise Björn passandosi una mano tra i capelli.
«è già qualcosa... meglio di niente.»
Saul non riusciva a darsi pace, come sempre del resto, ma c'era qualcosa che era scattato nella sua testa, ancora di più morboso, di più paranoico. Era come se gli mancasse il respiro, eppure inspirava ed espirava tranquillamente. Lo stomaco gli faceva un male mostruoso come se si stesse lacerando e, quelle voci erano diventate cori striduli e fastidiosi. E poi c'era sempre lei: quel richiamo assordante.
Si dovette fermare un attimo per cercare di rilassarsi. Quell'attacco di panico improvviso non giovava al suo stato già malmesso di suo. Sapeva di aver fatto qualcosa, ma non lo ricordava. Sentiva l'odore ferroso del sangue, ma lui non sembrava riportare ferite, sentiva la nausea salirgli e, a parte l'ansia ingombrante, non aveva visto nulla che lo nauseasse. Avrebbe dovuto chiedere aiuto, ma Saul era troppo orgoglioso per farlo.
Gli ultimi avvenimenti che ricordava erano quelli trascorsi a casa di Björn, poi un vuoto. Il nero più totale. Si era ritrovato improvvisamente a casa, come se qualcuno o qualcosa ce lo avesse trasportato. Era decisamente spaesato, l'unica cosa che gli venne in mente di fare, fu quella di andare a prendere il diario per vedere se c'era scritto qualcosa. Ma, a parte pagine che già conosceva, nulla, assolutamente niente.
Sarebbe potuto impazzire letteralmente, continui brusii si alternavano nel cervello, lo spingevano a ricordare, cercavano di fare la spia, ma niente. Lui non ricordava.
Bussarono alla porta e, il rumore del campanello lo fece letteralmente sussultare dallo spavento: troppo sovrappensiero, troppo concentrato a cercare qualche indizio.
«Vorrei proprio sapere chi è adesso...» era seccato. Sapeva che sua moglie a quell'ora era in giro a comprare l'ira di Dio e che i suoi figli avevano da fare.
«Ciao fratellino!» Esclamò Sven non appena Saul aveva aperto la porta.
«Il ritorno di Giuda.»
«Di nome e probabilmente di fatto non lo dimenticare.» Un sorrisetto sprezzante apparve sul viso di Sven, adorava provocare suo fratello.
«Che cosa vuoi?»
«Perché sei sulla difensiva? È forse successo qualcosa?» Sven nascose la preoccupazione all'interno di quel tono canzonatorio.
«Nulla che ti riguardi. E poi non credi di essere un po' inopportuno? Pensi che sia idiota? Tu e Ludmilla pensate che io sia un povero cretino? Anche se sono quello che sono ancora riesco a capire quando qualcuno compie azioni per attirare la mia attenzione. La fase dell'infanzia non è ancora finita nella tua testa? Non l'hai superata? La fase di gelosia verso tuo fratello ancora persiste prepotentemente dentro di te?» Solo dopo aver finito di parlare, Saul si rese conto che forse era stato troppo crudele. Tutto quel nervosismo e la sua presenza lo avevano stranito ancora di più, ma per uno strano scherzo del destino, quello che, proprio più di tutti poteva comprenderlo e aiutarlo, era proprio Sven.
«Oh no, fratello. È solo una tattica per mantenermi giovane. Compiere gesti infantili intendo. In fondo Ludmilla, seppur con i tuoi soldi, è pur sempre una cliente e come tale va soddisfatta. Chi sono io per tirarmi indietro davanti alle gioie del sesso che una gentile signora non prova da chissà quanto tempo?» Con altrettanta cattiveria, Sven aveva sferrato il suo attacco contro suo fratello. Erano due serpi, si pungevano sempre, si infastidivano, ma quello era il loro modo, seppur malato, di palesarsi l'uno all'altro.
«Sei disgustoso lo sai?» Domandò Saul di getto sentendo ancora una volta quella nausea che poco prima lo aveva infastidito.
«Me ne rendo conto.» Rispose Sven, ancora una volta beffardo e sornione, facendo spallucce. Alla fine, il suo, era un modo come un altro di nascondere il dolore.
«Veramente.» Incalzò la dose Saul.
«Saul, per favore, non farmi dire cose che non vorrei.»
«Riguardo a cosa?»
«Riguardo Flavien...» Sven aveva sempre qualche arma in più dalla sua e una volta percosso nell'animo, non esitava a diventare crudele neanche per un secondo.
Saul sospirò, pensava che suo fratello avesse scoperto ciò che la sua dissociazione gli aveva fatto compiere, sentendosi un mostro un attimo dopo, poiché quanto era accaduto a suo figlio era altrettanto raccapricciante.
«Dimmi perché sei venuto qui.»
«Accendi la tv.»
Quello che vide Saul trasmesso lo ammutolì. Björn era in tv insieme a suo collega, i quali stavano annunciando ai giornalisti che, probabilmente, in città si aggirava un nuovo serial killer.
«Dimmi che non ti fotti il poliziotto..» asserì Sven liberando la sua voce insieme a quella della televisione. Non sapeva ancora nulla per quanto riguardava Saul, ma conosceva la crudeltà e la malvagità della sua dissociazione e fu proprio per questa che, il suo intuito, lo spinse a casa di Saul non appena aveva sentito i notiziari.
«Sì.» Saul rispose sussurrando.
«Siamo a cavallo...» Concluse ironicamente Sven, non sapendo se essere o meno nelle grazie della legge fosse un bene o un male.
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